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Autore: ShinigamiGirl    31/01/2015    9 recensioni
ATTENZIONE: questa storia è una collaborazione con theperksofbeinglawliet.
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La Wammy's University è la più prestigiosa università conosciuta in tutta l'Inghilterra, e ha la sua sede a Winchester. Come in tutte le università, possiamo trovare al suo interno i classici stereotipi di ogni scuola... Bulli, cheerleaders, sfigati, nerd e secchioni...
Ma sarà davvero così normale questa scuola?
Lotte, amicizie, tradimenti, amori fasulli e scoperte scioccanti.
Tanti segreti si nascondono dietro a quel nome così prestigioso.
E tu, vuoi venire a scoprirli insieme a noi?
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Dal testo:
"-Il rapporto tra me e L non va oltre al limite di sopportazione moralmente imposto."
"-Sai chi mi ricordi?
Il biondo la guardò, in attesa di ulteriori spiegazioni.
-Il signor Grey. Ma sappi che io non sarò la tua Anastasia."
Genere: Sentimentale, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri personaggi, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1: Nuova scuola, nuova vita






Il sole sorse proprio in quel momento, Deborah maledisse quell’avvenimento. La sveglia, infatti, iniziò a trapanarle i timpani, obbligandola ad alzarsi per spegnerla.
Cacciò un sospiro. Ora che i suoi genitori si erano trasferiti, avrebbe dovuto alzarsi ogni giorno all’alba per arrivare alla nuova università in tempo. Lasciare le sue vecchie compagne non era stato facile, e non accettava le esigenze lavorative del padre, soprattutto per come trattava lei e sua madre.
Questo non l’aveva facilitata ad allentare la sua ansia per il primo giorno, e non aveva chiuso occhio per tutta la notte, presa anche dalla rabbia del momento.
Quando giunse dinnanzi allo specchio del bagno, ciò che vide la fece disperare ancora di più. Sotto gli occhi erano spuntate due profonde occhiaie, e i ricci castani erano un ammasso indomabile senza precedenti. Si sistemò la frangetta liscia con la spazzola, e dopo essersi lavata faccia e denti, proseguì a sistemare il danno provocato dalla notte insonne.
Il correttore svolse il suo lavoro, coprendo le occhiaie in maniera eccellente. Proseguì poi a incipriare il pallidissimo viso, e si contornò gli occhi di nero, mettendosi poi moltissimo mascara, che le allungò le ciglia abbastanza da farla sentire più femminile.
Si infilò la minigonna grigia e le calze dell’uniforme, allacciandosi poi la camicia bianca a maniche corte e sopra il maglioncino giallo senza maniche. Deborah aveva scelto delle calze nere, che le arrivavano appena sotto le ginocchia, facendo risaltare la pelle chiarissima e le gambe asciutte, abbinate a un paio di ballerine del medesimo colore.
Non aveva molta fame, ma siccome sarebbe arrivata in città molto prima della prima ora di lezione a causa degli orari improponibili dei treni, pensò di fare colazione in un bar.
I suoi dormivano ancora, così uscì senza svegliarli e si diresse alla stazione.
L’atmosfera di periferia era piuttosto tranquilla, non sembrava esserci molta gente per le strade. Inspirò a fondo, cercando di darsi una calmata.
Fortunatamente, arrivata in stazione, notò che c’erano altre persone, vestite in maniera piuttosto elegante, forse diretti a lavoro. Il treno arrivò puntuale, e il viaggio durò una buona mezz’ora.
Trovare la fermata dell’autobus, una volta scesa dal treno, fu un po’ più complicato, dovette chiedere indicazioni e perse parecchio tempo. Addio colazione in città.
Prese l’autobus proprio prima che chiudesse le porte, e giunse davanti all’istituto anche fin troppo in orario, correndo verso l’entrata proprio mentre si udiva il suono della prima campanella.
Notò che l’edificio era di dimensioni notevoli. D’altronde, non ci si aspettava di meno da un’università così prestigiosa.
Non appena entrò, vide molti ragazzi che si affrettavano ad andare nelle loro classi, e lei si aggirò per i corridoi, finché non trovò la presidenza. Bussò tre volte con decisione sulla porta di legno massiccio, un po’ in ansia.
-Prego- sentì dire.
Entrò con fare piuttosto deciso, non voleva dare l’impressione di essere timida.
-Buongiorno, sono una nuova studentessa. Il mio nome è Deborah Dreamer, sono stata classificata per la terza classe, sezione D.
Dinnanzi a lei, dietro ad una scrivania piena di scartoffie e munita di un microfono, stava in piedi un uomo abbastanza anziano, che le sorrideva benevolo.
-Piacere, Deborah. Sono il preside di questa università, e sono lieto di averti nel mio istituto- le rispose, porgendole la mano.
Quando la ragazza si avvicinò per stringergliela, le cadde l’occhio su una targhetta d’oro posta davanti alla scrivania, dove era inciso “W. Watari”. Le sembrava comunque una persona molto gentile.
-Ho già mandato a chiamare una brava ragazza, che ti farà fare un giro della scuola. Ecco, queste sono le tue ore di lezione- la informò, passandole due fogli con orari e materie relative al suo corso.
-Grazie- disse, infilando i fogli nella fidata tracolla nera che portava sempre appresso.
-Sono certo che ti troverai bene. Non esitare a chiamare me o Roger, il vice preside, in caso di bisogno, siamo sempre a disposizione di tutti gli alunni.
Deborah annuì, voltandosi nell’udire la porta aprirsi. Si presentò un individuo molto strano, vestito con abiti scuri e punk. Esibiva un sorriso inquietante, i capelli erano ritti e da un orecchio pendeva una catenina con un cuore d’argento. Aveva uno strano colorito, e gli occhi leggermente sporgenti. La osservò divertito per qualche secondo, poi si rivolse al preside.
-Ecco Taylor, signor preside.
-Grazie, Ryuk- gli rispose, mentre il presunto bidello si faceva da parte per far entrare qualcun altro.
Taylor entrò svogliatamente nella stanza. Non aveva per niente voglia di fare il giro dell’intera scuola con la nuova recluta, odiava quella parte del suo incarico di rappresentante.
Ogni volta che gli si presentava un nuovo alunno, infatti, questo le si appiccicava per giorni, prima che riuscisse a integrarsi e fare amicizia con qualcuno.
A volte aveva modo di conoscere persone interessanti, con cui aveva stretto qualche “amicizia”. In realtà, lei non si considerava la classica persona con molti amici, o almeno, non veri amici.
In ogni modo, sperava che questa nuova ragazza fosse una di quest’ultimi, e non l’ennesima cozza rompiballe.
-Io sono Taylor- disse, presentandosi alla compagna.
-Piacere, mi chiamo Deborah. Ti ringrazio per la disponibilità- le rispose, senza battere ciglio.
Una normale ragazza si sarebbe chinata in segno di rispetto, ma lei preferì non mostrarsi inferiore a nessuno. Le piaceva essere considerata alla pari.
Taylor la osservò per qualche secondo, sorridendo alla sua presa di posizione. C’erano due tipi di persone che avrebbero reagito così, un'altezzosa o una che non si fa mettere i piedi in testa.
Era ben curata, tuttavia notò che la camicia era leggermente fuori dal maglioncino, e pensò che probabilmente si era fatta una corsa per arrivare in tempo. Le sembrò una tipa interessante, fortunatamente.
-Potete andare, ma mi raccomando, Taylor, alla seconda ora dovrete entrare a far lezione, solo la prima è debita al giro della scuola. Spero che i tuoi compagni la accettino come è giusto che sia.
Taylor si schiarì la voce.
-Non c’è problema, signore- disse a Watari, e con ciò aprì la porta, facendo cenno alla ragazza di seguirla fuori dallo studio del preside.
Lei sgusciò fuori, dileguandosi dalla vista dell’uomo, poi si voltò, aspettando l’altra ragazza. La nuova arrivata la osservò meglio.
Aveva due ipnotici occhi blu, che risaltavano moltissimo sulla pettinatura scura e i lineamenti spigolosi del viso. Indossava l’uniforme grigia quasi con eleganza, ma le sembrava essere una ragazza a posto, con la testa sulle spalle e niente fronzoli.
-Ci metteremo davvero un’ora?- le chiese, non appena chiuse la porta.
-Beh, diciamo che si può benissimo fare in mezz’ora, ma visto che ora avremmo dovuto seguire una pallosa lezione di diritto con il professor Ruvie, possiamo dilungarci tranquillamente- la informò, con un occhiolino -E poi, penso che entrare nel bel mezzo di una lezione sia decisamente imbarazzante, essendo una nuova recluta- aggiunse, facendo strada verso un bancone pieno di cibo.
Deborah annuì. In effetti, non aveva la minima voglia di apparire come il fenomeno da baraccone della giornata.
-Vuoi prendere qualcosa?- le chiese, indicando l’angolo dell’università prediletto dagli studenti.
Era proprio un bar, pieno di dolci e stuzzichini salati.
La fanciulla osservò con certo interesse i cupcake.
-Non mi dispiacerebbe, in effetti- disse, ripensando alla sua fallita colazione in città.
Si avvicinò alla mora, sedendosi al suo fianco.
Taylor alzò una mano, per attirare l’attenzione dell’addetta al bar.
-Ehi, Rem!
-Taylor, vedo che abbiamo una nuova recluta!- disse una strana signora, avvicinandosi alle due ragazze.
Deborah rimase nuovamente basita. Aveva un look molto simile a quello del bidello, con i toni sul violetto, e non riusciva a darle un’età definita. Persino i suoi capelli erano di uno strano porpora.
-Esatto- le rispose allegra Taylor, prima di rivolgersi a lei, facendole un occhiolino e aggiungendo -e qual è il modo migliore per iniziare il tour della scuola, se non con uno dei tuoi spettacolari cupcake?
Deborah rimase piuttosto impassibile all’ennesimo occhiolino, un po’ per la perplessità della situazione, un po’ perché era persa ad osservare i dolcetti con occhi sognanti.
-Mi piacerebbe avere quello al cioccolato, per favore- disse, indicandone uno abbastanza nascosto, ma dall’aspetto appetitoso.
-Io un caffè amaro, come al solito- disse Taylor, rivolta a Rem.
-Arrivano subito, dolcezze- fece la donna, che arrivò poco dopo con le loro ordinazioni.
Deborah addentò il dolcetto con fare quasi religioso, e il sapore che sentì non aveva paragoni. Non appena entrambe ebbero terminato la colazione, Taylor si alzò, seguita dalla nuova arrivata, che si pulì in fretta la bocca dai residui di cioccolato.
-La nostra prima tappa sarà la palestra- annunciò la mora, con un sospiro.
Odiava quel posto, ma soprattutto odiava chi frequentava abitualmente quel luogo.
Camminarono attraverso i corridoi, molto illuminati a causa delle enormi vetrate che li percorrevano sulla destra.
Si fermarono di fronte alla palestra, e Taylor disse all’altra ragazza di aspettarla fuori, ma appena si sporse, vide proprio ciò che non voleva vedere.
Le cheerleaders.
-E uno, e due, e uno due, tre, quattro!- urlava una ragazza, quella che sembrava essere il capo.
-Amane- borbottò Taylor, digrignando i denti e stringendo i pugni.
Deborah, incuriosita dalla faccenda, si sporse insieme alla mora.
-Tutto bene?- le chiese, stranita da quell’improvviso cambio di atteggiamento.
Lei si voltò lentamente verso la riccia, sistemandosi i capelli e tornano all’espressione che aveva poco prima.
-Beh, è una palestra come un’altra. Andiamo avanti col giro- disse, cambiando il discorso e invitando la ragazza a seguirla lungo il corridoio. A metà di esso si fermò, accorgendosi di essere stata un tantino sgarbata. Dopotutto, quella ragazza necessitava di spiegazioni.
-Cheerleaders- disse, lentamente, e scandendo bene la parola.
Deborah le lanciò un’occhiata esortativa, in attesa di una spiegazione più esaustiva.
-Le odio- ammise -E se sei quel tipo di persona che ha come massima aspirazione nella vita quella di agitare dei pon pon e il culo qua e la, urlando come un’ossessa… Beh, mi spiace, ma non avremo alcun tipo di rapporto, una volta che avrò finito di mostrarti la scuola.
La fissò negli occhi, con uno sguardo che avrebbe incenerito chiunque.
Ma non Deborah.
-Sono il tipo di persona che evita ogni superfluo movimento fisico- puntualizzò infatti, con certa tranquillità -anche se il mio fisico possa far pensare il contrario…
In effetti era piuttosto magra e molto pallida, anche se non si era mai riuscita a spiegare la terza abbondante di seno, probabilmente ereditata da qualche lontana parente.
-C’è pure chi considera le cheerleaders sportive! Ma se non fanno altro che muovere i loro culi e mettere in mostra le gambe e i corpi odiosamente perfetti, davanti alla squadra di basket o peggio davanti a…- Taylor si bloccò appena le cadde l’occhio sull’orologio, erano già le otto e mezza.
La ragazza, per tutta risposta, scoppiò a ridere.
-Dobbiamo muoverci- disse Taylor, mentre Deborah la seguiva, ridendo ancora. Si sentiva strana, non le era mai capitato di dilungarsi così tanto con una recluta.
-Scusa la domanda, ma cosa ci fanno delle troiette simili nella più prestigiosa università di Winchester?- chiese Deborah, cercando di smettere di ridere.
Taylor, di fronte a quell’affermazione, si rilassò senza darlo a vedere.
-Beh, vuoi che le amate e straviziate figliuole dei più grandi imprenditori, avvocati e star di ogni genere dell’intera Inghilterra non vadano ad un’università degne del portafoglio dei loro spocchiosi genitori?
-E io che pensavo di essermi liberata di certa gente. Nel resto della scuola c’è gente simpatica?
La mora ci rifletté su qualche secondo, prima di scoppiare a ridere.
-Diciamo che le persone “normali”, in questa scuola, sono poche. E ancora di meno quelle che mi stanno simpatiche, ma questo è un problema mio… Si contano sulle dita di una mano.- ammise la ragazza -In ogni caso, avrai modo di vedere con i tuoi occhi il disagio e i vari gruppetti di questa università. Per ora, puoi contare su di me, comunque. A proposito, che anno devi frequentare?
-Terzo anno, classe D- rispose prontamente sorridendole.
-Molto bene! A quanto pare sei nella mia classe! Benvenuta nella classe peggiore che tu abbia mai avuto il dispiacere di avere!- affermò Taylor, con un sorriso che, a dispetto delle apparenze, non prometteva nulla di buono, e scuotendo la testa come se non credesse all’incredibile sfiga che la nuova recluta aveva avuto.
Deborah, d’altro canto, rimase piuttosto spiazzata. Beh, la giornata non era iniziata nel migliore dei modi, senza aver chiuso occhio la notte precedente e avendo fatto ritardo coi pullman.
-Mio Dio- si limitò a dire -devo prepararmi al peggio?
-Nella nostra classe si riuniscono tutti i classici stereotipi di studenti. Dalla cheerleader al cestista, dal rubacuori allo sfigato, dal secchione al genio incontrastabile. E poi ci sono io, alcune mie amiche e uno scassamaroni a cui piace fare il bullo. Che ne dici?
-Posso sopravvivere- decise, alzando una mano a mo’ di saluto militare.
-Perfetto, direi!- esclamò la ragazza, dandole una pacca sulla spalla, forse un po’ troppo violenta.
Deborah tentennò, ma non perse il sorriso. Forse non era così male la nuova scuola, certo, era ancora preoccupata, ma Taylor le andava a genio.
La mezz’ora seguente passò piuttosto in fretta, purtroppo.
La mora mostrò a Deborah l’auditorium, la biblioteca e l’aula musica al piano terra, dove c’erano anche il bar e l’ufficio del preside. Salirono al primo piano, dove le fece vedere l’aula del club linguistico e le varie aule munite di computer. In quel piano e in quello superiore c’erano altre aule, mentre il piano sottoterra era adibito ad un’altra palestra e al laboratorio di chimica.
Una volta terminato il giro, Taylor guidò la nuova ragazza alla loro classe, che era l’ultima all’estremo lato est dell’università.
-Ora dovremmo avere il professor Penber- annunciò.
Deborah estrasse i fogli con gli orari, e lesse mentalmente “Raye Penber, lezione di algebra e scienze”.
-Ma bene.- fece, sarcastica. Odiava la matematica -Avrò almeno il tempo di presentarmi, prima che arrivi il prof?
-Penso di…- stava dicendo Taylor, prima che qualcuno la chiamasse.
-Signorina Pierce!
La ragazza si voltò.
-Professor Penber!- salutò, mandando un’occhiata significativa a Deborah.
Evidentemente non avrebbe avuto tempo di presentarsi, o peggio, l’avrebbe fatto il prof per lei.
-Vedo che abbiamo un nuovo arrivo! Spero che ti piaccia la matematica!- esclamò, tutto contento.
Taylor alzò gli occhi al cielo, chiedendosi a quale persona sana di mente piacerebbe la matematica.
Deborah esibì un sorriso che più finto di così non esisteva, ma il professore non sembrò accorgersene, tutto preso dall’allegria del momento.
-Ehm, salve… Certo, adoro la matematica… Anche se preferisco scienze…- mentì spudoratamente, con lieve insicurezza.
L’allegria di quell’uomo la metteva a disagio.
Taylor, di fronte a quella scena, sorrise sotto i baffi.
-Molto bene! Pensi che io insegno pure scienze! Ora entriamo, così la presento alla classe!- esclamò il prof, al settimo cielo.
Deborah si sentì sprofondare, mentre sospirava con un sorriso poco convinto.
Il prof entrò nell’aula, coi posti disposti a ferro di cavallo e rialzati. Molti degli studenti stavano chiacchierando tra loro, ma, come al solito, Taylor notò il gruppetto di ragazze in calore che accerchiavano il ragazzo il cui nome, con ogni probabilità, spopolava in tutta la scuola.
Tutte, chissà perché, lo chiamavano Mello, ma il suo vero nome era Mihael.
Taylor guardò Deborah con la coda dell’occhio. Anche lei l’aveva notato, e lo stava osservando con curiosità.
Il prof si schiarì la voce, tentando di attirare l’attenzione dei ragazzi, tuttavia loro continuarono a non cagarlo deliberatamente.
Taylor alzò nuovamente gli occhi al cielo.
-Ehi, pezzi di merda!- urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Molte persone si voltarono verso di lei, zittendosi. La ragazza pensò che, se si erano girati a quell’appellativo, significava soltanto che lo erano veramente, e sorrise compiaciuta.
-Signorina Pierce!- esclamò il professore, scandalizzato.
-Mi scusi, prof. Ma ora ha la loro attenzione, no?- fece lei, con un ampio e finto sorriso.
Lui le lanciò un’occhiata di rimprovero, sospirando.
-Ragazzi e ragazze, come potete vedere abbiamo una nuova studentessa!- urlò, per farsi sentire da tutti, dopodiché lasciò la parola alla ragazza.
-S… Sì, mi chiamo Deborah Dreamer. Molto piacere- borbottò, a testa bassa.
Taylor le restò accanto, finché non andarono a sedersi, una accanto all’altra, nell’ultima fila in alto. Deborah cercò di passare inosservata, per quanto le fosse possibile. Era arrossita non appena aveva visto che quel biondo l’aveva guardata, e quegli occhi glaciali l’avevano trapassata.
Appena si sedette, si sporse verso Taylor.
-Scusa se ti sto addosso. Ma trattienimi, ho voglia di prenderlo a calci- aggiunse, lanciando un’occhiataccia al prof, che tutto allegro manco se n’era accorto.
-Tranquilla, è normale- la rassicurò, sorridendole sinceramente.
Taylor si voltò alla sua destra, dove era seduta la sua migliore amica Nathalie, e la chiamò con un sussurro per presentarle Deborah.
Fecero le presentazioni velocemente.
Nathalie era una ragazza che non passava certo inosservata, con quella massa indomabile di capelli rossicci che si ritrovava. Aveva due occhi verdi vivaci, nascosti dietro un paio di occhiali da vista all’antica, che sembravano essere tornati di moda in quel periodo. Il viso era pallido, ma con una spruzzata di lentiggini sulle guance e sul naso. Il suo aspetto rispecchiava il suo carattere, solare, vivace e divertente.
Deborah si rassicurò nel vedere quella ragazza. Pensò che, dopotutto, non tutti i componenti di quella classe fossero terribili, ma cercò di non illudersi troppo.
Sporgendosi verso il basso, ignorando bellamente la lezione del prof, notò uno strano individuo dai capelli rossi e un paio di googles sopra la testa, che invece di prendere appunti giocava alla PSP. Poco più distante, un altro ragazzo, probabilmente albino dati i capelli bianchi, ascoltava distrattamente arricciandosi un ciuffo di capelli con l’indice.
Sopra di lui, una ragazza dai capelli lisci e un paio di occhiali squadrati leggeva un libro enorme, di cui Deborah riuscì a leggere il titolo. Era “Lo Hobbit”.
Insomma, nessuno stava ascoltando davvero il professor Penber.
Taylor richiamò la sua attenzione appoggiando i gomiti al tavolo.
-Vuoi che ti faccia una panoramica della classe?- chiese, con sguardo sadico.
Deborah accettò, sorridendo al barlume di divertimento negli occhi blu della nuova amica, se così poteva definirla. Lei, per tutta risposta, fece un sorriso che avrebbe fatto venire la pelle d’oca a chiunque.
Non l’avrebbe mai ammesso, ma adorava parlare male delle persone, soprattutto quando c’era così tanto da dire. Ovviamente parlava male delle persone che avevano una brutta reputazione a causa del loro comportamento. Taylor non era un’amante del gossip, ma adorava avere il controllo della situazione, e questo implicava essere sempre informati su tutto e tutti.
Si strofinò le mani e posò lo sguardo poco più in basso di loro, al lato sinistro della sala, quello più vicino alla finestra.
-Vedi quel gruppo di ragazze laggiù?- domandò, indicandole uno schieramento di ragazze tutte palesemente uguali.
Deborah annuì.
-Sono le cheerleaders. Quella con i capelli biondi e i codini che sta tormentando il ragazzo davanti a lei è Misa Amane, capo delle cheerleaders, nonché mia acerrima nemica- la informò, serrando le mani sul bordo del tavolo, facendo diventare le nocche bianche.
-Quella coi capelli corti e neri è Takada- continuò, indicando la ragazza seduta di fianco al tizio che Amane stava cercando di far parlare con lei -una puttana come poche. Tra lei e Amane non corre buon sangue, hanno lottato molto su chi dovesse essere il capo delle cheerleaders, e per il suddetto ragazzo che ora sta in mezzo a quelle due. Si chiama Light Yagami ed è il secchione della classe, oltre ad essere il cestista numero uno della squadra di basket della scuola. Ed è pure il figlio dell’allenatore, Soichiro Yagami. Ti consiglio di stargli lontana, ha una risata alquanto macabra ed inquietante- le consigliò, guardando con disgusto il ragazzo dai capelli castani.
Deborah assimilava informazioni, e si rendeva conto sempre di più del perché Taylor odiasse quella gente.
-Andiamo avanti- disse Taylor -quella con i capelli neri, lunghi e con la frangia è Heather. Un’altra stronza del gruppo di Amane. E poi c’è…
-Catherine O’Brian- sibilò Deborah, interrompendola e osservando la ragazza con puro distillato odio.
I suoi insolenti boccoli biondi, quegli occhi smeraldini, mentre masticava con insistenza una cicca, niente di lei si poteva dimenticare.
-Ci rincontriamo- borbottò, poi disse, notando lo sguardo interrogativo di Taylor -Compagna di classe di asilo, elementari, medie e perfino liceo. Se n’era andata in un'altra università, non posso crederci, davvero, la ribecco qua…
-Ah! E’ proprio vero che a volte ritornano! Scusami, a volte sono un po’ sadica, immagino- aggiunse subito dopo, grattandosi la nuca con una mano.
-Se ti diverte assistere a cose simili, penso ti divertirai. Immagino che torneremo a scannarci come un tempo.
-Vedo che siamo sulla stessa lunghezza d’onda! Molto bene- disse, esibendo un ghigno -Dimmi, vuoi che ti parli di qualcun altro in particolare? Ci è rimasto poco alla fine della lezione.
Deborah, con poca convinzione, fece cenno col capo verso il biondo che tanto la incuriosiva. Era maleducatamente svaccato sul posto, coi piedi sul tavolo, con in mano una tavoletta di cioccolata.
-Che mi puoi dire di lui?
Taylor sorrise tra sé, aspettandosi che le chiedesse di quel ragazzo.
-Mihael, dici? Beh, è il solito spocchioso che si crede chissà chi, solo perché la sua famiglia è piena di soldi e tutte le ragazze gli vanno dietro come cagnolini. Cambia “fidanzata” come se fossero paia di mutande. Dire che sfrutta e gioca con i sentimenti femminili è un eufemismo. Onestamente, non ho mai capito perché si comporti così… E’ un ragazzo intelligente, anche se non sembrerebbe. Secondo me, mette alla prova le ragazze, e per ora, credo che nessuna abbia passato la sua selezione- terminò, con un ghigno.
Deborah alzò un sopracciglio. Il ragazzo che riteneva curioso si era rivelato un puttaniere, ergo, l’avrebbe eliminato dalla lista delle persone interessanti.
-Indovina chi è l’attuale vittima- aggiunse Taylor, lanciando uno sguardo al gruppo di cheerleader.
Un pensiero balenò subito in mente a Deborah.
-Nessuno cadrebbe così in basso da provarci con Catherine- disse, calcando sull’ultima parola come se avesse nominato l’anticristo.
-Come resistere alla tentazione di far soffrire un essere del genere? Le storie di Mihael, se così si possono chiamare, finiscono sempre con un mare di lacrime della ragazza, e io amo quel genere di sofferenza- ammise Taylor, alzando un sopracciglio.
-Potrei rivalutare la mia opinione- fece subito Deborah. L’idea che Catherine stesse male le avrebbe allietato la sua presenza nella stessa aula.
Le due ragazze chiusero la mano a pugno e li fecero scontrare amichevolmente.
Taylor pensò soddisfatta che quella nuova compagna non fosse poi così rompiballe, e sorrise a quel pensiero, quando suonò la campanella. Sistemò il quaderno, dove aveva disegnato una piantina della classe a Deborah per facilitarle il riconoscimento delle persone con cui poteva parlare e quelle con cui era preferibile non avere niente a che fare, contrassegnando le prime in verde, e le altre in rosso. Di fianco al nome di Misa, era disegnato un teschio con due ossa.
-Andiamo, ora c’è ginnastica- annunciò Taylor.
-Cosa? Ma non ho nessun cambio!- replicò Deborah.
-Non preoccuparti- la rassicurò la mora, con un sorriso -ho già la soluzione.
















Angolo delle Autrici

Cari lettori! Qui parlano Misch e Becks ovvero ShingamiGirl e theperksofbeinglawliet! Liete di fare la vostra conoscenza! Come aveva in precedenza anticipato Misch, eccoci qui con il primo capitolo della fic, frutto della nostra collaborazione.
Vogliamo farvi sapere che le due protagoniste Deborah e Taylor sono tratte dalle nostre rispettive fic "Wammy's House Story" e "But, above all, childish and irritating", ma non preoccupatevi, sono completamente state prese a caso e inserite qui, anche se siete sempre liberissimi di andare a leggerle, se vi va :3

Cosa ve ne pare come inizio?
Siate liberi di scriveteci le vostre impressioni, eventuali domande e chiarimenti o critiche di ogni genere.
Grazie per aver letto e, speriamo, al prossimo capitolo!

ShinigamiGirl
theperksofbeinglawliet

 
   
 
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