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Autore: darthteddy    04/02/2015    0 recensioni
"Quando apro gli occhi il buio incombe ancora una volta sulla mia misera esistenza. La mia stanza è così buia e nell'aria è rimasto l'odore di fumo mischiato alla menta. C'è ancora il suo profumo."
[potrebbe diventare rossa, prossimamente.]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ed Sheeran
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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1. "Crush"

Quando apro gli occhi il buio incombe sulla mia misera esistenza. La serranda è chiusa e la porta anche, tengo la chiave sul comodino. La mia camera è sempre stata un taboo per le persone che mi conoscono, nessuno è mai più entrato nella mia stanza da quando avevo tredici anni. Ho sempre disegnato -cose- e per un po’ di tempo mi chiudevo nel mio mondo di quattro mura perché volevo essere come Rizzo, di Greese, la mia paladina di un tempo. Lei non li avrebbe fatti entrare i suoi in camera. Ma cominciavo ad annoiarmi sempre da sola, così disegnavo ancora e ormai non disegno se non sono sola e chiusa nella mia stanza.
Mi sono appena trasferita a Brighton, in un appartamento dell’università, e la mia paranoia più grande è stata quella di avere una stanza senza la chiave. Già era straziante vivere con la consapevolezza di dover condividere l’appartamento con il primo sconosciuto che, per quanto mi riguarda, potrebbe essere anche figlio della regina, ma io sono una che ha bisogno dei suoi spazi. Insomma, mai sentito parlare di privacy? Quella cara amica che in realtà ci rendiamo conto di non aver mai conosciuto, perché nessuno prima del tempo debito se ne va a vivere da solo nelle isolate lande del nord. Cosa che farò io una volta che mi sarò liberata degli incomodi. Ciò che mi rassicura è il fatto che non sono l’unica pazza che ha deciso di trasferirsi subito dopo il diploma perché no, fondamentalmente non c’era tempo per godersi la vita con tutto ciò che c’era da fare. Molti ragazzi stavano passando le loro giornate di libertà assoluta sotto i grandi olmi verdi che ombreggiavano tutti i giardini, a leggere, a pomiciare disgustosamente o anche solo a parlare.
Se non vi piacciono le persone ciniche beh, state leggendo la persona sbagliata. Sono una a cui l’umanità in generale non è mai andata giù, non che io sia convinta di meritarmi un posto sull’Olimpo e che chi mi ha fatto venir fuori si sia sbagliato a mettermi dove sono, se ci sono ci sarà un motivo. Non mi sopravvaluterei mai pur conoscendo il grado di degrado al quale noi uomini siamo capaci di arrivare.
È un po’ anche per questo che me ne rimango chiusa nella mia stanza il maggior tempo possibile, il resto del tempo lo passo sul divano guardando tristi show televisivi per adolescenti altrettanto tristi maledicendomi di spendere la metà dei miei risparmi in sigarette. Sì, perché se c’è un’altra cosa senza la quale non posso vivere sono le sigarette. Mi odio per questo, sia chiaro; odio dover leggere le avvertenze e sentirmi in colpa, insomma, lasciami fumare in pace sono consapevole dei rischi no?
Lo so che fin’ora la mia vita non è un granché, anzi, fa proprio schifo. Mi rendo anche conto che fino ad ora avrò elencato un milione di cose che odio e solo due che mi piacciono, non so neanche a chi sto raccontando e maledico il giorno in cui quest’affascinante taccuino nero, che mia zia mi ha regalato prima di partire, è entrato a far parte della mia vita.
Sono nella mia nuova casa da due settimane, i miei parenti sono dall’altra parte del mondo e tutto va bene. L’Inghilterra è così diversa dal Sud Korea, beh si, io ho vissuto lì fino ad un paio di settimane fa. Mio zio ha sposato una donna di lì e, essendo lui il mio tutore legale, ho passato con loro la mia infanzia e la mia adolescenza da vera americana fuori luogo. Sarei potuta tornare in America, direte voi, ma in confronto all’Europa, credetemi, il continente degli alci e delle stelle e strisce sembra sputo di cammello. La mia migliore amica, Chaerin*, è coreana e senza di lei probabilmente non saprei neanche lontanamente cos’è un amico. Lo so cosa state pensando: come può una persona così simpatica e meravigliosa come me non avere amici? Semplice. Credo nella selezione naturale.
Mi ricordo di una ragazza nella mia stessa classe al liceo, l’ho odiata dal primo giorno, prima di conoscerla ero consapevole che esistono persone così chiuse di mente, ma mai come lei ne avevo conosciute. Aveva questa strana fissa di dover piacere a tutti per forza, così fece di tutto per avvicinarsi a me. Una volta mi portò persino un cornetto per addolcire la mia esistenza. Se c’è una cosa che odio sono i cornetti. Insomma, niente a che vedere con le ciambelle giusto? Ecco, se mi chiedessero quali sono le due cose che odio di più al mondo voi penserete che non saprei rispondere, invece ho le idee molto chiare. Odio le persone che non sono gentili, per prime. Io mi sono sempre imposta di essere moderata con tutti quelli che dimostrano di essere civili e trattabili, non devo per forza fare amicizia no? Non per questo faccio la stronza acida con chi non se lo merita. Odio i ragazzi, al secondo posto. Si, e non è una scelta casuale credete a me. Se vi state per caso –neanche lontanamente, ne sono consapevole- chiedendo che cosa c’è in terza posizione vi dirò i cornetti… o forse i bambini. I bambini con i cornetti.
Ora sono felice, perché sono nella mia cucina, nel mio appartamento e sto mangiando il mio amato burro d’arachidi a cucchiaiate davanti alla mia tazza di caffé delle sei del pomeriggio.
 
Tutto è andato come doveva andare fino a metà Luglio, quando la mia migliore amica, della quale non riesco proprio a liberarmi, ha deciso di anticipare il suo arrivo così da riuscire a trascinarmi fuori da casa per almeno metà dell’estate. Lei è un po’ così, una a cui piace rovinare le relazioni che non le vanno proprio giù, come quella tra il mio sedere e il mio meraviglioso divano di pelle verde. È l’opposto della mia persona ma è anche tanto simile a me nel suo piccolo.
Così il giorno in cui viene a bussare disperatamente alla mia porta, che è nuova e ci terrei a non distruggerla prima del tempo, non posso lamentarmi. Lei è... così. Una ragazzina minuta e magrolina, di quelle che rimangono bambine per sempre, con dei lunghissimi capelli biondi e dei sottili occhi a mandorla di un azzurro ‘penetrante’.  È una che ci tiene a curare se stessa, non come la sottoscritta, quindi si veste ed esce solo in un certo modo. Rigorosamente truccata con una linea sottile di eyeliner nero sulle palpebre. Mi guarda dalla testa ai piedi, sconcertata, restando ferma sulla porta del mio piccolo angolo di paradiso. Commenta la mia maglietta grigia troppo grande, sgualcita e sporca di vernice. Commenta la mia giacca di pelle nera e i miei jeans neri, non si spreca nemmeno a darmi fuoco alle vans grigie che ho ai piedi. Ma io non l’ascolto e mi ripeto che tutto va bene. Potrei denunciarla per rapimento in teoria ma mi ha promesso di portarmi a prendere il caffé delle cinque –sì, ho un caffé ad ogni ora-.
Come sempre lei parla, parla, parla, fa discorsi complicati con se stessa perché io non le rispondo quasi mai quando sono stanca e mi sento particolarmente pigra ultimamente. Mi racconta di un certo Joe, poi di un tale David e di altri due tizi, ed è lì che smetto di seguirla ufficialmente perché la mia mente è troppo stanca per lavorare altre informazioni.
Alla fine stufa della mia estenuante compagnia mi trascina sotto un olmo e si siede sull’erba appena tagliata: “Sei così loquace” dice infine.
“Tu devi lavorare sul tuo sarcasmo” rispondo alzando un sopracciglio da dietro gli occhiali da sole. Io mi sento offesa quando qualcuno non riesce a fare del buon sarcasmo, insomma, qualche forza superiore ci ha donato una cosa tanto bella e perché rovinarla in questo modo? Poi pensandoci mi rendo conto che il saper fare del sarcasmo è una dote innata, che nel mio caso è anche troppo sviluppata.
“Sono quasi le cinque” dico guardando preoccupata lo schermo del cellulare, perché ho una sola cosa in mente. Il mio caffé. Così la convinco con un’altra dote a mia disposizione, gli occhi dolci da magico cucciolo di unicorno triste, e rientriamo a casa. Ero così felice di ritornare al mio buio, alla mia solitudine e al mio burro d’arachidi, finché non sono inciampata in uno scatolone lasciato proprio in mezzo al salone. Potrei giurare che quello prima non c’era. “Cazzo” urlo sbattendoci in pieno il mignolo del piede subito dopo essermi tolta le vans, sento che ora non ho più nessun peccato da confessare. Sono stata punita a dovere per tutto l’odio che sprigiono, mi sono meritata la tortura del mignolino. Come se l’avessi chiamato una figura fa capolino dal corridoio, è una figura insolita così mi sposto gli occhiali sopra la testa per guardare meglio –sempre massaggiandomi il mio povero mignolino ferito dalla mia stessa crudeltà-.
È una persona, come sono perspicace, che porta degli orribili jeans a vita bassa e una felpa blu e gialla altrettanto brutta. Noto un ciuffo ribelle di capelli rossi spuntare fuori dal cappuccio, tenuto rigorosamente sulla testa.  È un ragazzo. Un maschio. Con un pene, probabilmente. Sento Chaerin che mormora qualcosa come ‘ecco, è finita’ e non posso neanche fulminarla con lo sguardo perché primo, sono girata di spalle, e secondo c’è un maschio nel mio appartamento.
“Wow” commentò lui stupito. Aveva la voce fastidiosa, ecco, l’incubo dell’incubo. Come sarei sopravvissuta? Ero ancora in tempo per scappare in un continente lontano? “A giudicare da ciò che c’è nel frigo mi aspettavo un ragazzo come coinquilino”. Non potrebbe andare peggio: Maschio, con la voce fastidiosa e non gli piace neanche la birra... deduco, così. Quella c'è nel mio frigo. Basta.
“Tu lo sei” sospiro. Nella mia mente lo sto insultando dicendogli che lui è effettivamente un ragazzo, ma lui non lo sa, io lo so e voi lo sapete. Avete capito no?
“Caspita, si è fatto tardi” dice Chaerin. Maledetta, non puoi abbandonarmi ora in quello che sta per diventare il giorno più brutto e sfortunato in tutta la mia vita. Lei sa. Sa che me la pagherà carissima questa, perché quale amico ti abbandona proprio nel momento in cui stai affogando? Fatta eccezione per Rose e Jack in Titanic, ovviamente. “Ci sentiamo più tardi” si rivolge prima a me “addio” a lui. Simpatica. La uccido appena la rivedo, giuro, a costo di finire in prigione per il resto della vita. Così alzo di nuovo lo sguardo sul tizio sconosciuto.
“Sono Ed… comunque” si presenta. Perché mi guarda in modo strano? Perché mi guarda? Non guardarmi essere sconosciuto. Dopo averci pensato su altri due minuti mi ricordo che posso anche smetterla di massaggiarmi il piede. Oddio e se fosse feticista? Potrebbe aver pensato che io gli stia mandando qualche messaggio subliminale strano e perverso, non so mica come ragionano i ragazzi.
“E io ho perso un dito… Ed” dico sprezzante posando la mia giacca di pelle sul divano, prendo le sigarette e me ne accendo velocemente una.
“Devo chiamarti Hopersoundito?” chiede seguendomi in cucina mentre metto la moka sui fornelli. Respiro profondamente, preparo il più finto dei sorrisi e mi giro a guardarlo intensamente.
“No” butto fuori alla fine “Ho un nome”

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 ehilà,
allora ehm... è la mia prima FF in assoluto.
sono timida quindi niente ahahah, fatemi sapere se volete che cambi qualcosa o se vi piace o se volete unirvi a me per il caffé delle 22.30
quello che volete insomma.

*Chaerin non è mia, sarebbe questa creatura meravigliosa qui:


all'inizio avevo pensato "si, okay, la migliore amica me la invento" ma poi mi sono detta "ma mi serve qualcuno cazzuto..." e più cazzuto della signorina Lee Chaerin.
Se non la conoscete... eh vabbe è una pazza. Se la conoscete... amiamoci. Ora.


Okay beh, adios.
-DT
   
 
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