Questa
fanfiction partecipa al contest “Glee Big Bang
Italia” organizzato da Flan e
ALanna. Ragazze siete mitiche e vi ringrazio per aver dato vita a
questa
iniziativa :D
- Autore: Lusio
- Titolo: Piccole meteore in una vacanza
dolce amara
- Personaggio (o pairing, se presente):
Kurt Hummel, Blaine Anderson,
Mercedes Jones, Quinn Fabray, Noah Puckerman, Sam Evans, Santana Lopez,
Brittany Pierce, Artie Abrams, Rachel Berry (Pairing: Klaine, Quick,
Brittana,
accenni Samcedes)
- Genere: Commedia, Sentimentale
- Sommario: Blaine invita i ragazzi del
Glee a trascorrere le vacanze
nella casa al mare della sua famiglia. Forse non sarà la
vacanza dei sogni che
tutti si aspettano, complice anche la completa ignoranza di Blaine
sulla gestione
delle funzioni domestiche, tipo luce e acqua, Mercedes non
avrà tanta voglia di
scendere in spiaggia per motivi noti solo a lei, Brittany
avrà dei problemi con
i raggi solari e Puck con qualche ragazzo di troppo intorno a
Quinn… ma sarà la
loro vacanza, giorni di sole, mare e divertimento, vissuti con la
consapevolezza che, forse, tutto questo potrebbe finire.
- Warning/Avvisi (se ritenuti necessari):
Lime
- Wordcount/Stamp: 11.231
Piccole
meteore in una vacanza dolceamara
Quelle
vacanze estive avevano
portato con loro un’aria diversa.
Era
già capitato, gli scorsi
anni, che passassero le vacanze insieme, non tutti insieme, per lo
più in
coppia o in piccoli gruppi; ed erano ancora al liceo.
Quell’anno erano tutti,
ufficialmente, studenti del college o, in alcuni casi, lavoratori, non
più
ragazzini, ma giovani adulti indipendenti, e un mese di tregua dopo
mesi e mesi
di studio, lavoro e di tutti gli altri problemi che sembravano spuntare
fuori,
di punto in bianco, da quando avevano compiuto diciotto anni, adesso
sembrava
una manna dal cielo più preziosa di quanto già
non fosse durante la loro
infanzia. Per dirla come Puck, avrebbero potuto tranquillamente
piazzarsi su
una sdraio nel giardino di casa e restare in uno stato comatoso fino al
mese di
Settembre.
Ma un giorno
si ritrovarono
radunati tutti in una conversazione su facebook creata da Blaine che
metteva a
disposizione la villa al mare dei suoi genitori per un paio di
settimane di
vacanze. All’appello risposero affermativamente quasi tutti,
tranne Tina e
Mike, freschi freschi di rinnovata relazione sentimentale che, per
assecondare
i desideri tradizionalisti della madre di Mike, erano costretti a
passare le
vacanze a Pechino, e Rachel, ancora impegnata con il telefilm a Los
Angeles. A
parte loro tre, tutti gli altri aderirono pieni di entusiasmo; tra
organizzazioni e preparativi, la settimana seguente erano in viaggio,
destinazione: la casa delle vacanze degli Anderson a Cape Cod. A
partecipare ci
sarebbero stati, a parte Blaine e Kurt, anche Mercedes, Artie, Sam,
Quinn,
Puck, Santana e Brittany.
Durante il
viaggio in aereo
dovettero sorbirsi Santana e le sue continue domande sul luogo che
stavano per
raggiungere, sulla villa, sul mare, finanche sul diametro dei granelli
di
sabbia della spiaggia.
- Santana,
mi piacerebbe tanto
darti qualche risposta, ma gli anni passati ero troppo impegnato a
godermi il
sole e il mare per preoccuparmi della consistenza della sabbia
– le disse
Blaine affondando il volto nell’incavo del collo di un Kurt
semiaddormentato sul
sedile accanto.
- Almeno
puoi dirmi quanto hai
sganciato ai tuoi per lasciarti la villa libera per
quest’estate? – chiese
ancora Santana, affacciata allo schienale del posto di Blaine.
- Non ho
dovuto sganciare nulla –
rispose Blaine scocciato – Semplicemente quest’anno
i miei genitori mi hanno
lasciato la casa perché loro sarebbero andati a Parigi, a
conoscere la nuova
fidanzata di Cooper.
A sentire
quella risposta, Kurt,
animato dal suo lato “amante del gossip”, si
riscosse dal suo torpore
spalancando tanto d’orecchi per sentire questa
novità – Non mi avevi detto che
Cooper si era fidanzato – disse a Blaine.
- Non te
l’ho detto nemmeno le
ultime sette volte, per non parlare delle quattro precedenti prima che
ci
conoscessimo – rispose il ragazzo con una alzata di spalle
– Ormai è una
routine questa storia di Cooper e delle sue
“fidanzate”. Io e mio padre, questa
volta, abbiamo scommesso che non durerà più di
due settimane.
- Blaine, ma
vergognati! –
esclamò Kurt sconvolto – Cosa direbbe tua madre se
sapesse che tu e tuo padre
scommettete sulla vita privata di tuo fratello?
- Oh, lei ha
detto che non durerà
nemmeno una settimana – rispose Blaine con una risatina.
- Ok, fine
della telenovela – si
intromise nuovamente Santana – Ritornando a noi, Anderson,
questa villa è
dotata di una parabola satellitare sintonizzata sui canali MTV?
- Mi avvalgo
della facoltà di
“sospendere l’intervista” fino a quando
non saremo arrivati – la liquidò Blaine
tornando a coricarsi sulla spalla del suo ragazzo.
Dopo il
viaggio in aereo e un
breve tragitto in navetta, il gruppo raggiunse finalmente la casa delle
vacanze
degli Anderson: una villetta moderna a due piani, circondata da un
ampio
giardino, delle pareti a vetro che mostravano quello che doveva essere
il
salotto; ma l’interno era quanto di più sobrio ci
si potesse aspettare, con
mobili moderni in legno, cucina completa di tutto, salotto ampio con
divano
letto a due piazze e televisore e un bagno, al piano superiore una
stanza da
letto matrimoniale, altre due camere da letto e un secondo bagno.
- Tutto qui?
– fu il commento di
Santana che si guadagnò un’occhiata stupita da
parte di tutti, tranne Blaine
che aveva alzato gli occhi al cielo, esasperato, e Brittany, troppo
impegnata a
guardarsi intorno come una bambina in un parco di divertimenti
– Dove sono la
piscina, le lampade abbronzanti e il bancone bar?
- Santana,
non ci sono piscine,
lampade abbronzanti e banconi bar – disse Blaine –
E’ una casa delle vacanze
sul mare. Non siamo i Rockefeller.
- Ok,
tregua! – esclamò Sam lasciando
cadere, in maniera rumorosa, il suo bagaglio – Allora, Blaine
come ci
sistemiamo per le camere?
- Credo che
questa casa non sia
provvista di pedane per disabili, vero? – disse Artie con la
serena
rassegnazione che usava quando si ritrovava ad accennare al suo
handicap
fisico.
- Se non ti
scocci, Artie – li
rispose Blaine, leggermente a disagio – potresti dormire sul
divano letto qui in
salotto.
-
Perché dovrebbe scocciarmi? –
replicò Artie – Mi becco il posto letto davanti al
televisore, sono vicinissimo
alla cucina, cosa potrei chiedere di più?
- Bene
– continuò Blaine,
sollevato – Allora, al piano di sopra abbiamo due stanze da
letto, ognuna con
due letti e un lettino pieghevole quindi, dividendovi in due gruppetti,
siete
tutti sistemati; possiamo spostare uno dei letti pieghevoli in una
stanza così
le ragazze potranno sistemarsi tutte insieme mentre Sam e Puck
dormiranno
nell’altra.
- Blaine, e
noi due? – chiese
Kurt.
- Per noi
due – gli rispose
Blaine sottovoce, facendoglisi più vicino, sulle labbra
l’ombra di un sorriso
malizioso – Per noi due avevo tenuto da parte la stanza
matrimoniale.
- Oh, non
pensarci nemmeno,
Anderson! – saltò su Santana, che aveva
l’udito fine dovuto ad un allenamento
durato quattro anni di cheerleading più dieci di
stronzaggine – Non ho
intenzione di fare la fine della profuga per far stare più
comodi te e il tuo
ragazzo durante le vostre acrobazie sessuali.
- Sentite
– si intromise Sam
mettendosi tra la ragazza infuriata e Kurt e Blaine – Se
è un problema di
posti, io libero un letto e mi sistemo qui in salotto. Artie
– si rivolse al
ragazzo in carrozzella – per te è un fastidio?
- Per niente
– disse Artie –
Anzi, saresti una comodità: non dovrò alzarmi io
per il cibo.
Sam concluse
lanciando un
sorrisetto soddisfatto rivolto a Santana che, però, lo
ricambiò con una smorfia
che trasudava sarcasmo come materia ectoplasmatica dalle pareti della
casa del
112 Ocean Avenue di Amityville.
Subito Puck
afferrò Quinn per la
vita e, posando un veloce bacio sul collo inondato di capelli biondi
della
ragazza sorridente, disse – Ho trovato la mia nuova compagna
di stanza.
- Bene,
visto che abbiamo deciso,
io proporrei di andare nelle nostre stanze e sistemarci,
così poi potremo
scendere tutti in spiaggia – disse Kurt riprendendo il suo
trolley e salendo al
piano di sopra seguito dagli altri, tranne Artie e Sam che iniziarono
col
prendere possesso dell’intero piano terra.
Per la
“gioia” di Santana, i
problemi iniziarono nel momento esatto in cui Blaine poggiò
le dita su un
interruttore per illuminare il corridoio; perché le luci non
si accesero.
- Le
lampadine saranno fulminate
– commentò il ragazzo – Strano
però; c’è una signora del posto che,
una volta
ogni mese, viene a fare le pulizie. Chissà perché
ieri non le ha cambiate?
- Si saranno
fulminate durante la
notte – ipotizzò Quinn, avvicinandosi a tentoni
alla porta di una delle stanze
da letto e premendo l’interruttore… per scoprire
che anche le lampadine di
quella stanza non si accendevano – O forse è un
guasto generale.
A quella
nuova scoperta, tutti si
voltarono verso Blaine, con espressioni sconvolte, stupite e, nel caso
di
Santana, sul punto di esplodere dalla rabbia.
- Amico, si
può sapere dove
diavolo ci hai portati? – disse Puck.
Se c’era una cosa
che Blaine non riusciva
proprio a sopportare era non avere il pieno controllo della situazione
e
purtroppo quella catena di contrattempi che si stava facendo, di minuto
in
minuto, più lunga stava mettendo a dura prova la sua calma.
Con una resistenza eccessiva
persino per i suoi standard, Blaine lasciò andare la sua
sacca da viaggio ed
entrò nella stanza aperta da Quinn avanzando nel buio senza
appoggiarsi al muro
o all’armadio, centrando in pieno una sedia, incespicando e
finendo contro la
finestra chiusa. Si ricompose e alzò con compostezza le
tapparelle facendo
entrare la luce del sole nella stanza e illuminando parzialmente il
corridoio.
- Ecco qua!
– disse rivolto al
gruppetto; poterono scorgere la smorfia di dolore, dovuto
all’impatto con la
sedia, che Blaine cercava di nascondere dietro un sorriso tirato
– Adesso, il
problema della luce è risolto, per il momento,
quindi… - non poté continuare
perché dal piano di sotto arrivò la voce di Sam
con quella che, in apparenza,
sembrava una nuova “bella notizia” –
Blaine! Per caso manca l’acqua?
Blaine non
ebbe il coraggio di
chiedere il motivo di quella domanda. Santana non fu dello stesso
avviso.
- Cosa
è successo, bocca di rosa?
– chiese la ragazza affacciandosi alla ringhiera delle scale.
- Sono
andato in bagno per… be’,
capitemi – rispose Sam comparendo sulle scale – E
quando ho tirato lo
sciacquone… l’acqua non è scesa. Ah, vi
sconsiglio di non entrare nel bagno del
piano terra, almeno fino a quando non ci sarà
acqua… capitemi – concluse
storcendo la bocca e il naso in segno di disgusto. Disgusto che
contagiò anche
gli altri.
Blaine
avrebbe voluto
sprofondare, nel vero senso della parola, attraverso il pavimento,
finire al
piano di sotto, salutare Artie, giacché si trovava,
sprofondare di nuovo nel pavimento
e auto-seppellirsi sotto trenta metri di terreno, mettersi in posizione
fetale
e piangere tutto le lacrime di frustrazione che aveva in corpo. Si rese
conto
di aver fatto ancora una volta uno dei suoi esagerati viaggi mentali
quando
vide Kurt alzare la mano verso di lui, indicandogli di mantenere la
calma; le
sue guance arrossate dovevano essere assai eloquenti.
- Questo
è un falso problema –
disse, calmandosi – Sicuramente la chiave delle tubature
sarà chiusa; basterà
riaprirla e avremo l’acqua.
- Sapete una
cosa? – disse
Santana – Mi sono già stancata di questa casa e di
voi. Io adesso mi metto il
costume e scendo in spiaggia sperando, al mio ritorno, di trovare un
luogo
umanamente abitabile – e così dicendo,
trascinò il suo trolley nella stanza illuminata
dal sole proprio in quel momento, lo adagiò sul primo dei
due letti, lo aprì,
ne tirò fuori i due pezzi di un costume rosso e nero molto
provocante “stile
Santana Lopez” – Non preoccupatevi del resto del
bagaglio; me lo sistemerò da
sola al mio ritorno. Fossi in te, Anderson, darei un’occhiata
agli armadi; se
dovessero saltar fuori tarme, resti decomposti di una qualche colf
portoricana
o una satiro del regno di Narnia, potrei arrabbiarmi un bel
po’. Ora, dov’è il
bagno su questo piano? Vorrei cambiarmi senza rischiare di far
rimpiangere a
Sam e a Puck tutto questo ben di Dio – concluse indicando il
suo fisico.
- Aspettami
San – disse Brittany,
trascinando anche lei il suo trolley delle Principesse Disney in camera
–
Voglio venire anch’io con te – e, afferrato il
primo costume che le capitò
sotto mano in quel marasma di roba che vi aveva gettato dentro (il
resto della
comitiva era sicuro di veder spuntare Lord Tubbington, da un momento
all’altro,
da quell’ammasso di panni col respiro affannoso, in cerca di
aria) e seguì
Santana nella direzione indicata da Blaine.
-
Be’, visto che ci siamo – disse
Quinn, timidamente – quasi quasi scenderei in spiaggia
anch’io; ho letto su una
rivista medica che le persone con l’incarnato chiaro devono
iniziare a prendere
il sole da subito per far abituare i pigmenti della pelle.
- Se anche
Artie vuole andare a
sondare il territorio in spiaggia, allora penso di doverlo accompagnare
– si
sentì Sam dalle scale seguito dal – Mi hai letto
nel pensiero – di Artie.
- Io mi
scoccio di restare qui a
risolvere i vostri problemi. Sono in vacanza – disse
semplicemente Puck.
In meno di
un minuto, tutti si
erano defilati per prepararsi, lasciando soli Kurt e Mercedes con un
Blaine
abbacchiato e mortificato.
- Se volete
scendere in spiaggia
anche voi, ragazzi, potete anche farlo – disse il ragazzo
rivolto agli ultimi
due rimasti – Ci penso io qui.
- Senti
Blaine, smettila di dire
sciocchezze – disse Kurt per tutta risposta – Dimmi
dove si trova la nostra
stanza, così poso la mia roba e posso venire ad aiutarti.
Dopo aver
sentito quelle parole,
dette in maniera spiccia, Blaine con un salto coprì la
distanza che lo separava
da Kurt, gli gettò le braccia al collo e lo baciò
tra la guancia e l’orecchio;
Kurt, preso in contropiede dall’attacco di
affettuosità del suo ragazzo, gli
rispose con un’occhiata interrogativa accompagnata da un
sorriso.
- Non mi
stancherò mai di dire
quanto tu sia fantastico e quanto io ti ami – gli
sussurrò Blaine
accarezzandogli il lobo dell’orecchio con le labbra.
- Vedi di
non stancarti mai,
allora – disse Kurt con un’espressione soddisfatta.
- Se avete
finito di tubare – si
intromise educatamente Mercedes – potremo anche metterci
all’opera – e posò il
suo trolley in un angolo della stanza.
- Mercedes,
non ti tratteniamo –
disse Kurt – Se vuoi andare anche tu in spiaggia…
- E
lasciarvi qui a sgobbare da
soli? Scordatelo! – rispose Mercedes, con una fretta un
po’ eccessiva – La
notte non dormirei per il rimorso, a differenza della Banda Festaioli.
E,
sinceramente, non mi fido a lasciarvi da soli; a voi due basta la vista
di un
letto e la certezza di essere da soli per distrarvi. Io conosco i miei
principi
azzurri gay.
- Non
possiamo nasconderti nulla
– replicò Blaine con una risatina imbarazzata.
Dal momento
che si trovavano in
quella che sarebbe stata anche la sua stanza, Mercedes decise di
disfare il suo
trolley per trovarsi già sistemata. Trovandosi accanto a
lei, Kurt buttò un
occhio nel trolley per poter, all’occorrenza, darle una mano,
salvo venire
gentilmente allontanato con un gesto; gli parve di notare
l’assenza di costumi
da bagno. Se fossero stati da soli, avrebbe chiesto alla ragazza se
c’era
qualcosa che non andava, vista la mancanza di costumi e il modo in cui
Mercedes
aveva declinato l’offerta di seguire gli altri in spiaggia;
ma conosceva il
carattere della sua amica abbastanza da capire che non amava discutere
di certe
cose con più persone contemporaneamente. Rimandò,
quindi, il quesito ad un
secondo momento.
Dopo un
po’ videro Santana,
Brittany, Quinn e Puck in tenuta da spiaggia passare davanti alla porta
della
stanza, salutandoli chiassosamente; da basso, Sam e Artie si unirono a
loro e,
dopo che ebbero chiuso la porta alle loro spalle, le voci si sentirono
da fuori
ancora per qualche minuto fino a quando non si persero nel mormorio
lontano
delle onde.
I tre,
rimasti con la casa
libera, iniziarono prima di tutto con l’aprire tutte le
finestre della casa in
modo da far entrare luce e aria, Mercedes tirò anche fuori,
con l’aiuto di
Kurt, il letto pieghevole e vi sistemò delle lenzuola pulite
prese
dall’armadio; e Blaine scese nello scantinato e
aprì le tubature, risolvendo il
problema dell’acqua. L’unico che non
riuscì a risolvere fu quello della luce;
sebbene avesse esaminato, palmo a palmo, ogni angolo della casa, non
riuscì a
trovare nessun interruttore generale.
- Ma come
è possibile che tu non
sappia come riavviare la luce? – chiese Kurt che lo aveva
aiutato in quella
specie di caccia al tesoro.
- Il fatto
è che ci pensava mio
padre… credo – rispose Blaine - … non
ricordo… a dire la verità, appena
arrivavamo, io mi fiondavo in spiaggia – col senno di poi,
pensò il ragazzo,
non era stato per niente d’aiuto alla sua crescita a livello
di competenze
tecniche; si chiese, per un momento, se suo padre si fosse mai sentito
frustrato, come si sentiva lui in quel momento, nel pensare che lui e
Cooper lo
lasciavano solo, a sbrigare quelle impellenze alla fin fine semplici.
Però,
alla frustrazione, Blaine aggiungeva anche la mortificazione, essendo
lui
l’organizzatore di quella vacanza.
- Non puoi
telefonare ai tuoi per
chiederlo a loro? – chiese Mercedes.
- Sono fuori
tempo, cioè non
posso telefonargli perché a quest’ora, da loro,
sarà notte fonda e quando vanno
a coricarsi hanno l’abitudine di spegnere i cellulari. Fino a
quando non
riuscirò a beccarli ad un orario che sia decente per loro, o
se non sono loro a
telefonarmi, non posso fare nulla.
-
Be’, rovistando in alcuni
armadi, prima, ho trovato qualche torcia – disse Kurt
– Potremo usare quelle
fintanto che siamo senza luce. E poi, secondo me, è anche
più divertente; farà
molto “campeggio”.
- Santana
avrà parecchio da
ridire…
- Che si
fotta Santana. Se voleva
il lusso, la comodità, poteva andare a farsi le vacanze a
Montecarlo. Adesso
andiamo a finire di sistemarci, prima della fine della giornata
gradirei
scendere anch’io in spiaggia a bagnarmi i piedi sul
bagnasciuga – disse Kurt
dirigendosi verso le scale per raggiungere le stanze al piano
superiore; non
gli sfuggì, con la coda dell’occhio,
l’espressione scura e mogia di Mercedes.
Poco prima
che i tre avessero
raggiunto il primo gradino, furono investiti da una zaffata di fetore
di ovvia
origine.
- Oh mio
Dio! – esclamò Mercedes
portandosi una mano alla parte inferiore del viso, imitata dai due
ragazzi – Qualcuno
vada a tirare lo sciacquone in bagno! Anzi, aspettate – e
corse per le scale al
piano di sopra, tornando pochi minuti dopo con una bomboletta spray per
ambiente domestico –Sapevo che sarebbe tornato utile. Me lo
sono portato perché
non mi fido di Puck; avrà anche una divisa
dell’aereonautica adesso ma l’igiene
difficilmente cambia. Avanti – continuò porgendo
la bomboletta ai due ragazzi –
Andate a risolvere quest’altro sgradevole inconveniente.
-
Perché dovremmo andarci noi?! –
fece Kurt, sgranando gli occhi – Stiamo parlando di
“qualcosa” fatta dal TUO
ragazzo, vai tu a risolverla.
- No che non
lo farò e per due
ottimi motivi: non è un compito adatto ad una signora e poi
io e Sam siamo “in
pausa”.
- Di nuovo!
– esclamò Blaine,
sconvolto.
- Ok, bene
– disse Kurt prendendo
la bomboletta dalle mani di Mercedes per poi porgerla a Blaine
– Avanti Blaine,
vai.
- Oh, no!
Scordatelo! Perché
dovrei andare io?
-
Perché Sam è il tuo migliore
amico, quindi spetta a te l’ingrato compito.
- Sam
è il mio miglior amico, non
il mio cane. Dammi solo una buona ragione per farlo, solo una
– per tutta
risposta, Kurt gli si avvicinò con un sorriso malizioso e
gli sussurrò alcune
parole all’orecchio; Blaine arrossì e si morse le
labbra – Accidenti! Va bene,
vado – e coprendosi il viso con una mano, fece una corsa
disperata in bagno con
la bomboletta già in azione.
- Grazie,
amore. Noi iniziamo a
salire – gli disse Kurt sorridendo soddisfatto e salendo le
scale seguito da
Mercedes.
Restare per
qualche minuto da solo
con Mercedes era proprio quello che Kurt aveva sperato succedesse. Non
gli era
piaciuto lo sguardo della ragazza quando aveva nuovamente proposto di
andare in
spiaggia e poteva immaginare la possibile motivazione e se era nel
giusto… in
quel caso era pronto a passare il resto della giornata a capire
“perché”.
- Mercedes,
c’è qualcosa che non
va? – le chiese Kurt ad un certo punto, seguendola in camera.
- No
– rispose Mercedes con un
sorriso stupito che tentava di nascondere qualcosa e mettendosi a
piegare
alcuni suoi vestiti – Cosa te lo fa pensare?
- Ti vedo un
po’ strana ogni
volta che qualcuno di noi nomina il mare e la spiaggia.
- Per
favore! – esclamò la
ragazza con una alzata di spalle – Tu lavori troppo di
fantasia.
- Ma non
vuoi scendere in spiaggia
con noi neanche adesso, o sbaglio? – si azzardò a
chiederle Kurt.
- Non vedo
perché dovrei –
rispose lei dopo alcuni istanti di silenzio e dopo aver dato
un’occhiata alla
finestra – È pomeriggio inoltrato, tra un
po’ il sole non ci sarà e gli altri
saranno qui a momenti. Se tu e Blaine volete andare, siete liberissimi
di farlo
ma io penso che salterò il turno per questa volta…
- Mercedes,
non ti sei portata
nemmeno un costume da bagno – la freddò Kurt;
Mercedes, spiazzata da quella
affermazione, rimase china su una camicia a maniche lunghe per la sera,
non
riuscendo ad alzare il viso per reggere lo sguardo preoccupato di Kurt
– Se non
te la senti di parlarne, non insisterò –
continuò il ragazzo – ma vorrei solo
capire perché ti stai comportando come se ti vergognassi.
Non è da te.
Mercedes
fece un respiro profondo
come se si stesse preparando per rispondere ma, alla fine, la sua voce
si
rifiutò di uscire. Quello che aveva accanto era il suo
migliore amico, quello
che le era sempre stato vicino nei momenti belli e in quelli tristi,
quello che
si era presentato alla porta di casa sua armato di gelato e di DVD di
“Dreamgirls” dopo aver saputo della sua rottura con
Shane, quello che, quando
erano ai primordi della loro amicizia, le aveva confessato per la prima
volta
di essere gay rimettendosi completamente alla sua comprensione. Tra lei
e Kurt
c’era sempre stata sincerità e una delle certezze
più solide che la ragazza
aveva era che ci sarebbe sempre stata.
-
È che… non penso di sentirmi
molto a mio agio.
- Ma
Mercedes, tu non ti sei mai
vergognata di come sei – disse Kurt sconvolto.
- E infatti
non me ne vergogno
affatto – riprese la ragazza – So di essere bella e
sto bene così come sono ma
in queste occasioni non mi sento a mio agio, te l’ho detto.
Non mi va di
mostrare il mio fisico in quella maniera, non quando mi trovo accanto a
ragazze
come Quinn o Brittany o Santana. Do il meglio di me quando sento di
indossare
il capo d’abbigliamento giusto e sai che, in quel caso, posso
far cadere giù
dal loro piedistallo tutte le reginette di bellezza di questo mondo ma
se devo
scoprirmi… allora no. Attirerei l’attenzione di
tutti ma non in senso positivo;
un conto è essere guardati con ammirazione, magari anche con
un po’ di invidia.
Ma venire guardati con sufficienza o scherno a causa del tuo
fisico… allora no.
Quello è uno scoglio che ancora non riesco a superare.
- Ma non
puoi rinchiuderti in
casa per tutta l’estate. Prova a fregartene di quello che gli
altri pensano di
te; è sempre stato questo il nostro motto.
- Le parole
sono sempre più
semplici dei fatti. Abbiamo sempre fatto della nostra
particolarità i nostri
punti di forza e al liceo ha funzionato, ma fuori, nel mondo,
è tutto molto più
difficile; più che continuare a combattere, non
c’è molto altro che possiamo
fare. Potrei anche riuscire a sopportare le occhiate e i commenti
sottovoce, ma
la cosa più dura è proprio il fatto che sono io a
non farcela, a non voler
scoprirmi.
Kurt avrebbe
potuto scuoterla,
dirle le cose che erano soliti dirsi l’un l’altro
nei momenti difficili quando
erano al liceo, ma ascoltare quelle parole gonfie di un pianto
trattenuto lo
frenò dal dire frasi scontate e poco adatte. Quando il
problema non veniva
dagli altri ma da se stessi era tutto più difficile,
soprattutto per uno, come
Kurt, che non si era mai vergognato di come era. Forse un corso
accelerato di
psicologia doveva essere obbligatorio al liceo; si arriva sempre ad un
momento
in cui vorresti dare ad un amico un consiglio sicuro e adatto al suo
problema.
Quasi per caso, gli occhi del ragazzo finirono per posarsi sulla
camicia che
Mercedes stava piegando proprio in quel momento: era una di quelle
camice
estive bianche e pieghettate, di quelle che le donne indossano in
spiaggia. Per
un attimo, un’idea gli balenò per la mente ma
prima che potesse aprir bocca,
Blaine fece il suo ingresso in camera.
- Non vi
siete ancora preparati?
– chiese stupito, restituendo lo spray a Mercedes –
Penso che gli altri stiano
per tornare, ho sentito le loro voci fuori. Sicuramente tra un
po’ ci saranno
le file per le docce.
-
Be’, io non voglio togliere
spazio – disse la ragazza, ritornata del suo solito umore
– Ma voi andate pure
a fare una visitina lampo alla spiaggia. Tanto la doccia la farete
insieme,
conoscendovi. Su Kurt, andate a prepararvi, prima che Santana
riattacchi con le
sue critiche distruttive.
Kurt, preso
in contropiede, ebbe
solo il tempo di mimarle un silenzioso “Ne riparliamo
poi” prima di essere
trascinato via per mano dal suo fidanzato. Si cambiarono
frettolosamente nella
loro stanza, quella matrimoniale, Blaine buttando i suoi vestiti sul
letto
mentre Kurt… be’, i suoi vestiti li piegava ma
stavolta senza preoccuparsi di
possibili pieghe sulle maniche; si infilarono i costumi e si
precipitarono
fuori dalla stanza, giù per le scale, fuori di casa dove
quasi si scontrarono
con gli altri di ritorno dalla spiaggia.
-
Cos’è successo? Sta per saltare
in aria la casa? – si informò una Santana ancora
più ramata che sosteneva una
Brittany piagnucolante, quasi sull’orlo
dell’ustione.
- A parte la
luce, è tutto a
posto – urlò Blaine in risposta, continuando a
correre con Kurt – Anche il
cesso di Sam è di nuovo utilizzabile.
- Ma dove
state andando? – urlò
loro Sam.
- A dare
inizio alle nostre
vacanze – urlò Kurt, mentre insieme a Blaine quasi
volavano, a piedi nudi,
lungo il pendio erboso che portava alla zone sabbiosa di
quell’angolo di mondo.
Per un po’ lasciarono che tutto, la luce che mancava, i
commenti acidi di
Santana, il problema di Mercedes, ogni altra cosa avesse occupato le
loro menti
in quelle ultime ore venisse portato via dal vento che rombava nelle
loro
orecchie.
Il sole
stava tramontando, la
sabbia iniziava a raffreddarsi, sulla spiaggia c’era solo
un’anziana signora
avvolta in una lunga vestaglia verde e con un ampio cappello di paglia
che le
scendeva lungo la nuca e una rivista in mano, seduta su una sdraio.
Kurt e
Blaine continuarono a
correre sollevando zappate di sabbia, fino a far scontrare i loro piedi
con
l’acqua che si abbatteva sul bagnasciuga; non si lasciarono
frenare dal primo
freddo impatto delle onde, continuarono a correre, adesso sollevando
spruzzi di
acqua salmastra, lanciando urli di gioia. Alla fine si tuffarono in
acqua e il
rombo del vento venne sostituito dal gorgogliare dell’acqua.
Quando
tirarono la testa fuori
dall’acqua rimasero intontiti per un po’ e quando
ogni goccia venne cacciata
dagli occhi, la prima cosa che videro fu il volto l’uno
dell’altro. Sulle loro
labbra e nelle loro bocche trovarono il sapore di quel mare nel quale
erano
immersi. Quel nuovo sapore…
Sperarono
entrambi di ritrovarlo
quella notte.
*
* *
Quella prima
sera, approfittando
del fatto che non c’era la luce elettrica, i ragazzi
trascinarono fuori, in
giardino, il tavolo e le sedie del salotto mentre le ragazze
preparavano dei
tramezzini con quello che la donna che teneva in ordine la casa aveva
comprato
il giorno prima.
Poi il resto
della serata passò
tra chiacchierate e canzoni cantate accompagnate dalle chitarre portate
da Sam
e Puck, mentre Blaine ne tirò fuori una da uno degli armadi
della soffitta;
quando rientrarono, utilizzarono le torce per metter su un piccolo
spettacolo:
Kurt si buttò addosso alcuni asciugamani bianchi e con Quinn
e Mercedes alle
spalle, a fargli da coretto, si esibì in una imitazione del
videoclip di
“Wuthering Heights” di Kate Bush; con la luce delle
torce e la sua voce da
controtenore l’effetto fu perfetto. Alla fine ricevette una
standing ovation
più uno dei tipici “complimenti” di
Santana.
Sebbene le
ore passassero,
nessuno sembrava avere intenzione di andare a dormire ma poi la
stanchezza, il
jet lag, il caldo fecero il loro effetto e quando Brittany
crollò sulla spalla
di Santana capirono che era il momento adatto per ritirarsi ognuno
nella
propria stanza, tranne Artie e Sam che si prepararono il divano letto.
Il tutto
sempre alla tenue luce delle torce.
- Blaine,
hai ricevuto segnali di
vita dai tuoi? – si informò Quinn, arrancando
sulle scale al braccio di Puck –
La cosa qui è un po’ più difficile di
questo pomeriggio.
- Gli ho
lasciato non so quanti
messaggi in segreteria – rispose Blaine che avanzava
cautamente dietro di loro
– A meno che non ci sia stata una delle solite scenate di mio
fratello sulle
sue “tempestose relazioni sentimentali”, dovrebbe
arrivarmi una loro risposta
nelle prossime ore. Magari domattina sarà tutto risolto.
- Lo spero
– biascicò Santana –
Non ho intenzione di passare un’altra serata a farmi tastare
da Puckerman.
- Te
l’ho già detto: al buio
pensavo fosse la gamba di Quinn – replicò Puck,
infervorato.
-
Sì, sì certo – commentò
sarcasticamente Santana – La verità è
che nessuno, e dico nessuno, può
resistere alla mia sensualità ad alta concentrazione. Se
durante queste vacanze
Gay 1 e Gay 2 proveranno ad infilarsi tra le mie gambe, allora
vorrà dire che
sono la numero uno al mondo in quanto a “sexysmo”.
- Continua
pure a sognare –
mormorò Kurt alzando gli occhi al cielo, anzi alla parete.
- Stavolta
l’hai sparata grossa –
disse Puck con una risata.
-
Scommettiamo? – Santana si
fermò sull’uscio della sua stanza e
puntò la torcia in faccia a Puck – 50
dollari che prima della fine di queste vacanze avrò avuto,
in mezzo alle gambe,
almeno uno della coppietta preferita dai cantanti di musical in
pensione.
- Andata
– accettò Puck,
scostando la torcia dalla sua faccia – Tanto sono sicurissimo
di vincere; so
per certo che non esistono due ragazzi più gay di questi due
e io sono stato in
riformatorio.
- Ok, se
avete finito di
speculare sulla nostra vita, potremmo andare a coricarci? Ho sonno
– li
interruppe Kurt.
-
Sì, “sonno” –
commentò Santana
sarcastica, sostenendo Brittany fin dentro la camera.
Prima che
Mercedes seguisse le
ragazze, venne formata per un braccio da Kurt che le posò un
bacio sulla
guancia e le sussurrò all’orecchio –
Domani verrai anche tu in spiaggia con
noi. Fidati.
Con un
“buonanotte” generale,
ognuno si ritirò nella propria camera da letto.
Appena ebbe
chiusa la porta, Kurt
si trovò davanti la bellissima visione del sedere di Blaine
che proprio in quel
momento si stava togliendo i pantaloni… e anche le mutande a
quanto pareva.
Senza
scomporsi, Blaine si sdraiò
sul letto, nudo come era.
- Niente
pigiama stasera? –
domandò Kurt, iniziando a spogliarsi a sua volta.
- Fa troppo
caldo – si limitò a
rispondere Blaine, raggomitolandosi in posizione fetale.
Toltosi ogni
indumento anche lui,
Kurt lo raggiunse sul letto; sollevò le lenzuola e
coprì i loro corpi – Queste,
però, le teniamo – disse, aggiustandole meglio
sulle spalle del suo ragazzo che
si era a malapena mosso dalla sua posizione – Siamo senza
niente addosso e c’è
la finestra aperta; evitiamo qualsiasi infreddatura – e dopo
avergli posato un
bacio a fior di labbra, lasciò ricadere la testa sul cuscino
per lasciarsi
andare tranquillamente al sonno; ma Blaine era di tutt’altro
avviso.
In una sola
mossa, posò un
braccio attorno al petto del suo ragazzo e gli circondò la
vita con una gamba,
e iniziò a stuzzicarlo baciandolo, strofinandogli il naso
contro il collo,
strusciandoglisi sul fianco.
- Dai Blaine
– si schermì Kurt, a
cui però non dispiacevano tutte quelle attenzioni.
- Me lo
avevi promesso – miagolò
Blaine affondando il viso nell’incavo del collo del suo
ragazzo – Mi avevi
promesso che avremo passato una dolcissima notte se risolvevo il
problema del
bagno.
- Niente
è più dolce del sonno –
rispose Kurt continuando a godersi il calore della bocca di Blaine sul
collo e
della sua gamba che gli stava lentamente accarezzando il sesso sempre
più
turgido.
- Invece
c’è qualcosa di molto
più dolce – mormorò Blaine, con voce
roca, stendendosi completamente su Kurt –
Qualcosa che conosciamo entrambi.
- Gli altri
potrebbero sentirci –
fece Kurt, ridacchiando sotto i baffi, divertendosi a fare il finto
ritroso ma
lasciando che le sue dita corressero lungo il corpo di Blaine.
- A New York
avevamo delle tende
e dei separé, qui abbiamo delle vere pareti. Se proprio vuoi
– continuò
avvicinando ancora di più le loro bocche –
possiamo fare piano piano – e lo
baciò; le dita di Kurt si aggrovigliarono tra i suoi
capelli, spingendo ancora
di più, una contro l’altra, le loro bocche,
riscoprendo quel sapore di acqua
salata che avevano catturato nel loro primo tuffo in mare. Sapore che
era
conservato anche sulla loro pelle.
Blaine
sgusciò fuori dalla bocca
di Kurt, che reagì con un moto di disappunto, e
buttò da parte le lenzuola
lasciando scoperto il suo corpo bianco e fremente; la sua lingua
catturò una
traccia di salsedine al centro del petto del ragazzo, la
assaporò e scese giù
fino al pube.
Per
impedirsi di urlare dal
piacere, Kurt si morse il dito medio.
“Se
un Dio esiste, deve avere la forma della bocca di Blaine.”
Quella fu
l’unica cosa che riuscì
a pensare prima che la mente gli si annebbiasse completamente.
*
* *
Santana era
capacissima di
spezzare un braccio a chiunque si fosse azzardato a svegliarla nel
cuore della
notte; con la sola eccezione di Brittany. Per questo quando
avvertì il leggero
tocco familiare sulla spalla si limitò ad un grugnito di
protesta.
-
Mmm… che c’è Britt? –
riuscì a
dire la ragazza aprendo gli occhi; Brittany era accanto al suo letto
pieghevole, con la sua aria da bambina smarrita e gli occhi arrossati,
come la
sua pelle, dalle lacrime.
- Non riesco
a dormire, Santana –
piagnucolò la ragazza a bassa voce per non svegliare
Mercedes che dormiva
placidamente – La pelle mi brucia da morire.
“Santa
pazienza”,
pensò
Santana tirandosi a sedere sul letto e passandosi una mano tra i
capelli.
- Brittany,
dovevi mettere la
protezione solare – le disse – Lo sai che ti
arrossi facilmente.
- Ma Quinn
aveva detto che noi
con la pelle più chiara dovevamo prenderlo subito il sole.
- Non
significa che non devi
usare la protezione – disse Santana; un borbottio infastidito
proveniente dalla
postazione di Mercedes la convinse a cambiare momentaneamente stanza
– Vieni
con me – disse a Brittany alzandosi e portandola fuori,
tenendola per mano e
facendo attenzione a non centrare gli spigoli dei letti e
dell’armadio; e si
diressero verso il bagno muovendosi a tentoni lungo il corridoio buio.
Dal
piano di sotto si sentiva il sonoro russare di Sam, mentre dalle stanze
di Puck
e Quinn e di Kurt e Blaine provenivano suoni abbastanza
espliciti… e lei e
Brittany dovevano condividere la stanza con Mercedes senza nemmeno
l’ombra di
un po’ di privacy. Era facile dare la colpa a Dio o al karma
che la puniva per
la sua stronzaggine… ma era ancora più facile
dare la colpa a Blaine.
“A
Blaine che non sa nemmeno riavviare la corrente in casa sua”,
pensò dopo essere andata a
sbattere, nonostante la prudenza e il passo di lumaca, nella porta del
bagno.
Adagio,
aprì la porta e grazia a
Dio la finestra era aperta e i raggi della luna si infrangevano sulle
piastrelle bianche illuminando il bagno di una tenue luce bluastra;
così
Santana poté raggiungere più facilmente e senza
altri danni la specchiera dove
avevano sistemato le creme e gli altri accessori necessari alla parte
femminile
del loro gruppo e prese il tubetto di crema per le scottature.
- Dai,
siediti – disse, facendo
sedere Brittany sul coperchio del gabinetto; si inginocchiò
davanti a lei,
tubetto di crema alla mano e… la Santana buona. Le bastava
poco per farla
uscire fuori e le lacrime di Brittany, il suo broncio da bambina erano
un
ottimo mezzo ma il suo preferito era il sorriso speciale a trentadue
denti, che
arrivava fino agli occhi e che dava solo a lei. Passò il
pollice sulle guance
della ragazza e le asciugò le lacrime facendo attenzione a
non premere troppo
sulla pelle arrossata – Se i raggi solari si azzardano a
riavvicinarsi a te,
giuro che li prendo a calci fino a fargli raggiungere la costellazione
dell’Ispanica Incazzata – disse, iniziando a
spalmarle delicatamente la crema
sul viso.
- Non
potresti mai prendere a
calci i raggi solari – disse Brittany, mordendosi le labbra
per il fastidio –
Non superano lo strato di ozono.
-
Ruberò un’astronave alla NASA,
allora – replicò Santana con un sorriso
– Era più divertente quando mi
rispondevi per le rime; ti ho offerto la battuta sulla
“costellazione
dell’Ispanica Incazzata” e non hai detto nulla.
- Lo so che
è una costellazione
che non esiste. Al college mi sono imbucata ai corsi di astronomia;
pensavo che
avrebbero insegnato a leggere il futuro nelle stelle. Poi mi hanno
fatto notare
la differenza tra astronomia e astrologia.
“Sono
felice che tu ci sia sempre, anche quando sembra che il mondo e le sue
regole
ti stiano cambiando”
- Avanti,
adesso le braccia –
disse Santana, ripetendo la stessa operazione.
Mentre
Santana si occupava delle
sue scottature, Brittany si appoggiò al contenitore
dell’acqua del water e si
mise a fissare il cielo blu punteggiato di stelle. Quando era piccola e
si
faceva male, sua madre le diceva sempre di guardare il cielo mentre la
medicava
così si sarebbe scordata del dolore e funzionava sempre;
anzi, adesso che era
cresciuta, che il dolore era più sopportabile (nei limiti
del possibile) e che
aveva una conoscenza maggiore grazie ad un corso di astronomia seguito
clandestinamente, poteva concentrarsi maggiormente su quei piccoli
“lumini degli
angeli”, le “lucciole” di Timon e Pumbaa,
i vari carri e orse e Andromede e
Persei delle mappe stellari.
- Sai,
facciamo bene ad
inventarci nuove costellazioni e a chiamare le stelle coi nomi delle
persone di
cui ci innamoriamo, anche se è un po’ inutile dal
momento che le relazioni
possono finire e le stelle, ad un certo punto, esplodono –
disse – Ma forse,
dai piccoli frammenti delle stelle esplose possono nascere tante
piccole nuove
stelle, che possono crescere e diventare soli, costellazioni,
comete… stelle
cadenti… Lo sai che il 10 Agosto è la notte delle
stelle cadenti? Tra poche
notti vedremo una vera pioggia di stelle. Qui non ci sono palazzi e
lampioni,
quindi le stelle si vedranno molto meglio qui che a Lima.
Sarà bellissimo, non
credi? Chissà quanti desideri potremo esprimere.
Come
risposta Santana le posò un
bacio su una gamba, dove pure stava spalmando la crema, su una mano,
sulla
guancia e infine sulle labbra.
- Ne ho
appena espressi quattro –
le disse, fissando le due stelle che aveva negli occhi – E se
ne sono avverati
sei.
*
* *
Blaine non
ricordava di aver
messo la sveglia sul cellulare. Non ricordava nemmeno che la sveglia
del suo
cellulare avesse quel tipo di suoneria.
Sul petto
avvertiva il peso del
capo di Kurt, un suo braccio che gli cingeva la vita.
La mano di
Blaine corse verso il
comodino andando a scontrarsi col cellulare che stava ancora suonando,
lo prese
e, fissando lo schermo… ok, era ancora mezzo addormentato ma
era più che sicuro
che “Mamma” non fosse un orario.
Nell’arco di una manciata di secondi, ogni
idea ritornò al suo posto: quella suoneria non gli ricordava
la sveglia perché
era delle chiamate e se l’orario era composto da numeri
allora quel “Mamma” era
una persona che gli stava telefonando; per la precisione, sua
madre…
ovviamente.
- Mamma
– rispose il ragazzo con
una voce così roca e impastata da far paura.
“Blaine,
ma stai dormendo?”
la voce di sua madre gli arrivò alta e squillante.
- Mamma sono
le quattro di notte,
cosa dovrei fare secondo te? – replicò Blaine,
passandosi stancamente una mano
sugli occhi.
“Oh,
scusami caro, devo essermi confusa con il fuso orario: credevo che da
voi
fossero già le nove di mattina”
Bene, sua
madre aveva qualche
problema a regolarsi con il fuso orario; adesso che aveva avuto questa
preziosa
informazione avrebbe dormito sonni tranquilli; appunto,
dormire… peccato che
quella non fosse anche l’intenzione di sua madre.
“Senti,
Blaine”
continuò
la donna al telefono “Volevo dirti,
per
quanto riguarda l’interruttore generale della luce,
è dietro il pannello ad
arabeschi in cucina, quello sotto la credenza, lo sposti verso destra e
si
apre”
- Ah,
sì sì, grazie mamma –
rispose Blaine, adesso al 10% interessato, anche se ancora addormentato
al 90%
- Mi serviva giusto questa informazione.
“Per
il resto tutto a posto? Vi state trovando bene?”
-
Sì sì, mamma, benissimo.
“Avete
mangiato?”
-
Sì sì – Blaine stava piano
piano scivolando nuovamente nel sonno, stavolta ad un 99% pieno.
“Scusa,
Blaine” disse
ancora sua madre, con un lieve imbarazzo nella voce “È…
è Kurt che sta… ehm…
gemendo?”
Blaine
chinò leggermente il capo,
scontrandosi con il ciuffo di capelli castano chiaro di Kurt che dal
petto si
era spostato sul suo collo; e come succedeva ogni volta che la bocca di
Kurt
incontrava il collo di Blaine, dipendesse dal suo odore o dalla sua
pelle,
perdeva ogni freno inibitore, anche da addormentato… ok che
succedeva anche il
contrario, ma non aveva per niente voglia di parlare, ad
un’ora improponibile
della notte, della vita sessuale sua e del suo fidanzato con sua madre.
- Se ti dico
di sì, possiamo
concludere qui questa telefonata? – si limitò a
chiederle.
“Oh,
sì certo… scusami”
disse la donna, adesso decisamente in imbarazzo “Adesso
vi lascio. Dai un bacio a Kurt da parte mia. Buonanotte,
tesoro”
Blaine non
aspettò che lei
riattaccasse per prima, ma pigiò il tasto “Termina
Chiamata” e lasciò scivolare
il cellulare sul comodino. E, infine, intrecciò le braccia
attorno alla schiena
di Kurt, pronto a lasciarsi ricadere nuovamente nel regno dei sogni.
Quando un
pensiero gli attraversò la mente come un lampo: il pannello
ad arabeschi; sotto
la credenza; in cucina; l’interruttore generale della luce;
oblio totale domani
mattina al risveglio. Cavolo, doveva alzarsi subito e riattivare
l’interruttore
generale prima di dimenticarsene.
Facendo una
grande violenza a se
stesso, Blaine si districò dall’abbraccio di Kurt,
che emise un verso di
fastidio nel sentirsi privato di quel dolce calore e che si
placò solo dopo che
si fu avvinghiato al cuscino di Blaine. Con uno sbuffo di stanchezza,
Blaine si
alzò, prese i suoi boxer dalla sedia, dove li aveva
appoggiati assieme al resto
dei suoi vestiti, se li infilò e, massaggiandosi la radice
del naso con
l’indice e il pollice per stimolare la concentrazione, si
diresse verso la
porta scontrandosi con, nell’ordine, la sedia,
l’armadio, lo spigolo della
testata del letto. A questo terzo colpo, Kurt si riscosse nuovamente
con un
mugugno ma senza svegliarsi.
Per
assicurarsi di non averlo
disturbato, Blaine si voltò verso la figura addormentata
e… Dio Santissimo,
quanto era bello!
Lo conosceva
da anni, lo aveva
visto nudo un milione di volte e forse più ma in quel
momento, steso sul letto,
avvinghiato al suo cuscino, le lenzuola che gli scendevano lungo le
gambe, la
luce della luna che illuminava la morbida silhouette del suo corpo
simile
all’alabastro, la spalla che si ergeva robusta e
tondeggiante, la schiena che
si incurvava verso il basso, la morbida e invitante linea dei glutei,
le cosce
seminascoste dalla stoffa azzurrina che si era aggrovigliata attorno ad
esse.
Il suo respiro pesante e rilassato che si liberava dalle labbra
socchiuse.
“Al
diavolo la luce, vedrò di ricordarmelo domani
mattina”
Blaine si
sfilò nuovamente i
boxer, lasciandoli tranquillamente sul pavimento, salì sul
letto stringendosi
al corpo di Kurt; stavolta, il verso che emise il ragazzo addormentato
fu di
pura soddisfazione.
*
* *
Il mattino
dopo il primo a
svegliarsi fu Puck; quegli ultimi mesi nell’esercito avevano
influito parecchio
sulle sue abitudini quotidiane, il risveglio soprattutto: ogni mattina,
alle
sei precise, i suoi occhi si spalancavano, i suoi sensi di nuovo vigili
e
attenti, il suo corpo pronto a saltar giù dal letto e a
cominciare al meglio la
giornata, solo che quella mattina, pur essendosi svegliato, rimase
steso sul
letto. Non solo era in vacanza ma era nello stesso letto con
Quinn… di nuovo.
Una delle
costanti della sua
vita, anzi delle loro vite, da quando avevano entrambi quindici anni e
gli
ormoni impazziti; dalla loro prima volta (la loro prima volta insieme,
non
proprio “prima volta”) fino ad allora si erano
sempre ritrovati, come legati da
un filo invisibile; prima pensavano che si trattasse del fatto di aver
avuto
Beth e lei sicuramente era una parte importante di quel legame, ma col
tempo,
forse l’ultimo anno e mezzo appena trascorso, così
pieno di cambiamenti,
avevano capito quanto le radici di quel legame fossero più
profonde. Sia lui
che Quinn avevano cambiato stile di vita e partner in maniera quasi
costante,
ma le uniche cose che ritornavano sempre erano loro due, insieme.
Qualcosa
voleva poter dire. E stavano iniziando a capirlo.
Non la
disturbò, rimase sdraiato
accanto a lei, guardandola, imprimendosi nella mente ogni
più piccolo
dettaglio. E quando arrivò un’ora del risveglio
più da vacanza, si permise di
passarle le dita tra i capelli biondi sparsi sul cuscino, districando i
nodi
che si erano formati durante la notte. Continuò fino a
quando Quinn non aprì
gli occhi.
Poche volte,
Noah Puckerman si
era svegliato così: con una ragazza accanto che gli dava il
buongiorno. E
quelle poche volte era sempre stato con Quinn.
Non gli
sarebbe dispiaciuto farci
l’abitudine.
*
* *
Il risveglio
generale fu, prima,
sonnacchioso e silenzioso e poi, a mano a mano, sempre più
chiassoso , tra file
per il bagno e preparativi per la colazione.
Blaine si
era svegliato con
alcune parole in testa: “interruttore della luce”,
“pannello in cucina”. Cosa
volevano dire? Se lo ricordò quando riacquistò un
po’ più di lucidità; allora
saltò giù dal letto, sveglio e pimpante, quasi
inciampando su Kurt intento alle
sue flessioni.
- Blaine,
dove pensi di scappare?
– lo riprese, alzandosi sulle ginocchia – Devi fare
anche tu gli esercizi
mattutini.
-
Sì, dopo – disse Blaine,
infilandosi i boxer e un paio di pantaloni – Prima vado a
risolvere una
faccenda rimasta in sospeso – e uscì dalla stanza.
In corridoio
vide Puck e Quinn
fuori la porta del bagno, ad aspettare il loro turno. Sceso al piano di
sotto
fu accolto dal salutare odore di caffè e pane tostato;
Mercedes, mattiniera
come suo solito, si era data letteralmente da fare: stava
apparecchiando la
tavola mentre aspettava che la colazione fosse pronta. In salotto Sam
stava
ancora russando mentre un rumore proveniente dal bagno indicava che
anche Artie
si era alzato.
Blaine
individuò il pannello a
colpo d’occhio; lo aveva avuto davanti agli occhi per anni
tanto da non notarlo
più, col passare del tempo, eppure quando lo aprì
gli sembrò quasi nuova, con
l’interruttore generale che nascondeva. Era stupido come
pensiero ma certe
soddisfazioni si ottengono anche con un solo gesto delle dita. Quando
pigiò
l’interruttore ed ebbe la conferma che la luce adesso
c’era fu invaso da una
forte euforia.
- Mercedes
– disse rivolto alla
ragazza, che in quel momento stava prendendo un vasetto di marmellata
dal frigo
– Santana sta ancora dormendo?
- Non so,
credo di sì – rispose
la ragazza – Se vuoi andare a chiamare lei e gli altri per
dire loro di
scendere mi faresti un favore. Io, intanto, vedrò di
resuscitare Sam – aggiunse
lanciando un’occhiata divertita al divano-letto –
Ma sta attento con Santana;
non è propriamente un angelo quando è appena
sveglia.
- E quando
mai lo è – replicò
Blaine – Ma stai tranquilla – continuò
con una voce che non lasciava presagire
nulla di buono – le farò avere un risveglio
tranquillo.
Il ragazzo
salì di nuovo al piano
di sopra, raggiunse la porta della stanza delle ragazze e la
spalancò senza
tanti complimenti, facendo saltare dal letto Santana ancora
addormentata.
- Ti
farà piacere sapere,
Santana, che questa casa è finalmente un luogo abitabile
– disse il ragazzo,
accendendo la luce nella stanza in modo che la sua espressione di
trionfo fosse
ben visibile.
Santana gli
rispose con una delle
sue occhiate omicide – Ti do dieci secondi, Anderson
– scandì lentamente –
Dieci secondi per sparire dalla mia vista, prima che ti faccia fare un
volo
dalla finestra.
- Buongiorno
anche a te – disse
Blaine prima di chiudere la porta davanti a sé per evitare
il cuscino che
Santana gli lanciò contro. Nel corridoio incontrò
le espressione interrogative
di Puck e Quinn, di Brittany uscita in quel momento dal bagno, e di
Kurt sulla
soglia della loro stanza – Le soddisfazioni della vita
– fu la sua spiegazione.
Scesero,
poi, tutti per la
colazione, consumata nella tranquilla atmosfera delle dieci di una
mattina
estiva e dopo che l’ebbero terminata finirono di prepararsi
per scendere in
spiaggia; e quella fu l’occasione colta da Kurt: si
portò dietro Mercedes, che
stava sistemando le tazze e le posate usate nel lavandino col chiaro
intento di
lavarle e avere così una nuova scusa per saltare quella
seconda giornata al
mare.
- Non
credere che mi sia scordato
di te – le sussurrò il ragazzo quando fu certo di
non essere a portata d’udito
degli altri – Ti ho detto che saresti scesa in spiaggia con
noi ed io, quando
parlo, sono abituato a non essere contraddetto.
- No, Kurt
– si schermì Mercedes
– Ne abbiamo già discusso ieri, non insistere.
- E se ti
dicessi di aver ideato
una soluzione al tuo problema?
- Posso
azzardarmi a dubitare
della sua efficacia?
- Dimentichi
di avere davanti il
più grande fashion blogger del liceo McKinley…
- Eri
l’unico fashion blogger del
McKinley.
- Dettagli
– tagliò corto Kurt –
E poi sono stato anche stagista a Vogue.com. Se
c’è qualcuno che può aiutarti,
quello sono io – concluse pomposamente, indicandosi da solo e
strappando un
sorriso alla ragazza – Avanti. Te l’ho detto:
fidati – concluse Kurt con un
sorriso di incoraggiamento.
- Ehi, voi
due – li chiamò Artie;
lui e gli altri erano già pronti e radunati
nell’atrio – non vorrete darci
buca.
- Voi
iniziate ad andare – disse
loro Kurt – Vi raggiungeremo subito.
Con qualche
alzata di spalle,
un’occhiata interrogativa e un commento di impazienza, il
gruppo seguì
l’esortazione di e uscì di casa.
- Bene, e
ora a noi, mademoiselle
Jones – fece Kurt Hummel conducendo a braccetto una
ridacchiante e imbarazzata
Mercedes Jones… come ai primi tempi della loro amicizia.
*
* *
La spiaggia
era una distesa di
sabbia chiarissima, quasi bianca, e fine che si stendeva lunga per
tutta la
costa; alle sue spalle c’erano delle macchie di verde, piante
psammofile che
ondeggiavano pigramente al vento lieve e costante;
all’orizzonte il mare
cristallino e dello stesso colore del cielo, sterminato, con onde che
si
accavallavano l’una sull’altra per poi infrangersi,
bianche di spuma, sul
bagnasciuga. Le persone erano sparse qui e là, su
asciugamani o sotto
ombrelloni, da sole o in gruppi di due, tre, quattro e così
via, chi si godeva
il sole, chi sguazzava in acqua, qualche bambino giocava con la sabbia,
qualche
ragazzo fresco di palestra se ne andava in giro in vena di conquiste e
qualche
ragazza se ne stava comodamente distesa su una sdraio intenta a farsi
desiderare.
La prima a
notarli fu Quinn,
intenta a spalmarsi la protezione solare sulle braccia. Notò
prima Kurt,
sigillato in una camicia così bianca da riflettere la luce e
un paio di
pinocchietti al ginocchio dello stesso colore; accanto a lui, a
braccetto, in
un’ampia camicia pieghettata bianca, lunga fino alle gambe
coperte da un
pantalone dello stesso tessuto leggero e ampio color blu, i boccoli
neri che le
ballavano attorno al viso, c’era Mercedes. Entrambi
sfoggiavano sciccosissimi
occhiali da sole da divi.
- Ragazzi,
sembra che i Kurtcedes
siano tornati – Quinn richiamò
l’attenzione degli altri con entusiasmo; Puck,
Blaine e Artie reagirono con sorrisi stupiti e battiti di mani a quelle
visioni, Santana li guardò sollevando un sopracciglio, come
se volesse dire
“Avete intenzione di fare le scarpe alla più figa
della spiaggia, cioè la
sottoscritta?”, Brittany semplicemente li salutò
senza badare al loro
abbigliamento, e Sam spalancò occhi e bocca nel vedere
Mercedes non riuscendo a
spiccicare una parola.
-
Buongiorno, plebe – esordì
Kurt.
- I sovrani
della spiaggia sono
arrivati – concluse Mercedes, accomodandosi su una sdraio
assieme al ragazzo.
- Vedete di
non alzare troppo la
cresta, carini – disse Santana con una smorfietta di fastidio
camuffata da sorriso
– Poi è difficile riaggiustarle.
- Rosica di
meno e goditi di più
le vacanze – replicò tranquillamente Mercedes.
- Se poi
vuoi, posso fare
consulenza anche a te se hai bisogno – fece Kurt sollevando
leggermente gli
occhiali da sole – L’ufficio Hummel-style
è aperto tutto l’anno.
Passarono
l’intera giornata in
spiaggia, intervallando momenti di svago, chiacchiere, panini portati
da casa e
pennichelle sotto l’ombrellone. E il loro gruppo non
passò certo inosservato,
anzi l’attenzione che attirò una parte di loro
diede non pochi grattacapi
all’altra metà.
Tre ragazzi,
francesi a giudicare
dall’accento, che attaccarono bottone con Quinn e con
l’evidente intenzione di
approfondire la conoscenza dal momento che la ragazza parlava un
po’ di
francese, furono messi in fuga da Puck che mostrò loro, con
intenzioni poco
amichevoli, il suo apparato muscolare ancora fresco di addestramento
militare…
anche se a uno dei ragazzi parve non dispiacere quello spettacolo.
Per non far
sentire Artie escluso
dai loro divertimenti, Sam si offrì di portarlo in acqua in
braccio; erano
arrivati nel punto in cui le onde arrivavano ai fianchi e, per quanto
riguardava Artie, ai polpacci e alla schiena, quando
quest’ultimo notò qualcosa
sulla spiaggia.
- Amico,
c’è un tizio che si è
avvicinato a Mercedes – disse.
- Ah
sì – rispose Sam, continuando
a sostenerlo – Le starà chiedendo dove si trova il
bar o le starà domandando
dove ha comprato quegli occhiali da sole.
- A me
sembra – disse Artie,
strizzando gli occhi privi di lenti da vista – che le stia
prendendo la mano…
…
E il povero ragazzo fu
investito in pieno da un’ondata abbastanza violenta, un
quinto della quale
ebbe la brillante
idea di infilarsi
nella sua gola. A sentire la sue parole, Sam si era voltato di scatto,
individuando Mercedes, alla quale un tipetto “con
l’aria da debosciato”, pensò,
le teneva la mano. Sebbene camminare in acqua non consentisse un
movimento più
lesto, Sam in pochi secondi fu di nuovo a riva, sempre tenendo in
braccio un
Artie sull’orlo del collasso dopo trenta secondi di apnea
senza preparazione.
-
C’è qualche problema? –
esclamò
Sam avvicinandosi a Mercedes e al ragazzo, con aria bellicosa.
- Sam,
cos’è successo? Artie sta
bene? – chiese Mercedes guardando Artie preoccupata.
- Si sta
solo allenando per le
Olimpiadi dei paraplegici – tagliò corto Sam
– Piuttosto, questo tipo –
continuò, indicando il ragazzo che lo fissava basito
– ti sta dando fastidio?
- No,
assolutamente – rispose
Mercedes con un sorrisetto – Mi stava semplicemente chiedendo
un autografo – e
porse al ragazzo un foglio d’agenda autografato dalla ragazza.
- La
ringrazio, signorina Jones –
disse il ragazzo emozionato, prendendo il foglietto autografo
– In famiglia
siamo tutti suoi fan. Non vedo l’ora di raccontarlo a mia
sorella. Grazie,
grazie ancora – e si allontanò, saltellando e
rigirandosi l’autografo tra le
mani.
Rimasti soli
(e resosi conto di
aver commesso una gaffe colossale) Sam si schiarì la gola
con nonchalance –
Dunque… sei famosa anche da queste parti – disse,
rendendosi conto troppo tardi
di aver commesso una seconda gaffe. Ma Mercedes, se anche la
notò, non gliela
fece pesare.
-
Sì, e tu hai quasi affogato il
povero Artie – disse la ragazza.
“Cazzo,
Artie!” si era
praticamente scordato di avere ancora in braccio un Artie che non lo
aveva
coperto di epiteti poco amichevoli solo perché stava ancora
riprendendo fiato.
Pur consapevole di tutte le parolacce che si sarebbe beccato di
lì a poco, Sam
con l’aiuto di Mercedes, adagiò Artie su una
sdraio affinché potesse
riprendersi.
-
Sam… sei un idiota – riuscì a
dire Artie dopo un po’.
A differenza
degli altri, Kurt
mise radici sotto l’ombrellone, rifiutandosi categoricamente
di esporre la sua
pelle d’alabastro ai “dannosi raggi UV”;
al massimo avrebbe fatto una sortita
nel tardo pomeriggio, quando il sole toccava il mare. Ma fu costretto a
rimangiarsi quanto detto poco dopo mezzogiorno. Blaine e Sam si erano
messi a
giocare a palla sulla riva con Santana e Brittany e dopo un
po’ un gruppetto di
ragazze ridacchianti, o meglio “quattro oche giulive e con
delle meches
improponibili”, si piazzò dietro i ragazzi. In un
primo momento, Kurt pensò che
stessero contemplando il sedere di Sam (se c’era qualcosa su
cui tutti, nel
Glee club, ragazze e ragazzi compresi concordavano unanimemente, era la
perfezione del suo sedere) ma dal loro atteggiamento e da qualche loro
spintarella reciproca, si rese conto che stavano puntando Blaine, anzi
il SUO
Blaine. Al diavolo i raggi UV! Kurt si alzò dalla sdraio e
corse verso Blaine
che, vedendolo, gli lanciò uno dei suoi sorrisi tutto denti
e rughette intorno
agli occhi e aprì le braccia davanti a lui; Kurt si
gettò su di lui,
lasciandosi cadere sulla sabbia bagnata dalle onde. Non era il tipo da
gesti
eclatanti ma semplicemente sentiva il bisogno di urlare al mondo intero
“Io
sono Kurt Hummel e amo Blaine Anderson”, e che il vento
soffiasse quel pensiero
in modo da fargli raggiungere i quattro angoli del mondo.
Il gruppetto
di ragazze si
dileguò deluso (“Perché quelli
più carini sono quasi sempre dell’altra
sponda”), Sam, Santana e Brittany continuarono
tranquillamente a giocare a
palla (“Ormai chi li smuove più quei
due”) e le onde coprirono i baci di Kurt e
Blaine a occhi indiscreti.
*
* *
I giorni che
seguirono furono
altrettanto pieni. Anche se la spiaggia restava la loro meta
principale, la
sera uscivano in città per passeggiare all’aria
fresca e gioiosa della costa
piena di turisti; e pure i giorni al mare non erano mai ripetitivi o
noiosi,
dal momento che trovavano sempre qualcosa da fare. Come quando Puck per
gioco,
si fece seppellire sotto la sabbia lasciando solo la testa fuori e dopo
che si
fu assopito, le ragazze modellarono in una siluette femminile la
montagnola che
lo ricopriva. Quando se ne accorse e vide Santana con in mano il suo
Iphone per
scattargli una foto che lo avrebbe segnato a vita, saltò
fuori dalla sabbia e
la rincorse per quasi mezza spiaggia.
Un altro
giorno, Santana vinse la
scommessa che aveva fatto con Puck e in un modo che il ragazzo non si
sarebbe
mai aspettato: mentre erano in acqua, i ragazzi si issarono le ragazze
sulle
spalle per giocare ai tuffi e Santana si arrampicò senza
tanti complimenti
sulle spalle di Blaine; i tuffi non furono un granché vista
l’altezza del
ragazzo ma l’astuta ispanica aveva ottenuto esattamente
quello che voleva.
- Mi devi 50
dollari, Puck –
disse Santana non appena furono risaliti sulla spiaggia.
- Che stai
dicendo?! – scattò
Puck.
- La nostra
scommessa – spiegò la
ragazza, piuttosto soddisfatta – Ho avuto “Frodo
Gaynns” in mezzo alle gambe
quindi mi devi la mia vincita. Sgancia, bello – e stese la
mano in attesa.
- Ehy ehy
ehy!!! – fece Puck –
Non è valido. Non era in questi termini che avevamo
scommesso.
- Non
abbiamo posto alcun
termine: ho semplicemente detto che prima della fine delle vacanze
avrei avuto
uno di loro due – e indicò un imbarazzato Blaine e
un Kurt contrariato – in
mezzo alle mie gambe e ho avuto la testa ingellata di Anderson a
dimostrarmi
ancora una volta quanto ormai non mi faccia più alcun
effetto avere un uomo tra
le mie grazie.
- Non
esiste! Te lo puoi
scordare!
- Puck, mi
sa che hai perso – si intromise
Artie – Quanto ha detto Santana credo sia inoppugnabile.
Servì
a poco il rifiuto di Puck;
dopo un’intera giornata di “Dove sono i miei
soldi” tipo Stewie Griffin, alla
fine le diede i 50 dollari… prima che Santana tirasse fuori
l’armeria pesante.
*
* *
Venne poi il
10 Agosto. Quella
mattina furono tutti svegliati dalla voce emozionata di Brittany che
cinguettava – È la notte delle stelle cadenti
– anche se mancavano più di
dodici ore al tramonto
E quel
giorno portò con sé anche
una sorpresa. Qualcuno di più sveglio avrebbe potuto farsi
venire qualche
sospetto vedendo Quinn con la testa nel cellulare dalla sera prima e
per tutta
la mattinata. Per ovvi motivi, Puck fu l’unico a chiederle
con chi stesse
messaggiando.
- Questo
pomeriggio lo saprete,
tu e tutti gli altri – fu la risposta sibillina della
ragazza.
Poi scesero
di nuovo tutti in
spiaggia ma, passata l’ora di pranzo, Brittany
iniziò a diventare impaziente:
diceva che dovevano ritornare a casa per prepararsi alla pioggia di
stelle,
riordinare le idee per i desideri da esprimere, trovare dei contenitori
in
alluminio e degli estintori caso mai una stella cadente fosse
precipitata nel
loro giardino.
Stranamente
ottenne il pieno
sostegno di Quinn. Allora, trovandosi nella fin troppo nuova situazione
di
avere più di una persona a sostenere delle motivazioni
surreali, il gruppo
acconsentì a risalire… e sull’uscio di
casa, comodamente seduta su un trolley,
in un elegante abito estivo, i piedi nudi e le scarpe accanto, intenta
a
sventagliarsi con un volantino turistico, la loro sorpresa: Rachel
Berry.
- Oddio! Non
ci credo! – esclamò
Kurt correndole incontro sorridente, seguito da tutti gli altri che
ricoprirono
la ragazza di una valanga di domande.
Fra tutte
emerse quella di
Santana – Come mai hai mollato Los Angeles e le sue palme
geneticamente
modificate per venire qui, sul set del film “Womb”?
Non eri impegnata con
quella tua serie tv per adolescenti ebree con scarsa autostima?
-
Sì, ci stavo lavorando –
rispose Rachel, mentre Blaine apriva la porta di casa permettendo a
tutti di
entrare e accomodarsi nel salotto – Peccato che il regista
fosse di
un’incompetenza unica: era affiancato da due co-produttori e
ognuno sembrava
portare la trama per i fatti propri; prima al mio personaggio capita
una botta
di fortuna, poi gli piove una disgrazia fra capo e collo. Per non
parlare degli
altri personaggi. Sembravano tutti vivere in funzione della
protagonista e ogni
volta che qualcuno di loro entrava in competizione con me…
cioè, con lei...
insomma, con quella macchietta che avrebbe dovuto rappresentarmi, io
venivo
dipinta come una povera martire indifesa, mentre l’altro
personaggio diventava
il bastardo di turno. Allora mi sono impuntata e ho detto che o
cercavano di
rendere il telefilm un po’ più realistico oppure
potevano scordarsi la mia
partecipazione.
- Certo che
hai mostrato
letteralmente le palle – affermò Artie con
ammirazione.
- E come
è andata? – chiese Kurt.
- Hanno
optato per la seconda
opzione – rispose Rachel con una smorfia offesa.
- Non mi
dire! – sbottò Santana
con una risata – La star Rachel Berry è stata
licenziata!
-
È più corretto dire che me ne
sono andata per opinioni artistiche divergenti –
replicò Rachel.
- Benvenuta
nel club, sorella –
Mercedes le posò, partecipe, una mano sul ginocchio, memore
anche lei delle
difficoltà nel mondo dello spettacolo di esprimere una
propria opinione quando
si è dei novellini nel campo.
- E comunque
l’ho fatto per voi –
continuò Rachel, posando a sua volta la mano su quella di
Mercedes – Non volevo
assolutamente che le vostre controparti televisive fossero dei ridicoli
esseri
bipolari.
- Quindi il
telefilm non si farà?
– chiese Sam.
- No, il
telefilm si farà, solo
non con me, ma con un cast completamente nuovo.
- Non oso
immaginare l’orrore
surreale che ne verrà fuori – fece Artie,
particolarmente sensibile
all’argomento.
- Ma come
hai fatto a trovare la
casa? – si informò Blaine –
Perché non ci hai avvisati? Potevamo venirti
incontro all’aeroporto.
Come
risposta Rachel lanciò uno
sguardo complice a Quinn, la quale sventolò il suo cellulare
dove si poteva
leggere l’ultimo della serie di messaggi che si erano
scambiati lei e Rachel.
I’m
on my way
-
È sempre stata lei a invogliarmi
a raggiungervi – disse Quinn – Questa volta
è toccato a me riportarla tra noi.
*
* *
Il buio
arrivò in ritardo, come
sempre accade in estate; restarono ad attenderlo nel giardino,
mangiando le
pizze che avevano ordinato e tenendo impegnata Rachel con mille domande
e
curiosità su Hollywood ma sempre con i visi al cielo a
tenere d’occhio le
stelle che iniziavano a mostrarsi, emozionati al pensiero di vederne
qualcuna
fuggire lasciandosi dietro una scia bianca e rapida come una saetta.
- Mi
raccomando, tenete pronti i
desideri che dovete esprimere – diceva Brittany.
Sistemarono
poi gli asciugamani e
i teli da spiaggia sull’erba leggermente umida in modo da
poter vedere lo
spettacolo delle stelle cadenti più comodamente. A
illuminare il giardino c’erano
le luci accese in casa. Sulla veranda rimase solo Rachel che stava
terminando
di bere una bibita.
Mentre gli
altri si stavano
preparando per la pioggia di stelle cadenti, Quinn la raggiunse, con
calma,
quasi a chiederle il permesso di intromettersi tra i suoi pensieri.
- Stavo per
raggiungervi – la
rassicurò Rachel, mostrando la lattina quasi vuota.
- Lo so
– le rispose Quinn,
raggiungendola – Volevo sapere… sai già
cosa farai adesso?
- No
– fu la risposta lapidaria
di Rachel che si appoggiò alla parete esterna della casa
– E il bello è che non
posso nemmeno lamentarmi. Alla fine mi sono rovinata con le mie mani:
ho
lasciato la NYADA per “Funny Girl”, ho lasciato
“Funny Girl” per quella serie
tv su di me; quest’opportunità è stata
un fuoco di paglia e ora non mi resta
più niente. Ho creduto di poter ottenere tutto, mi sono
ostinata a voler volare
troppo in alto convinta che non sarei mai caduta. Alla fine ho perso il
senso
della misura, ho dato per scontato la vera amicizia degli altri, i
consigli di
chi voleva il mio bene e, quel che è peggio, ho dato per
scontata me stessa. Mi
sono vista come una meteora, capace di fare ogni cosa alla perfezione e
in poco
tempo. E ora non ho più nulla; non so cosa fare del mio
futuro.
- Nessuno di
noi lo sa mai –
disse Quinn – Sappiamo cosa vorremo fare ma non sappiamo se
ci riusciremo e il
non riuscirci non dovrebbe fermarci. C’è sempre
qualcosa che possiamo fare.
Essere sicuri di se stessi in questo ci è
d’aiuto… anche se tu sei la prova
vivente che il troppo stroppia – aggiunse con una risatina,
che fu condivisa
dall’altra ragazza – Siamo giovani e abbiamo ancora
tante possibilità se le
vogliamo. Magari hai solo bisogno di trovare un nuovo trampolino di
lancio, per
questa volta.
-
Sicuramente lo troverò, è solo
che inizio a provare dei rimpianti.
- Quelli ci
saranno sempre,
purtroppo. Forse è anche per questo che abbiamo dei desideri
da esprimere –
concluse lanciando un’occhiata al cielo.
- Tu e
Puck…- chiese ad un tratto
Rachel, timidamente – Le cose vanno sempre alla grande tra
voi due?
- Riusciamo
sempre a tirar fuori
reciprocamente la nostra parte migliore – rispose Quinn,
cercando di essere il
più delicata possibile – Credo che questa sia la
garanzia migliore per un
futuro insieme. Tu, invece? – aggiunse piano.
- No
– la semplice e serena
risposta di Rachel – Sento di aver bisogno di ancora un
po’ di tempo. Per il
momento, basto a me stessa – e terminò di bere la
sua bibita. E intanto
fissava, con un misto di rimpianto e felicità, Kurt e Blaine
stesi su un telo da
spiaggia, l’uno tra le braccia dell’altro.
- Ehy,
ragazze! – le chiamò
Brittany, con la sua emozione moltiplicata per mille –
Presto, venite! Stanno
iniziando a piovere le stelle.
Subito le
ragazze li raggiunsero,
stendendosi accanto a loro. Sulle loro teste tante piccole strisce
solcavano la
cupola nera del cielo, una pioggia di meteore che precipitava su di
loro
portando con sé una possibilità ed una speranza
per i desideri che stavano
liberando.
Vorrei
avere ancora più tempo per fare tutto ciò che amo
Vorrei
smetterla di sentirmi d’ostacolo a me stesso
Vorrei
che la gente riuscisse a guardarmi attraverso la mia voce
Vorrei
trovare la mia vera strada
Vorrei
riuscire a camminare attraverso i film che creerò
Vorrei
continuare ad essere quella che sono con gli altri e quella che sono
con lei
Vorrei
non stancarmi mai di migliorarmi ancora di più
Vorrei
volare ancora più in alto
Vorrei
poterti parlare ancora un’ultima volta… solo
un’ultima volta
Vorrei
che tutti i nostri desideri diventino realtà
*
* *
E anche
quelle vacanze finirono.
Arrivò il giorno del ritorno a casa.
Lasciare
quella casa dove avevano
trascorso in pace e in allegria quelle ultime settimane, fu
più triste di
quanto tutti si sarebbero aspettati; forse gli armadi svuotati, i letti
disfatti, le tapparelle calate, le tazze e le posate usate per la
colazione lavate
e risistemate nella credenza, le valige e i trolley già
pronti all’ingresso
erano solo una rappresentazione visiva di quel senso di malinconia che
pervadeva sempre il ritorno dalle vacanze, o almeno questo era il
pensiero di
Artie. Doveva dipendere da alcuni argomenti studiati ai corsi di
analisi
cinematografica.
“Chissà
fino a quando durerà questa malinconia?” pensava
mentre lo sistemavano, sulla sua sedia a
rotelle, al posto dei disabili sulla navetta per l’aeroporto “Magari, il respiro che tiriamo quando
iniziano le vacanze è segno che questa malinconia ce la
portiamo dietro sempre.
È solo la malinconia che
fa parte di
noi e questi momenti sono solo brevi pause? Presto saremo di nuovo a
casa, con
i nostri studi, i nostri lavori, i nostri impegni ad occuparci la
mente. Chissà
se anche il prossimo anno ci ritroveremo ancora qui, tutti insieme,
stavolta
senza che nessuno manchi all’appello? Spero di sì.
Lo voglio tanto. Non voglio
dire addio a nessuno di loro.
Anche
se ci saranno delle liti, anche se la vita potrà dividerci,
per una ragione o
per un’altra, desidero che il legame che ci lega duri per
sempre. Se sono
ancora in tempo, vorrei esaudire quest’altro
desiderio.”
Doveva
esserci ancora una stella
che vagava in cielo, nascosta dalla luce del giorno perché,
dopo il viaggio di
ritorno in aereo o l’arrivo a New York, nel momento in cui
dovevano separarsi
definitivamente, Artie avvertì in quei
“Ciao” “Ci risentiamo appena
arrivati”
“Vediamo di organizzarci per una prossima rimpatriata quanto
prima”, la
sicurezza che tra tutti loro non ci sarebbe mai stato un addio.
Fine
Nota
dell’autore:
Posto questa
OS (non certo la
migliore che io abbia scritto) con un sentimento diverso da quello con
cui la
scrissi, quest’estate, quando la mia vita era ancora
piuttosto stabile, quando
ero con la mia famiglia a godermi un sole che andava e veniva, e
buttavo giù
una pagina dopo l’altra ogni sera, preparandomi ad un addio
ad un telefilm che
per me ha contato molto. Non ho molto da dire se non che, storia piatta
a
parte, sono contento di averla scritta e ringrazio Flan e ALanna per
avermi
dato questa possibilità.
Anche se
sono stati anni di
insulti nei confronti dei RIB, questi anni con Glee e col suo
meraviglioso
cast, resteranno comunque una parte importante della memoria di noi
tutti.
Adesso sto
scrivendo una nuova
fanfiction per un nuovo contest organizzato da Flan e da Ginny Potter:
la Klaine
Wedding Challenge. Per informazioni e altro e per le mie recensioni,
potete
seguirmi sulla mia pagina facebook: https://www.facebook.com/pages/Lusio-EFP/162610203857483
E per
qualunque curiosità, ho
anche ask: http://ask.fm/LusioEFP
Non
perdetevi, nei prossimi
giorni, le fanfiction pubblicate da queste autrici ;)
6- Ari92 7-8 febbraio
7- Chu 9-10
febbraio
8- cup of
tea 11-12 febbraio
9- Ginny
Potter 13-14 febbraio
10- Michy
15-16 febbraio
11- Locked
17-18 febbraio
12- elisav82
19-20 febbraio
13-
_xwatson 21-22 febbraio
14-
Wild Imagination 23-24 febbraio
15-
smythwood 25-26 febbraio
16-
LaFatinaScalza 27-28 febbraio