Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: Lucinda Grey    02/02/2015    0 recensioni
La vita ci segna, a volte molto più profondamente di quanto noi stessi ci rendiamo conto. Trovare la persona che sa curare le nostre ferite è pressocché un miracolo, e se noi siamo la persona adatta a curare le sue allora... è destino. Harry Styles trova il suo in una perfetta sconosciuta, durante un temporale; è amareggiato, depresso. Lei invece ha freddo. Sempre. Non importa come, nè perché. Importa solo che se due cuori sono vicini, allora i miracoli possono realizzarsi.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Spazio autrice

Chiedo assolutamente perdono a chiunque abbia letto la storia prima che, oggi ( un assurdamente lontano giorno dalla pubblicazione), io la revisionassi. Non mi ero minimamente accorta di come avessi avuto problemi con l'htm: mancavano pezzi, non si capiva nulla... Orrore. Chiedo di nuovo venia a tutti voi lettori, ma anche a me stessa, perchè noi autori sappiamo quanto le nostre storie valgano per noi, e non avete idea di come mi sono sentita quando ho visto in che condizioni versava una mia creatura. A questo punto vi auguro, finalmente, una buona lettura.

L.

                                                                                                                                         Perché se ti trovo non ti lascio piú.

                                                                                                                                         Perché se mi trovi mi tieni con te.

                                                                                                                                         Perché se mi lasci io muoio.

                                                                                                                                         Perché se ti lascio... Poi che faccio?

 

 

Faceva freddo.

No, avrebbe detto sua madre, non faceva freddo: era il vento ad essere gelido. Con il suo respiro scuoteva i rami, le ultime foglie che cadevano al suolo, unendosi al tappeto delle sorelle giá dipartite.

 Il cielo scuro per la notte era reso ancora piú cupo dalle nuvole che si rincorrevano rotolando; quando si prendevano si sentivano i tuoni, tanto forti da far tremare i vetri e l'anima. Sarebbe stato un bel temporale.

La luce in cucina attira il suo sguardo: forse, pensa, un thé prima di andare a dormire farebbe bene. Ma rimane seduta davanti alla finestra, su quei cuscini cosí comodi. La sua figura è immersa nella penombra, la fioca luce dei lampioni della via residenziale che combatte col buio del salone; é una ragazza, il corpo fasciato da  una calda coperta, le mani che ne stringono i lembi sul petto. 

Ha sempre avuto freddo, fin da quando ha memoria, ma non é qualcosa legato solo alla temperatura; é la mancanza vistosa di qualcosa, una sensazione strisciante di gelo pronta ad avvolgerla malinconicamente. 

Un'ombra attira il suo sguardo. Ancor prima di capire cos'é si ritrova in piedi, la coperta dimenticata al suolo, senza riguardo. Poi lo vede meglio: é un ragazzo che arranca faticosamente per la strada, avvolto in un cappotto nero con il bavero alzato per proteggersi dal vento. La sua figura é scura, tranne per la sciarpa: é di un candore abbacinante e schiocca sotto il vento impetuoso. 

Suscita qualcosa in lei: il gelo si acuisce, stringe il cuore in una morsa. 

Qualcosa non va.

Non fa in tempo a pensarlo che il ragazzo cade. Tutto di lei rimane immobile, il respiro bloccato in fondo alla gola. Adesso si rialzerá, si deve rialzare.

Ma il ragazzo rimane lì, a terra come morto.

Pochi secondi ancora e la vita riprende a scorrere. I suoi piedi muovono dei primi passi incerti che poi si tramutano in una corsa verso la porta di casa. Il tempo di prendere le chiavi ed  infilare il cappotto ed ecco che é giá fuori, a lottare contro il vento che invade il vialetto di fronte all'abitazione. Il ragazzo é caduto poco piú in lá, e non ci vuole niente per raggiungerlo; lo gira a pancia in su con mani tremanti, il freddo del marciapiede su cui é inginocchiata che penetra attraverso la tuta. Alla vista del viso del ragazzo il suo assume un'espressione impenetrabile. Con delicatezza gli scosta un ciuffo di capelli dagli occhi; ha le palpebre color lillá per il freddo. 

Deve portarlo dentro, al caldo, ma come fare? Lei è cosí piccola, lui cosí alto... Lo afferra sotto le ascelle e comincia a tirare con forza, il ragazzo completamente abbandonato fra le sue braccia. Le sembrano secoli quelli che impiega per arrivare alla porta: i muscoli le bruciano per lo sforzo e ansima, il respiro caldo che viene rubato dalle gelide dita del vento. Finalmente é all'interno dell'abitazione, ma non si ferma: continua a trascinare il corpo fino in salotto dove, tra ansimi e grugniti, lo riesce a stendere sul divano. Con un sospiro si rende conto di doverlo spogliare; prima leva i stivaletti di pelle, poi il cappotto e la sciarpa. É così morbida...

Un attimo di paralisi e poi riparte, appende all'ingresso le loro giacche per poi tornare indietro, recuperare la coperta e riavvicinarsi a lui per coprirlo.

Ora é certo, ci vuole un caldissimo thé. 

La cucina l'accoglie con il suo rassicurante tepore e il perenne odore di biscotti appena sfornati. É un ambiente caldo, intimo e rassicurante, i mobili di legno chiaro e le mensole con tutti i barattoli di vetro. Ci vuole poco per far scaldare l'acqua, giusto il tempo di prendere due tazze, metterci un cucchiaino di zucchero e i sacchettini con l'infuso di frutti di bosco.

Al suo ritorno nel salotto, quasi che gli prende un colpo. Due occhi luccicano nel buio e no, non sono quelli della gatta. Posa le due tazze sul tavolino davanti al divano, poi si china sul ragazzo che con occhi sbarrati si guarda intorno. Quando si accorge di lei cerca di tirarsi su, ma barcolla e ricade indietro mentre lei, prontamente, lo afferra e lo aiuta a ridistendersi.

La sua pelle pallida adesso é piú calda, ma ora che ci fa caso capisce: é ubriaco fradicio. Il ragazzo cerca di parlare, ma il mal di testa lo zittisce. Lei gli passa un mano fresca sulla fronte, rilassandolo; di tempo per parlare ce ne sará dopo. Afferra una delle due tazze e gliela porge, poi ci ripensa: tirandolo un po' su lo fa poggiare a lei e, tenendogli la testa, lo aiuta a bere. Si ferma quando una mano del ragazzo si posa sulla sua. Non ne vuole piú, é chiaro. Allora lo stende e lo copre, portando la tazza in cucina. Al suo ritorno, il misterioso ospite dorme.

 

 

Quando apre gli occhi, il mattino seguente, ad Harry pare che lo abbiano preso a cannonate: la testa gli scoppia, e si sente un po' di febbre. 

Solo dopo si rende conto di non avere la minima idea di dove si trova. É su un divano verde, in un salotto con mobili di legno antico e il parquet.

Piano piano i suoni cominciano a farsi sentire: le auto che passano in strada, una radio da qualche parte della casa... Poi gli odori: muschio, legno, violetta e torta di mele... Torta di mele? Facendo leva sulle braccia prova ad alzarsi. Il mondo gli gira attorno ma, provando e riprovando, arriva fino alla soglia della cucina. Quando mette a fuoco l'interno ricorda: il bar, i drink di troppo, la tempesta imminente e poi... Buio, e dal buio il suo viso, quel viso che adesso lo fissa senza alcuna espressione, la mano posata sull'interruttore della radio ora spenta, spenta quando lei si é accorta di lui. 

Harry non sa che fare, non sa che dire. E anche volendo non crede che riuscirebbe a spiccicare una parola: gli duole troppo la testa. 

Nello stesso momento in cui si rende conto di non poter parlare lei scosta una sedia in silenzio, chiaro invito a sedersi. Harry si accomoda sulla sedia e si vede porre davanti quattro cose: una tazza di thé bollente, una di acqua ghiacciata, un bicchierino di quello che dall'odore pare brandy e una fetta di torta dall'aspetto delizioso. 

Il suo sguardo confuso suscita il primo sorriso sul volto di lei, ed Harry rimane estasiato: la bocca formosa scopre i denti bianchissimi mentre le guance rivelano due fossette adorabili. Gli occhi nocciola splendono inteneriti, seppur velati dalle folte ciglia e da un'impertinente cioccia di capelli castani,  e, mentre il ragazzo rimane ancora imbambolato, lei gli tende un biglietto. 

"Alterna thé e acqua finché non le finisci, poi bevi quel sorso di brandy. Rimedio efficacissimo per i postumi di una sbornia"

Harry fa come gli viene detto e, incredibile, dopo che lei lo porta anche a lavarsi il viso, si sente come nuovo. 

Seduti di nuovo al tavolo della cucina i due si fissano per un po'. 

< Io... Ti ringrazio> la voce di Harry é fioca ma udibile, eppure l'unica cosa che riceve in risposta é un altro sorriso.

< Sei stata molto gentile, vorrei sdebitarmi in qualche modo. Comunque piacere, io sono Harry Styles, tu come ti chiami?>

< Amelié>

É un nome, oppure un incantesimo? No, forse l'incantesimo lo contiene la voce che lo ha pronunciato. 

Harry é sconvolto. 

Con assoluta, sconcertante certezza, sa di essersi appena innamorato.

 

 

 

 

~

 

 

 

 

Harry si stringe nel cappotto, le mani affondate nelle tasche.; se Amelié non si sbriga ad aprirgli rimarrá congelato sulla soglia di casa sua. É il Febbraio piú freddo degli ultimi anni, e la neve copre copiosa ogni cosa, compresa la panchina sotto il vecchio faggio. Se ci pensa, gli pare assurdo: era solo Dicembre quando, ora ha il coraggio di dirlo, la sua depressione li ha fatti incontrare. 

Lei lo ha salvato dalla strada, lo ha accudito, lo ha curato con i suoi silenzi e le sue attenzioni. Lo ha cresciuto con la sua solitudine e la sua dolcezza, ricucendogli l'anima e aiutandolo a rialzarsi. E si é rialzato Harry, anche se forse non é guarito del tutto. O forse, e questo é piú probabile, si è ammalato di una cosa ancora piú grave: d'amore. 

La ama, lo ha capito quella prima mattina e lo capisce ogni volta che le pensa o la va a trovare. Sempre con una scusa, sempre con una motivazione perché ha paura che lei, vedendolo guarito, lo mandi via da quel rifugio che lei stessa è diventata.

Ma ora...Amelié non arriva ad aprire. Dov'è?

Harry ha paura, paura di non vederla. Ne ha bisogno, é in astinenza di lei, della sua capacitá di ascoltarlo e di rassicurarlo senza dire una parola. Amelié parla poco, ed é la cosa che colpisce piú di lei, soprattutto perché fa la giornalista. Ma quando parla scuote il mondo: non una parola sprecata, non una possibilitá di travisare le sue parole ponderate una per una.

Lei parla, e tu t'innamori di quel cuore grande nascosto in quel corpo minuto e freddo. Harry era stupito i primi tempi: lei aveva sempre le mani fredde. Poi aveva capito, e allora l'aveva amata di piú e aveva desiderato di poter colmare quel vuoto dentro di lei, di poterla scaldare e stringere a sé.

 

< Harry>

Un nome, una constatazione, un brivido sulla schiena del suo proprietario. Harry si gira e lei é lí, con il suo cappotto verde agrifoglio e la sua borsa da lavoro.

 < Hai aspettato tanto>

Il ragazzo sente avvampare le guance giá rosse dal freddo.

Altra cosa sconvolgente: poche domande, tante affermazioni e quasi tutte giuste. Forse si puó anche levare il quasi. 

< Non tanto> risponde Harry mentendo e lasciandole lo spazio per aprire la serratura. Ma non troppo, non abbastanza da impedire ai loro corpi di toccarsi, non da impedirgli di sentire il suo profumo di viole e muschio. 

In casa Harry si siede sul divano mentre Psiche, la gatta, gli si accoccola sulle gambe a mo' di benvenuto. 

Amelié ricompare poco dopo con due tazze di thé e stranamente é lei a cominciare la conversazione.

< Oggi ha nevicato e non avevo l'ombrello. Dovrei fare una doccia>

< Oh... Vuoi che vada via?>

< No>

Harry la guarda e attende, gli occhi fissi in quelli di lei, le mani tremanti strette intorno alla tazza che lei gli aveva porto.

< Puoi aspettarmi?> la domanda esce dalle sue labbra lieve ed inaspettata, ed il ragazzo annuisce, in imbarazzo. Lei é diversa, ma lui é un ragazzo come tanti: come puó resistere alle pulsioni del corpo?

< Harry>

Cavolo, pensava se ne fosse andata e invece lei sta li, a fissarlo dal primo scalino che porta al piano di sopra.

< Amelié...>

< Vieni su>

Aveva fatto la doccia e lui aveva ascoltato lo scrosciare dell’acqua arrivare smorzato dal bagno; quando era tornata in camera, già vestita, l'aveva aiutata ad asciugare i lunghi capelli, lei che rideva quando Harry si impicciava con la spazzola. Erano stati ore, giorni?, a parlare sdraiati sul letto a baldacchino di lei.

Ad Harry era sembrato il giorno piú bello della sua vita, sopratutto quando lei gli aveva preso la mano.

 

 

 

 

~

 

 

 

 

Avevano pattinato per ore e ore prima di tornare a casa, gelati ed esausti ma felici.

Ora, in piedi davanti a lei, Harry si deve ricredere. Non era quello il giorno piú bello della sua vita, ma questo: il giorno in cui per la prima volta tocca le sue labbra. 

Sono in cucina, con le tazze di cioccolata posate sul tavolo. Ma la cioccolata si fredda e nessuno dei due vi fa caso: le loro labbra sono unite in un bacio delicato, lieve come il tocco di una farfalla, lieve come una cosa inaspettata. 

E tale é. 

Harry potrebbe morire dalla felicitá sentendo le mani fresche di lei sul suo collo; é un tocco indeciso, emozionato. La guarda e gli sembra di vederla di nuovo per la prima volta, quando si é innamorato di lei.

Amelié allontana il volto dal suo lasciando peró le mani nei suoi capelli, rossa in volto.

< Harry>

< Amelié>

< Ti amo>

 

Tump. 

Il cuore del ragazzo perde un battito mentre lei poggia il viso sul suo petto. Sembra cosí umana ora, cosí fragile. E poi Harry capisce: adesso la donna che ama gli sembra fragile perché per la prima volta si sta affidando a lui. Allora la stringe, immergendo il viso nella cascata dei suoi capelli, la stringe ricambiando il sostegno che lei gli ha sempre dato da quando si conoscono.

< Anche io ti amo Amelié. Ti ho amata dal primo giorno che ci siamo conosciuti, dal primo attimo in cui mi hai sorriso. Ti amo Amelié perché, anche a pensarci razionalmente, mi viene in mente che é l'unica cosa che potrei fare. Tu mi hai salvato, hai evitato che mandassi all'aria la mia vita, mi hai risparmiato il dolore dell'abbandono dei miei cari e mi hai insegnato a lottare anche quando nessuno me ne riconoscerá il merito. Ti amo, con i tuoi silenzi che valgono piú di mille parole, con i tuoi piccoli gesti quotidiani che mi fanno sentire a casa... Ti amo perché senza di te ora le mie giornate sarebbero grigie e vuote, perché io senza di te sarei vuoto...>

E rimangono in piedi, in cucina, persi in un abbraccio senza tempo.

 

 

Si china su di lei, le braccia ai lati della sua testa, le labbra sulla clavicola a percorrere una strada bollente fino alla mascella. Amelié perde la cognizione del dove, come, quando e perché. L'unica cosa che sa, e che le interessa al momento, é Harry.

Harry che é li, nella sua casa, nel suo letto.

Harry che è in lei, sia spiritualmente che fisicamente. 

Harry che poi parte per un tour massacrante, Harry che ha paura, Harry che ha bisogno di lei. 

Lei che ha bisogno di lui.

Unghie che percorrono la schiena, un gemito roco soffocato in un bacio, bacini che si scontrano e si uniscono, persone che si fondono...

Harry non sa piú nulla, perché nulla é importante al confronto di lei.

Lei che deve lasciare, lei che non vuole lasciare! 

Lei che é il suo porto, lei che é il suo rifugio.

Sua, sua, sua.

Suo, suo, suo.

Labbra che si arroventano, ansimi caldi e  pregni di passione; i loro corpi fremono senza separarsi mai, le mani che vagano sulla pelle dell'altro, insaziabili. 

Il seno schiacciato contro il suo petto, labbra dolci d'amore che gli sussurrano parole, braccia che lo stringono per non lasciarlo andare. 

Dopo, molto dopo, nel cuore della notte, Harry e Amelié dormono insieme, lui dietro di lei a circondarle la vita con un braccio. 

É profondamente addormentata e neanche si accorge di quando il ragazzo gli prende la mano. Peró le sembrerá sempre di ricordare la consistenza della lacrima che sfuggí ad Harry quando si rese conto che lei aveva le mani calde.

 

 

 

 

 

 

Due mesi.

Due mesi che non la vede.

Due mesi da cani.

Due mesi di stress.

Avrebbe riso in faccia a chi, all'inizio della carriera, gli avesse detto che sarebbe stato ridotto cosí. 

Oggi stanno in un piccolo studio tv, solite fan scatenate, solite fan impiccione, solite fan indelicate. Le ucciderebbe tutte in questo momento, mentre gli chiedono se ha una fidanzata. Si, vorrebbe rispondere, ce l'ho una fottutissima fidanzata, ma l'ho lasciata a casa, dove vorrei essere anche io!

Amelié, Amelié, Amelié...

Lo ripete come un mantra, come una formula magica per catapultarla lí da lui.

Il giorno dopo c'é un concerto, ed Harry si sente uno schifo. Vuole andare a casa, tornarsene dall'amore della sua vita.

Louis lo abbraccia, gli dice che va tutto bene, che presto torneranno in Inghilterra. Il presto di Lou é peró sempre un troppo tardi per Hazza.

Canta, canta e ricanta, sorridi, fai una cosa divertente; strano che oggi ancora non... Ah no, ecco! Gli oggetti ricominciano a piovergli addosso. Soliti reggiseni, scarpe, quaderni, dediche. Wow, varietá impressionante.

Un reggiseno grosso, sudato, e ancora caldo gli atterra sulla testa ed Harry si impietrisce. Non ci crede, non puó essere vero. Si gira e come una furia cerca di andarsene mentre gli altri lo bloccano. La musica spezzata, il ritmo perso. I musicisti smettono di suonare e nello stadio cala il silenzio.

< Voglio Ameliè> supplica Harry,  Louis e gli altri che si guardano in maniera strana. Niall corre fuori dalla sua vista, verso i camerini.

Gli stanno tutti attorno, mentre lui é seduto a terra. Non gli importa che il mondo lo veda cosí, é umano, ha un cuore, delle debolezze. 

Ma anche se i suoi amici gli impediscono la visuale, il suo udito funziona benissimo. E poi, riconoscerebbe quel passo fra mille...

 

Amelié corre come non ha mai fatto in vita sua. Fanculo la solita stoica calma che la caratterizza: Harry sta male, ha bisogno di lei. Paine l'ha chiamata il giorno prima e le ha detto tutto; tempo due ore, due ore per mollare il lavoro e passare a casa a prendere il passaporto, ed ecco che era in aereoporto, pronta a prendere il primo volo per raggiungerlo.

E raggiunto lo ha, ma continua a correre per lasciare sempre meno spazio fra le loro braccia.

< Mi faccia passare, subito> 

La supplica nella sua voce, poi il lieve cipiglio minaccioso che aumenta di fronte al diniego della guardia di sicurezza. A nulla valgono i suoi sforzi e le sue proteste; stanno per buttarla fuori a calci quando arriva un salvatore.

< Fermo! La lasci passare, garantiamo noi!>  grida Niall arrivando in corsa e frenando giusto in tempo prima di spiaccicarsi contro una parete.

< Horan! Dov'é? Come sta? Che succede?!>

Amelié é la prima a sorprendersi del tono della sua voce, un misto di ansia, paura, amore e panico.

< Sul palco... Penso che stia avendo un'altra crisi di nervi> le risponde l'irlandese in tono dimesso. Avrebbero dovuto convincere Harry a prendere una pausa, e invece si erano lasciati convincere che andava tutto bene, che sarebbe andato tutto bene...

La corsa ricomincia e il ragazzo fatica a stare dietro ad Amelié, una vera furia con le ali ai piedi; ma la strada si biforca e Niall deve superarla per fare strada. Quando arrivano alle scale per il palco ecco che le ricede il posto.

Amelié corre anche lí, i tacchi che rimbombano sui gradini di ferro. 

E poi... Eccolo lì, a terra, lo sguardo vacuo che, lei lo sa, é peggio delle grida. La borsa finisce buttata chissá dove, mentre lei termina la sua corsa praticamente in scivolata sul palco, fino a stringerlo fra le sue braccia.

 

Harry non ci puó credere. 

L'ha sentita arrivare, scomposta e frettolosa come mai prima. 

L'ha vista arrivare, figura celestialmente infernale dal volto preoccupato e i capelli svolazzanti a circondarla.

Ha sentito prima il suo profumo, poi il rumore delle ginocchia che battono sul pavimento e poi... Le sue braccia. Lí si é ricordato di respirare.

Adesso sono lí, nella loro bolla privata, lui con il viso sul petto di lei a piangere senza ritegno. É a casa, é finalmente a casa, é finalmente con lei. La sua aria, la sua droga, il suo amore.

< Harry>

É un'invito alla pace, alla serenitá, é una rassicurazione. 

Lei é lí, è veramente lí. 

Per lui.

Harry la stringe forte, le mani di lei una sulla schiena e l'altra sulla sua testa in un gesto protettivo. Per far si che lui si senta al sicuro, che lui si senta salvo.

< Amelié! Ti amo, ti amo, ti amo... Non lasciarmi andare piú via...>

Un sussurro, un sorriso, un tenero bacio.

Poi i fischi. Amelié, in ginocchio, con Harry stretto al petto, per la prima volta degna di attenzione il mondo esterno. I ragazzi che li guardano preoccupati e commossi, le fan che... Beh, non ha idea di cosa stiano pensando. La... Li fissano con tanto d'occhi ma sinceramente lei non ha la minima intenzione di prestare loro altra attenzione. Eppure... Quella in prima fila la guarda in modo strano. E anche quella dietro, quella piú a sinistra, quella accanto. Non hanno mai visto un crollo nervoso? Amelié sposta lo sguardo su Louis e Zayn.

< Dovreste dire qualcosa>

Un ordine, mascherato da un invito.

Amelié scosta delicatamente Harry, prendendogli poi il volto fra le mani.

Il ragazzo fissa i suoi occhi per mantenere l'appiglio, e lei non ci pensa neanche ad interrompere il contatto. Lo fissa, ed Harry annuisce, mentre lei allora fa per sollevarsi ed aiutarlo a fare lo stesso. Niall si avvicina per aiutarli, ma lo ferma con un gesto della mano. E l'irlandese vede che effettivamente non ce n'é bisogno, Harry si fa docilmente condurre fuori, lontano da voci rumorose e scene imbarazzanti. Lontano dagli altri, vicino a lei.

Lei, che era parte di lui.

Lui, che era parte di lei.

 

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Lucinda Grey