- Lo specchio rimanda un’immagine a cui non è
abituato, cioè un volto pallido, serio e dall’espressione spaventata, segnato
da due occhiaie di tensione che nemmeno l’Oscar potrà fare tanto, ne è certo.
Dannazione, corruga la fronte di disappunto, non è da lui, la tensione la regge
benissimo! Respira a fondo, scrolla le spalle, e si da un contegno; poi gli torna in mente
che cosa sta per fare, e l’espressione torna immediatamente quella di qualche
istante prima, cioè un idiota dalla faccia da pesce lesso. Ok, forse non è
pronto per tutto questo.
- Impreca a mezza bocca, si
passa i palmi delle mani sulla stoffa dei jeans, e li trova sudati, proprio
come la sua nuca che inumidisce il colletto della polo grigia, un po’
informale, e… polo grigia? Da quando in qua lui mette polo grigie agli
appuntamenti? come se l'avesse realizzato solo ora, si gira a fissarsi quasi
stupefatto allo specchio: come cazzo si è vestito? Ma che cos’aveva in testa
mezz’ora fa?
- “No, così va bene!” dice
da solo, fissandosi e cercando di calmarsi, anche se non è facile. Dio Mio!
Questa è una situazione che ha cercato lui, che vuole lui! Si muove verso la
cucina e si versa un bicchiere d’acqua, anche se preferirebbe decisamente uno
shot di tequila pe darsi un po’ d’animo.
- Deglutisce nervoso, il
bicchiere si posa nel lavello con un suono metallico che lo infastidisce, anche
se non sa perchè.
- “Timothy, non fare
l’idiota!” sussurra a mezza bocca, imitando sua madre, che adora chiamarlo così
per sottolineare le sue debolezze, e lo trova appropriato, mentre cammina
nervoso su e giù per l’appartamento, rinunciando anche a fumarsi una sigaretta
per non puzzare di fumo al primo appuntamento.
- Il primo appuntamento.
- Sente un languore allo
stomaco, si ferma e ci passa sopra la mano destra con un sorriso che si allarga
appena sulle sue labbra. Non si sentiva così da… da quanto tempo?
- Insieme al languore,
però, arriva un senso di inquietudine e di paura che si allarga gelido e
sgradevole. Si sta giocando tutto, lo sa; ma adesso che é davvero onesto con se
stesso, trova che non ci sia un motivo
migliore per farlo.
- Cammina ancora su e giù,
nervoso, con i capelli scuri che ha tirato all’indietro che iniziano ad
arricciarsi in punta, le scarpe sportive che sfregano sul pavimento di marmo.
Non ha mai fatto una cosa simile, non sa proprio cosa aspettarsi. E se
sbagliasse tutto? Se…
- Il campanello suona,
rompe il silenzio quasi con violenza.
- Benedict trasalisce con
un moto di sorpresa, perché non è il citofono dello stabile è proprio il suo
campanello di casa.
- “Arrivo!” esclama, e
corre alla porta aprendola con la mano che trema appena.
- “Sei pronto?”
- Vederselo davanti
adesso, davvero, lo paralizza e non risponde, adesso il languore gli sta quasi
facendo piegare le ginocchia; Martin è lì, a meno di un metro da lui, con gli
occhiali scuri sollevati sui capelli corti e chiari, gli occhi blu che lo
colpiscono dritti al cuore e un'espressione che gli ricorda quella che prima ha
visto allo specchio.
- Un attimo di silenzio,
rimane ancorato alla porta d’ingresso senza dire niente.
- “Andiamo?” ripete
Martin, il tono sicuro che tradisce quello che sente. Per Benedict é troppo.
- “Ciao” mormora
finalmente “Sei…”
- “Anche tu”
- Martin risponde veloce,
sembra impassibile, ma Benedict vede benissimo come le sue mani nascoste nella
tasche si agitino nervosamente.
- Si fissano ancora,
Martin scuote appena la testa “Benedict, cosa..."
- “Si, adesso andiamo”
risponde l’altro, senza smettere di fissarlo, con il respiro corto “Prendo…
prendo la giacca, ok?” riesce a esalare.
- A malincuore si stacca
dallo stipite, va a prendere il soprabito, ma Martin non entra. E’ nervoso a
sua volta, si sente impreparato e non sa cosa sta per fare… dannazione, lui
odia non sapere, sentirsi inadeguato!
- Benedict torna dalla
camera da letto, infilandosi il Burberry scuro sopra i jeans altrettanto scuri.
Sente il cuore battere a mille, ma respira più a fondo. E' tutto... Surreale;
ma sta succedendo davvero.
- Martin si è appoggiato
al portoncino, mollemente; vederlo così gli fa salire un’ondata di calore ai
lombi.
- “Posso sapere dove
andiamo?” chiede Martin con la sua voce da eterno adolescente, adocchiando quasi
timoroso l’altro dalla sua giacca di pelle nera.
- Benedict lo fissa,
fermandosi a un paio di metri da lui “Spero ti piacerà…” risponde solamente,
sistemandosi la giacca sulle spalle, e poi proprio non ci riesce; sorride
d’istinto, e sente gli occhi pungere, le mani sudare e il cuore battere
impazzito. Sta per succedere; oddio, stanno uscendo insieme. Sa che ha
un’espressione da idiota adesso, perché deve sembrare emozionato come un
adolescente al primo ballo, ma non può farne a meno. E Martin lo vede e apre la
bocca dallo stupore, ormai rapito dal turbinio d’emozione che vede crescere nel
volto dell’altro.
- “Sono pronto ad andare”
la voce di Benedict è vagamente arrochita, e si avvicina a lui infilando il
telefono in tasca, e ha solo un attimo d’esitazione prima di dire le parole
successive “prima però… vorrei darti una cosa” esala con il poco fiato che ha
in gola.
- Martin corruga appena la
fronte "cosa?"
- "Ecco..."
Benedict non ha smesso di fissarlo
nemmeno un istante, adesso abbassa gli occhi e si muove a suo fianco.
- Martin annuisce, fatica
a parlare anche lui, sente le gambe molli “Okay…" ma poi si blocca,
vedendo cosa Benedict ha preso dal tavolino a fianco l’ingresso.
- “Benedict…” mormora
appena fissando la rosa in mano a Benedict, con un’espressione quasi spaventata
e incredula. Alza gli occhi su quelli chiari del compagno, che è arrossito “E’
per te” riesce a dire a malapena.
- Poi gli porge la rosa
rossa, con un nastro azzurro cupo sul gambo. Martin la guarda e allunga una
mano timidamente, fino a prenderla “Io…”
- “Sai… volevo solo…”
Benedict prova a parlare, perché improvvisamente non sa spiegare perché l’ha
fatto, ma Martin lo ferma inaspettatamente “L’hai presa per me” dice
pianissimo.
- Silenzio, si fissano e
Martin fa un passo indietro, verso la porta “Andiamo, Ben” dice con un sorriso
lievissimo e un’espressione non del tutto innocente.
- Benedict sospira, e
chiude la porta dietro di se, fa scattare la serratura e sbircia Martin con la
rosa in mano, che la fissa come se non credesse a ciò che vede.
- I capelli sembrano
ancora più chiari nella penombra, e risaltano con il rosso del fiore che ha in
mano.
- “Andiamo” Benedict si
gira “Non è molto lontano…”
- “Okay, dove vuoi…” risponde
Martin e si incamminano affiancati verso l’ascensore, quando…
- Benedict lo fa, e poi
non ha coraggio di guardare verso Martin. Sente che si irrigidisce appena, ma
solo un istante e poi ricambia la sua stretta.
- Sono immobili, davanti
la porta di piano a fissare avanti a se, ma un lieve sorriso aleggia su
entrambi i loro volti.
- “Ti dispiace?” mormora
Benedict, fissando il display dell’ascensore che indica che sta arrivando.
- “No…” Martin fissa sua
volta i numeri lampeggianti, poi entrano nell’ascensore, mano nella mano.