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Autore: Black Swan    29/11/2008    2 recensioni
Junayd Kamil Alifahaar McGregory ha tutto.
E’ l’unico punto di contatto fra due delle più potenti famiglie del paese, ha ricchezza, bellezza, intelligenza, una posizione di prestigio.
Junayd Kamil Alifahaar McGregory ha le idee chiare.
Sa cosa deve o non deve fare, ha imparato molto presto come far girare il mondo nel verso che gli fa più comodo, ha preso la decisione di condurre una doppia vita a soli quindici anni e custodisce segreti che i suoi genitori neanche immaginano lui possa conoscere.
Junayd Kamil Alifahaar McGregory è convinto di avere già tutto quello di cui ha bisogno: i pilastri della sua vita sono già stati piantati, i confini già marcati. Si renderà conto che anche lui può sbagliare.
Junayd Kamil Alifahaar McGregory non ha mai fatto i conti con il suo cuore. Si accorgerà quanto prima dell’errore commesso.
Junayd Kamil Alifahaar McGregory non ha mai realmente ascoltato il suo cuore. Scoprirà che non è mai troppo tardi per cominciare…
Genere: Avventura, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non E’ Mai Troppo Tardi - Capitolo 10

Non E’ Mai Troppo Tardi

10

 

 

 

 

 

 

 

 

Al suono della campanella fu fra le prime ad uscire dalla classe: Sharon la stava aspettando nel cortiletto interno.

Aveva decisamente bisogno di parlare un po’ con l’amica, per ora poteva accontentarsi del quarto d’ora d’intervallo.

Anche la scuola era diventata un campo minato per lei: da quando le ragazze degli ultimi anni l’avevano collegata a Juna non aveva più pace.

In quella casa abitavano di norma altre undici persone, ma agli occhi del mondo lei conviveva con Juna.

Sharon le venne incontro e si abbracciarono.

Era la sua migliore amica da quasi quattordici anni, benché avesse due anni in più di lei.

Quell’anno aveva la preoccupazione dell’esame di maturità e un’influenza con quaranta di febbre l’aveva bloccata a letto per due settimane.

La prima cosa che notò fu che l’amica era ancora molto pallida. I capelli e gli occhi neri accentuavano ancora di più il pallore.

«Sei sicura di non essere tornata troppo presto?» chiese.

«Sto bene. Esco con tre strati di roba addosso, figurati: sembro la sorellina dell’omino Michelin

Rise suo malgrado. «Smettila. Hai perso anche peso sai?»

«Se n’è accorta anche mia madre… non dovevo portare la cintura con questi jeans.»

«Sei rimasta molto indietro?»

Fino ad un paio di settimane prima aveva sempre pensato lei a prendere gli appunti dalla compagna di banco dell’amica e a portarli a casa di Sharon, ma ormai le ragazze di quarta e quinta erano vere e proprie mine vaganti per lei.

«Stai tranquilla: hanno interrogato. Come sta Michy?»

«Sempre meglio, ha molto legato con Melissa.»

«Mi sembrano secoli che non lo vedo, mi manca da morire. Com’è andata ieri sera?»

Sospirò. Ecco la bomba.

L’uscita per il compleanno di Diana era stato un colpo basso.

Justin l’aveva praticamente incastrata.

«Devo dire che è andata molto bene. A volte riesce ancora a spaventarmi… sembra che osservi direttamente il mio cervello quando mi guarda, però le cose stanno migliorando.»

Sharon intrecciò le braccia al seno, «Dai, è chiaro che puoi stare tranquilla… almeno fino a quando vivi in quella casa.»

«Che vuoi dire?»

«Anche se non fosse risaputo che è un genio, ci vorrebbe comunque poco a capire che Juna è un ragazzo intelligente, anche se ha mire su di te, non farà un passo fino a quando abiterai sotto il suo stesso tetto. Glielo hai chiesto?»

«Ancora no.»

«Jen, obiettivamente è l’unico che può aiutarti. La Colgrane mi ha chiesto di te.»

«Cosa?»

«Sa che siamo molto amiche e non riesce a spiegarsi cosa ti è successo. Non hai mai brillato in chimica, ma almeno arrivavi alla sufficienza. Non le ho detto niente di Michy, mi sono limitata a dire che avevi qualche problema in famiglia, ma che mi ero impegnata a non parlarne.»

«Quest’anno non ce la farò Sharon.»

«Non dirlo neanche per scherzo. Chiedi aiuto a Juna, saprà sicuramente consigliarti qualche metodo di studio adatto a te.»

Annuì soprappensiero.

«Lo hai visto spesso Drake?»

Sorrise, finalmente un argomento innocuo… almeno per lei.

«Viene spesso a cena. Cosa ti piace esattamente in lui?»

Sharon scoppiò a ridere, «Non lo capisci vero? Beh, il tuo prototipo è Juna!»

«Non è vero!»

«Alto, occhi neri e capelli neri no? Sembra mio fratello, se ne avessi uno!»

«Ooooh… piantala!»

La colpì scherzosamente ad un braccio e Sharon rise di nuovo. «Mi piace da tempo immemorabile, lo sai. Non so… immagino sia l’insieme, è un bellissimo ragazzo, ma mi conosco: fosse solo per quello non penserei a lui da anni. Da quando poi ci hanno presentato a quella festa è sempre peggio: ha anche cervello e senso dell’umorismo che Dio mi aiuti.»

«Non mi avevi detto di conoscerlo.»

«Infatti non lo conosco. Ci hanno presentato poco più di un mese fa ad una festa, abbiamo parlato un po’… probabilmente non si ricorderà neanche il mio viso. E’ incredibile quante ragazze gli vadano dietro. Perché non vieni a dormire da me oggi? Domani c’è assemblea e se decidiamo di andarci ci può accompagnare mio padre, altrimenti ce ne stiamo al calduccio in casa. Ho voglia di parlare un po’ con te come Dio comanda.»

«Chiederò a mio padre di accompagnarmi.»

Il suono della campanella le fece sussultare.

Sharon fece una smorfia, «Ci vediamo all’uscita.»

 

Juna si stiracchiò contro lo schienale della poltrona.

Menomale era già ora di andare a prendere Jennifer a scuola.

Prese la cornetta e premette il pulsante dell’intero di suo padre.

«Dimmi tutto.»

«Ci troviamo giù fra cinque minuti?»

«Giù? Oh Santo Dio, fra meno di un’ora Jennie esce da scuola! Juna non ce la faccio, di’ a Kyle di tornare a prendermi verso le quattro, ok?»

«Ok papà. Serve aiuto?»

«No, stai tranquillo. Ci vediamo dopo a casa.»

Riattaccò.

Alison era già uscita per andare alla posta e anche con lei aveva appuntamento a casa per le tre e mezzo… restava solo da avvisare Kyle che sarebbe sceso.

L’autista era già pronto, quindi si mise la giacca e uscì per avviarsi all’ascensore che trovò stranamente semivuoto.

Nella hall c’era sempre il vecchio Ronan, un portiere che era un’istituzione della McGregor Investments, sempre più felice di vederlo finalmente fare orari cristiani, come li definiva lui.

Non poteva mentire a se stesso: ormai andare a prendere Jennifer a scuola era diventato un piacevole appuntamento.

Kyle era in piedi accanto alla portiera posteriore, «Buongiorno signor McGregory.»

«Buongiorno Kyle, sai dove devi andare vero?»

L’uomo gli rispose con un sorriso e un cenno affermativo della testa, entrò dentro l’abitacolo e sprofondò nel sedile.

Quel pomeriggio non aveva neanche appuntamenti che lo avrebbero riportato in ufficio.

Arrivarono con pochi minuti d’anticipo.

Disse a Kyle di rimanere al suo posto e uscì dalla macchina.

Non chiuse la portiera e si appoggiò alla carrozzeria.

Osservò con attenzione l’edificio.

Non lo avrebbe ammesso ad alta voce per tutto l’oro del mondo, ma gli era mancato il far parte di quel mondo.

Quel giorno poi era anche curioso di vedere la reazione di Jennifer dopo la sera prima.

Justin gliela aveva combinata proprio bella.

In un primo momento avrebbe strangolato il cugino, poi aveva capito che la mossa voleva essere una scusa per portare fuori di casa lui (effettivamente adesso poteva dire sono uscito con mio cugino), cercare di convincere Diana che Jennifer non era una minaccia per la loro relazione e allo stesso tempo mettere a proprio agio Jennifer che ancora oscillava fra il nervosismo di chi vive nell’attesa che succeda una catastrofe da un momento all’altro e l’inquietitudine che la sua presenza sembrava creare in lei.

Il suono della campanella squarciò l’aria.

Decisamente quello era stato un periodo della sua vita che non aveva vissuto come avrebbe voluto.

Una marea di ragazzi e ragazze si riversò fuori dall’edificio e s’incanalò verso il cancello.

Con una certa sorpresa mista a piacere notò che, pur essendo una delle scuole più rinomate di Boston, con tutta una storia alle spalle, non costringeva i suoi alunni ad indossare una divisa o comunque uno stemma che li collegasse a vista all’istituto.

La vide subito, ignorando talune occhiate veramente difficili da equivocare, parlava con una ragazza mora molto carina.

Anche lei lo vide e addirittura da quella distanza percepì il suo sussulto.

Almeno uno dei traguardi di Justin non era andato a buon fine.

Lo sorprese il senso di fastidio che quella situazione gli dava. Non sapeva più che fare con quella ragazza, per come la vedeva lui aveva messo in chiaro ogni possibile lato della situazione.

Jennifer prese per mano l’altra ragazza e la trascinò con sé.

«Ciao Juna.»

«Ciao Jennie.»

«Aspetti da molto?» Si limitò ad un cenno negativo con la testa «Questa è Sharon Castlemain, la mia migliore amica. Direi più o meno quello che è Drake per te. Sharon, lui è Junayd Kamil Alifahaar McGregory, tutti lo chiamano Juna.»

Passando sopra la sorpresa nel sentire Jennifer presentarlo con entrambi i cognomi, la prima impressione che ebbe di Sharon, a parte l’occhiata al vetriolo che rivolse all’amica, fu una sola parola: innocua.

Quando rivolse la propria attenzione a lui, vide un’occhiata di pura valutazione.

«Ciao Sharon» disse tendendole la mano.

Aveva una stretta decisa e insieme leggera, «Ciao Juna.»

Notò allora anche un’altra cosa: era molto pallida.

«Tutto bene Sharon?» chiese.

«Più o meno. Sono così pallida perché ancora non sono uscita del tutto dall’influenza.»

«C’è qualcuno che ti viene a prendere? Possiamo accompagnarti a casa noi.»

Sharon lo guardò sorpresa, Jennifer addirittura scioccata.

«Non importa Juna, grazie del pensiero.»

«No, ha ragione invece, non so come ho fatto a non pensarci da sola» disse Jennifer. «Entra in macchina.»

Gli rivolse un sorriso che tradusse senza problemi: grazie.

Non ci aveva pensato da sola perché quella ragazza era costantemente cosciente di non essere in casa sua e di non viaggiare nella sua macchina.

Entrò in macchina dietro le ragazze. «Dove abiti Sharon?»

Avuto l’indirizzo lo passò a Kyle.

«Grazie Juna, sei molto gentile.»

Le fece segno di non pensarci e si concentrò su quello che passava fuori dal finestrino.

«Quando pensi di poter essere da me?» continuò Sharon.

«Verso le quattro e mezzo?» propose Jennifer.

 

Un secondo prima Juna stava guardando fuori dal finestrino, il secondo dopo la stava guardando.

Sentì di aver detto o fatto qualcosa di sbagliato e l’attimo dopo capì anche che cosa.

Fu il lampo di preoccupazione negli occhi del ragazzo a riportarla alla realtà.

Come si poteva essere così idioti?

«Shasha… non posso venire da te.»

«Come mai?» chiese Sharon stupita.

Capì che non le era sfuggito lo scatto di Juna e visto che si era guardata bene dal dirle la vera causa del suo trasferimento a villa McGregory, avrebbe potuto pensare chissà che cosa.

Capì di essere in trappola.

Sospirò profondamente.

«Per favore Juna, spiegale tutto tu.»

Juna la guardò sorpreso. «Non lo sa?» chiese incredulo.

«Non so cosa?» chiese Sharon improvvisamente sul chi vive.

«Aspetta un attimo Sharon» disse Juna. «Jennie, guardami.» Quando gli ubbidì, chiese semplicemente, «Come le hai spiegato il fatto che hai lasciato casa tua?»

«Mio padre ha deciso di aggiungere un sistema d’allarme e quindi a causa dei lavori non potevamo abitarci.»

«Non è vero??» esplose Sharon. Si rivolse a Juna, «Qual è il vero motivo??»

Juna staccò gli occhi da lei per lanciare un’occhiata a Sharon, poi tornò a guardare lei, «Jennie, sai che dirò la verità senza giri di parole, vero?»

«Io comunque non ne avrei il coraggio. Pensi che non ci abbia provato? Ma stava male, poi ha la preoccupazione dell’esame…»

«Flalagan, prima che ti strozzi: cosa mi hai nascosto?»

«Sa almeno del rapimento di Michael?» chiese Juna.

Al suo cenno affermativo lo sentì sospirare, «Ok Sharon, ascoltami.»

Sharon si voltò verso di lui e istintivamente si protese in avanti come per avvicinarsi a lui. «Jennifer e la sua famiglia si sono trasferiti a casa mia perché quando Michael è ricomparso a casa l’F.B.I. ha dato chiaramente ad intendere che fino a quando quella legge non verrà firmata nessuno di loro quattro è al sicuro. Potrebbero cercare di riprendere Michael, ma potrebbero anche cercare di prendere Sarah o Jennie.»

Vide Sharon voltarsi verso il finestrino, poi chinarsi su se stessa e coprirsi gli occhi con una mano.

«Se non ti ammazzo io, arrivi ai cent’anni volando» disse poi. «Jennie per l’amor di Dio, cosa hai in quella testa? Questo mi sembra un particolare piuttosto rilevante, non pensi?»

«Non volevo che tu ti preoccupassi.»

Sharon stava per dire qualcosa ma si bloccò. «Beh, mi sembra evidente che meno vai in giro e meglio è. Dovremo rimandare.»

«Puoi venire tu da noi.»

Per la seconda volta in meno di un quarto d’ora Juna la spiazzò.

Un pensiero che le mozzò il fiato le attraversò il cervello: forse a Juna piaceva Sharon?

«Io non credo che…» cominciò Sharon.

«Sharon, ho davvero l’aria di uno che morde?»

Sharon sorrise, «Direi di no, almeno spero.»

«Ottimo, in famiglia siamo tutti così. Beh, più o meno. Fissa con Jennie, ti farà piacere rivedere anche Jeremy, Sarah e Michy. La stanza di Jennie è abbastanza grande per tutte e due.»

Sentì la sua migliore amica sospirare, «Beh, è un’occasione d’oro: domani vedrai che non andremo a scuola.»

«Come mai?» chiese Juna interessato.

«Assemblea d’istituto. Sai di cosa parlo.»

«Veramente no: non è mai andato a scuola prima di entrare in una università» le uscì dalla bocca ancora prima di pensarla.

Juna le lanciò un’occhiata divertita, «Volete illuminarmi fanciulle?»

Sharon era ancora a bocca aperta, «Che significa che non sei mai andato a scuola?»

Juna tornò a guardarla, «Tocca a te Flalagan. Tu hai cominciato e tu finisci.»

Se l’era proprio cercata.

In breve le spiegò quello che aveva messo insieme dai racconti di tutta la famiglia McGregory… alla fine Juna sembrava sorpreso.

La cosa le dette un’inspiegabile soddisfazione.

«Roba da non credere» fu il commento di Sharon.

L’auto si fermò e Juna lanciò un’occhiata fuori dal finestrino, «Credo che siamo arrivati a casa tua Sharon.»

La portiera si aprì.

«Allora ci vediamo più tardi» le disse. «Ti accompagnerà tuo padre?»

«Nessun problema, facciamo verso le cinque… dove abiti Juna?»

Mentre Juna le dava l’indirizzo si rese conto che lei non lo sapeva. Individuava casa di Juna come Villa McGregory, non come un numero civico in una via.

Rimasti soli la macchina ripartì e si concentrò sulla tappezzeria. «Grazie per Sharon.»

«Non devi ringraziarmi. So di averti ricordato qualcosa di spiacevole.»

Adesso o mai più.

«Deve… deve essere stato facile per te studiare.»

Sentì quello sguardo posarsi su di lei. «Se per facile intendi veloce, sì. Sono sempre stato definito al di sopra della media. Con il tempo la cosa è diventata quasi una barzelletta, te ne sarai accorta sentendo parlare i miei.»

«Devo chiederti un favore Juna, forse è già troppo tardi, ma non posso non provare.»

«Di cosa si tratta?»

«Del mio rendimento scolastico.»

Il più brevemente possibile gli spiegò come il rapimento di Michael l’avesse rinchiusa sotto una specie di campana di vetro e quando quella campana si era infranta aveva trovato ad attenderla una pagella disastrosa.

«So che i miei non ne farebbero una tragedia anche se bocciassi, perché hanno visto in prima persona quello che ho passato, ma so che mio padre ci starebbe comunque male. Si sente già in colpa per non essere stato in grado di impedire che Michael venisse rapito, sarebbe capace di vedere una mia bocciatura come un suo ulteriore insuccesso. Non so come spiegarti.»

«Ti sei spiegata alla perfezione Jennie. Quanto manca alla fine?»

«Fra tre mesi e mezzo ci sono gli scrutini finali.»

«Quante materie hai lasciato indietro?»

«Chimica, fisica, francese e greco.»

«Mh, per il francese non ci sono problemi, per le altre materie dovrò dare un’occhiata ai libri di testo prima di sperare di aiutarti.»

«Vuoi dire che mi aiuteresti?»

«Sto dicendo che ti aiuterò, senza condizionale. Perché non dovrei?»

Bella domanda.

«Mi… mi è sembrata un’impresa disperata da subito, non credevo che…»

«Flalagan, mi hai appena detto una bugia, ma ci passerò sopra per questa volta.»

«Oh uffa.»

Lo sentì ridacchiare e non riuscì a trattenersi dal seguirlo.

Forse era solo lei a complicarsi la vita.

 

Alle quattro e mezzo era già appostata al cancello con Cocoon accanto, ovviamente si era scordata di avvisare Sharon dell’esercito di cani da guardia che infestava il parco.

Sospirò accarezzando distrattamente la testa del cane.

Non era l’espressione giusta: una volta rotto il ghiaccio ci aveva messo poco ad accettare la vicinanza degli animali… anche di Lizar.

La vicinanza di Cocoon le dava sicurezza.

All’improvviso il cane accanto a lei ebbe uno scatto, il suo corpo s’irrigidì e la sua attenzione si concentrò verso destra.

Sentì il rumore del motore e vide la macchina.

Sharon scese e si voltò a salutare chi stava alla guida.

Aveva visto Aaron Castlemain una dozzina di volte in quindici anni che conosceva Sharon e quell’uomo le aveva sempre dato un’impressione di mistero.

Aveva l’aria di una persona abituata a comandare, aveva un aspetto severo, quasi marziale, ma era anche una persona estremamente gentile e adorava la moglie e la figlia.

Sharon le aveva detto solo che era un uomo d’affari e con il tempo aveva capito che non le aveva detto di più perché non sapeva altro.

Spariva per mesi interi e allora Sharon sentiva molto la sua mancanza, perché come lei era legata profondamente al padre e quando aveva visto Aaron insieme a Corinne, la madre di Sharon, aveva avuto l’impressione di due persone che si amano profondamente.

Lo vide fare un gesto di saluto verso di lei e rispose.

Sharon del padre aveva ripreso lo sguardo e la testardaggine, stando a Corinne… indubbiamente sul piano fisico era una fotocopia della madre.

La sua migliore amica si sistemò meglio lo zaino sulle spalle e si avvicinò al cancello.

«Jennie, sai che hai accanto un cane?» le chiese all’improvviso.

«Si chiama Cocoon. Ce ne sono altri quattro.»

«Ah davvero? Me lo sono sognato o tu fino a ieri avevi un sacro terrore di questi adorabili animali?»

Le aprì la porticina al lato del cancello e Cocoon le fu subito accanto annusandola.

Sharon adorava i cani.

«Dio, che esemplare splendido.»

«Sono tutti bellissimi.»

Si avviarono verso casa lungo il viale alberato.

«Sai quanto ci ho messo a convincere mio padre che era questa la casa

«Tua madre ha fatto storie?»

«No, figurati, è stato sufficiente dirle che ci saresti stata anche tu e la tua famiglia. Piuttosto, mi sa che mio padre conosce qualcuno qui… e mi sa tanto che è Juna questo qualcuno

«Mah, se ci pensi è possibilissimo. Tuo padre è un uomo d’affari no?»

«Hai una logica di ferro Flalagan.»

«Antipatica.»

«Dove stiamo andando?»

«Per prima cosa molli tutto in camera, poi andiamo nel gazebo da Juna. C’è anche Micky e mio padre con lui. Ti avverto che resterai senza fiato dentro la villa, ci sono cose stupende.»

«I McGregory sono ricchi sfondati, lo sanno anche i muri. Ah, tua madre?»

«Di solito passa il pomeriggio insieme a Madeline, la nonna di Juna, Manaar, sua madre, Lennie ed Elisabeth, le zie.»

Il suono del clacson le fece letteralmente saltare in aria.

Una ferrari nera si fermò accanto a lei e la voce di Drake suonò divertita. «Scusate, non volevo farvi paura.»

Sharon riconobbe istantaneamente la voce perché la incenerì con lo sguardo.

Mentre lei cercava di farle capire in uno pseudo alfabeto muto che non sapeva niente della presenza del ragazzo, Drake uscì dalla macchina, «Volete un passaggio fino all’entrata? Non sarà molto comodo, ma tanto la strada da fare è poca» senza aspettare di sapere se loro fossero o meno d’accordo risalì in macchina e spalancò la portiera dalla loro parte.

Sharon salì dopo di lei sistemandosi praticamente in collo… menomale erano di costituzione piuttosto esile tutte e due.

«Cocoon?» chiese mentre Sharon chiudeva in qualche modo la portiera.

«Arriverà prima di noi, conosce questa proprietà ad occhi chiusi. Probabilmente raggiungerà Juna, ovunque lui sia. Come va Jennie?» chiese Drake ripartendo.

«Bene, grazie, tu?»

«Come al solito. Ciao Sharon, ti chiami Sharon vero?, è da un po’ che non ci vediamo.»

Si ricordava di lei.

Sharon non sembrava molto contenta della cosa. «Ottima memoria Drake, ciao.»

«Come mai da queste parti?»

«E’ la mia migliore amica. Resta a dormire qui con me» rispose lei per tutte e due.

Questa volta Sharon l’avrebbe uccisa. «Non sapevo che oggi saresti stato dei nostri» aggiunse tanto per cercare di salvare il salvabile.

«L’abbiamo deciso… pardon: l’ha deciso mezz’ora fa, ormai dovresti sapere che uno dei pregi più evidenti di Juna è la democrazia. Che tu sappia è sempre al gazebo vero?»

Gli annuì.

In meno di un minuto arrivarono davanti all’ingresso. «Avete in programma di andare al gazebo anche voi?» continuò il ragazzo dando le chiavi a Kyle dopo averlo salutato con un sorriso.

Entrarono in casa.

«Sì. Ci aspetti?» chiese di rimando lei.

«Certamente.»

 

Sharon Castlemain.

Tutto si sarebbe aspettato fuorché di trovarla a casa di Juna.

Ormai si era quasi rassegnato all’idea di averla persa di vista, erano mesi che non la incrociava a nessuna festa… esattamente da quando era finalmente riuscito a farsela presentare dalla cugina di sua madre.

La migliore amica di Jennifer, era tutta da ridere.

Se possibile era anche più bella di quello che ricordava… un po’ troppo pallida a volerla dire tutta, ma…

«Ciao Drake.»

Si guardò intorno alla ricerca del proprietario della voce, alla fine abbassò lo sguardo e vide Michael.

Era così perso nei suoi pensieri da non distinguere la voce di un bambino da quella di un uomo, andava proprio bene.

«Ciao campione, come stai?»

«Bene, sono venuto a prendere Poppy.»

Inquadrò un cagnolino di peluche grosso quanto un pallone da calcio in mano al bambino, che lo teneva per un orecchio, ed evitò le domande due e tre (Poppy? Chi è Poppy?) per passare alla numero quattro. «Non penserai di presentarlo a Dragar vero?»

Michael rise, «Credo che se lo papperebbe in un boccone… no, devo darlo ad Howard che lo mette in lavatrice, di natura è bianco neve» aggiunse sollevandolo.

Il colore attuale di Poppy andava dal grigio tenue al nero.

«Ah, capisco.»

Apparve Howard, «Buonasera signor Tyler.»

«Quando mi farai il regalo di chiamarmi Drake?»

Era una specie di missione per lui e Juna ormai.

Howard sorrise scuotendo la testa. Nel frattempo quell’uomo aveva trovato il modo di farsi rimbalzare la loro missione addosso.

«E’ questo Poppy?» chiese Howard a Michael.

Il bimbo glielo passò annuendo.

L’uomo controllò subito l’etichetta e sorrise… da quando Howard sorrideva così spesso? «Perfetto, si può mettere in lavatrice.»

«Shasha! Shasha!» esplose all’improvviso Michael fiondandosi verso le scale.

Si voltò appena in tempo per vederla scendere di corsa gli ultimi gradini in un trionfo di capelli neri al vento e gettarsi in ginocchio a terra con le braccia aperte, «Il mio pulcino! Micky, Dio quanto mi sei mancato!»

Michael le gettò le braccia al collo. Rimasero abbracciati per un tempo indefinito.

Alla fine Sharon lo allontanò appena da sé e gli accarezzo il viso, «Lo sai che sei cresciuto?» chiese con le lacrime agli occhi.

«Mi sei mancata tanto anche tu sai? Come stai adesso?» chiese il bambino con le manine affondate fra i capelli della ragazza.

«Molto meglio, da una settimana non ho la febbre e oggi sono tornata a scuola. Sai dove sono la mamma e il papà?»

«La mamma è nel salotto con Manaar, Lennie, Elisabeth e Madeline, papà è nel gazebo con Juna, Lissa, Connor, Patrick, Dragar, Lizar…»

«Micky, diciamo con i cani e facciamo prima?» lo interruppe.

Michael si voltò verso di lui e lo gratificò di un sorriso, «Già, sono cinque in tutto.»

Sharon si voltò verso Jennifer, «Propongo di salutare tua madre per prima, poi andremo fuori.»

Jennifer annuì e toccò a lui fare strada.

Quando entrarono nella stanza Sarah balzò in piedi e si fece incontro a Sharon. «Ciao Sharon, che piacere rivederti! Come stai?»

«Adesso molto meglio Sarah, grazie.»

«Sei sicura? Sei così pallida…»

«Fino a una settimana fa avevo anche la febbre a quaranta, quindi adesso sto da Dio al confronto.»

«Juna e Jennie mi hanno detto che resterai a dormire qui stasera, domani con la scusa dell’assemblea voi due avete già deciso di far festa eh?»

Sharon tirò fuori un’espressione assolutamente irresistibile che lo inchiodò a terra, «Che vuoi Sarah? E’ l’unica occasione per la quale mia madre non fa storie!»

«Come sta Connie?» continuò Sarah «Mi sembra un secolo che non la vedo.»

«Mamma sta bene, papà anche. E’ stranamente a casa, riparte fra qualche giorno. Vi salutano.»

«Vuoi salutare Jeremy? E’ nel…»

«… gazebo con Juna, Lissa, Connor e la tribù a quattro zampe» terminò lui.

Sarah gli sorrise, «Vi avverto quando la merenda è pronta.» Si bloccò di colpo e si tirò una leggera manata sulla fronte, «Dio che testa! Sono così contenta di vederti che ho scordato le buone maniere!»

Si voltò verso la stanza e fece le presentazioni.

Quando riuscirono ad uscire di lì, Sharon si rivolse a Jennifer, «Non ho avuto il minimo problema ad inquadrare la madre di Juna, quel ragazzo è la sua fotocopia al maschile.»

«Ha ripreso il meglio da entrambi, vero Drake?» disse Jennifer.

«Indubbiamente.»

Uscirono dalla porta principale e si trovarono a tu per tu con tre cani.

A occhio e croce erano Dragar, Cocoon e Venusia, ma non era pronto a giurarci.

Michael abbracciò subito quello che era sicuramente Dragar e Jennifer venne affiancata da Cocoon.

«Ciao Venusia, ti ricordi di me?» chiese alla cagna che fatti tre passi verso di lui cominciò ad annusarlo.

«Pensi che non ti riconosca?» chiese Sharon.

«Dragar e Lizar sono sempre stati qui, mi conoscono bene ormai, Venusia, Indios e Cocoon sono qui da qualche settimana… diciamo come rinforzo.» La cagna nel frattempo aveva stabilito che le stava simpatico e aveva cominciato a leccargli la mano, «Quindi preferisco andare sul sicuro.»

«Capisco.»

Qualcosa nella voce della ragazza gli fece alzare lo sguardo.

«Non mi perdonerai mai vero?» chiese Jennifer.

Si era perso qualcosa.

«Sai cosa mi ha combinato la mia migliore amica?» gli chiese Sharon. Senza aspettare la sua risposta continuò, «Non mi ha detto che si è trasferita qui perché rischia in pratica la vita.» Si rivolse a Jennifer, «Io sono incazzatissima con te. Me l’ha dovuto dire Juna, ti rendi conto?»

«Forse non voleva farti preoccupare?» cercò di andare in aiuto di Jennifer.

«Tu nasconderesti qualcosa di così grave al tuo migliore amico?» chiese lei «Se per assurdo la tua vita fosse in pericolo, lo nasconderesti a Juna?»

Aveva fatto di peggio, ancora non riusciva a credere di essere stato capace di tanto: aveva nascosto per quasi due settimane che entrambe le loro vite erano in pericolo, ma come fare a dirle che la sua vita e quella di Juna erano ancora in pericolo e all’inizio Juna non lo sapeva?

«Il giorno che per assurdo mi troverò in una situazione del genere te lo saprò dire. Quando una persona vuole bene ad un’altra è capace di qualsiasi cosa.»

Sharon lo guardò come se fosse fosforescente… e ci credeva.

Cosa stava succedendo? Non gli era mai pesato nascondere la sua doppia vita fino ad allora.

«Se tu vuoi a Jennifer la metà del bene che io voglio a Juna, saresti capace di nasconderle il Sole se questo le fosse utile, o no?» continuò «Capisco che tu sia incazzata, perché se Juna si azzardasse a nascondermi anche il solo fatto di non sentirsi bene… beh, non so se tu sei coetanea di Jennie o più grande o addirittura più piccola di lei, ma Juna ha due anni in meno di me ed è da quando è al mondo che è il mio giocattolo preferito, vale a dire che posso smontarlo solo io. Chiunque altro si deve solo provare a toccarlo.» Fece una breve pausa, «Non so se ho reso l’idea.»

Sharon rimase ancora in silenzio per qualche secondo, poi affondò le mani nelle tasche dei jeans «Alla perfezione: ho due anni in più di Jennie. Non avevo pensato alla cosa in questi termini.» Si rivolse a Jennifer «Devi un grosso favore a questo ragazzo» l’avvisò.

Jennifer sorrise, «Sono una squadra vincente questi due, te ne accorgerai. Praticamente ragionano con lo stesso cervello.»

Non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, «Sì, quello di Juna!»

Mentre le due ragazze lo seguivano nella risata, si sentì tirare i jeans e abbassò lo sguardo.

Michael gli sorrise e gli tese le braccia.

Automaticamente lo prese in collo, «Ok fanciulle, che ne dite di raggiungere gli altri al gazebo?»

 

Quando alzò casualmente lo sguardo e inquadrò il gruppetto che si stava avvicinando, sentì un vero e proprio concerto di campanellini d’allarme.

Poche volte aveva visto quell’espressione negli occhi di Drake: guardava così le persone che lo interessavano.

Anche un cieco si sarebbe accorto che la fonte di tanto interesse fosse Sharon e che quell’interesse fosse ricambiato era altrettanto evidente.

«Oh, ecco Sharon!» esclamò Jeremy.

«Figlio mio, Drake mi sembra abbastanza preso… dici che è il caso di avvisare la fanciulla?» chiese suo padre.

«Pensi che ti starebbe ad ascoltare?»

Suo padre scosse la testa divertito, «Se Drake si fidanza prima di te, chi la sente tua madre?»

«Drake sicuramente si fidanzerà prima di me: è più vecchio.»

Alison gli rivolse un’occhiata divertita, Jeremy e suo nonno stavano seguendo lo scambio di battute con crescente interesse.

«Buonasera!» salutò Drake appena entrò nel gazebo «Salve Mac, come va?»

«Da Dio, tu?»

«Divinamente. Ali, ancora qui a lavorare?»

Nel frattempo Sharon stava abbracciando Jeremy.

«Sto aspettando Steve, mi viene a prendere lui.»

«Ciao Juna» lo salutò Sharon.

«Ciao Sharon, ben arrivata. Lei è la mia segretaria, Alison Colemann, lui è mio padre Connor, mio nonno Patrick e lei è la puffetta di casa, Melissa.»

Appena Melissa ebbe la possibilità di avere l’attenzione di Sharon, le fece una domanda che nessuno si sarebbe mai aspettato.

«Ciao Sharon, sei fidanzata?»

Sharon sorrise sorpresa, «Al momento no, perché?»

«Mia nipote sta organizzando il suo avvenire come direttrice di un’agenzia matrimoniale» le spiegò suo padre, forse rendendosi conto solo in quel momento dell’errore che aveva fatto commentando l’interesse di Drake per quella ragazza.

«Sharon, hai paura dei cani anche tu?» chiese suo nonno cercando un argomento innocuo.

«Li adoro. Ho già conosciuto Cocoon, Dragar e Venusia.»

«Lizar è sotto il tavolo attaccata a Juna» disse suo padre, «Indios sarà andato a sgranchirsi un po’ le zampe.»

«Buonasera a tutti.»

Alison scattò in piedi, «Stephen!»

«Vi presento Stephen O’Neil, il fidanzato di Alison. Stephen, mio padre e mio nonno già li conosci. Lui è Jeremy Flalagan, sua figlia Jennifer, suo figlio Michael, Sharon Castlemain, Drake Tyler… e questa è Melissa, mia cugina.»

Stephen salutò tutti con un cenno della testa, «Ciao Juna, come va?»

Si strinsero amichevolmente la mano. «Bene, grazie. Tu?»

«Tutto bene. Menomale Ali mi ha spiegato bene la strada, mi sarei perso altrimenti.»

«Beh, tutti sanno dov’è Villa McGregory» disse Jeremy.

«Io parlavo del percorso dal cancello a qui.»

Tutti risero divertiti.

«Ti va un caffè?» chiese suo padre.

«Dobbiamo scappare, i miei genitori ci aspettano per andare al cinema e poi a cena. Grazie lo stesso.»

«Sei tu che sposerai Alison?» chiese Melissa.

Stephen la inquadrò e sorrise, «Il piano è questo.»

«Quanti anni hai?» continuò Michael.

«Quasi trenta.»

Jeremy si rivolse a suo nonno, «Pat, questi due sono veramente tremendi!»

 

Juna si alzò, «Vi accompagno alla porta.»

Lizar spuntò da sotto il tavolo, sbadigliò, si stiracchiò e, dopo essersi guardata intorno, si attaccò di nuovo a Juna.

«E’ un esemplare fantastico» disse Sharon quasi con reverenza. «E’ un maschio o una femmina?»

«Femmina, si chiama Lizar» rispose suo nonno.

«E’ una creaturina simpatica» commentò Drake, «tutta il suo padrone.»

«Ha un aspetto molto feroce» disse Stephen.

Drake lo guardò e sorrise, «E secondo te a cosa alludevo quando ho detto che è tutta il suo padrone?»

Connor e Patrick cominciarono a ridacchiare seguiti in pratica da tutti, Juna rivolse al suo migliore amico un’occhiata rassegnata, «Tyler, sei in una delle tue solite giornate felici, vero?» Si rivolse a lei e a Jennifer, «Cercherò di lasciarvi con lui il meno possibile, promesso. Nonno, papà, Jeremy, le affido a voi.»

Dopo i saluti si allontanò con Stephen ed Alison.

Drake sorrise, «So che sembra incredibile adesso, ma ci vogliamo bene.»

«Sedetevi ragazzi» disse Connor.

Presero posto e Jeremy prese in collo Michael. «Allora, voi due avete stabilito di non andare a scuola domani» esordì.

«C’è assemblea papà, sai che è una perdita di tempo» disse Jennifer.

«Papà, posso rimanere a casa anch’io con Jennie e Shasha?» chiese Michael.

«Oh ti prego Jeremy!» esclamò Melissa «Quando lo chiederò a papà se tu hai detto di sì lo dirà anche lui!» Si rivolse a Michael, «Posso rimanere anch’io con te?»

Gli sguardi di Connor e Drake si incrociarono.

«Michael, sentiamo cosa dice la mamma, va bene?» prese tempo Jeremy.

Ricomparve Juna come partorito dalla Terra.

«Allora Mac, che mi racconti di bello?» chiese Drake.

«Che sto iniziando a lavorare al bilancio di metà esercizio.»

«Vuoi farmi un favore? Non starci sopra dodici ore al giorno, chiamami e in sei ce la caviamo entrambi, ok?» Si rivolse a Connor «Tuo figlio ha dei ritmi folli.»

«Come procede la laurea Drake?» chiese Patrick.

«A passi da gigante quando riesco a coinvolgere suo nipote. Mancano quattro esami e la dannata tesi.»

«Hai preso anche tu medicina?» chiese Sharon.

«Hai voglia di scherzare? Di pazzi di quel genere in famiglia ne basta uno. La mia parte di follia è sfociata nella scelta di prendere economia e commercio.»

«Questo ragazzo diventerà il braccio destro di mio nipote in seno alla compagnia quando Connor deciderà di andare in pensione» disse Patrick. «Quando Justin sarà in grado di prendere in mano il lato legale, niente e nessuno li potrà fermare.»

«Ti sei già organizzato per i prossimi cinquant’anni eh Pat?» chiese Jeremy divertito.

«Non avrei potuto fare di meglio.»

«Patrick, mio padre lo sa già che intende adottarmi?» chiese Drake con una calma ammirevole dopo averlo studiato con interesse… e aver rivolto a Juna un’occhiata che diceva io e te dobbiamo parlare!

«Brian è un uomo intelligente. Avrebbe opposto molta più resistenza alla tua scelta se non avesse saputo che il tuo futuro era già assicurato.»

«Nel senso che mi avrebbe tolto la parola per un anno invece che per soli sei mesi?»

Tutti scoppiarono a ridere, Connor scosse la testa, «Dio li fa e poi li accoppia: questi due non potevano essere meglio assortiti.»

«Se ti può consolare io e tuo figlio la pensiamo alla stessa identica maniera riguardo le nostre rispettive madri» riprese Drake. «Dev’essere genetico. E comunque non stavo scherzando, mio padre all’inizio non l’ha presa affatto bene.»

«Cosa fa il tuo papà?» chiese Michael.

«E’ uno dei chirurghi estetici più famosi del mondo» rispose Patrick.

«Sharon, cosa fa tuo padre?» chiese Connor.

«Si definisce un uomo d’affari e non so molto di più.»

«Aaron Castlemain» disse Jeremy, «lo avete sentito nominare?»

Connor e Juna si guardarono, poi scossero la testa.

«Ah, aspetta!» disse Patrick «Il nome non mi è nuovo… è uno del nostro ambiente? Forse uno di quelli che noi definiamo privati, nel senso che si occupano di un ristretto numero di clienti, una cerchia d’elite di cui si può entrare a far parte solo se sei amico di chi già è dentro.»

«Io non l’ho mai sentito» disse Juna.

«Strano» disse Sharon. «Mi ha accompagnato lui qui oggi e quando gli ho detto dove andavo mi ha dato l’impressione di conoscerti… non sapevo il nome di tuo padre o di tuo nonno e gli ho dato il tuo. Non ha fatto storie per darmi il permesso di passare la notte qui e ha convinto la mamma.»

«Forse sei entrato in contatto con lui tramite uno dei suoi clienti che è in affari con uno dei tuoi» disse Drake. «Non puoi ricordarti sempre tutto Mac, in fondo sei un essere umano anche tu.»

«E’ la spiegazione più logica» convenne Patrick.

«La prima o la seconda parte?» chiese Juna.

Risero tutti divertiti.

«Ho un’idea, perché voi ragazzi non andate a fare un giro nel parco mentre io e mio padre finiamo qui?» propose poi Connor «Fate sgranchire le zampe ai cani e fate vedere i dintorni alle ragazze.»

«Ecco da chi ha ripreso la genialità questo ragazzo!» esclamò Drake.

 

Appena si furono allontanati dal gazebo, Drake riprese la parola come se stesse commentando un quadro, «L’unica cosa che mi frena dall’ucciderti, Juna, è che dovrei ammazzarne tre in una botta sola… e queste due non si meritano una fine del genere. Ti ha dato di volta quel tuo geniale cervello o ti è semplicemente sfuggito di rendermi partecipe di cosa aveva in mente tuo nonno?»

Juna fu l’unico che riuscì a non ridere, «L’ho saputo quando sono andato a pranzo con lui Drake… e questa era una cosa che doveva dirti lui.»

«E’ da quando hai cominciato a parlare che mi chiedo cosa posso aver combinato di così grave in una vita precedente per meritarmi uno come te.»

«Oh avanti Drake, adori Juna, è evidente» disse Jennifer. «La vostra amicizia è leggendaria!»

«E lui non perde occasione per approfittarsene vergognosamente. Parola mia, non riesco a crederci!»

«Mio nonno ce l’ha combinata proprio bella Tyler, te lo concedo.»

Drake alzò gli occhi al cielo fra le risatine di Sharon e Jennifer «Così adesso mi tocca laurearmi con il massimo dei voti per tenere alta la media della società.»

«Dovevi già laurearti con il massimo dei voti per salvare la testa con tuo padre. Rimani a cena?» continuò Juna.

«Quando mia madre mi vede partire per casa tua, automaticamente mi esclude dalla tavola!» fu la risposta «Credo che a breve se non mi do una regolata mi ritroverò direttamente fuori di casa!»

Quando parlava di sua madre, quel ragazzo dava il meglio di sé: un’altra cosa che li accomunava.

«Beh, lo spazio qui non manca…» fu il commento di Juna.

«Ah, figurati… sai cosa ha fatto mio padre? Questa devo proprio raccontartela, è la novità di cui ti parlavo al telefono! Stranamente è a casa da una settimana di fila e ieri a cena, cogliendo l’occasione che ci fossi anch’io, mi ha informato di quale sarà il mio regalo di compleanno.»

«Finisci gli anni?» chiese Jennifer.

«A novembre arrivo finalmente a quota ventuno!»

«Cosa ti regala?»

«Un appartamento. Un attico, per la precisione. Credo che stavolta mia madre chiederà il divorzio.»

Juna scoppiò a ridere, «Non ci credo!!!»

«Ti giuro! Le chiavi me le consegnerà definitivamente il giorno del mio compleanno, ma stamani me le ha date per due giorni per farmi dare un’occhiata al regalo e domani lo vado a vedere! Vieni con me Mac?»

«Non me lo perderei per niente al mondo!!»

Drake scosse la testa… «Non mi ci trasferirò subito, non prima del mio compleanno comunque… mi ci vorranno dai sei mesi ad un anno per abituare all’idea mia madre… se basteranno. Anche mio padre ha lanciato la bomba con un certo anticipo, come si può notare. Magari potremmo passarci i fine settimana, eh Juna? Così anche Manaar vorrà la testa di mio padre!»

«Il massimo sarebbe se l’idea ispirasse in qualche modo anche il padre di Juna…» commentò Sharon.

Drake la guardò un attimo, «Io e Juna ci ritroviamo orfani in quanto te lo dico! Tu non conosci il duo Jessica-Manaar.»

Juna sorrise e scosse la testa, «A parte il fatto che ho ancora un paio d’anni davanti a me… e mio padre ha un istinto di conservazione di tutto rispetto…» seguirono risatine divertite, «la situazione della mia famiglia è completamente diversa da quella di Drake. Guardatevi intorno: questa è la casa dei McGregory. Forse Georgie ne uscirà, seguendo Gary una volta sposata, ma Justin porterà qui Diana.»

Seguì un breve silenzio, poi la voce di Sharon si levò calma e tranquilla, «E tu?»

«Io sono troppo giovane anche solo per pensarci.»

«Intendevo chiederti se asseconderai tuo nonno.»

Juna respirò profondamente, «Chi vivrà, vedrà.»

«Già che siamo in argomento Mac, io devo assecondarlo?» chiese Drake «Guarda che almeno su una cosa non stavo scherzando prima: questa potrebbe essere una realtà con la quale potrei fare parecchia fatica a scendere a compromessi.»

Juna scosse le spalle, «Te l’ho detto che la compagnia è passata interamente sotto il controllo mio, di mio padre, dei miei zii e dei miei cugini?»

Drake lo fissò per qualche secondo, cercando evidentemente di appurare se stesse scherzando o facesse sul serio, quando stabilì che faceva sul serio, sorrise e si rivolse alle due ragazze, «Se vi fa impressione il sangue, vi consiglio di allontanarvi.»

 

Quei due facevano proprio una bella squadra.

Due bellezze totalmente opposte e complementari, stesso senso dell’umorismo.

«Mi devo essere scordato di aggiornarti Drake» prese atto Juna.

Drake si limitò a fissare il proprio migliore amico in un modo che lei, al posto di Juna, non avrebbe messo più il naso fuori di casa per il resto della sua vita… il ragazzo invece sembrava esserci abituato.

«Chi ti ama non ti conosce Juna» decretò alla fine.

Juna diede una leggera scrollata di spalle, «Detto da te è un complimento.»

Era da non credere le voci che giravano su quei due.

Juna era avvolto dal mistero delle origini arabe di sua madre, che rifletteva in pieno, qualcuno era addirittura convinto che da qualche parte in Arabia lo aspettasse un trono, e come se non bastasse era pure un genio e ricco sfondato.

Drake per certi versi viveva nell’ombra del suo migliore amico, pur essendo ampiamente conosciuto, ma alla luce del fatto che a ventuno anni da finire gli mancavano pochi esami e la tesi per laurearsi in economia e commercio, non era certamente l’ultimo degli idioti, senza contare che Juna faceva molto affidamento su di lui.

E a quanto pare anche Patrick McGregory faceva molto affidamento su di lui.

Si trovava a vedere all’opera due leggende viventi… poteva suonare assurdo considerato l’età dei soggetti, ma era esattamente ciò che erano.

Se avesse avuto un minimo di cervello si sarebbe tolta dalla testa Drake Tyler alla velocità della luce.

Uno così avrebbe potuto annientarla nel giro di una settimana… ammesso e non concesso che fosse interessato a lei.

Era pronta a giurare che si ricordasse di lei a causa di Nancy, la cugina di sua madre, perché purtroppo c’era anche lei alla festa e le avevano presentate insieme al ragazzo. Nancy aveva quasi cinquant’anni e si era comportata come l’ultima delle gatte morte con Drake.

Se non le fosse già stata antipatica dalla nascita, si sarebbe giocata la sua simpatia quella sera!

«Pianeta Terra chiama Sharon.»

Si riscosse e si rese conto che si era fermata mentre pensava. Juna e Jennifer erano ad una ventina di metri davanti a lei… Drake le era accanto.

«A cosa pensavi con quello sguardo criminale?» chiese.

«Nessuno.»

«Allora pensavi davvero a qualcuno.»

Si accorse della trappola nella quale era cascata in pieno. «Nessuno di importante.»

«Se lo dici tu…»

Ripresero a camminare per raggiungere Juna e Jennifer… ma i due ripresero a camminare davanti a loro.

Jennie era impazzita o la vicinanza di Juna la sconvolgeva a tal punto da farle scordare che era la sua migliore amica?

«Ti spiace se ti chiamo Shasha anche io? E’ un nomignolo carino.»

«Fai pure. Me lo ha appioppato mio padre.»

«La prima cosa che ho pensato è che fosse una creazione di Michael.»

Rise, «No, ma lo ha aiutato parecchio quando ha iniziato ad avventurarsi oltre a tata

Drake sorrise divertito, «Tu e Jennie vi conoscete da parecchio.»

Un pensiero le fece capolino nel cervello per essere subito scacciato: gli piaceva Jennifer?

Praticamente era possibile quanto l’ipotesi che lei piacesse a Juna o che esistesse vita sul Sole, ma a parte questo, ci mancava solo che diventasse gelosa di quel ragazzo o della sua migliore amica!

«Quattordici anni.»

«Fantastico, allora saprà sicuramente il tuo numero di telefono, se ti rifiuti di darmelo posso chiederlo a lei.»

Ci vollero quattro passi perché la frase trovasse la giusta collocazione nel suo cervello.

Si bloccò di colpo e Drake la imitò dopo un ulteriore passo.

«Come prego?» chiese con una calma che era ben lungi dal provare.

«Ho detto che allora saprà sicuramente…»

«Ho capito perfettamente cosa hai detto, quello che mi sfugge è cosa hai voluto dire.»

Drake la osservò per qualche secondo, reclinò addirittura la testa da un lato, come se stesse studiando un qualcosa di curioso, poi sorrise, «Ti ricordi quando ci hanno presentato?» Al suo cenno affermativo continuò, «Non ti ho chiesto il numero di telefono quella sera solo perché ero troppo occupato a difendermi da quella piovra che avevi accanto e…»

«E’ la cugina di mia madre.»

Drake assunse un’aria rassegnata a dir poco irresistibile, «Non si può avere tutto dalla vita, mi dispiace molto per tua madre.»

Non riuscì a trattenersi dal ridere, «Siamo perfettamente d’accordo! Dicevi?»

«Non te l’ho chiesto allora e mi sono tranquillizzato dicendomi che tanto prima o poi ti avrei ribeccata… beh, tutto mi sarei aspettato tranne che di trovarti a casa di Juna, ma non ho intenzione di perdere la seconda possibilità che il Signore mi ha gentilmente offerto.»

Stava sognando o cosa?

«Posso darti il mio numero di cellulare.»

«Affare fatto. Ce li scambiamo stasera prima che vada via.»

 

 

 

______________________________________________

 

NOTE:

 

giunigiu95: prima di tutto, grazie per il commento. L’idea di un I.Q. così alto mi è venuta il giorno che mi sono chiesta se l’I.Q. avesse dei limiti. Ho scoperto che tale Marilyn Vos Savant è apparso nel Guinness dei primati mondiali per aver ottenuto un I.Q. pari a 228.

Andando avanti con la storia, anche se ne ho già parlato (vedi fine cap. 7 il PoV di Manaar mentre Juna si fa la doccia), scoprirai che la situazione celebrale che ho immaginato per Juna… probabilmente non ha riscontri con la realtà… >.< (si chiama “Licenza Poetica” dalle mie parti)… però mi serviva per far quadrare la storia e… di necessità… :D

   
 
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