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Autore: Evee    31/01/2015    7 recensioni
Ci sono tre verità universalmente riconosciute riguardo Molly Hooper.
Verità numero 1: la dottoressa Hooper nel suo lavoro è una persona seria ed affidabile.
O almeno di questo era convinto il consulente investigativo, fino al giorno in cui la patologa non ha iniziato a mancare di puntualità e precisione nel soddisfare le sue richieste.
Verità numero 2: Molly ha più che chiaramente un debole per Sherlock.
O almeno di questo era convinto lui, fino al giorno in cui lei non ha iniziato ad ignorarlo, trascurarlo e dimenticare i loro appuntamenti.
Verità numero 3: Miss Hooper non riesce ad intrattenere relazioni sentimentali durature perché fa sempre pessime scelte in fatto di uomini.
O almeno di questo era convinto Mr Holmes, fino al giorno in cui la giovane donna non ha iniziato a frequentare un certo Dottore.
[ Wholock & Sherlolly - Menzione speciale per la storia e Nomination nella categoria "miglior attore non protagonista" per John Watson agli Oscar EFPiani 2016 ]
Genere: Commedia, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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IV - The impossible fall

 

The audience would have been a bit cross if the TARDIS had suddenly appeared to sweep Sherlock up from his fall.
Besides, we've already done that with River.

- Steven Moffat

 

Alla fine, era esplosa. Come una bomba H.

L'aveva scagliata d'impulso, proprio addosso al suo bersaglio, facendola scoppiare in modo sommesso, quasi sussurrato, e senza preavviso. Senza sapere bene ciò che celava nelle sue profondità più recondite, o quale effetto avrebbe prodotto. Certo, nella sua mente si era immaginata un'infinità di volte di servirsene, ma mai con intenzioni serie, perché consapevole del suo potenziale distruttivo, e soprattutto di quanto rappresentasse un'arma a doppio taglio: l'avrebbe resa vulnerabile, abbattendo le barricate che proteggevano il suo cuore.

Però tutte le sue strategie difensive erano andate all'aria nel momento stesso in cui Sherlock aveva deciso di abbandonare la propria trincea alzando bandiera bianca, e non per recarle un'offerta di pace, ma soltanto per farle abbassare la guardia ed attaccarla a viso aperto. Era stato un atto meschino, infame, e una vera provocazione. Così, non solo era riuscito a colpirla, ma aveva finito per far scattare un innesco segreto, e l'aveva costretta ad effettuare un test nucleare in piena regola. Senza un'adeguata ponderazione, senza neppure aver adottato le cautele opportune.

Con quale esito, non era riuscita ancora a capirlo. Non c'erano state da parte sua reazioni empiricamente verificabili, solo silenzio ed uno sguardo che poteva significare tutto e niente. Improvviso sconcerto. Imbarazzo colpevole. Gelida indifferenza. Rabbia furiosa. Ma nessuna di queste reazioni era quella da lei auspicata, perché ognuna di esse finiva per confermare la sua teoria, quando ciò che desiderava era in realtà una sua smentita.

Pertanto, tutto ciò che le parve di essere riuscita a colpire erano i suoi soli sentimenti. E non li aveva semplicemente minati, li aveva proprio autodistrutti, spingendola a battere in ritirata per leccarsi le ferite. Ferite dolorose, profonde, troppo per potersi riemarginare. Non rapidamente, almeno. Ed ancora troppo aperte per rischiare di esporsi ad ulteriori colpi, che avrebbero potuto sconfiggerla definitivamente, annientarla emotivamente. Per questo, scelse di non ritornare sul campo di battaglia per quel giorno e di chiedere un congedo al suo superiore per quelli successivi. Ottenne un breve permesso, ma che prolungò abbondantemente rivolgendosi alla sua agenzia di viaggio di fiducia, perché le organizzasse un lungo ed intenso tour intergalattico. Pretesto ideale per temporeggiare e rimandare il più possibile il confronto con Sherlock, sperando nel frattempo di trovare un'idea valida su quale approccio adottare. Il primo preso in considerazione, quello offeso, venne presto scartato. Sarebbe stato inefficace, perché non le avrebbe mai e poi mai chiesto scusa, e non sarebbe neppure stato convincente, perché l'indignazione e la rabbia cui aveva dato sfogo erano state prontamente sostituite dalla vergogna e dal senso di colpa. Si era resa ridicola, e gli aveva detto delle vere cattiverie. Probabilmente se avesse tentato di parlargli lui l'avrebbe denigrata di nuovo, oppure l'avrebbe evitata del tutto per il troppo risentimento. Forse ora l'odiava persino, e non intendeva avere mai più a che fare con lei. Forse era lei, a dovergli chiedere scusa...

-Non dire sciocchezze, Molly Hooper!- l'aveva rimbeccata il Dottore, quando lo rese partecipe dei propri pensieri -Tu non hai proprio nulla di cui farti perdonare!-

Confortante, ma non aveva saputo offrirle nessun consiglio costruttivo. Quelli sentimentali erano dei problemi per cui il Signore del Tempo era proprio negato, nonostante fosse una delle persone più sensibili e comprensive che avesse mai conosciuto. Anche troppo. Purtroppo pareva necessitare di entrambi, altrimenti avrebbe potuto risolvere agevolmente tutto chiedendogli di donarle uno dei suoi due cuori, per effettuare un trapianto su un certo consulente investigativo sprovvisto di organi cardiovascolari.

Alla fine, però, decise che tergiversando non avrebbe risolto un bel nulla, e di ritornare alla sua vita di tutti i giorni, comportandosi esattamente come si era sempre comportata, fingendo che tra loro non fosse successo niente. Quello della rimozione sarà stato anche un meccanismo psicologico vigliacco, ma innegabilmente efficace. E, se Sherlock avesse tentato di incalzarla di nuovo, al punto da far riemergere il trauma, se ne sarebbe preoccupata sul momento, modulando la propria reazione in base al suo approccio. Un piano d'azione semplice, ma che le pareva il solo di cui si sentiva capace, allo stato attuale.

Ma fu un piano destinato a rimanere sulla carta, perché quando rimise piede a Londra ed ebbe tra le mani il giornale del mattino, scoprì di essersi persa più di una puntata. Durante la sua assenza, circostanze impreviste avevano costretto il suo nemico a spostarsi su differenti e ben più urgenti fronti, per combattere un altro uomo con cui lei aveva avuto per davvero dei trascorsi sentimentali e che non era proprio per niente una persona raccomandabile. Una guerra fredda che si sarebbe protratta a lungo, addirittura per due mesi, e che avrebbe tenuto impegnato Sherlock al punto che non si presentò più al Bart's, perlomeno non quando lei era di turno. Così, anche Molly si decise a lasciarlo perdere e a dedicarsi ad altre, ben più soddisfacenti battaglie assieme al suo Dottore, benché in cuor suo non sapesse se sentirsi sollevata o delusa per come il detective si fosse rapidamente disinteressato a lei.

Almeno fino al giorno fatidico.

Aveva appena concluso il turno giornaliero e stava giusto per tornarsene a casa, quando scorse in rapido avvicinamento le figure del consulente investigativo e del suo miglior amico, che puntavano senz'ombra di dubbio in direzione del laboratorio. Nella sua direzione.

Al che venne assalita dal panico, per nulla preparata ad un incontro tanto improvviso e comunque troppo spaventata che il soggetto potesse risentire ancora delle radiazioni che l'avevano colpito, e se la diede a gambe levate grazie al pronto intervento della TARDIS, che rispose con straordinaria sollecitudine al suo disperato S.O.S.

Finì inghiottita in una gigantesca, bavosa pianta carnivora che stava infestando le foreste pluviali di Euterpe, ma quando ritornò, ripulita e in perfetta salute, dentro allo stanzino adiacente al suo laboratorio, fu un altro il pericolo scampato che l'indusse a tirare un sospiro di sollievo.

-Ti sbagliavi, sai?-

La mano che aveva allungato verso la porta si ritrasse come se si fosse scottata al tocco della maniglia, ed il battente si richiuse con un tonfo secco che la fece sussultare, smuovendo le membra che le si erano paralizzate sul posto. Allora si voltò, incredula nello scorgere il profilo di Sherlock nella penombra. Spaventata di trovarsi al suo temuto cospetto. Sconcertata dalle parole che aveva appena pronunciato, ed ancor di più da quelle che seguirono subito dopo.

-Sei importante per me. Lo sei sempre stata, mi sono sempre fidato di te.- le mormorò dolcemente.

Il tempo si fermò.

L'unica spiegazione sensata era che il Dottore si fosse sbagliato come al suo solito ad inserire le coordinate della destinazione nella TARDIS, e che fosse finita in una dimensione parallela. Oppure che l'uomo davanti a lei non fosse per davvero Sherlock, ma una specie di clone. O un alieno, che aveva preso le sue sembianze per trarla in inganno...

-Perché mi stai dicendo tutto questo?- gli domandò incredula, la voce strozzata dal timore della sua possibile risposta.

Allora lui si voltò appena, di tre quarti, rivolgendole uno sguardo triste, spento.

-Perché non sto bene.-

No, non stava affatto bene. Ma non era impazzito, né sembrava sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. Appariva perfettamente lucido, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali. Tuttavia, il suo viso era teso, segnato dalla preoccupazione. La percepì, come si era abituata a leggere la tensione nell'espressione del padre nei suoi ultimi giorni di vita. Quando lui era troppo in ansia per esprimerla a voce, e lei troppo impaurita per chiederne la ragione. Ma ora Molly non era più una bambina, e si sentiva abbastanza coraggiosa, per fare quella domanda.

-Cosa c'è che non va?-

Sherlock non rispose subito. Si avvicinò piano, come se non avesse abbastanza fiato per rivelarle ciò che lo tormentava a distanza, ma solo per sussurrarlo. La guardò negli occhi spaurito, come se il vero sforzo fosse quello di ammetterlo prima con se stesso. Lei lo ricambiò decisa, pronta a riceverlo, ma attendendo paziente i suoi tempi.

-Molly...- riuscì infine a dirle -Credo di star per morire.-

Un brivido freddo le percorse la spina dorsale, ma non riuscì a piegarla. Se si fosse spezzata, l'avrebbe lasciato senza il sostegno di cui lui aveva bisogno. Aveva scelto di confessarsi con lei, di aggrapparsi a lei. Tra tutti, aveva scelto lei. Doveva aiutarlo, dimostrargli che quella sua fiducia incondizionata non era stata mal riposta.

-Che cosa ti serve?-

Lui però titubò, eluse la sua domanda con un'altra domanda.

-Se non fossi quello che tu credi che io sia, quello che io credo di essere, vorresti comunque aiutarmi?-

Questa volta, la spiazzò per davvero. Era inaspettato che Sherlock rischiasse la vita, ma non improbabile: aveva un'attitudine innata per cacciarsi nei guai, dopotutto... Ma non avrebbe mai immaginato che l'avesse cercata non con l'intento di chiederle di aiutarlo, ma di domandarle se lo voleva aiutare. Se ci teneva abbastanza a lui per essere disposta a farlo di sua spontanea iniziativa, a qualunque costo, a prescindere da tutto. Ma era ovvio che lo fosse, nonostante quello che gli aveva detto l'ultima volta, poiché non era cambiato nulla da allora, nei suoi sentimenti. Era così intelligente, eppure non l'aveva dedotto, che gli aveva parlato in quel modo soltanto perché voleva sentirsi dire che anche lei era importante, per lui? Che la ricambiava, sia pur solo in minima parte?

-Di cosa hai bisogno?- insistette dunque, con fermezza, senza esitazioni.

Allora la sua espressione si rilassò, in un tenue, sincero sorriso.

-Di te.-

 

* * *

 

L'osservò, in attesa della sua risposta. Una qualunque, che gli desse anche solo un filo di speranza...

-Non posso farlo, Sherlock.- mormorò però lei desolata, scuotendo piano la testa.

Sbatté le palpebre, la tensione che scivolava via in una doccia gelida, portandosi via tutte le sue aspettative.

-Perché no? Puoi, invece!- replicò, ostinato.

Molly allora sollevò lo sguardo su di lui, mordendosi nervosamente un labbro.

-Sì, ma non è affatto detto che ci riesca.- obiettò, stringendo le spalle -E' un farmaco ancora in fase sperimentale, e non si è ancora riuscito a stabilirne il giusto dosaggio per le cavie, figuriamoci per l'uomo. Potrebbe ucciderti sul colpo.-

-Sì, lo so che le probabilità sono a mio sfavore...- sospirò lui -Ma di tutte le tredici opzioni di cui dispongo, questa è l'unica davvero valida.-

Ci fu un attimo di silenzio, in cui la patologa parve riflettere con serietà sulle sue parole. Poi però sospirò piano, facendogli credere che fosse riuscito a convincerla.

Ma sembrava che proprio non gli riuscisse più, di prevedere le reazioni di Molly Hooper.

-No, non è vero.- gli ribatté, abbozzando un sorriso -Io ne conosco una quattordicesima.-

In un'altra situazione, avrebbe di certo pensato che era impossibile che le fosse venuta un'idea che lui non avesse già contemplato. Tuttavia, in quel momento era disperato, e lei sembrava davvero sicura di quello che stava dicendo.

-E quale sarebbe?- le chiese circospetto.

Tuttavia la giovane patologa non gli rispose, ma si limitò ad estrarre dalla tasca un cellulare. Quel dannatissimo cellulare blu.

-Ti prego, dimmi che non stai per fare quello che temo.- sbottò.

Lei ignorò però le sue lamentele, e rivolse interamente la propria attenzione alla scrittura di un sms.

-Sherlock, stai tranquillo. So quello che faccio.-

Al che lui strinse i denti in una morsa, e corrucciò le sopracciglia enormemente contrariato.

-No che non sto tranquillo!- ringhiò truce -Io mi sono rivolto a te, mi sono fidato di te, non di una sottospecie di dottore che nemmeno conosco!-

Non abbastanza truce, a quanto pareva, perché Molly perseverò nel suo folle intento.

-Bene, allora continua a farlo.- cinguettò, ultimando ed inviando soddisfatta il messaggio, per poi ammiccargli con preoccupante malizia -E, credimi, in realtà l'hai già conosciuto.-

Non fece in tempo ad aprir bocca per chiederle che accidenti intendeva con quello, quando nel laboratorio iniziò a strepitare l'eco della sirena più sgradevole che l'orecchio umano potesse percepire. Come se un elefante con la raucedine avesse attaccato a barrire dentro agli altoparlanti dell'ospedale, in preda ai singhiozzi. Tuttavia, bastarono una manciata di secondi per rendersi conto che quello non era il nuovo, discutibile allarme antincendio del Bart's, ma proveniva proprio dal centro della stanza. E dopo un altro paio di secondi, poté perfezionare questa osservazione riconducendo quell'orrenda cacofonia ad una struttura rettangolare, che stava facendo la sua allucinante apparizione proprio davanti agli occhi del detective. Una cabina blu, per la precisione.

Quando la riconobbe, non ebbe più bisogno di chiedere a Molly alcunché.

 

* * *

 

Sherlock guardò il Dottore.

Il Dottore guardò Sherlock.

Molly guardava entrambi con ansia palpabile, ma comunque vigile e più che pronta ad estrarre un cartellino d'ammonimento al primo fallo.

E, in effetti, era solo questione di una manciata di istanti, il tempo necessario per studiare il proprio avversario, perché si gettassero entrambi nella mischia. Eppure, il detective continuava ad esitare a tirare il calcio d'inizio, perché ancora non si era ripreso dall'annuncio che quella non sarebbe stata una banale partitella tra squadre locali, ma la finale di un campionato intergalattico di cui lui non era nemmeno a conoscenza.

“Assurdo. Tutto questo è assurdo!”

Eppure, era certo che non si trattasse di un sogno, né di una visione creata dalle stanze più inconsce del suo palazzo mentale, o indotta da un allucinogeno. Era tutto tremendamente reale, e quell'accidenti di cabina blu si era per davvero materializzata dal nulla. Nessun trucco, nessuna magia poteva esser capace di tanto. E di certo nessuna tecnologia umana. Quella... cosa era palesemente un manufatto extraterrestre. Una conclusione che lo costringeva a cestinare la gran parte delle sue nozioni scientifiche in modo ancora più drastico di quanto avesse fatto Einstein rivoluzionando la fisica classica, ma inevitabile. Una volta scartate tutte le soluzioni impossibili, quella che resta, per quanto sconcertante, dev'essere quella corretta.

Tuttavia, non era soltanto quello ad allibirlo. Né la scoperta che la soluzione al mistero che l'aveva tormentato per settimane fosse sempre stata sotto al suo naso. Adesso tornava tutto in maniera così ovvia, ma ex ante non avrebbe mai potuto arrivarci da solo. Anzi, in un certo senso era persino compiaciuto, che il suo sesto senso non avesse mancato di tradirlo nemmeno quella volta. Perché sì, il signor Smith aveva per davvero qualcosa da nascondere e sì, il dottore di Molly non era affatto una persona normale. Erano entrambi lo stesso... alieno. Molly Hooper si vedeva con un alieno. Un dannatissimo alieno con il farfallino più ridicolo su cui avesse mai posato lo sguardo.

Questo, batteva di gran lunga tutti i suoi precedenti ragazzi, consulenti criminali psicopatici inclusi.

-Dunque, ricapitolando...- si decise infine a dirgli -Non sei il nuovo fidanzato di Molly, non sei un vero dottore, non sei nemmeno un essere umano, sei... sei...-

-Un Signore del Tempo.- rispose quello con un ampio sorriso, tendendo pomposamente delle bretelle davvero tremende.

-Stavo per dire un impostore, a dire il vero.- lo rimbeccò lui, fissandolo rancoroso -Scommetto che questo non è neppure il tuo vero aspetto!-

L'impostore corrucciò la fronte con aria offesa.

-Sì che lo è!- protestò, per poi uscirsene con una smorfia imbarazzata -... almeno in questa vita.-

-Appunto, un impostore: ti spacci per un trentenne quando invece avrai... quanti anni? 3000?-

-Ehi, ho appena passato il primo migliaio!- si difese quello ancora più indignato -Sono un po' vecchio, va bene, ma non ancora decrepito!-

-Reincarnazione?- azzardò, inarcando un sopracciglio.

-Rigenerazione.- venne prontamente corretto.

-Dunque sei...-

-Immortale. O eterno, se preferisci...- attaccò quello, prendendo a gesticolare entusiastico -Almeno in teoria. Se incappassi in qualche incidente durante il ciclo rigenerativo, allora sarei davvero spacciato. Anche se, a ripensarci, forse quest'ultimo dettaglio dovrei imparare a tenermelo per me...-

Se realmente esisteva un Creatore, allora aveva distribuito il diritto alla vita in maniera davvero iniqua... e direttamente proporzionale all'imbecillità.

-A me sembri più un eterno logorroico.- sibilò a denti stretti.

Quello pseudo-dottore scacciò la sua irritazione con una noncurante alzata di spalle.

-Ehi, ti stavo solo offrendo una spiegazione. Era quella che volevi, no?-

-Devi sapere che non gli piace affatto essere interrotto, quand'è nel bel mezzo di una deduzione...- iniziò a dirgli Molly, prima che intercettasse il suo sguardo assassino ed ammutolisse pigolando un tremulo -Scusa.-

-Non mi interessa affatto sapere come puoi o non puoi morire.- chiarì il detective, pur meditando tra sé che invece non solo avrebbe fatto tesoro di quell'informazione, ma l'avrebbe presto messa a frutto se continuava ad indisporlo in quel modo -Qui quello che sta rischiando la pelle sono solo io. Pertanto, spiegami piuttosto come posso fare a resuscitare anch'io o, ancora meglio, come evitare di spiaccicarmi sul marciapiede dopo una caduta dall'ultimo piano di un edificio e senza che nessuno si accorga che sono sopravvissuto.-

-Facile, basta non gettarsi.- si sentì proporre.

-Oh, ma sei davvero un genio!- esclamò allora Sherlock, battendosi una mano sulla fronte -Grazie del consiglio, non avrei mai potuto pensarci da solo!-

-Di nulla.- replicò l'alieno più idiota dell'Universo con un'altra alzata di spalle.

-Era sarcastico...- gli fece notare Molly, rivolgendogli un'occhiata obliqua.

Al che il suo amico roteò gli occhi con uno sbuffo esasperato, per poi riabbassarli acquistando un barlume di serietà.

-Anch'io.- sbottò torvo -Non ho ancora capito perché mai dovrei aiutarlo. Ci sono forse in gioco le sorti dell'umanità? Il mondo rischia di essere invaso da alieni sanguinari?-

-Molto peggio: rischia di essere conquistato da un genio criminale e psicopatico, che solo io sono in grado di fermare.- gli rivelò grave e, come di certo avrebbe commentato John se fosse stato presente, eccessivamente melodrammatico -Peccato che nemmeno io gli stia troppo simpatico, ed è probabile che stia meditando di ricattarmi e spingermi al suicidio.-

Il Dottore lo guardò di sottecchi, sempre più torvo.

-Perché, c'è qualcuno a cui stai simpatico?-

Seriamente? Credeva seriamente di riuscire ad offenderlo con prese in giro da marmocchi?!?

-La simpatia è sopravvalutata. Frutto di ruffiane falsità e simulata con opportunistica ipocrisia.- ribatté freddamente, ed approfittando per lanciare più di una frecciatina al diretto interessato.

Lui per tutta risposta spostò lo sguardo a rimirare le proprie unghie, con palese menefreghismo.

-Allora non fingerò di volerti aiutare, visto che non me ne ispiri nemmeno un po'.-

Al che l'arbitro decise che era stata fin troppo clemente, e scese in campo per tirare le orecchie ad entrambi.

-Sherlock, piantala.- lo riprese, per poi rivolgersi in maniera ingiustamente parziale all'altra fazione -Ti prego, Dottore, dagli una mano lo stesso!-

Lui però incrociò le braccia e puntò i piedi, irremovibile.

-No.- fece, scuotendo la testa -Non posso mica salvare tutti, la storia deve pur fare il suo corso! Mi sembrava di avertelo spiegato...-

Molly allora sollevò appena lo sguardo, in una rapida quanto ovvia manifestazione di esasperazione che Sherlock non poté fare a meno di approvare.

-Sì, sì, mi hai già raccontato la tua disavventura con Hitler almeno tre volte.- tagliò corto -Ma adesso non ci sono in gioco milioni di vite, solo una!-

Il Dottore sospirò estenuato.

-E va bene, ma solo per questa volta e solo perché me lo stai chiedendo tu, non certo lui!- puntualizzò, rivolgendogli un'occhiataccia -Allora, sentiamo: come fai a sapere che sarai costretto a gettarti da un tetto?-

Il detective sbuffò irritato.

-L'ho dedotto, ovviamente.-

-Dunque non lo sai per certo.-

-, invece.- ribatté orgogliosamente -Mi basta l'intelligenza per sapere quello che mi sta per accadere, non ho bisogno come te di una stupida macchina del tempo!-

Al suo fianco, la dottoressa Hooper si portò le mani alle labbra, sintomo che stava riflettendo e che era in procinto di metterli timidamente a parte dei suoi pensieri.

-Però potremmo usarla comunque, giusto per essere sicuri...- propose.

Il Dottore respinse quell'idea con un rapido gesto della mano, al pari di quanto avrebbe potuto fare uno schiaccia-mosche con un insetto molesto.

-Potremmo, ma sarebbe rischioso. La sua morte potrebbe essere irrimediabile, se creasse un punto fisso nel tempo e nello spazio.- disse, qualunque cosa intendesse dire -Per cui, meglio prevenire...-

-Che curare, ok.- lo prevenne lei -Però potresti sempre trasmettergli la tua energia rigenerativa, nel caso.-

-Sì, potrei, ma non avrebbe alcun effetto se l'impatto gli fosse fatale.-

-Non c'è un modo per attutirlo? Rallentare la caduta?-

Questa volta l'alieno non rispose subito, ma si massaggiò il mento con fare meditabondo.

-In effetti, ho imparato proprio un trucco scenico che farebbe al caso nostro quella volta che ho recitato come comparsa in un film su Antifone...- si ricordò, per poi iniziare a vomitare un fiume di parole concitate -Cioè, non ho proprio recitato, mi sono solo infiltrato nella troupe per smascherare il regista. Le controfigure avevano iniziato a scomparire misteriosamente, così mi sono insospettito e...-

-Riserva questi noiosi aneddoti al tuo blog, grazie.- lo fulminò Sherlock, andando dritto all'unico punto che gli importava -Funziona sì o no?-

-In teoria sì, utilizzando il mio cacciavite sonico.-

-Bene. Dammi quell'aggeggio allora, qualunque cosa sia.- ordinò il detective, tendendogli il palmo della mano.

Il Dottore però arretrò di un passo, stringendo lo sguardo e mettendosi sulle difensive.

-Col cavolo!- inveì -E' il mio cacciavite sonico, posso usarlo solo io!-

-Come ti pare. Tientelo.- lo liquidò, non tenendoci affatto ad impossessarsi di quello che aveva tutta l'aria d'essere un imbarazzante attrezzo da bricolage spaziale -A me basta che lo usi al momento giusto.-

Al che però il Dottore prese a grattarsi il dorso del naso, assumendo quella sua smorfia con cui soleva accompagnare rivelazioni troppo imbarazzanti.

-A dire il vero, non ho mai provato prima la sua funzione antigravitazionale su altre persone...- ammise.

Il detective allora gli sorrise con malizia, scoccandogli uno sguardo d'intesa.

-Ancora meglio: adoro gli esperimenti.-

 

* * *

 

-Allora, è tutto chiaro?-

-Cristallino.-

-Bene, perché è essenziale che agiamo tutti e tre in perfetta sincronia.-

-Tranquillo, Sherlock. Saremo pronti.-

-Mmm... Potremmo concordare un segnale, però. Casomai qualcosa non dovesse andare come previsto.-

-Vi manderò un sms per comunicarvi quando intervenire, allora.-

-Parola d'ordine?-

-“Muovetevi”.-

-Ma no, ci serve qualcosa di più criptico! Di più scenico!-

-“Muovetevi” andrà benissimo.-

-Che ne dici di “Geronimo”?-

-Scordatelo.-

-“Allons-y?”-

-Un'altra proposta del genere, ed il tuo messaggio sarà “Muoviti, idiota”.-

 

* * *

 

-E quello che accidenti sarebbe?!?-

-Il mio travestimento.-

-Il camice che ti ha dato Molly basta ed avanza. Devi travestirti da medico, non da pagliaccio! Levati quel cilindro dalla testa e, per carità, liberati di quell'atroce farfallino!-

-Ehi! Per prima cosa, il mio farfallino non si tocca! E secondo, questo non è un cilindro, è un fez!-

-Complimenti, il suo nome è persino più ridicolo del suo aspetto. Ed io che pensavo non potesse esistere copricapo peggiore del mio colbacco scozzese...-

-Che cosa sarebbe un colbacco?-

-Sarebbe questo.-

-Forte! Posso indossare quello, allora?-

-No.-

-Ma se a te non piace nemmeno!-

-Non importa, è il mio. Mio, chiaro? Proprietà privata. Evidentemente tu non sai neanche cosa significhi, ma è un concetto abbastanza basilare, nella società umana. Vedi di metterti in testa quello.-

-Dai, solo per questa volta! Si abbina anche alla mia giacca, guarda!-

-Molly, ricordami perché mai dovrei fidarmi di questo imbecille.-

 

* * *

 

Quando riprese conoscenza, la gelida luce di un tavolo operatorio lo ferì agli occhi, costringendolo a rinchiuderli subito, lacrimanti, e strappandogli un'imprecazione.

-Molly, spegni quella dannata lampada, non mi devi sezionare per davvero!-

-Ops. Scusa!- la sentì pigolare in risposta.

Quando finalmente non rischiò più di finire accecato, sollevò il capo e fece leva con le braccia per mettersi a sedere. Avvertiva l'anestetico che la patologa gli aveva fatto assumere in via precauzionale ancora in circolo, ma nonostante il calo di sensibilità non gli sembrava che il suo fisico avesse granché risentito della caduta. Si stiracchiò per sgranchirsi le membra intorpidite, ed appurò soddisfatto che neppure le sue funzionalità celebrali sembravano aver riportato il minimo danno. Gongolò tra sé: Lazzaro gli faceva un baffo.

-E' andato tutto come nei piani, allora?- chiese conferma ai due dottori davanti a lui, massaggiandosi le tempie ancora pulsanti.

-Più o meno.- ammise quello ben più qualificato, mordicchiandosi le labbra -Ti sei rotto il femore, incrinato tre vertebre, hai riportato un grave trauma cranico e perso parecchio sangue...-

-Non si direbbe.- considerò lui, esibendosi in un agile balzo giù dal lettino.

-Credimi, eri messo parecchio male.- gli fece Molly con aria grave -Ho dovuto farti subito una trasfusione di sangue, ed il Dottore è stato costretto a trasferirti la sua energia rigenerativa in modo molto più invasivo del previsto...-

Sherlock si incupì, colpito da un orrendo presentimento.

-Quanto, invasivo?-

Lei però scosse il capo con ritrosia, soffocando malamente una risata fin troppo divertita.

-Non vuoi saperlo, fidati.-

-Ed io non voglio ripensarci.- proruppe schifato il Dottore, pulendosi la lingua in una manica del camice.

Improvvisamente, tutta la sua precedente voglia di brindare alla sua miracolosa rinascita venne sostituita dall'impellente necessità di scolarsi al più presto una bottiglia di collutorio.

 

* * *

 

Da non credere: quella piaga di un detective era riuscito persino a rovinargli il suo momento preferito!

Era entrato nella TARDIS senza nemmeno un battito di ciglio, commentando con sufficienza che si aspettava fosse “molto più grande all'interno” e chiedendogli se aveva rubato gli arredi sul set di un film fantascientifico di serie B, per poi iniziare a smanettare impunemente sulla plancia di controllo.

“Intollerabile!”

Non solo aveva osato oltraggiare verbalmente la sua Sexy, ma non contento si era pure messo a molestarla senza il minimo pudore! Per fortuna che l'Inghilterra doveva essere la patria delle buone maniere!

-Vedi di tenere quelle tue luride manacce a posto, o non ti porto proprio da nessuna parte!- lo bacchettò, ormai al limite della sopportazione.

Il detective però non si degnò nemmeno di guardarlo, e lo invitò con un gesto della mano a levarsi di torno.

-Non ce n'è alcun bisogno, faccio da me... Tu mi saresti solo d'intralcio.-

Al che il Dottore corrugò la fronte così tanto che era certo gli sarebbe rimasto il segno anche quando l'avrebbe infine distesa. Se mai ce l'avesse fatta, perché di certo il suo umore non sarebbe migliorato finché non fosse riuscito a buttar fuori bordo la forma di vita più boriosa e cafona di tutte le galassie.

“Che nervi!”

Se non sceglieva mai degli umani troppo intelligenti come spalla, ed ancor prima non gli permetteva nemmeno di metter piede sulla sua navicella, era proprio per quello. Credevano di saper tutto loro, di poter fare tutto loro. E dovunque li si portasse finivano solo per provocare dei danni, o comunque ritornavano nella loro epoca esportando prematuramente invenzioni e scoperte di cui si facevano belli spacciandole per proprie. Archimede e Leonardo gli erano già bastati come lezione, e non aveva proprio intenzione di portare un altro cosiddetto genio a spasso per i millenni, provocando ulteriori paradossi temporali... Si trattava solo di un passaggio di cortesia per liberarsi di quell'impiccio umano il prima possibile. Tuttavia, mai avrebbe potuto pensare che anche così sarebbe riuscito a rivelarsi una tale seccatura. Per tutti i neutrini, passi che non ci si stupisca all'ingresso nella TARDIS, ma che se ne prendesse pure il comando rubandogli la scena era davvero troppo!

-Molly, levamelo di torno prima che mi distrugga la TARDIS, o giuro che lo disintegro io per primo.- le ingiunse, digrignando i denti fino a farli stridere.

-Sherlock...- sospirò allora la sua amica, altrettanto estenuata, strattonandolo per un braccio -Ti prego, avevi promesso!-

Il detective roteò dunque gli occhi, sbuffando contrariato, e si rimise finalmente le mani in tasca, borbottando qualcosa al suo indirizzo. Il Dottore ne approfittò per spintonarlo via, riappropriandosi dei comandi per avviarli come si conveniva.

-Forza, dimmi per quanto tempo ti interessa sparire.- borbottò.

-Prevedevo per almeno un paio d'anni, ma niente salti temporali.- gli ingiunse quello -Devo prima smantellare la rete criminale di Moriarty, per poter tornare dal mondo dei vivi senza troppi timori. Per il momento, mi basta andare il più possibile lontano da Londra, e in un posto dove posso rifugiarmi per un po' senza destare troppi sospetti...-

-Polo Nord sia, allora.- concordò il Signore del Tempo, tirando entusiasta la leva d'accensione del motore.

-Voglio andare in Tibet, pezzo d'idiota!- sbraitò il detective.

-Dammi ancora dell'idiota, e ti garantisco che faccio davvero una deviazione per scaricarti nell'Artico!- ringhiò il Dottore.

Lui però gli rispose con un sorrisetto ruffiano.

-In effetti, ora che mi ci fai pensare mi piacerebbe fare una piccola tappa intermedia...-

 

* * *

 

Una nuvola oscurò il Sole, e si levò un soffio d'aria gelida che la fece rabbrividire. Si strinse ancora di più nel cappotto, affondando il viso nella sciarpa in cerca di calore. Non c'era particolare freddo, in realtà, ma era il luogo in cui si trovava a trasmetterle inquietudine. I cimiteri non le erano mai piaciuti, ben prima di quando aveva iniziato a frequentarli per sbrigare la sgradevole incombenza di visitare la tomba di suo padre... Ma non era l'idea della morte in sé, a turbarla. Con quella, lavorava a stretto contatto ogni giorno. Tuttavia, quelli con cui aveva a che fare erano dei semplici cadaveri, nient'altro che dei corpi, di cui si occupava per il breve tempo in cui sarebbero alloggiati nel suo obitorio. Invece, in quel momento si trovava in un luogo dall'apparenza innocua, quella di un parco qualsiasi, dove però non poteva camminare senza che le sorgesse il timore di calpestare il tumulo di qualcuno. Di una persona. Anche se nella maggior parte dei casi si trattava solo di ossa o ceneri. Quella era l'ultima dimora delle anime defunte, e le lapidi che ne segnavano l'indirizzo le parevano sempre come i paletti fissati a segnare il confine con un'altra dimensione. Che stava invadendo indebitamente, senza invito. Attraversando troppo presto, contro il suo volere.

Spostò il peso da un piede all'altro, irrequieta. Desiderosa di andarsene al più presto da quell'atmosfera rarefatta, da quel silenzio ovattato, e di tornare alla vita. E, non appena espresse quel desiderio, scorse la figura di Sherlock riemergere dalla boscaglia, esaudendolo e strappandole un lieve sorriso.

-Possiamo andare, ora.- annunciò al Dottore con tono burbero.

Il Signore del Tempo annuì, dunque si voltò e prese ad incamminarsi a gamba lunga e passo svelto verso il punto in cui aveva imboscato la TARDIS. Loro due gli si accodarono, procedendo fianco a fianco. Sherlock tenendo le mani in tasca, la testa alta e persa nei suoi pensieri, lei sfregandosi le mani, gli occhi imbarazzati e concentrati sui suoi passi.

-Com'è stato?- osò infine chiedergli, rompendo il silenzio.

-Come un funerale.- le replicò algido.

Lei allora sollevò il viso verso di lui, abbozzando un lieve sorriso ironico.

-Beh, ma non capita tutti i giorni di assistere al proprio funerale.- insistette.

Ricevette uno sbuffo come prima risposta.

-Ok, se proprio lo vuoi sapere, è stata una vera delusione. Credevo sarebbe stato più divertente.-

Molly scosse la testa. Incredibile come riuscisse a scherzare su qualunque argomento, persino quelli in cui chiunque altro sarebbe stato mortalmente serio.

-Sai com'è, si è trattato di un funerale.- notò sarcastica.

Le arrivò un altro sbuffo, ancora più esasperato.

-Si è trattato di una farsa.- sbottò scocciato, per poi voltarsi a rivolgerle un'occhiataccia -Comunque, sappi che mi sento profondamente offeso che tu non sia venuta.-

-Oh, davvero?- esclamò sorpresa, ma neanche troppo -Beh, in effetti non vedo perché avrei dovuto... L'hai detto tu stesso, che tanto è stata solo una farsa.-

-Cosa c'entra, devi reggermi il gioco! Vestire a lutto per una settimana e piangere sulle spalle di chiunque menzioni il mio nome, decantando le mie infinite doti e lamentando quale grande perdita sia stata la mia morte per l'intera umanità!-

Soffocò una risata. Che adorabile egocentrico...

-Vedrò di fare questo sforzo allora, se ci tieni tanto. Dopotutto, credo che la mia vita non sarà più la stessa, una volta che te ne sarai andato...- si interruppe, rendendosi conto di aver parlato troppo onestamente ed affrettandosi a sdrammatizzare -Avrò un sacco di tempo libero che non saprò come impiegare.-

Lui però rallentò un poco l'andatura, e la guardò così dritto negli occhi che si sentì arrossire dall'imbarazzo.

-E io non riuscirò più a risolvere i miei casi con altrettanta rapidità, senza il tuo aiuto.- le confessò, senza la minima traccia del suo usuale sarcasmo nella voce, anzi terribilmente serio -A proposito, Molly... Riguardo quanto è successo, volevo dirti che...-

-Non è necessario, Sherlock.- si affrettò ad interromperlo, rincuorandolo -Non c'è bisogno che mi ringrazi... Dopotutto, ha fatto tutto il Dottore.-

La fissò ancora qualche secondo con una strana irrequietudine, socchiuse la bocca come per aggiungere qualcosa, ma poi la richiuse, riprendendo a guardare davanti a sé.

-Già.- mormorò, lasciando di nuovo cadere il silenzio.

Nessuno dei due aggiunse più nulla, anche perché avevano ormai raggiunto la TARDIS. Il Dottore li sollecitò ad entrare, Molly rifiutò con ritrosia, spiegando che preferiva rimanere lì. Dove era giusto che le loro strade si dividessero perché, per quanto ancora vivo e vegeto, da quel giorno Sherlock non avrebbe più fatto parte della sua vita, e lei avrebbe dovuto iniziare ad accettarlo... benché, al momento, le sembrasse più facile superare la dipartita di una persona defunta per davvero, ma in modo definitivo ed irrevocabile, piuttosto che un abbandono in apparenza provvisorio, ma comunque di una durata insopportabilmente lunga. Troppo lunga...

Due anni, aveva detto.

Potevano succedere così tante cose, nel frattempo. Potevano cambiare le loro vite, perfino loro stessi. Eppure, per quanto non escludesse di poter in futuro conoscere altri uomini in grado di piacerle, con cui poter valutare di iniziare una relazione seria, era certa che non avrebbe mai potuto trovare nessuno, in nessun angolo dell'Universo, capace di farle battere il cuore quanto lui. La sua partenza vi avrebbe lasciato un vuoto troppo grande da riempire, e non ci sarebbe mai stato alcun degno sostituto in grado di colmarlo, ma solo rimpiazzi improvvisati per coprirlo, per nasconderlo alla vista. Quando lei, quanto spazio aveva nel suo cuore? Ne avrebbe mai fatto parte, o le era destinata solo una misera stanza tra le mura del suo palazzo mentale? E quella camera, quant'era spaziosa ed accessibile? Quanto spesso si sarebbe recato a farle visita? Per quanto tempo gliel'avrebbe riservata, prima che decidesse di sfrattarla a vantaggio di altri ricordi a lui più utili? Le aveva garantito che avrebbe sentito la sua mancanza e ne era convinta, ma questo non escludeva la possibilità che, prima o poi, incontrasse qualcun altro in grado di essergli d'aiuto quanto lei, se non di più. Non escludeva che avrebbe potuto dimenticarsi di lei. Che in giro per il mondo scoprisse altri luoghi più interessanti di Londra, e decidesse di trascorrervi più tempo del previsto. Che vi rimanesse per tutto il resto della sua vita, per scelta propria o in conseguenza di una tragica fatalità.

Quest'ultima, era la prospettiva che la spaventava maggiormente. Un'incertezza così forte da sconsigliare di nutrire qualsivoglia speranza illusoria: il non sapere se tra due anni l'avrebbe effettivamente rivisto, e in caso contrario da quando avrebbe dovuto iniziare a visitare la sua tomba non più per finzione, bensì per piangerne la dipartita. Il suo cuore si sarebbe sempre rifiutato di farlo, ma la sua mente glielo suggeriva, che avrebbe dovuto iniziare da subito. Accettare quella separazione, salutarlo ora. Dargli un onesto addio, anziché dirgli un ipocrita arrivederci. Ritornare alla propria vita, anziché inseguire quella di una persona che non ci sarebbe più stata...

Quel viaggio era di Sherlock, non suo.

Tuttavia, lui esitò un attimo sulla soglia della TARDIS, artigliandone lo stipite come a frenare la necessità che ve lo stava spingendo dentro. E si voltò a guardarla, con un calore inedito. Che bastò a scacciare le nubi che avevano oscurato il Sole, illuminando di vita quel prato che prima le appariva tanto desolato.

-Bada a te stessa, Molly Hooper.- le ingiunse, ma con dolcezza.

Gli sorrise con naturalezza, di spontanea felicità.

-Non cacciarti nei guai, Sherlock Holmes.- lo ammonì, ma con premura.

Lui annuì piano. Poi i suoi occhi sbatterono, recidendo il loro contatto visivo, e ne approfittò per abbassarli, distoglierli, rivolgerli nuovamente alla porta davanti a lui. Le sue mani smisero di trattenerlo, spinsero decise affinché partisse.

Molly arretrò di qualche passo, il necessario per avere una piena visuale della TARDIS, osservandola svanire e continuando a fissare nel punto in cui era scomparsa fin quando riuscì a sentire l'eco della sua sirena. Allora non ebbe più scuse per trattenersi ancora, ed iniziò a ripercorrere i propri passi, diretta verso casa. Tuttavia, lungo il tragitto i suoi occhi si posarono involontari su una lapide scura, e le sue gambe si paralizzarono sul posto. Il gelo l'assalì con ferocia, le lacrime iniziarono a bruciarle il viso, offuscando il nome dalla persona che più amava al mondo rinfacciarle proprio quella verità da cui tentava di nascondersi, ma che comunque era riuscita a stanarla.

Non seppe per quanto rimase così, ma è certo che ad un tratto si riscosse, sussultando spaventata ad un suono improvviso. Subito però si tranquillizzò, trattandosi di un trillo a lei familiare. Soltanto un sms.

Si asciugò maldestramente gli occhi, frugò nelle tasche alla vana ricerca di un fazzoletto, tirò su con il naso costretta, ed infine recuperò il cellulare dalla borsa. Con stupore ne scoprì il mittente, che si trasformò in sbalordimento quando ne lesse il messaggio, e in commozione come lo rilesse, realizzando che l'aveva ricevuto per davvero, comprendendone il vero significato...

Grazie comunque. E scusa. Tornerò per farmi perdonare, promesso. SH

Ricominciò a piangere a dirotto, ma questa volta con il sorriso.

 

* * *

 

-Arrivati!- esultò il Dottore, ultimando il parcheggio e spegnendo il motore -Avanti, sloggia di qui prima che a causa del tuo ego la TARDIS finisca per implodere...-

-Forse perché il tuo sta già occupando fin troppo spazio.- gli replicò con incredibile faccia tosta She... Shefford? Shellrock? Insomma, quello lì -Potresti provare a ridimensionarlo fermandoti tu qui per goderti una piacevole vacanza in Tibet... Ci penso io a badare alla tua navicella nel frattempo, non ti preoccupare.-

-Scordatelo, saresti capace di spedirmela dentro ad un buco nero!- lo fulminò all'istante -E comunque è meglio che non mi faccia vedere troppo da queste parti, ho dei trascorsi non propriamente idilliaci con l'attuale Dalai Lama...-

Non aveva affatto preso bene quella volta che la sirena della TARDIS l'aveva deconcentrato prima che riuscisse nell'impresa di superare il suo personale record d'ore di meditazione consecutive... E meno male che il Buddhismo dovrebbe trasmettere e professare solo sentimenti di assoluta pace, armonia e serenità interiore.

-Ancora meglio, così avrete occasione di riallacciare i rapporti.-

-Levati dai quark, Sherlock Holmes!- inveì esasperato.

Lui però non si mosse di un solo millimetro, sfoderando un ghigno beffardo.

-Altrimenti? Mi minacci con il tuo laser giocattolo?-

Perché, perché non l'aveva lasciato spiaccicato sul marciapiede?!?

-No, ti butto fuori a pedate!-

-Suvvia, chiedo solo un giretto di prova!- continuò ad insistere, più capriccioso di un bambino.

-Non ci provare, lo so già come va a finire con quelli come te! Non è mai “solo un giretto”! E finiresti per crearmi più problemi tu di quelli che mi tocca già risolvere!- lo redarguì, severo ed irremovibile.

Il detective allora fece scattare la mascella, corrucciò le sopracciglia, incrociò le braccia e mise un broncio davvero molto maturo.

-Se fossi una donna scommetto che non faresti tutte queste storie per portarmi con te.- lo provocò quell'insolente.

-E con questo cosa vorresti insinuare?!?- sbottò il Signore del Tempo, ormai tanto irritato quanto paonazzo.

-Non sto insinuando, sto muovendo un'accusa ben precisa!- replicò con aria di sfida -Sarà anche vero che tra te e Molly non c'è mai stato nulla, ma non l'hai di certo scelta come aiutante per la sua consumata esperienza nei viaggi spaziotemporali!-

-No, l'ho scelta per le stesse ragioni per cui l'hai fatto anche tu.- gli rinfacciò, rivolgendogli anche lui un'accusa ben precisa.

Quello però non colse la sua allusione o, più probabilmente, l'afferrò alla perfezione e pertanto preferì deviare il discorso.

-Per appropriarti dei miei muffin, forse?- sibilò.

-E chi li vuole, quelli?- si schermì, rabbrividendo al solo ricordo del loro gusto orripilante.

Lui però lo guardò con fare ancora più feroce.

-Non fare il finto tonto, l'ho visto con i miei stessi occhi che Molly li ha preparati anche per te!-

Gli scappò una risatina divertita. Gli umani sono esseri davvero troppo possessivi... specialmente quando sono gelosi, e sentimentalmente analfabeti come quel caso clinico che si ritrovava davanti. Sarà pur stato un genio, ma sul versante interpersonale era un vero cretino.

-Sì, ma sono diversi: i miei sono salati.- gli rivelò allora conciliante -Quelli dolci li riserva esclusivamente a te, stai pur tranquillo.-

Gli occhi del detective si dilatarono di scatto, stupiti, per poi abbassarsi rapidamente a dissimulare il proprio disagio.

-Starò tranquillo solo quando te ne sarai tornato da dove te ne sei venuto.- mugugnò, per poi ammorbidirsi un poco -Ma a quanto pare per qualche assurda ragione a Molly piaci, ed io non posso farci niente. Perciò continua pure a portartela nei tuoi giri, ma guai a te se provi a piantarla in asso di punto in bianco, o troverò il modo di fartela pagare cara.-

Se per questo nemmeno lui avrebbe mai capito cosa ci trovasse tanto in lui la sua amica... Ma per lei era importante, per cui gli fece comunque piacere che fosse infine riuscito a conquistarsi la benedizione del detective. Si poteva interpretare come un attestato di stima da parte sua, in un certo senso. E, per quanto il Dottore continuasse a non poterlo vedere, doveva ammettere che anche lui possedeva un'intelligenza degna del suo rispetto: dopotutto era stato il primo essere umano in grado di comprendere appieno la tecnologia ultradimensionale della TARDIS, e la differenza tra quando si sposta fisicamente e quando invece si smaterializza attraversando il Vortice del Tempo...

Non abbastanza rispetto da voler stringere amicizia e proporgli lo scambio dei loro numeri di telefono, sia chiaro.

-Non lo farò, promesso.- lo rassicurò con convinzione.

Lui però non parve per nulla soddisfatto, e lo fissò con sguardo ancora più torvo.

-Bene, perché anche lei ha bisogno di una compagnia... e di dormire. Falla dormire un po', santo cielo! Come fai a non accorgerti che si regge a malapena in piedi?!?- sbottò, puntandogli accusatorio un dito contro -E comunque, vedi di non montarti troppo la testa: ti sto solo concedendo temporaneamente Molly in comodato d'uso, poi vedi di trovarti un'altra compagna da portarti a spasso per l'Universo! E la rivoglio tutt'intera, sia chiaro!-

Allora il Dottore non poté davvero fare a meno di rispondergli con un ampio sorriso, denso di malizia e sottintesi.

-E tu vedi di tornare a riprenderti quello che è tuo.-

 

*

 

RINGRAZIAMENTI

 

H^o^la!

Ordunque, eccoci arrivati alla fine. Di già, direte voi... eh, lo so. Ma questa era la prima volta che provavo a scrivere sia su Sherlock che sul Dottore, e a tirare troppo la corda avevo davvero paura di spezzarla. E poi era proprio ad una rivisitazione della Caduta che volevo arrivare, anche se per ragioni di coerenza ho dovuto modificare qualche dettaglio rispetto alla serie. Se invece volete leggere qualcosa di più canon, vi rinvio alla mia one-shot “ChessMate” che ho partorito nel frattempo. Comunque, tornando a questa storia, dal vostro riscontro entusiasta direi che l'esperimento è riuscito senza troppi intoppi, ed è già una piccola soddisfazione personale sapere che la mia follia è stata apprezzata... Pertanto approfitto di questo angolino per ringraziare di persona tutti coloro che oltre a leggere hanno pure trovato il tempo e la voglia di recensirmi, o comunque di farmi sapere che stavano seguendo la storia o, addirittura, aggiunto alle storie preferite e ricordate. In ordine cronologico, una menzione d'onore a:

May Des; Piumadifenice; leloale; cinderella_97; beb; arirocks; francypix; queensan; tykisgirl; Tulli_pa_no; Heartofgold; july29i; Namisas; Black_Yumi; yllel; Maledetta; AbbyHolmes; kawaii_cookie; jiyu2002; Miss_Riddle Starkey; Ally I Holmes; spasibo; Florile Dalbe; SpreadYourWings98.

Siete davvero tantissimi ed io sono davvero stracommossa. Sappiate che senza di voi non so se avrei scritto questa fic con altrettanto entusiasmo, anzi mi avete spronato ad impegnarmi e dilungarmi ben oltre quelli che erano i miei intenti iniziali. Ma, chiaro, un grazie di cuore va anche a ogni persona che ha letto o leggerà in futuro questa pazza storiella. Vi voglio un infinito di bene!

XOXO

- Evee

   
 
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