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Autore: Kyuri_Zaoldyeck    03/02/2015    1 recensioni
Perchè ci fanno questo? Perché siamo diversi? Ma forse di emozioni ne abbiamo, e più di loro …
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Uta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Papà, non andare!- lo imploro gettandomi ai suoi piedi.

Lui è già vestito, con quella minacciosa divisa anti sommossa, pareva una colomba nera pronta a mischiarsi tra le altre.

-Haru, ci sono delle cose che purtroppo dobbiamo fare, è il lavoro- sono cresciuta accanto a lui, e so bene che il suo non è un semplice lavoro, è molto di più.

-Ma papà, loro non sono cattivi, tu lo sai, noi non siamo cattivi, NON SIAMO MOSTRI- gli urlo in faccia mentre mi trascina per terra, non mollerò la presa sui suoi piedi.

È un altro rastrellamento, quello che sta andando a fare, in chissà quale altro distretto. Lui sospira, sa quello che dico, ne è consapevole, o non mi avrebbe salvata.

-Tesoro, è il lavoro, ci permette di comprare tanto caffè, e anche tanto cibo- mi domando d’un tratto, se ciò che mi preoccupa è che lui uccida quelli della mia stessa razza, o che lui venga ucciso da uno di loro, esistono entrambe le probabilità.

Pervasa da questo orribile pensiero, mi stringo alle sue gambe, mentre lui, con un fare scocciato che non aveva mai usato, strattona la gamba fino a farmi mollare la presa.

-Papà, non mi lasciare- piango, urlo più forte, voglio superare la barriera del suono per farlo restare. Riesco a farlo voltare, mi pulisce le lacrime, poi mi saluta. Tutto inutile.

Esce di casa, chiude la porta, e mi lascia sola in quella grande casa. Immensamente preoccupata, mi preparo un bicchiere di caffè, mi siedo al tavolo e inizio a berlo, decido di aspettarlo lì, seduta al tavolo, “sì, lo aspetterò sveglia”, penso fissando la porta.
 
 
I poliziotti entrano in casa … trattengo la fame che ormai mi sta invadendo.
Non mangio carne umana da 3 giorni, sono sveglia da 3 giorni, Lee non è in casa da 3 giorni.
Troppi umani insieme, mi fa male lo stomaco.

Mi prendono con loro e mi trascinano nell’aula di un tribunale, mi trattano come una profuga albina … papà è morto … dei Ghoul lo hanno preso, e lo hanno squartato, si dice in giro che non si nutrissero da 13 giorni, e alcuni erano morti di fame … non so da che parte stare … ma perchè proprio lui?

Era tanta la fame da togliere loro il giudizio. Una malefica ombra ha oscurato i loro cuori, e contemporaneamente li ha protetti dalla morte … non so da che parte stare … so solo che papà è morto.

Troppi discorsi difficili per il mio cervello, quello che devo dire è che sono sua figlia adottiva, solo questo, e trattenere la fame nel vedere tanti umani insieme … la verità, nient’altro che la verità.

D’improvviso poi, il funerale, un piccolo santuario con al centro una piccola foto di lui, allegro e sorridente … piango, tutti mi guardano male, per loro sono una bambina disadattata e affetta da albinismo che Lee ha “raccattato” dalla strada per una malata voglia di diventare padre.

Lui voleva solo dare amore a qualcuno, forse si sentiva solo … ha dato il suo amore a me, anche se solo per 4 anni … è morta, l’unica persona che mi voleva bene, è morta.

Non riesco a sentirli ancora parlottare male del mio Lee, quelle dannate dicerie svegliano la mia fame. Li uccido, tutti i presenti, che erano all’incirca 10.
Mi sazio mangiando la carne della più pettegola di loro, e mangiando, con le lacrime agli occhi, fisso la foto di Lee.
Ho fatto un orribile pasticcio davanti alla sua tomba, ora c’è sangue sparso ovunque, ho sporcato il tuo piccolo santuario … perdonami papà, perdona me, e tutti quei mostri che ti hanno ucciso.

Nel più profondo dei silenzi me ne vado, scappo lontano, nella foresta, e nei bassifondi della città, portando con me nel borsone di una vittima, della carne da conservare per i giorni avvenire.
E come trofei di caccia, indosso una lunga canottiera nera di una ragazza.

Le strette al cuore mi pervadono … sono di nuovo sola, ho perso la mamma, poi il papà, e non sono più nel ghetto, sono in mezzo a tante colombe nere.

Non so ancora da che parte stare. Quelle fecce hanno lasciato i miei simili senza cibo, noi che siamo e rimarremo esseri sensibili e pensanti, noi che abbiamo soltanto fame come loro. Ho voluto un gran bene a Lee, ma quel giorno, quando se n’è andato per non tornare, lui era già vestito e pronto per uccidere i miei simili, come si butta via un inutile oggetto.

Loro non capiscono, gli umani non capiscono l’importanza di una vita, solo loro possono avere famiglia, amore e amicizia, solo loro possono avere sentimenti, e solo loro devono esistere, i diversi vanno uccisi, vanno eliminati. Questo non posso sopportarlo! Ogni giorno in Giappone vengono condannati a morte un sacco di criminali, potrebbero darli a noi come cibo, e vivere in armonia, perchè sono convinta che umani e ghoul possono capirsi, ma solo se uno è disposto a rinunciare per un attimo alla sua natura cannibale, e se l’altro è disposto ad accettare le diversità … anche se è risaputo che è una causa persa …

Risentimento, è ciò che provo verso gli umani, e anche un po’ verso Lee, anche se non arrivo a giustificarli per averlo ucciso, perchè lui era diverso, era quello che si distingueva dalla massa, tutto sommato anche lui stesso era un diverso …

Risentimento, era il sentimento che portavo sempre dentro … eppure fu troppo forte l’istinto di mischiarmi e cambiare la società, anche con la forza, se ce ne fosse stato bisogno.

Guardo il cielo oltre i rami folti degli alberi, Haru, questo nome proprio non mi si addice più, ora che mi appresto a vivere la strada, con forza, coraggio e ribellione.



Fu così che qualche giorno dopo, fui inquadrata dal CCG con il nome di Wonhan, risentimento. E Wonhan rimasi, fino ad oggi.

-Piaciuta la storia?- dissi sarcasticamente.

-Quindi ti chiami Haru? Che nome carino-

-Cosa? Dannazione, sai solo dire questo?- il mio cliente preferito, Uta, vive sulle nuvole. In ogni caso mi aveva fatto bene parlarne con lui.

-Capisco il perchè di questo cuore- disse guardandosi il capolavoro che avevo creato, anche se mi comportavo da modesta.

-è il mio conflitto interiore- dissi lui in maniera calma. Fissò il mio braccio destro, affascinato dal fascio di tatuaggi che lo riempiva, proprio come entrambi i suoi.

-Se hai fame, devi mangiare, altrimenti muori- disse tranquillamente. –Vale per tutti, non solo per loro, là fuori.-

Si alzò e rimise la larga canottiera grigia.
-In fondo, noi siamo il gradino più alto della piramide animale-

-Come non darti ragione … - dissi lavando le mani dal disinfettante e dall’inchiostro. Lui mi venne dietro cingendomi i fianchi.

-Non esiste un essere perfetto, non è semplice trovare un ghoul docile, come non è facile trovare una colomba bianca- mi sussurrò all’orecchio. Accennai un sorriso, al pensiero del suo corpo così vicino al mio.

-Non è facile, ma neanche impossibile- dissi io.

-Questo non l’ho detto, infatti- disse staccandosi e prendendo la camicetta dall’attaccapanni. Salutò con un veloce cenno con la mano e uscì.

Eccomi di nuovo da sola, in quel grande studio, che una volta era un garage.
Mi lasciai cadere sul lettino dei clienti, scostai la luce, guardai il vuoto, in mezzo a quelle 4 mura cosparse di piccole e grandi cornici, delle mie più belle creazioni.
Non avevo proprio voglia di uscire quel giorno, quel tatuaggio mi risultò molto bello, ma anche molto impegnativo. Finii per addormentarmi come tante altre volte, su quel lettino.
   
 
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