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Autore: Blu_Polaris    05/02/2015    4 recensioni
Tito è un topolino con il sogno di volare e l' incubo di essere braccato dal Gufo. Tutto cambia quando, dopo una disavventura, incontra Diana, una meravigliosa gazza ladra che non sa volare ...
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Capitolo 1 – so cosa provi


Il pino.
Grande e grosso, con il vento a scompigliarne la chioma; l’odore dolce di linfa e l’incredibile potenza del suo tronco.
Da quanto tempo era lì? Oh, molto. Sicuramente prima che gli uomini costruissero i casolari, ora abbandonati; prima ancora che il bosco fosse recintato; prima del torrente, della valle o del Gufo. Era vecchio, forse antico, eppure lui sapeva e scrutava silenzioso. Era bello, magnifico e lui lo sognava, ogni sera, di continuo …
 
 Il sole filtrava tra gli alberi creando isole di luce che rendevano i fili d’ erba più luminosi del solito. La Sentinella si levò sulle piccole zampette, guardò a destra, a sinistra e poi annusò l’aria: fresca di pioggia, limpida, che portava con se mille odori lontani. La Sentinella squittì e molti topolini iniziarono a correre di qua e di la; nell’erba alta.
Tito era proprio un piccolo topolino, lungo meno di un dito, con due occhietti luminosi e vispi che spiccavano nel pelo marroncino. Non era forte, non era neanche molto veloce ma lui e suo fratello Ezio erano affamati più del solito. Così, quel bel mattino, uscirono veloci e corsero a cercare un po’ di cibo.
Ezio era un topo grande, grosso e grigio; abituato a correre nelle praterie e già molto abituato a sfuggire al Gufo.
I due fratelli percorsero il boschetto fino a un piccolo cespuglio di mirtilli e mangiarono.
Tito non era proprio nessuno all’ interno della colonia ma, al contrario di tutti coloro che vi vivevano, Tito era speciale.
«Che noia» disse con il musino baffuto rivolto al cielo.
«Noia? Cosa c’è di meglio che poter mangiare a sazietà?» chiese il fratello ma Tito non gli rispose, incantato a guardare un bellissimo Uccello di Metallo che divideva il cielo in due con la sua scia.
«Ci sono tante cose più belle di mangiare, sai! Guarda, Ezio!» e indicò nel cielo il grosso oggetto «Gli uomini sanno divertirsi! Vedi, hanno imparato pure a volare! Quanto vorrei saperlo fare!».
Ezio iniziò a ridere di gusto, mai un topo avrebbe fatto una cosa tale con il Gufo nei dintorni ma Ezio era sprezzante del pericolo più di chiunque altro. «Volare? TU!?Con quel corpicino così esile e quelle zampette così minuscole? Precipiteresti anche solo a pensarci!».
«Sei sempre così simpatico?».
Ezio e Tito erano inseparabili, le loro vite erano legate più di chiunque altra nel bosco intero. Se il piccolo ed innocente Tito finiva nei guai c’era Ezio e se lui aveva bisogno di un consiglio o un suggerimento appariva, quasi magicamente, Tito.
Stettero lì a mangiare per tutta la giornata, preoccupandosi di osservare intorno a loro (più volte si nascosero o si spostarono per evitare dei serpenti e una volpe). Quando il sole toccò la cima della collina Ezio iniziò ad agitarsi.
«Dobbiamo andare, Tito! Sta per calare la notte e il Gufo si sveglierà».
Il Gufo era enorme, dalle ali scure e dagl’ occhi arancioni; tutti temevano i suoi artigli e chiunque finiva nelle sue grinfie non faceva più ritorno. Tito aveva sognato molte volte di poter esplorare il bosco senza paura di essere braccato ma le poche volte che era riuscito ad uscire dalla tana con Ezio era sempre costretto a rimanere attento e all’ erta. Così, da quando era nato, tutto era precisamente organizzato e pieno di divieti.
Riuscirono a correre fino al piccolo buco nel terreno, poco più sopra del torrente e molto lontano dalla grande recinsione.
«Tutto bene?» chiese la loro madre, vedendoli rientrare di tutta fretta.
«Diciamo che Tito corre molto più piano di quanto immaginassi!» spiegò Ezio ma la madre aveva già iniziato a pulire il più piccolo dei due dalla polvere.
«L’ importante è che adesso siete qui, miei piccoli esploratori. Forza, a dormire!».
I due fratelli si sistemarono nel buco più piccolo che trovarono, uno stretto all’ altro, con un po’ di paura dell’incombente ululato del vento.
«Ezio?».
«Sì, Tito»
«Domani voglio salire in cima al grande pino, voglio farlo!» disse sistemandosi affianco del fratello, grande almeno due volte lui.
«COSA!? E perché?».
«Voglio vedere quant’è grande il bosco, voglio sapere dove sono i grandi alberi e cosa c’è oltre la recinsione!».
«Non credo che sia il caso che tu …»
«TI prego! Voglio vedere!»
«Tito, curiosare e esplorare non credo sia una cosa così positiva, sai? Di giorno il Gufo non è poi così pericoloso ma ci sono le volpi, i serpenti, le donnole, le frane accidentali, le piante carnivore, uomini, vicini rompiscatole…» disse elencandole sulle dita delle zampette.
«TI prego! PORTAMI!» i piccoli occhietti di Tito si posarono sul fratello, la poca luce che proveniva dalla tana gli permetteva di vederne lo sguardo supplichevole e adorabile.
«OH! Va bene! Ma dovremmo chiedere prima a Mamma. Adesso, dormi!».
«Sì! CHE BELLO!» esclamò portando il piccolo corpicino a stare attaccato al ventre del fratello.
«Guarda che non è un sì, Tito!».

«NO! ASSOLUTAMENTE NO!» disse la madre dei due topolini sentendo la proposta di andare vicino al pino.
«Mamma, Tito starà con me, lo guarderò io! Promesso!!»
«Non mi preoccupo solo per Tito ma anche per te! Ezio salire lì su è pericoloso, è come mettersi in bocca a un predatore. A questo punto fai come le volpi! Dipingiti di rosso così vedremo se un cacciatore non ti spara!».
«Mamma, nessun cacciatore sparerebbe a un topo!».
«Non è questo il punto! Ho detto di NO!».
I due parlarono così per molto tempo, fino a quando all’ improvviso Ezio non entrò nella piccola buca dove dormivano e con un sorriso enorme, che faceva notare il dente sinistro scheggiato, fece di sì con il capo.
Il grande pino sorgeva gigante, maestoso come pochi alberi sapevano essere, i suoi aghi e il suo maestoso odore erano riconoscibili da tutto il bosco, chi si perdeva utilizzava l’odore e la presenza del mastodontico albero per orientarsi. Il pino risiedeva sopra la collina, bello ritto a godersi il sole.
Tito corse velocemente, felice di poter vedere il meraviglioso mondo che lo circondava. Appena arrivò all’ albero rimase sbalordito: gigantesco, più di quanto immaginasse nei suoi sogni più strani.
«Com’ è grande!» disse con il naso all’ insù e gli occhi luminosi.
«Non l’avevi mai visto?» chiese Ezio, arrivando pian piano.
«NO! Non da così vicino … Ma quant’è alto?».
«Abbastanza»
«Abbastanza per cosa?»
«Per essere visto dall’ intero bosco …sai, si dice che sia molto antico, che superi i duecento anni; ha visto le guerre degli uomini e degli animali».
«Davvero?» il fratello annuì.
Con molta calma iniziarono ad arrampicarsi, il tronco fu la parte più difficile per Tito, la corteccia e la linfa rendevano il tutto come una parete di roccia scoscesa, ma a grandezza di topolino. Arrivarono in cima con non poca fatica, sotto gli occhi attoniti di passeri e tortore che avevano il nido nei rami più alti.
Ezio aveva superato il fratello di molto, tanto che il povero piccolo Tito fu costretto a salire quasi del tutto da solo ma era talmente abituato a tutto ciò che non vi fece neanche caso.
«TITO! VIENI!>> esclamò Ezio da un paio di rami più in alto, il piccolo saltellò fino a vedere la schiena del fratello maggiore e lì, incredibilmente bello, c’era il bosco.
Per la loro prima volta, i due fratelli videro qualcosa dall’ alto in basso; videro centinai di conifere, abeti, betulle, ulivi, mimose e persino enormi querce e giganteschi cipressi. Oltre gli alberi, poco lontano, il torrente scorreva solcando la valle in due e costeggiando l’esterno del bosco; ancora più lontano vi era la grande recinsione. I piccoli occhi di Tito videro anche un vecchio casolare e tante, tante altre enormi piante oltre i confini assegnati al bosco.
«Tito?»
«Sì?»
«Ricordi quando dicevi di voler volare?»
«Certo!»
«Adesso capisco cosa volevi dire!».
Attesero e osservarono quell’ enorme mondo verde sino a quando il sole non toccò la collina.

   
 
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