«Fa
troppo freddo fuori perché gli angeli
possano volare»
“White lips, pale face
Breathing in snowflakes.”
Viso pallido, labbra violacee.
Stai aspettando fuori, al freddo di
dicembre. Si gela.
Il tuo respiro si solidifica in una
nuvoletta di condensa.
Occhi vuoti, corpo ghiacciato.
Ti sfreghi le mani in cerca di quel
poco di calore.
Ti guardi attorno: lungo la strada
solo ragazze come te.
Denti battenti, lacrime che solcano
il viso.
Cerchi di fermarle, altrimenti ti
si scioglierà il trucco e
tutte le tue piccole imperfezioni fatali verranno alla luce. E loro non vogliono bamboline imperfette.
Stai ritta, i piedi conficcati nel
morbido manto innevato.
Nevica. Qualche fiocco si deposita
sul tuo lungo e pesante
cappotto.
Ti sciogli i capelli, insoddisfatta
della piccola crocchia
che avevi ottenuto con tanta fatica, e lasci che la lunga chioma color
ebano ti
cada lungo le spalle, giù fino a metà schiena.
Siete rimaste in poche in quel
viale buio. Le altre già sono
state portate via, a bordo di qualche macchinone.
Forse non è la tua
serata fortunata.
Il vestito che hai messo ti sembra
improvvisamente inadatto
e la matita nera intorno agli occhi ti convince sempre meno. E ti sei
persino
dimenticata di mettere il rossetto.
Stai per andare via, quando una
mustang nera si ferma
davanti alla tua postazione. Il finestrino si abbassa di colpo,
mostrando un
uomo - completamente sbronzo - sulla quarantina con una barbetta sfatta
alquanto deliziosa.
Ti fa cenno di salire, ammiccando.
Non te lo fai ripetere
due volte: prendi un respiro profondo, apri lo sportello e ti accomodi
sul
sedile anteriore.
Perché
ti sei ridotta in
questo stato?
“And the say she’s in the Class A Team
Stuck
in her daydream, been this way since 18”
Scendi le scale velocemente.
Saranno forse le tre di notte.
La stazione della metropolitana
è completamente silenziosa,
tanto da farti chiedere come mai tu sia in quel posto a
quell’ora assurda.
Conosci benissimo la risposta.
Lo frequenti assiduamente, da
quando hai diciotto anni. Da
quando hai perso l’unica persona cui tenevi più di
te stessa in quel dannato
incidente. Tuo padre.
Alle volte ti sembra assurdo
distruggerti per qualcuno che
ti voleva invulnerabile. Ma il dolore è troppo forte e quella è l’unica
soluzione che, da un paio di anni a questa parte,
riesca a farti sentire meglio.
Il rumore dei tuoi tacchi alti
riecheggia sul pavimento.
Tutto pare ancora più inquietante.
I tuoi occhi stanchi cercano di
scorgere quella figura. Ed eccola
lì, poggiata al
muro, poco distante da te.
Gli vai incontro furtivamente.
«Hai i soldi, dolcezza?» chiede
impassibile.
Annuisci e gli sganci
un paio di banconote e qualche centesimo in più. Lui ti
sorride e si affretta a
darti una bustina, che tu subito infili nella tasca del cappotto.
«Adesso sparisci,
così come sei venuta» ti raccomanda. «Io
non ho mai visto te, tu non hai mai
visto me».
E, in fretta e furia,
corri fuori dalla stazione, mimetizzandoti meglio che puoi con
l’ombra.
Perché
ti sei ridotta in questo stato?
“Tried to swim and stay afloat”
T’infili
nell’ascensore di quello squallido albergo di
periferia e premi con forza il pulsante che reca il numero
“2”.
Un attimo e le porte mostrano il
piano da te richiesto.
Infili le chiavi nella toppa della
porta della tua stanza e
ti precipiti dentro, lanciando a terra sciarpa e cappotto e lasciando
scivolare
fuori da quest’ultimo la bustina. Contiene una polverina
bianca.
Dal cassetto tiri fuori tutto il necessario. Prepari una canna con
un’abilità a te, forse,
sconosciuta e con un accendino verdastro bruci uno dei due bordi.
Hai provato con tutte le tue forze
a rimanere a galla, a non
sprofondare in quell’oceano dannatamente profondo. Ci hai
provato, non ci sei
riuscita. È stato più forte di te.
Un tiro. Due, tre, quattro.
Il precedente sempre più avido del successivo.
Cominci a tremare e non puoi
evitarlo.
Forse non avresti dovuto tirare
troppo la corda. In fondo,
ti avevano detto di andarci piano con quella roba.
Ma tu, con una cicatrice sul cuore
che ancora bruciava, non
hai dato retta a quei preziosi consigli.
Cinque, sei, sette, otto.
Tremi ancor più di
prima. Ti gira la testa, è come se stessi
per cadere.
La droga ormai è parte
di te; tu stessa, senza saperlo, sei
completamente composta di droga.
Nove, dieci, undici, dodici.
Il battito del cuore accelera
vorticosamente, il sangue
comincia a pulsarti nelle vene. Sempre più forte, sempre
più insistentemente.
La corda si è spezzata
definitivamente.
Cadi a terra come un ramoscello.
Non riesci ad alzarti.
Ora stai piangendo, invocando
perdono. Perdono che mai
riceverai.
Ti sei distrutta inconsapevolmente.
Hai preferito vedere la
tua vita bruciare, scivolarti lentamente dalle dita, piuttosto che
farti
aiutare a superare il male che causa una perdita.
Sei un angelo caduto, cui hanno
tagliato le ali troppo
presto.
E l’ultima cosa che vedi
è il soffitto oscurarsi.
Sei
felice di esserti
ridotta in questo stato?
“It’s too cold outside for angels to
fly”
Ed Sheeran -
The A Team
Solluxy’s wall
Questa è la prima
volta in due anni che pubblico qualcosa nelle originali. Sì,
insomma, faccio
molto schifo.
È un traguardo
importante per me, anche perché è la prima volta
che tratto di tematiche così
delicate, quali la prostituzione e la droga.
Soprattutto riguardo
quest’ultima,
ho cercato di rimanere abbastanza sul vago, per non banalizzare il
tutto. Spero
di esserci riuscita.
Come ho già detto la
canzone utilizzata è The A Team di Ed Sheeran, brano che,
personalmente, amo.
Dopo ciò, mi eclisso.
Mi auguro che la one
shot sia di vostro gradimento e vi prego di farmi notare se
c’è qualcosa che
non fila. Qualsiasi cosa.
Ci sentiamo in
recensione.
With
love,
Solluxy ♥