Alla
mia Bella
Come
si può arrivare al punto di amare così
intensamente una persona da voler
morire?
Fino
a non molto tempo fa ero certo di poter chiamare con un nome preciso il
fuoco
che mi logora dentro: dolore. Quel fuoco fatto di braci rosse,
apparentemente
sonnacchiose, ma che, pian piano, riducono tutto in cenere: ossa,
cuore,
polmoni e cervello. Tutto arso in un istante da un gran
falò. Ma poi ho
scoperto che tutto ciò non è mero dolore:
c’è qualcosa, che fa tornare il mio
cuore a battere come le ali di un colibrì, che fa molto
più male. Ma allo
stesso tempo è qualcosa di estremamente
grandioso… e bello. Tutto questo l’ho
scoperto quando ho incrociato per la prima volta il tuo sguardo, quel
giorno
nella mensa della scuola che sembra lontanissimo perfino per un
immortale. E
non mi vergogno di esibire il mio cuore martoriato dalle numerose
cicatrici che
le tue parole, le tue lacrime, i tuoi gesti hanno lasciato; anche
perché questi
segni indelebili sono sì testimonianza di sofferenza (tutte
le volte che ti ho
vista star male, sanguinare, piangere, tutti quei terribili mesi di
lontananza…), ma anche di una gioia immensa. Insomma, mostro
con fierezza e
orgoglio le tracce di una battaglia brutale: sono felice di aver
sofferto…
perché so che alla fine ho conquistato una gioia ancora
più grande. Sembra un
controsenso, lo so, ma dopotutto non sono un leone pazzo e masochista?
Già: una
creatura disperata che non potrebbe mai fare a meno del suo cibo
preferito.
Io…
credo sarebbe superfluo dire… Fin
dalla prima volta ho saputo che…
Ti ho sempre amata, pur avendo paura che…
Non
so cosa scrivere: è tutto così
complicato… Come si può trasporre sulla misera
carta qualcosa che non si è mai visto? Qualcosa che nemmeno
io sono ancora
riuscito a comprendere del tutto. In più di un secolo non mi
era mai capitata
una cosa del genere: accidenti, sono un vampiro vegetariano che sa
leggere nel
pensiero, che ha scavalcato mari e monti e sconfitto terribili draghi
(più o
meno) per tenere al sicuro il suo tesoro più prezioso e ora
non so neanche
mettere in fila un paio di parole. Scommetto che adesso, mentre stai
leggendo,
starai ridendo di me: visto? Dopotutto nemmeno io sono perfetto! E non
lo sono
mai stato, nonostante alla gente io possa sembrare magnifico ed
insuperabile.
Da quando sono diventato un vampiro la mia “vita”
è stata una lunga notte senza
luna. Brancolavo nel buio, seguendo qualche debole luce lontana per non
inciampare, ma ero cieco. Vivevo senza saperlo, percorrevo quel
tortuoso
sentiero tra gli anni come un sonnambulo, senza rendermene conto,
seguendo gli
altri e facendo quello che secondo loro era giusto. Ero un automa,
distaccato e
senza scopo. Credo che ognuno nella vita debba avere uno scopo, un fine
utile
non solo a se stesso ma anche agli altri: altrimenti che cosa ci sta a
fare al
mondo? Io ero un oggetto inutile, un bel vaso pregiato posato sulla
mensola più
alta, in disparte… finché non sei arrivata tu.
All’inizio
ho cercato di starti lontano, lo sai bene, perché avevo
paura. Il compito che
il destino, o forse semplicemente il caso, mi aveva affidato (starti
vicino) mi
sembrava troppo difficile e gravoso: così ho preferito
scappare, come un
bambino capriccioso che si rifiuta di fare i compiti perché
non ha voglia di
applicarsi. Ma poi ho realizzato che tutto questo non aveva senso: non
ero mai
stato un vigliacco e avevo sempre biasimato chi fugge. Davanti a me
vedevo
finalmente uno scopo: forse anch’io, come Carlisle in
passato, avrei potuto
riscattarmi della mia orribile natura. Forse anche i mostri possono
fare del
bene, avere un traguardo e non starsene immobili in un angolo
aspettando il
momento opportuno per aggredire i buoni. Non mi sono mai piaciuti gli
horror… e
questa era l’occasione adatta per dimostrare che non
appartenevo a quel genere.
Gli
umani sono esseri strani, sai? Faccio ancora fatica a pensare che, in
un remoto
passato, anch’io ero stato come loro. E ora che anche tu sei
un vampiro,
probabilmente riuscirai a campire quel che intendo. Ma non so per
quanto
riuscirai a seguirmi: la tua mente è ancora troppo attaccata
a quel mondo fatto
di stanchezza, fame, cadute, lacrime, sogni ed ingenuità. Li
ho sempre visti
come delle farfalle, gli umani: qualcosa di fragile, straordinario e
bellissimo, in grado di rendere il mondo vivace e colorato, ma che dopo
soli
tre giorni smettono di volare. Sono molto diversi tra loro e non tutti
riescono
ad uscire dal loro bozzolo per mostrare al mondo il loro splendore.
È facile
spezzare loro le ali, basta un alito di vento freddo per ucciderle. Ma,
nonostante tutta questa loro precarietà, sembrano ignorare i
pericoli che li
circondano, mentre passano con grazia da un fiore all’altro.
E tu eri la più
bella di tutte quelle farfalle, la più rara e la
più colorata, ma anche la più
fragile. Dovevo tenerti riparata tra le mie mani per proteggerti: avevo
paura
di schiacciarti. Ero ormai diventato dipendente da te, ma sapevo che
non avresti
continuato a volare ancora per molto, non se fossi rimasta una docile
farfalla.
Sapevo benissimo che nel giro di poco le tue ali variopinte sarebbero
avvizzite
e sarebbero giaciute tra le mie mani
inermi come i petali di una rosa appassita, il cui
profumo, però,
sarebbe continuato a rimbombare nella mia mente per
l’eternità. Non potevo
permetterlo: c’è chi si diverte ad infilzare
farfalle e a schedarle… io volevo
fare della mia piccola un’aquila in grado di volare con me
attorno alle cime
più alte. E mi sono sempre sentito terribilmente impotente:
non potevo fare
niente, solo stare a guardare impassibile il tempo che man mano ti
sottraeva un
soffio di vita in più. O almeno una cosa potevo farla, ma
ammiravo così tanto
la bellezza della vita umana da non poter sopportare di reciderne una
ed
accollare a qualcun altro quel fardello, tutto quell’astio
per la propria nuova
natura, la prospettiva di un’esistenza mostruosa e fatta di
sangue che avevo
già sperimentato.
Eppure non riuscivo a
concepire la morte: come
può qualcosa di così unico e meraviglioso come
l’essere umano, con
un’intelligenza straordinaria, in grado di amare e di gioire,
ma anche di
odiare ed uccidere, capace di concepire idee rivoluzionarie e progetti
altrettanto fantastici… come può qualcosa del
genere essere ridotto ad una cosa
immobile e senza pensiero, ad una lapide con nome e cognome di cui
presto
nessuno si sarebbe più ricordato? Come può
scomparire nel nulla, essere ridotto
a qualcosa con meno valore di un pezzo di carta scarabocchiato un
essere così stupefacente?
Non riesco a capirlo. Probabilmente dopo la morte
c’è davvero qualcosa… Sì,
deve esserci per forza, altrimenti sarebbe un grande spreco.
Ma
alla fine, forse fin troppo tardi, ho capito che tenevo troppo a te per
tollerare l’idea di stare al tuo fianco per vederti appassire
di anno in anno…
e ho fatto la mia scelta. All’ultimo momento, ma ho scelto.
È stata una
decisione sofferta… creare quello che probabilmente si
sarebbe rilevato un
mostro (ma che alla fine non è stato così, per
fortuna…)… Ero giunto alla
conclusione che preferivo guardarti morire una volta per poi rinascere
in
qualcosa di nuovo, che… che vederti morire una volta per
tutte senza
possibilità di tornare indietro. Per gli innamorati umani
è facile: una volta
che uno dei due si spegne dopo poco si spegnerà anche
l’altro, che, avendo brillato
fino a quel momento della luce riflessa dall’altro, non
potrà avere altro destino
una volta che abbia perso la sua fonte di energia primaria. Non
esisterebbe la
luna senza il sole. Ma per me sarebbe stato diverso: una volta che il
mio sole
avrebbe finito la sua storia, io avrei avuto, come dire… una
specie di batteria
autonoma maledetta che avrebbe continuato a farmi risplendere.
Però sono certo
che la mia luce non sarebbe più stata la stessa: infondo non
si può confrontare
la calda luce solare con quella aranciata e palesemente artificiale di
un lampione,
no? Quindi alla fine sono riuscito a fare della mia farfallina
un’aquila
maestosa, a trasmetterle un po’ delle mie
“pile” eterne… Eri diventata come me:
la morte non ci avrebbe mai più diviso, non era
più un problema.
Tuttavia,
come dicono, la vita è piena di sorprese e tutto
può accadere. Infatti ci
sbagliavamo: credevamo di essere immuni dal tempo e
dall’oblio, credevamo di
poter vivere in un eterno “e vissero per sempre felici e
contenti” con la
nostra famiglia immortale, quando gli eventi si sono rivoltati contro
di noi. E
ora siamo in questa condizione: la più grande gioia seguita
a ruota dalla più
grande tragedia. Ogni volta che ci penso l’aria inizia a
bruciarmi nei polmoni
come acido, un nodo complesso mi avviluppa le viscere in un intrico
indissolubile,
vorrei piangere ma non posso… o forse sono lacrime quelle
che sento annebbiarmi
la vista, prudere sotto le palpebre, ma che non hanno il coraggio di
intaccare
il mio volto di marmo? Per più di un secolo ho cercato il
mio posto nel mondo,
una nicchia sicura nella quale rannicchiarmi. Credevo di aver trovato
quel
posto quando ho conosciuto Carlisle… ed Esme, Rosalie,
Emmett, Alice e Jasper.
Però sentivo che mancava qualcosa, giusto quella ciliegina
sulla torta che
avrebbe reso il tutto più dolce e perfetto: tu. E ora che ti
ho trovata… mi
vieni portata via con forza, troppo presto affinché io possa
assaporare a pieno
questa nuova e magica situazione. Non sarò mai stanco di
starti accanto, non mi
stuferò mai del tuo profumo, del suono della tua voce, della
tenerezza di ogni
tua carezza, dello splendore di ogni tuo sorriso… della
sfumatura cremisi che
una volta soleva tingerti le gote.
Come
dicevo, in quest’ora ci troviamo a vivere la cosa
più bella del mondo, nostra
figlia, qualcosa di più che raro anche tra esseri
“leggendari” quali siamo noi.
Ma ho paura: sento che Renesmee non ci apparterrà ancora per
molto, a causa dei
Volturi, a causa della sua duplice natura di umana e vampira, a causa
della nostra
sconsideratezza. Non nego di aver odiato all’inizio
quell’essere che sarebbe
poi diventata nostra figlia, quella cosa sconosciuta che ti divorava da
dentro,
che accelerava quel processo di avvizzimento che vedevo agire su di te
di
giorno in giorno e che, ogni volta che ci pensavo, mi rendeva il
respiro corto
e il cervello affollato di angosce e paure terribili. E tu amavi questo essere: non riuscivo a
concepirlo. Come può una
vittima guardare con tenerezza al suo assassino? Ma alla fine, come ben
sai, ho
capito che, per l’ennesima volta, mi sbagliavo. E ho iniziato
ad amare anch’io quell’essere…
no, non essere, era nostra
figlia. Mi suona terribilmente
strano. Insomma, mi sono più volte immaginato come un mostro
da romanzo gotico
e horror, ho faticato ad accettare l’idea di poter apparire
anche come una
persona normale, pazzamente innamorata della sua anima gemella.
Ma… padre?
E
purtroppo il mio sesto senso mi dice che non avrò mai
più il tempo di abituarmi
a questa strana idea. A tenere in braccio mia figlia, a vederla muovere
i primi
passi e ad articolare le prime parole, a rispondere alle sua mille
domande sul
mondo, insegnarle cosa è giusto e cosa è
sbagliato, raccontarle un sacco di
fiabe, giocare con lei, vederla dormire e sognare beata… Non
avrò il tempo di
fare tutte queste cose; cose che all’inizio mi spaventavano
ma che poi ho
imparato a desiderare ardentemente. Desideravo avere tra le braccia
nostra
figlia quanto desideravo il dolce sapore delle tue labbra, la vicinanza
della
mia famiglia acquisita e dei nostri strambi amici. E nel momento stesso
in cui
mi sono sentito in pace col mondo e parte di esso, in cui ho sentito di
aver
finalmente terminato, dopo un secolo, la mia estenuante ricerca e di
essere
approdato nella nicchia dei miei sogni… tutto questo mi
veniva sottratto. In
questi giorni siamo tutti molto tesi; riesco a scorgere la tensione
negli occhi
di Alice, tra i lineamenti di solito sempre pacati di Carlisle, tra le
frasi
sussurrate dai nostri improbabili ospiti. Ognuno spera e si guarda bene
dal
dire quello che, invece, è ormai una certezza. Non
sopravvivremo all’attacco
dei Volturi: anche i vampiri immortali questa volta troveranno la loro
tomba
eterna. E anche noi. Spero solo di… Oh,
non so cosa sperare ormai.
Vorrei almeno assicurare un futuro a Renesmee, ma non so come fare. Se
solo ci
riuscissi, almeno sarei certo di non aver vissuto, combattuto ed essere
morto
per niente: qualcuno avrebbe portato per sempre nei suoi ricordi il
nostro
sacrifico. Renesmee avrebbe potuto avere una vita piena e felice con
Jacob, anche
senza di noi. Però non so come allontanare l’ombra
troppo oscura che ci copre
gli occhi e annuvola i pensieri e che minaccia di sommergere anche lei.
No, lei
no! Lei deve vivere! E pure questa volta, come molte altre, non trovo
lacrime
da versare… Forse è meglio così:
finché il mio dolore rimarrà imprigionato tra
le barriere della mia mente e del mio cuore sarà in grado di
nuocere solo a me.
C’è
tanto silenzio nell’aria. Quest’ultimo momento
è stato riservato ai soli
ricordi, a quanto pare. Tutti ricordano la loro lunga vita, i momenti
di gioia
come quelli di dolore, tutti i fatti importanti che in qualche maniera
hanno
contribuito a cambiarli in meglio o in peggio con l’andare
del tempo; e si
rendono conto pian piano cosa stanno per perdere sul serio. Cercano di
capacitarsi di tutto ciò. Non so te, ma i ricordi che hanno
inondato la mia
mente sono…. troppi. Troppi per essere qui descritti. Ci
vorrebbe un tomo
enciclopedico solo per quelli. La prima lezione di biologia…
quella sera a Port
Angeles… la nostra radura… le notti passate in
camera tua a guardarti dormire…
la paura a Phoenix e la ritrovata gioia in ospedale… il
ballo di fine anno… il
mio più grande errore… Volterra… La
Push… Jacob e i licantropi… Victoria…
la
festa del diploma… casa tua con tuo padre e le sue
minacce… il giardino
addobbato per il nostro matrimonio e tu vestita da sposa, il sogno che
non
avrei mai potuto fare… l’isola Esme… i
giorni angosciosi della tua malattia e
quel giorno… il tuo risveglio… la nostra casetta
delle fiabe…
E
questi sono solo alcuni. La mente di un vampiro è molto
ampia e la mia contiene
per più di metà ricordi di questo tipo:
è la mia vita, la linfa vitale che mi
permette di essere quel che sono e di amarti più di ogni
altra cosa. E tra non
molto tutti questi ricordi non varranno più nulla, saranno
cancellati insieme a
me… e a te. Saremo come due comunissimi umani portati via
dal tempo e da
circostanze avverse. E riusciremo a lasciare un’ultima
impronta indelebile del
nostro passaggio su questa terra? Ci sarà mai qualcuno che
vorrà raccontare la
nostra storia, che sembrava impossibile ma che è diventata
realtà? Non lo so…
Dopotutto, come dicono, siamo tutti attori dello stesso spettacolo ed
usciamo
di scena quando la storia del nostro personaggio è ormai
finita: questo non
vuol dire che pure la storia in sé, una volta scomparso quel
personaggio,
finisca; ci saranno altri a portarla avanti. Si fanno tanti
preparativi, ma c’è
comunque rassegnazione, anche se continueremo a combattere fino alla
fine. Però,
perfino in quest’ora buia sono felice, felice di sapere che
morirò per qualcosa
di giusto, per qualcuno a cui voglio bene… e soprattutto al
fianco della
persona che amo di più al mondo. Non sarò solo e
nemmeno quella barriera
indistinta tra vita e morte riuscirà mai a separarci se la
varchiamo insieme.
Cesseremo di respirare assieme, cesseremo di muoverci assieme,
cesseremo di
pensare assieme, cesseremo di essere
assieme.
Per questo non ho paura. Dopotutto chi non sogna di morire a fianco
della
persona amata? Alla fin fine non m’importa molto di questo
brusco taglio: anche
se fossimo vissuti per un’eternità insieme il
dolore che mi avrebbe causato la
fine di tutto ciò sarebbe stato lo stesso. Ormai sono giunto
alla conclusione
di questa lettera difficile; sto cercando di ricordare tutte le cose
che vorrei
dirti e di sicuro me ne sarò dimenticato qualcuna. Ma tutto
sommato anche
questo misero pezzo di carta non ha molto senso: gran parte di quello
che ho
cercato di dirti credo che tu lo abbia già capito.
E
ti giuro che in quell’ora la mia mano sarà stretta
attorno alla tua, forte, i
miei occhi si perderanno nei tuoi ritrovandovi la sfumatura color
cioccolato di
un tempo, le mie narici si riempiranno del tuo profumo e proveranno
un’ultima
volta cosa vogliono dire piacere e tentazione. E, stringendomi a te,
come se
fossimo ancora in quella radura di tanto tempo fa immersi nel sole, le
mie
labbra si socchiuderanno a cantilenare al tuo orecchio una dolce ninna
nanna:
la tua. E mi ricorderò del battito del tuo cuore, cercando
di rendere con le note
il ritmo che aveva un tempo. E, avvolti da questo miracoloso silenzio
interrotto solo da quella dolce melodia, le mie labbra si poseranno
un’ultima
volta sulle tue. E prima di addormentarci ci sarà spazio
solo per due parole:
Ti
amo.
Per
sempre tuo,
Edward
Non so come sia potuta venirmi in mente un'idea del genere... mah, sarà che ormai con tutta questa neve e questo freddo mi si sono surgelati i neuroni. Credo sia superfluo dire che è stato abbastanza difficile scrivere questa lettera, infatti, come noto, Edward è un personaggio parecchio complesso e spero di aver reso al meglio il suo pensiero (al quale non ho potuto fare a meno di aggiungere alcune idee personali....).
Come già detto, questa lettera è da inserirsi verso la fine di Breaking Dawn, quando Edward, Bella e tutti gli altri si sono ormai rassegnati al loro tragico destino (che, se avete letto il libro fino infondo, sapete che non avverrà).... Comunque mi è piaciuto immaginare quali dovevano essere stati i pensieri del nostro vampiro preferito in quel drammatico frangente, come se dovesse dire davvero addio alla sua Bella. Insomma, questa sarebbe la sua lettera d'addio (per fortuna che invece c'è un lieto fine!). Vabbè spero che vi sia piaciuto e di non avervi fatto piangere troppo (anche a me sono venuti i lucciconi mentre scrivevo questa roba).
RECENSITE IN TANTI MI RACCOMANDO! Fatelo per Edward XD