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Autore: RedLolly    05/02/2015    3 recensioni
Mi sembrava passata una vita dall’ultima volta che mi ero sentito libero. Passavo le giornate sui libri, cercando di ingombrare la mente il più possibile per non pensare a mio fratello, quando in realtà era proprio allo scopo di trovare un modo per ricongiungermi a lui che straziavo in quel modo il mio cervello. […] Ero troppo sensibile. Lo sapeva Edward, lo sapevano tutti. Ero sempre stato troppo tenero, troppo molle. Mi lasciavo sbatacchiare a destra e a sinistra come una banderuola dai miei sentimentalismi, e non potevo farci nulla. Le emozioni vincevano sempre contro di me.
Corri, Alphonse, corri… Vieni avanti se vuoi sapere la verità, corri se vuoi ritrovare tuo fratello. Sacrificati al dolore, lasciati straziare e verrai ricompensato.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Titolo: Cuore Giacciato, Anima in Fiamme
Autore:
RedLolly (su EFP), LoLLy_DeAdGirL (sul forum)
Fandom: Fullmetal Alchemist
Tessera ed elementi:

- Tessera: Primavera

- Citazione: “Affondate la lama nella carne di un uomo, ed essi vi ameranno per questo.” (Il Gladiatore)

- Canzone: Soul on Fire (HIM)
Tipologia/Numero di parole: One shot/3218 parole
Personaggi:
Alphonse Elric, Edward Elric
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale
Rating: Arancione
Avvertimenti: Tematiche Delicate, What If?


Introduzione: Mi sembrava passata una vita dall’ultima volta che mi ero sentito libero. Passavo le giornate sui libri, cercando di ingombrare la mente il più possibile per non pensare a mio fratello, quando in realtà era proprio allo scopo di trovare un modo per ricongiungermi a lui che straziavo in quel modo il mio cervello. […]Ero troppo sensibile. Lo sapeva Edward, lo sapevano tutti. Ero sempre stato troppo tenero, troppo molle. Mi lasciavo sbatacchiare a destra e a sinistra come una banderuola dai miei sentimentalismi, e non potevo farci nulla. Le emozioni vincevano sempre contro di me.

Corri, Alphonse, corri… Vieni avanti se vuoi sapere la verità, corri se vuoi ritrovare tuo fratello. Sacrificati al dolore, lasciati straziare e verrai ricompensato.

 

Note dell'autore: Ho deciso di ambientare questa fan fiction, molti anni dopo la fine dell’anime del 2003, senza però tenere conto del lungometraggio “Il conquistatore di Shamballa” del 2005, e difatti si presenta come un finale alternativo alla vicenda.

Ho deciso di impostare la storia come un ipotetico racconto narrato in prima persona da Alphonse, ad un ipotetico interlocutore esterno, in quanto desideravo soffermarmi molto sull’introspezione del personaggio. Ho cercato di concentrarmi molto sulla descrizione delle sue emozioni e sensazioni, piuttosto che sull’azione. Ho privilegiato molto i momenti descrittivi, mentre la narrazione delle azioni è ridotta al minimo indispensabile. Ho utilizzato un lessico per lo più ricercato e “pesante, dato l’argomento trattato, intercalato da termini più gergali (come schiantare, caracollare, eccetera) e che a mio parere sono quasi onomatopeici, per rendere molto vivide le sensazioni descritte da Alphonse.

Per quanto riguarda la canzone mi sono concentrata sui alcuni passaggi delle strofe e del ritornello (We are like the living dead/Sacrificing all we have/For a frozen heart and soul on fire), oltre al fatto che ascoltando la canzone ad occhi chiusi mi sentivo ispirata da sensazioni di freddo intenso. In questo modo ho creato la dualità primavera/inverno che si ripete nel testo come la frase For a frozen heart and soul on fire che da il nome anche al titolo. 

 

Partecipante al Mahjong Contest - III° Edizione indetto da My Pride.

 

(Altre note a fine fan fiction)

 

 

 

 

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C’erano fiori attorno a me.

Tanti, tantissimi fiori, fiori di primavera, fiori di ciliegio che ondeggiavano al tocco di una brezza tiepida. Era una giornata così bella, mi sentivo avvolto da un leggero torpore, e avevo voglia di chiudere gli occhi e di buttarmi per terra, per poi lambire con le dita l’erbetta soffice. Quella prateria era un paradiso, sarei potuto rimanere lì per ore a bearmi di tutta quella bellezza.

Mi sembrava quasi di sentire una voce che sussurrava dolcemente nel vento, e le sue parole erano latte e miele per me.

 

 

 

Alphonse… Alphonse, rimani qui con noi…

 

Sì, rimango… Voglio vivere qui! Vi prego, vento, primavera, accarezzatemi e lenite le mie ferite…

 

 

 

Camminavo lentamente, sorridendo estasiato, fino a che non trovai un alberello che per un qualche motivo sconosciuto mi piaceva più di tutti gli altri. Mi ci sedetti lentamente sotto e posai le mani sul terriccio.

Era da tempo che non mi sentivo così… Ero in pace con me stesso, tranquillo, senza pensieri. Non avevo in mano nessun libro di alchimia, finalmente avevo la testa vuota, senza formule, disegni, principi né teoremi… Mi sembrava passata una vita dall’ultima volta che mi ero sentito libero. Passavo le giornate sui libri, cercando di ingombrare la mente il più possibile per non pensare a mio fratello, quando in realtà era proprio allo scopo di trovare un modo per ricongiungermi a lui che straziavo in quel modo il mio cervello.

Mi venne in mente di mandare tutto all’aria. In realtà, lo avevo già pensato tante volte, ma qualcosa me l’aveva impedito, probabilmente il senso di colpa. Non potevo sopporta l’idea di dimenticare del tutto Edward, dato che già gran parte dei miei ricordi relativi alla nostra adolescenza erano spariti. Certo, mi erano stati raccontati, eppure non era la stessa cosa. Mio fratello rischiava di diventare una figura lontana, indistinta, che apparteneva più al mito che alla realtà.

Era per questo motivo che non potevo permettermi di abbandonare i miei studi sull’alchimia, su quel maledetto Scambio Equivalente che mi tormentava. L’avevo fatto per lui, e dovevo continuare…

Alzai piano gli occhi verso il cielo limpido. Era proprio una giornata meravigliosa, eppure io avvertivo comunque quella spina conficcata in fondo al mio cuore. Faceva male.

Iniziai a percepire una sensazione sgradevole, che mi costrinse ad alzarmi in piedi. Non era possibile avvertire un malessere del genere in quel paradiso colorato, era inspiegabile.

Ero troppo sensibile. Lo sapeva Edward, lo sapevano tutti. Ero sempre stato troppo tenero, troppo molle. Mi lasciavo sbatacchiare a destra e a sinistra come una banderuola dai miei sentimentalismi, e non potevo farci nulla. Le emozioni vincevano sempre contro di me.

 

 

 

Corri, Alphonse, corri…

Vieni avanti se vuoi sapere la verità, corri se vuoi ritrovare tuo fratello.

Sacrificati al dolore, lasciati straziare e verrai ricompensato.

 

 

 

Iniziai a correre senza curarmi della bellezza che mi sfrecciava attorno, animato da una brillante fiamma vitale. Non sapevo dove andare, non sapevo cosa mi stesse attirando fuori da quella radura alberata che avrebbe potuto proteggermi. Se fossi rimasto lì, avrei potuto crogiolarmi in un ingenuo benessere, ma Edward era troppo importante. Per lui mi sarei anche fatto scorticare vivo, e avrei dimostrato che io, Alphonse Elric, non ero solo uno sciocco sognatore, troppo sensibile per combattere, adatto solo a piegare la schiena sui libri.  

Corsi, corsi senza curarmi di nulla. Gli alberi sparivano intorno a me, e mi sembrava di sentire più freddo. Non mi interessava, dovevo trovare Edward. Continuai il mio cammino, attirato da un’invisibile fiammella di speranza. I miei occhi erano umidi per lo sforzo. Il cielo pian piano divenne grigio, e man mano che avanzavo piccoli fiocchi di neve iniziarono a cadere mollemente dalle nuvole che avevano oscurato il cielo. Era strano quel cambiamento, ma non era il momento per porsi delle domande. La razionalità non mi apparteneva più. Magari ero morto e stavo arrivando all’Inferno, magari stavo solo sognando, forse ero allucinato dall’alcool, anche se non era mia abitudine bere fino a svenire. Quando stavo male preferivo rifugiarmi nei miei testi e nella ricerca.

Corsi, fino a che le gambe diventarono rigide per il gelo che mi entrava fin dentro le ossa. La mia vista era annebbiata, le lacrime mi colavano senza controllo sulle guance segnandole con una linea tiepida.

Non era più primavera, ora era inverno, un inverno gelido, che poteva distruggermi da un momento all’altro, perché io ero un uomo debole e sensibile, non come Edward. Lui sì che aveva il fuoco nell’anima… La timida fiamma, che invece mi aveva accompagnato fino lì brillando nel mio petto sembrava essersi spenta, eppure io non vedevo mio fratello. Avrebbe dovuto portarmi da lui, e mi aveva abbandonato.

Mi fermai, completamente intirizzito e tremante. I miei visceri stavano congelando, i piedi non li sentivo nemmeno più. Edward doveva essere lì o niente di tutto quello che stavo passando avrebbe avuto senso. Mi guardai attorno: vidi un cielo grigio e la neve bianca che cadeva lentamente attorno a me.

Osservai meglio provando a ricacciare indietro le lacrime, tentando di riaccendere quel piccolo fuoco che sembrava essere la mia unica possibilità.

Fu allora che li vidi.

C’erano delle figure più avanti, le scorgevo nere ed indistinte, ma c’erano, immobili ed eteree. Con la speranza che di nuovo riempiva il mio cuore, ripresi a camminare. Finalmente l’ombra di un sorriso stanco increspava le mie labbra.

Avanzai ancora, poco importava il dolore che sentivo. Era come se l’inverno mi stesse staccando lentamente la carne dalle ossa... 

La mia gioia però si spense subito, appena fui abbastanza vicino da poterli vedere meglio. Ero arrivato a poca distanza da loro, e mi fermai, guardandomi attorno nervosamente. Sentivo pulsare le arterie alla base del collo per la tensione.

Erano persone, indubbiamente, tuttavia c’era qualcosa che non andava in loro. Avevano la pelle grigia, secca, e mi scrutavano fin nell’anima con le loro orbite vuote. Erano poi stranamente alti, e ondeggiavano appena, come se stessero fluttuando, mentre i loro pied erano sepolti da quello che ormai era diventato uno strato di neve spesso. Alcuni erano completamente nudi, talmente magri che le costole e lo sterno sporgevano sotto la pelle sottile e incartapecorita, altri al contrario avevano divise militari che io non avevo mai visto, altri avevano abiti più comuni.

Erano solo anime vuote, impalpabili, inerti, e più le guardavo e più sentivo il ghiaccio farsi strada dolorosamente nel mio petto.

Avrei dovuto scappare, perché la paura iniziò ad insinuarsi dentro di me. Le mie gambe tremavano vistosamente, eppure combattevo con tutto me stesso per non fuggire via come un coniglio. 

Non dovevo comportarmi così, dovevo essere forte.

Ingoiai il grosso nodo che mi aveva bloccato la gola e guardai dritto di fronte a me per un tempo indefinito. Nessuna di quelle figure si muoveva, ma restavano immobili, i loro sguardi fissi e vuoti che parevano poter leggere nel mio inconscio più intimo.

Aspettai. Sarebbe arrivato, ne ero certo, Edward era lì da qualche parte, fra di loro. Il mio stomaco era diventato un blocco di pietra per colpa dell’apprensione che provavo. Quell’attesa divenne quasi insopportabile, ma io ce la feci a resistere. Ero talmente risoluto in quel momento che riuscii a raggiungere il mio obiettivo, anche se il tormento era stato lancinante.   

 

 

                                                               

Lasciati straziare e verrai ricompensato.

 

 

 

Edward Elric, il mio fratello adorato, colui che per me aveva sacrificato tutto, comparve a pochi metri da me, facendosi spazio tra gli altri esseri che al suo passaggio non avevano alcuna reazione.

Si fermò appena fu uscito fuori da quella calca infernale, esaminandomi da capo a piedi con i suoi occhi dorati. Era il ragazzo che appariva in tutte le foto che custodivo gelosamente nella scatola che stava sotto il mio letto. Non sembrava cambiato per niente, e mentre io ero diventato un adulto, quello che avevo davanti era rimasto l’adolescente di cui non avevo più ricordi. Il mio cuore traboccava di gioia, eppure non riuscivo a spostarmi a causa del freddo. Volevo abbracciarlo, eppure facevo fatica a muovere ogni muscolo. Ogni gesto mi causava una sofferenza fisica insopportabile. Edward sembrava non risentire di quella temperatura polare, la sua pelle era rosea, le mie mani erano livide.

Nii-san…”

Non ottenni risposta a quella che per me era una supplica tra le lacrime, sussurrata con un filo di voce.

Finalmente ti ho trovato… Sapevo che ce l’avrei fatta…”

Per la seconda volta mio fratello non proferì parola, e per me fu una pugnalata. Avanzai di un passo verso di lui, con uno sforzo immane. Doveva essere una situazione alquanto ironica, dato che mi era stato raccontato che la mia anima era stata per anni chiusa in una pesante armatura, e riuscivo a muoverla senza difficoltà, mentre in quel momento faticavo a spostarmi.

Nii-san… Non sei felice di vedermi? Alla fine hai visto che ho mantenuto la promessa? Ti ho trovato, non mi sono mai stancato di cercarti… Anche se adesso siamo morti… Questo posto… Ti prego… Dimmi almeno se siamo all’Inferno!”

Sì, siamo all’Inferno.”

La sua voce era affilata come una lama di rasoio. Era così triste, così come il suo sguardo. Aveva gli stessi occhi di quando era morta la mamma…

Ti prego… Non fare così… Siamo insieme, no? Cosa ti importa? Anche all’Inferno, anche se questa neve ci torturerà per sempre, Nii-san…”

 

 

 

Uccidilo! Uccidilo, e ti dimenticherai di lui!

 

 

 

Non capisci, Al… Ti ho cercato anche io con tutto me stesso, ma… Ora è inutile. Lascia perdere.”

 “Ma perché dici così? Siamo insieme, siamo insieme!” ripetei gridando con la voce che mi si strozzava in gola “Non ti lascerò andare via! Non lo farò mai!”

 

 

 

Uccidilo, e noi ti ameremo! Non vuoi far tornare la primavera, Alphonse Elric?

Uccidi tuo fratello, e ti onoreremo succhiando via il dolore dalle tue ferite… 

 

 

 

Quella voce che prima mi aveva accompagnato fino lì, improvvisamente era mutata, e mi trapanava il cranio per convincermi ad obbedire. Non mi sentivo lucido, più cercavo di resisterle e più il dolore si faceva insopportabile. Mi strappava i muscoli, mi schiantava le ossa, mi sviscerava, mi faceva esplodere la testa, eppure io non volevo più ascoltarla. Erano quelle anime dannate a parlare? Erano dei demoni? Non mi interessava la risposta a quella domanda, non avrei compiaciuto quei feroci osservatori per nessun motivo al mondo. Non avrei dimenticato Edward, il mio unico desiderio era quello di stare accanto a lui. Non avrei rinnegato il mio salvatore, non sarei stato così debole, anche se era lui stesso a chiedermelo! Lui la sua promessa l’aveva mantenuta, mi aveva restituito il corpo che avevo perso, e adesso toccava a me.

Sollevai appena la mano destra, con il palmo rivolto verso l’alto, verso la sua figura, che continuava a fissarmi, scuro in volto, come se riuscisse a trattenere a stento il risentimento che provava nei miei confronti a causa del mio diniego.

Intorno a noi, le anime avevano iniziato a oscillare, agitate. Non mi importava, perché non le avrei soddisfatte, non avrei aggredito mio fratello per nessun motivo.

Vieni con me, Nii-san…” lo implorai di nuovo “Dammi la mano e staremo insieme!”

Non voglio che tu stia qui! Io volevo solo avvertirti! Non doveva finire così!”

A quel punto era stato Edward ad urlare verso di me. Ne avvertii con emozione l’energia, il calore che una volta era sempre al mio fianco e che con quel grido stizzito mi aveva infiammato.

Vattene, Al! Uccidimi, dimenticami! Ma non capisci che voglio solo proteggerti? Fai quello che ti dico, lo sai che ho sempre ragione! Mi devi ascoltare, fidati di me! Non mi cercare più!”

Era proprio l’Edward che mi ricordavo, impetuoso, energico, pieno di fiducia in sé stesso. Io non potevo fare altro che sorridergli, beandomi di quella sua furia che mi scaldava tra la neve. Lui era diverso da tutti quegli altri morti viventi, me ne rendevo conto da solo. Era un anima in fiamme in quel cuore ghiacciato, quell’inverno infernale che ci aveva intrappolati.

Anche se mio fratello continuava a tempestare, io non abbassai la mano. Al contrario, mi accostai a lui con un primo passo, e poi un secondo, e man mano iniziai ad avanzare più velocemente. Più mi avvicinavo e più stavo bene, la neve mi feriva sempre meno violentemente. Lui era caldo, e io dentro di me sentivo un vuoto che solo Ed poteva colmare.

No… Al, ti prego…”

 

 

 

Uccidilo… Saziaci con la sua carne e noi ti ameremo fino a consumarti…

 

 

 

Sono così felice di poterti finalmente riabbracciare…”

Non ascoltavo più nessuno ormai, né lui, né le anime che bramavano il suo sangue.

Edward mi rifiutava a parole, tuttavia stava fermo. Forse anche io ero un’anima calda, e quindi lo attiravo, o forse era semplicemente anche lui felice di stare con me tanto quanto lo ero io.

Al… Sei l’unico fratello che ho… Non farlo… Ti ho già condannato una volta a causa dei miei peccati…”

E io ho scelto di seguirti…”

Lo abbracciai forte, le mie braccia strinsero quel corpo di ragazzo come se volessi fondermi con lui. La ferita che da anni lacerava la mia anima si richiuse, e mi sentii in pace, finalmente. Non avevo più freddo, sorridevo. Le lacrime che colavano sulle mie guance erano di gioia. Avevo ritrovato la mia famiglia in quel deserto di ghiaccio, e noi eravamo caldi. Due anime di fuoco.

Ti voglio così bene, Nii-san…”

 

 

 

 

hhh

 

 

 

 

Fuoco.

C’era fuoco, dappertutto! La mia pelle si scioglieva, i miei organi bruciavano!

Aprii gli occhi mentre mi dimenavo nel letto, e solo allora mi accorsi di cosa mi era capitato. Non ero più in una prateria primaverile, né in mezzo al gelo circondato da volti funerei, che mi chiedevano, anzi, mi imploravano di uccidere mio fratello. Mi ritrovavo semplicemente nel mio letto, le coperte sfatte buttate sul pavimento della piccola stanza che avevo preso in affitto a Central City.

I miei occhi erano sbarrati nel buio, il mio pigiama era completamente fradicio di sudore, appiccicato alla pelle.

Avevo sognato… Lo ripetei più volte a me stesso con un filo di voce. Il sogno era stato così reale, diverso da tutti quelli che avevo fatto fino a quel momento. Avevo avuto davvero freddo, avevo provato davvero un dolore straziante, avevo davvero avvertito il calore del corpo di Edward. Le sensazioni e le emozioni che avevo sperimentato mi avevano sconvolto.

Mi alzai lentamente a sedere, e mi passai una mano tremante tra i capelli umidi, per riordinare le idee. La mia vista si stava pian piano abituando all’oscurità resa parziale da una lama di luce lunare che filtrava da una finestra.

Perché avevo fatto un sogno tanto vivido? Aveva un qualche significato?

Ero indeciso sulle risposte che avrei potuto dare a quelle domande, ma più ci pensavo e più avvertivo il bisogno impellente di aprire la piccola scatola che custodivo con grande cura sotto il letto.

Caracollai per terra ansimando. Il suono del mio respiro affannato era forte come lo sbuffo di un treno nel silenzio della notte. Arrancai tra le coperte che avevo buttato alla rinfusa e allungai la mano verso il tesoro che nascondevo gelosamente. Tirai fuori il piccolo contenitore di legno, e subito mi sentii rassicurato, anche se il mio cuore batteva forte di trepidazione. Lo aprii con solennità.

Lì dentro preservavo i miei ricordi più cari: un pacchetto con dentro circa una ventina di fotografie di varie dimensioni, legate da un nastrino, che sciolsi con dita impacciate. I miei movimenti erano maldestri e ansiosi…

Il bagliore lunare mi permetteva di distinguere abbastanza bene i soggetti che conoscevo a memoria. Era tutto ciò che mi rimaneva di lui…

In una eravamo tutti insieme, due bambini nelle braccia dei nostri genitori. Mamma era raggiante e bellissima, l’angolo con la faccia di papà era stato strappato via da mio fratello. Io non ero mai riuscito ad odiare papà… Lui invece lo detestava, perché se ne era andato, aveva trascurato la sua famiglia… Non era nemmeno venuto al funerale di nostra madre…

In un'altra fotografia eravamo con Winry, nel periodo più bello e spensierato della nostra vita.

Poi ce n’era una con solo Edward, quando era diventato Alchimista di Stato. Da qui iniziavano le foto di cui io non serbavo alcun ricordo.

Quello era l’unico modo che avevo per sapere come era diventato, com’erano le sue fattezze prima di abbandonarmi. Era stato quello il prezzo che aveva pagato per restituirmi il mio corpo, un corpo a cui avrei rinunciato definitivamente se solo avessi saputo che in cambio avrei dovuto dare il mio adorato fratello... Mi aggrappavo con tutto me stesso a quelle poche fotografie, al ragazzo con l’anima in fiamme che avevo appena stretto a me in quello strano viaggio onirico.

Le lacrime mi rigarono il viso.

Forse avevo capito che cosa avrei dovuto fare. Era fin troppo evidente, ma l’ultimo barlume di razionalità che mi era rimasto fino a quel momento mi aveva impedito di compiere un tale gesto. Forse l’avevo sempre saputo, e incontrare Edward mi aveva reso realmente cosciente di cosa avrei dovuto fare davvero per rivederlo. Del resto, si trattava di uno scambio equivalente, e io l’alchimia l’avevo studiata per anni dopo essere diventato Alchimista di Stato.

Fino a quel momento mi ero preoccupato di non fare alcun rumore, ma non riuscii a reggere oltre, e scoppiai in singhiozzi.

 

 

 

Sacrificati al dolore, lasciati straziare e verrai ricompensato.

 

 

 

Avrei sofferto, ma dovevo essere forte, di nuovo. Alla fine, nulla poteva essere peggio del supplizio che avevo provato in tutti quegli anni a causa della mancanza di Edward. Ero stato incapace di farmi una nuova famiglia, le mie amicizie erano lontane, anche se scambiavo molte lettere con Winry o Izumi Curtis…

Mi alzai lentamente e mi guardai attorno.

Nell’appartamento c’era tutto quello che mi serviva.    

 

 

hhh

 

 

 

 

 

Edward Elric (? – 1940) fu filosofo e scienziato, pioniere dalla ricerca missilistica e astronautica. Non esistono notizie certe sul suo passato fino al 1921, dove si trasferì insieme al padre a Monaco di Baviera. Strenuo antinazista, si dichiarò apertamente contrario alle politiche del Terzo Reich, rifiutando di condividere le sue ricerche con gli scienziati del regime. 

Nel gennaio del 1940, riuscì a bruciare tutti i suoi scritti, che andarono irrimediabilmente perduti, appena prima di essere arrestato e deportato nel campo di concentramento di Flossenbürg come prigioniero politico. Giudicato inabile al lavoro a causa della mancanza di un arto e pericoloso per le sue idee antinaziste, fu fucilato immediatamente dopo essere giunto al campo in una notte d’inverno davanti a tutti gli altri prigionieri, come monito. Il corpo fu bruciato in un forno crematorio.

 

Alphonse Elric (1900 – 1933 del calendario continentale di Amestris) fu un Alchimista di Stato di Amestris. Studioso e scrittore, i suoi testi sono tra i più completi e studiati per quanto riguarda l’insegnamento e l’apprendimento dell’alchimia, dalla base ai concetti più complessi e controversi, tra cui la Trasmutazione Umana.

Nel gennaio del 1933 morì in un misterioso incendio che distrusse completamente la sua abitazione a Central City. Non ci furono altre vittime accertate a causa del rogo. Le indagini rivelarono che l’incendio fu molto probabilmente di origine dolosa, appiccato dallo stesso Elric e il caso fu archiviato come suicidio. Chi lo conosceva afferma che l’alchimista manifestava periodicamente degli episodi depressivi, la cui origine era da ricercare nella sparizione avvenuta nel 1915 del fratello Edward a cui era molto legato.   

 

 

 

Il 1940 del calendario gregoriano, corrisponde al 1933 del calendario di Amestris.

 

 

 

 

 

 

 

NdA: Ho cercato di strutturare il sogno di Alphonse come un vero sogno: pensandoci, ci si ritrova nel mezzo delle nostre immagine oniriche senza sapere bene come ci si è arrivati e senza capire che ci si trova effettivamente in un sogno, nonostante quello del protagonista sia decisamente atipico: ho immaginato appunto uno “spazio di incontro” tra lui e Edward appena dopo la morte di quest’ultimo, in modo che finalmente i due potessero reincontrarsi. Ovviamente non c’è un lieto fine: Alphonse ha capito perfettamente che lui e il fratello avrebbero potuto rivedersi solo alla loro morte, nonostante tutti gli sforzi fatti da entrambi per riaprire i varchi tra i due universi paralleli.

La parte finale che descrive in breve la vita di Edward nel nostro mondo è ispirati a fatti realmente accaduti sia al filosofo e teologo Dietrich Bonhoeffer (che fu giustiziato nel campo di Flossenbürg dopo aver tentato una cospirazione ai danni di Adolf Hitler) che allo scienziato Hermann Oberth.

 

 

 

 

 

  
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