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Autore: ansaldobreda    31/01/2015    2 recensioni
allora, prima di tutto è la mia prima storia (vi prego non sbranatemi!) e volevo dedicarla al mio personaggio preferito di sempre, C-17. da quando ero piccola mi sono sempre divertita a creare storie insieme a lui, e vorrei raccontarvi la mia versione della sua storia, o almeno provarci :)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: 17
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eravamo in un bar. Un locale molto luminoso, il bancone bianco rifletteva la luce e me la sparava negli occhi. Ero già agitato di mio, questo è vero, forse è successo tutto perché ero agitato. Il vecchio aveva voluto portarci fuori, gli serviva una scorta o che cazzo ne so. Forse voleva vedere come ci saremmo comportati. Mi sa che abbiamo fallito la prova.
 
«Harry.» Mi fissa come un cucciolo spaventato, le sue labbra tremano.
«Vieni.» Le afferro le mani, la faccio sedere sopra le mie gambe. Le sfioro i fianchi, le spalle, il viso. Ogni volta è scossa da un fremito, non riesco a sentire il suo respiro. Le sue guance vanno a fuoco, le passo il pollice sulle labbra, mi sembra che possa svenire. Sento le sue ginocchia che tremano, il suo fiato che si avvicina. E io? Che cosa provo io?
 
Non ne potevo più di stare seduto su quel dannato sgabello. Mia sorella aveva ottenuto di ordinare un muffin, lo piluccava da quasi un’ora, mangiando poche briciole per volta. E a me dava fastidio, mi viene la nausea ogni volta che vedo del cibo, ma era proprio bello, quel muffin.
«Non lo mangi?»
«Lo vuoi tu?»
«No.» Poi sarei stato io a mettermi a piluccare.

 
«Io ti amo.»
«Lo so.» È il meglio che riesco a dire. Mi sento una merda a fare questo, sono cattivo?
 
È che ci sono quelle giornate in cui non si può accumulare più niente, in cui si deve per forza scoppiare. E proprio quel giorno Gelo ha deciso di portarci fuori. Peggio per lui se l’ha fatto apposta. Avevo deciso che mi dovevo alzare, mi sono alzato, e un bastardo se ne stava lì davanti, per sbaglio gli ho rovesciato il caffè sulla maglietta. S’è messo a bestemmiare insieme al suo compagno, sembravano due grossi trichechi, non volevo starli a sentire, sono andato verso la porta.
 

Le passo una mano sul collo, i suoi capelli sono morbidi. La bacio, ancora, e ancora. Si sfila la maglietta. Ha un bel corpo, magro, fine. Mi concentro su quel corpo per non guardarla in viso. A volte non resisto, alzo lo guardo, e mi accorgo che i suoi occhi mi osservano come se fossi una persona meravigliosa, come se fossi la più bella cosa che le potesse capitare. Al diavolo, al diavolo. Facciamolo, in fretta, senza preliminari o cazzate simili. Oppure se non vuoi farlo lasciamo perdere, che cosa ti cambia a te? Sarebbe meglio per te, sarebbe meglio se io sparissi. Dopo quello che ho fatto non me la sento di fare questo.
 
«Ehi brutto stronzo! Guarda che hai combinato!» Mi aveva afferrato per un braccio, non so perché gliel’ho permesso. Avrei dovuto scaraventarlo contro il bancone e uscire. Invece no. «Io te la faccio ingoiare la maglietta, hai capito?» Stupido umano, che cosa pensi di fare? «Poi non tornare a piangere dalla tua mamma puttana quando ti avrò gonfiato di botte.» La barista dietro il bancone aveva iniziato a starnazzare, un uomo si era alzato, credo che volesse aiutarmi, mia sorella sorrideva. L’unico a rimanere impassibile è stato Gelo. Mi accorgevo sempre di più di provare una strana sensazione, partita dalla pancia, che mi provocava una strana eccitazione. Come se mi stessi sforzando di non fare qualcosa di molto divertente.
«Lascialo stare, è un ragazzino.» gli aveva detto il suo compagno, e io ne avevo approfittato per andare verso l’uscita.
«Ehi sputo! Non ho finito con te!» Mi sono bloccato, neanche io avevo finito con lui. «Ecco bravo, sta fermo lì. Anzi, andiamo fuori che ti faccio sparire quello stupido ghigno dalla faccia.» Mi ha afferrato di nuovo il braccio. «Avanti, hai paura di giocare con me?» Gli ho tirato un calcio nello stomaco, ci sono state delle urla, lui si è accasciato e ha iniziato a sputare, imprecando. Mi sono messo a ridere, poi gli ho tirato un altro calcio sotto il mento.
«Va bene, piccolo.» Si è alzato stringendo i pugni, senza accorgersi che era ridicolo. Si è lanciato contro di me, mi ha mancato, ed è andato a scaraventarsi contro un tavolo. È ritornato alla carica, gli ho afferrato i pugni e tirato un altro calcio in pancia. Poi l’ho scaraventato contro il bancone, gli ho afferrato la faccia e l’ho sbattuto contro le vetrine. Intanto io ridevo, ero completamente pazzo. Non riuscivo ad accorgermi di nulla di ciò che mi circondava, esisteva solo quello stronzo che stavo massacrando di botte. E siccome nessuno mi impediva di farlo, io continuavo.

 
Eri vergine, eri vergine e adesso non lo sei più. Il tuo paparino ci doveva tenere tanto, eri la figlia perfetta di un uomo perfetto. Adesso sei solo la figlia sciocca di un bastardo. E io che cosa ci ottengo? Che non sei più innocente, che ti ho reso almeno un po’ più simile a me. Infondo non siamo così diversi, Gelo non può farci niente.
 
«Eh brutto stronzo, vuoi ancora giocare? Rispondi, bastardo! Ti va ancora di giocare con me?»
«Basta! Non lo vedi che è morto?» Stavo prendendo a calci un cadavere, chissà da quanto andavo avanti. Il bar era un delirio, tavoli ribaltati, vetrine rotte e qualche uomo a terra. Non sembrava più neanche così luminoso. «Dobbiamo andarcene, ha fatto in tempo a chiamare la polizia.» C18 indicava la barista, accasciata sul bancone con una cornetta in mano. Mi accorgo adesso che non mi è dispiaciuto per niente, anche se lei non c’entrava.
«Sei stata tu?»
«No, io ero occupata con l’altro tizio.» L’altro tizio era sdraiato per terra con un foro nell’addome. «Ho fatto una cosa svelta, non è che mi diverta così tanto, tu invece facevi paura mentre massacravi quell'uomo.»
«Era uno stronzo. Dov’è Gelo?»
«Ci aspetta fuori. È strano, ti ha lasciato fare come se niente fosse, ha lasciato che mi occupassi degli altri, e ha ucciso quella donna. Ma a un certo punto è uscito, sembrava preoccupato…»
«Dai, andiamo.» Cosa me ne fregava di Gelo?

 
«È stato bellissimo.»
«Samantha, tu pensi che sia giusto quello che abbiamo fatto?»
«In che senso?» Perché sorridi? Te lo dico io che non è giusto, tu non sai neanche io mio nome, neanche io lo so, per questo non è giusto. Non è giusto perché sei innamorata, non è giusto perché sei servita solo a prendermi una piccola vendetta, e non è giusto perché adesso mi dispiace. Mi dispiace per te, capisci? «Tu mi vuoi bene vero?» Sbuffo, mi alzo. È tutto sbagliato, non doveva andare così, ma che cazzo mi succede? «Cos’è successo? Che cosa ho fatto? Harry!» Piantala di chiamarmi così, piantala! «Ci rivedremo, vero?» Sta piangendo. Le do un buffetto sulla guancia, cercando di sorridere. La verità è che ho sbagliato tutto, non siamo simili per niente. Sei troppo ingenua, non ti meriti questo. Esco. 
 
Nel laboratorio trovo mia sorella. La vorrei abbracciare, invece non lo faccio.
«Dove sei stato?» Non rispondo. Vado verso il lavello, ho una cosa da fare. Quella dannata immagine, il ragazzo con la testa spaccata e le braccia graffiate mi perseguita. Mi somiglia molto, ma non posso essere io per un semplice motivo: ha i capelli mossi. Leggermente arricciati, soprattutto i ciuffi davanti, non molto ma abbastanza per poterlo notare. Mentre i miei sono lisci, liscissimi. Ero sicuro di questo fino a poco fa, mi è venuto un dubbio. Apro il rubinetto e mi caccio la testa sotto l’acqua.
«Che stai facendo?» Non faccio caso alla mia immagine, la evito, ma ho notato che mia sorella dopo aver fatto la doccia aveva i capelli mossi, le sono rimasti mossi per qualche giorno. Da bagnati un po’ si arricciano, è normale, devo aspettare che si asciughino.
«Mi passi la coperta?»
«Facevi prima a farti la doccia, no?» Sfrego il tessuto sulla testa, sono ancora ricci. È perché non sono asciutti, devo aspettare. Mi siedo sul lettino. Le braccia di mia sorella mi circondano, appoggio la testa sulla sua spalla e chiudo gli occhi.
Quando li riapro i miei capelli sono ancora mossi, e asciutti. Rimango a fissare il mio riflesso. Poi afferro un oggetto che non ho il tempo di guardare e lo scaravento contro la parete.
«Che cosa è successo?» Mi accascio sul pavimento. non è possibile, non è possibile che sia io. Cos’è che vedo? Il passato, il futuro? Io non ce la faccio, io… ti odio! È Nicholas, è colpa sua! È stato lui, è colpa sua se ho fatto esplodere quella casa, io non lo volevo fare, perché avrei dovuto? Io non volevo, io non volevo… Io non volevo premere il grilletto, non volevo! Avevo chiuso gli occhi, non è stata colpa mia! È morto, è morto! Io non volevo!
Sento dei passi alle mie spalle. Mi giro. È Gelo.
«Mi dispiace.» Per cosa? Dov’è C18? Che cosa ha in mano?
«No! Aspetta!»
 
Click
 
Buio.
 

 
Angolo autore: Ehilà! Eccomi qui con un nuovo capitolo (yeee)! I nostri cyborg sono stati disattivati, fra poco arriveremo alla parte clou (eh già la strada è ancora lunga…) quindi dovrete sopportarmi ancora un bel po’ ;) chiedo scusa per il ritardo e mando un bacio a tutti i lettori <3
A presto!!
 
  
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