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Autore: Lusio    05/02/2015    4 recensioni
Blaine invita i ragazzi del Glee a trascorrere le vacanze nella casa al mare della sua famiglia. Forse non sarà la vacanza dei sogni che tutti si aspettano, complice anche la completa ignoranza di Blaine sulla gestione delle funzioni domestiche, tipo luce e acqua, Mercedes non avrà tanta voglia di scendere in spiaggia per motivi noti solo a lei, Brittany avrà dei problemi con i raggi solari e Puck con qualche ragazzo di troppo intorno a Quinn… ma sarà la loro vacanza, giorni di sole, mare e divertimento, vissuti con la consapevolezza che, forse, tutto questo potrebbe finire. E in attesa della notte d'Agosto in cui le stelle piovono dal cielo e puoi desiderare che tutto cambi o che rimanga immutato.
(Questa fanfiction partecipa alla Glee Big Bang Italia organizzata da Flan e ALanna)
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana, Mercedes/Sam, Puck/Quinn
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfiction partecipa al contest “Glee Big Bang Italia” organizzato da Flan e ALanna. Ragazze siete mitiche e vi ringrazio per aver dato vita a questa iniziativa :D

 

- Autore: Lusio

- Titolo: Piccole meteore in una vacanza dolce amara

- Personaggio (o pairing, se presente): Kurt Hummel, Blaine Anderson, Mercedes Jones, Quinn Fabray, Noah Puckerman, Sam Evans, Santana Lopez, Brittany Pierce, Artie Abrams, Rachel Berry (Pairing: Klaine, Quick, Brittana, accenni Samcedes)

- Genere: Commedia, Sentimentale              

- Sommario: Blaine invita i ragazzi del Glee a trascorrere le vacanze nella casa al mare della sua famiglia. Forse non sarà la vacanza dei sogni che tutti si aspettano, complice anche la completa ignoranza di Blaine sulla gestione delle funzioni domestiche, tipo luce e acqua, Mercedes non avrà tanta voglia di scendere in spiaggia per motivi noti solo a lei, Brittany avrà dei problemi con i raggi solari e Puck con qualche ragazzo di troppo intorno a Quinn… ma sarà la loro vacanza, giorni di sole, mare e divertimento, vissuti con la consapevolezza che, forse, tutto questo potrebbe finire.

- Warning/Avvisi (se ritenuti necessari): Lime

- Wordcount/Stamp: 11.231

 

 

Piccole meteore in una vacanza dolceamara

 

 

Quelle vacanze estive avevano portato con loro un’aria diversa.

Era già capitato, gli scorsi anni, che passassero le vacanze insieme, non tutti insieme, per lo più in coppia o in piccoli gruppi; ed erano ancora al liceo. Quell’anno erano tutti, ufficialmente, studenti del college o, in alcuni casi, lavoratori, non più ragazzini, ma giovani adulti indipendenti, e un mese di tregua dopo mesi e mesi di studio, lavoro e di tutti gli altri problemi che sembravano spuntare fuori, di punto in bianco, da quando avevano compiuto diciotto anni, adesso sembrava una manna dal cielo più preziosa di quanto già non fosse durante la loro infanzia. Per dirla come Puck, avrebbero potuto tranquillamente piazzarsi su una sdraio nel giardino di casa e restare in uno stato comatoso fino al mese di Settembre.

Ma un giorno si ritrovarono radunati tutti in una conversazione su facebook creata da Blaine che metteva a disposizione la villa al mare dei suoi genitori per un paio di settimane di vacanze. All’appello risposero affermativamente quasi tutti, tranne Tina e Mike, freschi freschi di rinnovata relazione sentimentale che, per assecondare i desideri tradizionalisti della madre di Mike, erano costretti a passare le vacanze a Pechino, e Rachel, ancora impegnata con il telefilm a Los Angeles. A parte loro tre, tutti gli altri aderirono pieni di entusiasmo; tra organizzazioni e preparativi, la settimana seguente erano in viaggio, destinazione: la casa delle vacanze degli Anderson a Cape Cod. A partecipare ci sarebbero stati, a parte Blaine e Kurt, anche Mercedes, Artie, Sam, Quinn, Puck, Santana e Brittany.

Durante il viaggio in aereo dovettero sorbirsi Santana e le sue continue domande sul luogo che stavano per raggiungere, sulla villa, sul mare, finanche sul diametro dei granelli di sabbia della spiaggia.

- Santana, mi piacerebbe tanto darti qualche risposta, ma gli anni passati ero troppo impegnato a godermi il sole e il mare per preoccuparmi della consistenza della sabbia – le disse Blaine affondando il volto nell’incavo del collo di un Kurt semiaddormentato sul sedile accanto.

- Almeno puoi dirmi quanto hai sganciato ai tuoi per lasciarti la villa libera per quest’estate? – chiese ancora Santana, affacciata allo schienale del posto di Blaine.

- Non ho dovuto sganciare nulla – rispose Blaine scocciato – Semplicemente quest’anno i miei genitori mi hanno lasciato la casa perché loro sarebbero andati a Parigi, a conoscere la nuova fidanzata di Cooper.

A sentire quella risposta, Kurt, animato dal suo lato “amante del gossip”, si riscosse dal suo torpore spalancando tanto d’orecchi per sentire questa novità – Non mi avevi detto che Cooper si era fidanzato – disse a Blaine.

- Non te l’ho detto nemmeno le ultime sette volte, per non parlare delle quattro precedenti prima che ci conoscessimo – rispose il ragazzo con una alzata di spalle – Ormai è una routine questa storia di Cooper e delle sue “fidanzate”. Io e mio padre, questa volta, abbiamo scommesso che non durerà più di due settimane.

- Blaine, ma vergognati! – esclamò Kurt sconvolto – Cosa direbbe tua madre se sapesse che tu e tuo padre scommettete sulla vita privata di tuo fratello?

- Oh, lei ha detto che non durerà nemmeno una settimana – rispose Blaine con una risatina.

- Ok, fine della telenovela – si intromise nuovamente Santana – Ritornando a noi, Anderson, questa villa è dotata di una parabola satellitare sintonizzata sui canali MTV?

- Mi avvalgo della facoltà di “sospendere l’intervista” fino a quando non saremo arrivati – la liquidò Blaine tornando a coricarsi sulla spalla del suo ragazzo.

Dopo il viaggio in aereo e un breve tragitto in navetta, il gruppo raggiunse finalmente la casa delle vacanze degli Anderson: una villetta moderna a due piani, circondata da un ampio giardino, delle pareti a vetro che mostravano quello che doveva essere il salotto; ma l’interno era quanto di più sobrio ci si potesse aspettare, con mobili moderni in legno, cucina completa di tutto, salotto ampio con divano letto a due piazze e televisore e un bagno, al piano superiore una stanza da letto matrimoniale, altre due camere da letto e un secondo bagno.

- Tutto qui? – fu il commento di Santana che si guadagnò un’occhiata stupita da parte di tutti, tranne Blaine che aveva alzato gli occhi al cielo, esasperato, e Brittany, troppo impegnata a guardarsi intorno come una bambina in un parco di divertimenti – Dove sono la piscina, le lampade abbronzanti e il bancone bar?

- Santana, non ci sono piscine, lampade abbronzanti e banconi bar – disse Blaine – E’ una casa delle vacanze sul mare. Non siamo i Rockefeller.

- Ok, tregua! – esclamò Sam lasciando cadere, in maniera rumorosa, il suo bagaglio – Allora, Blaine come ci sistemiamo per le camere?

- Credo che questa casa non sia provvista di pedane per disabili, vero? – disse Artie con la serena rassegnazione che usava quando si ritrovava ad accennare al suo handicap fisico.

- Se non ti scocci, Artie – li rispose Blaine, leggermente a disagio – potresti dormire sul divano letto qui in salotto.

- Perché dovrebbe scocciarmi? – replicò Artie – Mi becco il posto letto davanti al televisore, sono vicinissimo alla cucina, cosa potrei chiedere di più?

- Bene – continuò Blaine, sollevato – Allora, al piano di sopra abbiamo due stanze da letto, ognuna con due letti e un lettino pieghevole quindi, dividendovi in due gruppetti, siete tutti sistemati; possiamo spostare uno dei letti pieghevoli in una stanza così le ragazze potranno sistemarsi tutte insieme mentre Sam e Puck dormiranno nell’altra.

- Blaine, e noi due? – chiese Kurt.

- Per noi due – gli rispose Blaine sottovoce, facendoglisi più vicino, sulle labbra l’ombra di un sorriso malizioso – Per noi due avevo tenuto da parte la stanza matrimoniale.

- Oh, non pensarci nemmeno, Anderson! – saltò su Santana, che aveva l’udito fine dovuto ad un allenamento durato quattro anni di cheerleading più dieci di stronzaggine – Non ho intenzione di fare la fine della profuga per far stare più comodi te e il tuo ragazzo durante le vostre acrobazie sessuali.

- Sentite – si intromise Sam mettendosi tra la ragazza infuriata e Kurt e Blaine – Se è un problema di posti, io libero un letto e mi sistemo qui in salotto. Artie – si rivolse al ragazzo in carrozzella – per te è un fastidio?

- Per niente – disse Artie – Anzi, saresti una comodità: non dovrò alzarmi io per il cibo.

Sam concluse lanciando un sorrisetto soddisfatto rivolto a Santana che, però, lo ricambiò con una smorfia che trasudava sarcasmo come materia ectoplasmatica dalle pareti della casa del 112 Ocean Avenue di Amityville.

Subito Puck afferrò Quinn per la vita e, posando un veloce bacio sul collo inondato di capelli biondi della ragazza sorridente, disse – Ho trovato la mia nuova compagna di stanza.

- Bene, visto che abbiamo deciso, io proporrei di andare nelle nostre stanze e sistemarci, così poi potremo scendere tutti in spiaggia – disse Kurt riprendendo il suo trolley e salendo al piano di sopra seguito dagli altri, tranne Artie e Sam che iniziarono col prendere possesso dell’intero piano terra.

Per la “gioia” di Santana, i problemi iniziarono nel momento esatto in cui Blaine poggiò le dita su un interruttore per illuminare il corridoio; perché le luci non si accesero.

- Le lampadine saranno fulminate – commentò il ragazzo – Strano però; c’è una signora del posto che, una volta ogni mese, viene a fare le pulizie. Chissà perché ieri non le ha cambiate?

- Si saranno fulminate durante la notte – ipotizzò Quinn, avvicinandosi a tentoni alla porta di una delle stanze da letto e premendo l’interruttore… per scoprire che anche le lampadine di quella stanza non si accendevano – O forse è un guasto generale.

A quella nuova scoperta, tutti si voltarono verso Blaine, con espressioni sconvolte, stupite e, nel caso di Santana, sul punto di esplodere dalla rabbia.

- Amico, si può sapere dove diavolo ci hai portati? – disse Puck.

 Se c’era una cosa che Blaine non riusciva proprio a sopportare era non avere il pieno controllo della situazione e purtroppo quella catena di contrattempi che si stava facendo, di minuto in minuto, più lunga stava mettendo a dura prova la sua calma. Con una resistenza eccessiva persino per i suoi standard, Blaine lasciò andare la sua sacca da viaggio ed entrò nella stanza aperta da Quinn avanzando nel buio senza appoggiarsi al muro o all’armadio, centrando in pieno una sedia, incespicando e finendo contro la finestra chiusa. Si ricompose e alzò con compostezza le tapparelle facendo entrare la luce del sole nella stanza e illuminando parzialmente il corridoio.

- Ecco qua! – disse rivolto al gruppetto; poterono scorgere la smorfia di dolore, dovuto all’impatto con la sedia, che Blaine cercava di nascondere dietro un sorriso tirato – Adesso, il problema della luce è risolto, per il momento, quindi… - non poté continuare perché dal piano di sotto arrivò la voce di Sam con quella che, in apparenza, sembrava una nuova “bella notizia” – Blaine! Per caso manca l’acqua?

Blaine non ebbe il coraggio di chiedere il motivo di quella domanda. Santana non fu dello stesso avviso.

- Cosa è successo, bocca di rosa? – chiese la ragazza affacciandosi alla ringhiera delle scale.

- Sono andato in bagno per… be’, capitemi – rispose Sam comparendo sulle scale – E quando ho tirato lo sciacquone… l’acqua non è scesa. Ah, vi sconsiglio di non entrare nel bagno del piano terra, almeno fino a quando non ci sarà acqua… capitemi – concluse storcendo la bocca e il naso in segno di disgusto. Disgusto che contagiò anche gli altri.

Blaine avrebbe voluto sprofondare, nel vero senso della parola, attraverso il pavimento, finire al piano di sotto, salutare Artie, giacché si trovava, sprofondare di nuovo nel pavimento e auto-seppellirsi sotto trenta metri di terreno, mettersi in posizione fetale e piangere tutto le lacrime di frustrazione che aveva in corpo. Si rese conto di aver fatto ancora una volta uno dei suoi esagerati viaggi mentali quando vide Kurt alzare la mano verso di lui, indicandogli di mantenere la calma; le sue guance arrossate dovevano essere assai eloquenti.

- Questo è un falso problema – disse, calmandosi – Sicuramente la chiave delle tubature sarà chiusa; basterà riaprirla e avremo l’acqua.

- Sapete una cosa? – disse Santana – Mi sono già stancata di questa casa e di voi. Io adesso mi metto il costume e scendo in spiaggia sperando, al mio ritorno, di trovare un luogo umanamente abitabile – e così dicendo, trascinò il suo trolley nella stanza illuminata dal sole proprio in quel momento, lo adagiò sul primo dei due letti, lo aprì, ne tirò fuori i due pezzi di un costume rosso e nero molto provocante “stile Santana Lopez” – Non preoccupatevi del resto del bagaglio; me lo sistemerò da sola al mio ritorno. Fossi in te, Anderson, darei un’occhiata agli armadi; se dovessero saltar fuori tarme, resti decomposti di una qualche colf portoricana o una satiro del regno di Narnia, potrei arrabbiarmi un bel po’. Ora, dov’è il bagno su questo piano? Vorrei cambiarmi senza rischiare di far rimpiangere a Sam e a Puck tutto questo ben di Dio – concluse indicando il suo fisico.

- Aspettami San – disse Brittany, trascinando anche lei il suo trolley delle Principesse Disney in camera – Voglio venire anch’io con te – e, afferrato il primo costume che le capitò sotto mano in quel marasma di roba che vi aveva gettato dentro (il resto della comitiva era sicuro di veder spuntare Lord Tubbington, da un momento all’altro, da quell’ammasso di panni col respiro affannoso, in cerca di aria) e seguì Santana nella direzione indicata da Blaine.

- Be’, visto che ci siamo – disse Quinn, timidamente – quasi quasi scenderei in spiaggia anch’io; ho letto su una rivista medica che le persone con l’incarnato chiaro devono iniziare a prendere il sole da subito per far abituare i pigmenti della pelle.

- Se anche Artie vuole andare a sondare il territorio in spiaggia, allora penso di doverlo accompagnare – si sentì Sam dalle scale seguito dal – Mi hai letto nel pensiero – di Artie.

- Io mi scoccio di restare qui a risolvere i vostri problemi. Sono in vacanza – disse semplicemente Puck.

In meno di un minuto, tutti si erano defilati per prepararsi, lasciando soli Kurt e Mercedes con un Blaine abbacchiato e mortificato.

- Se volete scendere in spiaggia anche voi, ragazzi, potete anche farlo – disse il ragazzo rivolto agli ultimi due rimasti – Ci penso io qui.

- Senti Blaine, smettila di dire sciocchezze – disse Kurt per tutta risposta – Dimmi dove si trova la nostra stanza, così poso la mia roba e posso venire ad aiutarti.

Dopo aver sentito quelle parole, dette in maniera spiccia, Blaine con un salto coprì la distanza che lo separava da Kurt, gli gettò le braccia al collo e lo baciò tra la guancia e l’orecchio; Kurt, preso in contropiede dall’attacco di affettuosità del suo ragazzo, gli rispose con un’occhiata interrogativa accompagnata da un sorriso.

- Non mi stancherò mai di dire quanto tu sia fantastico e quanto io ti ami – gli sussurrò Blaine accarezzandogli il lobo dell’orecchio con le labbra.

- Vedi di non stancarti mai, allora – disse Kurt con un’espressione soddisfatta.

- Se avete finito di tubare – si intromise educatamente Mercedes – potremo anche metterci all’opera – e posò il suo trolley in un angolo della stanza.

- Mercedes, non ti tratteniamo – disse Kurt – Se vuoi andare anche tu in spiaggia…

- E lasciarvi qui a sgobbare da soli? Scordatelo! – rispose Mercedes, con una fretta un po’ eccessiva – La notte non dormirei per il rimorso, a differenza della Banda Festaioli. E, sinceramente, non mi fido a lasciarvi da soli; a voi due basta la vista di un letto e la certezza di essere da soli per distrarvi. Io conosco i miei principi azzurri gay.

- Non possiamo nasconderti nulla – replicò Blaine con una risatina imbarazzata.

Dal momento che si trovavano in quella che sarebbe stata anche la sua stanza, Mercedes decise di disfare il suo trolley per trovarsi già sistemata. Trovandosi accanto a lei, Kurt buttò un occhio nel trolley per poter, all’occorrenza, darle una mano, salvo venire gentilmente allontanato con un gesto; gli parve di notare l’assenza di costumi da bagno. Se fossero stati da soli, avrebbe chiesto alla ragazza se c’era qualcosa che non andava, vista la mancanza di costumi e il modo in cui Mercedes aveva declinato l’offerta di seguire gli altri in spiaggia; ma conosceva il carattere della sua amica abbastanza da capire che non amava discutere di certe cose con più persone contemporaneamente. Rimandò, quindi, il quesito ad un secondo momento.

Dopo un po’ videro Santana, Brittany, Quinn e Puck in tenuta da spiaggia passare davanti alla porta della stanza, salutandoli chiassosamente; da basso, Sam e Artie si unirono a loro e, dopo che ebbero chiuso la porta alle loro spalle, le voci si sentirono da fuori ancora per qualche minuto fino a quando non si persero nel mormorio lontano delle onde.

I tre, rimasti con la casa libera, iniziarono prima di tutto con l’aprire tutte le finestre della casa in modo da far entrare luce e aria, Mercedes tirò anche fuori, con l’aiuto di Kurt, il letto pieghevole e vi sistemò delle lenzuola pulite prese dall’armadio; e Blaine scese nello scantinato e aprì le tubature, risolvendo il problema dell’acqua. L’unico che non riuscì a risolvere fu quello della luce; sebbene avesse esaminato, palmo a palmo, ogni angolo della casa, non riuscì a trovare nessun interruttore generale.

- Ma come è possibile che tu non sappia come riavviare la luce? – chiese Kurt che lo aveva aiutato in quella specie di caccia al tesoro.

- Il fatto è che ci pensava mio padre… credo – rispose Blaine - … non ricordo… a dire la verità, appena arrivavamo, io mi fiondavo in spiaggia – col senno di poi, pensò il ragazzo, non era stato per niente d’aiuto alla sua crescita a livello di competenze tecniche; si chiese, per un momento, se suo padre si fosse mai sentito frustrato, come si sentiva lui in quel momento, nel pensare che lui e Cooper lo lasciavano solo, a sbrigare quelle impellenze alla fin fine semplici. Però, alla frustrazione, Blaine aggiungeva anche la mortificazione, essendo lui l’organizzatore di quella vacanza.

- Non puoi telefonare ai tuoi per chiederlo a loro? – chiese Mercedes.

- Sono fuori tempo, cioè non posso telefonargli perché a quest’ora, da loro, sarà notte fonda e quando vanno a coricarsi hanno l’abitudine di spegnere i cellulari. Fino a quando non riuscirò a beccarli ad un orario che sia decente per loro, o se non sono loro a telefonarmi, non posso fare nulla.

- Be’, rovistando in alcuni armadi, prima, ho trovato qualche torcia – disse Kurt – Potremo usare quelle fintanto che siamo senza luce. E poi, secondo me, è anche più divertente; farà molto “campeggio”.

- Santana avrà parecchio da ridire…

- Che si fotta Santana. Se voleva il lusso, la comodità, poteva andare a farsi le vacanze a Montecarlo. Adesso andiamo a finire di sistemarci, prima della fine della giornata gradirei scendere anch’io in spiaggia a bagnarmi i piedi sul bagnasciuga – disse Kurt dirigendosi verso le scale per raggiungere le stanze al piano superiore; non gli sfuggì, con la coda dell’occhio, l’espressione scura e mogia di Mercedes.

Poco prima che i tre avessero raggiunto il primo gradino, furono investiti da una zaffata di fetore di ovvia origine.

- Oh mio Dio! – esclamò Mercedes portandosi una mano alla parte inferiore del viso, imitata dai due ragazzi – Qualcuno vada a tirare lo sciacquone in bagno! Anzi, aspettate – e corse per le scale al piano di sopra, tornando pochi minuti dopo con una bomboletta spray per ambiente domestico –Sapevo che sarebbe tornato utile. Me lo sono portato perché non mi fido di Puck; avrà anche una divisa dell’aereonautica adesso ma l’igiene difficilmente cambia. Avanti – continuò porgendo la bomboletta ai due ragazzi – Andate a risolvere quest’altro sgradevole inconveniente.

- Perché dovremmo andarci noi?! – fece Kurt, sgranando gli occhi – Stiamo parlando di “qualcosa” fatta dal TUO ragazzo, vai tu a risolverla.

- No che non lo farò e per due ottimi motivi: non è un compito adatto ad una signora e poi io e Sam siamo “in pausa”.

- Di nuovo! – esclamò Blaine, sconvolto.

- Ok, bene – disse Kurt prendendo la bomboletta dalle mani di Mercedes per poi porgerla a Blaine – Avanti Blaine, vai.

- Oh, no! Scordatelo! Perché dovrei andare io?

- Perché Sam è il tuo migliore amico, quindi spetta a te l’ingrato compito.

- Sam è il mio miglior amico, non il mio cane. Dammi solo una buona ragione per farlo, solo una – per tutta risposta, Kurt gli si avvicinò con un sorriso malizioso e gli sussurrò alcune parole all’orecchio; Blaine arrossì e si morse le labbra – Accidenti! Va bene, vado – e coprendosi il viso con una mano, fece una corsa disperata in bagno con la bomboletta già in azione.

- Grazie, amore. Noi iniziamo a salire – gli disse Kurt sorridendo soddisfatto e salendo le scale seguito da Mercedes.

Restare per qualche minuto da solo con Mercedes era proprio quello che Kurt aveva sperato succedesse. Non gli era piaciuto lo sguardo della ragazza quando aveva nuovamente proposto di andare in spiaggia e poteva immaginare la possibile motivazione e se era nel giusto… in quel caso era pronto a passare il resto della giornata a capire “perché”.

- Mercedes, c’è qualcosa che non va? – le chiese Kurt ad un certo punto, seguendola in camera.

- No – rispose Mercedes con un sorriso stupito che tentava di nascondere qualcosa e mettendosi a piegare alcuni suoi vestiti – Cosa te lo fa pensare?

- Ti vedo un po’ strana ogni volta che qualcuno di noi nomina il mare e la spiaggia.

- Per favore! – esclamò la ragazza con una alzata di spalle – Tu lavori troppo di fantasia.

- Ma non vuoi scendere in spiaggia con noi neanche adesso, o sbaglio? – si azzardò a chiederle Kurt.

- Non vedo perché dovrei – rispose lei dopo alcuni istanti di silenzio e dopo aver dato un’occhiata alla finestra – È pomeriggio inoltrato, tra un po’ il sole non ci sarà e gli altri saranno qui a momenti. Se tu e Blaine volete andare, siete liberissimi di farlo ma io penso che salterò il turno per questa volta…

- Mercedes, non ti sei portata nemmeno un costume da bagno – la freddò Kurt; Mercedes, spiazzata da quella affermazione, rimase china su una camicia a maniche lunghe per la sera, non riuscendo ad alzare il viso per reggere lo sguardo preoccupato di Kurt – Se non te la senti di parlarne, non insisterò – continuò il ragazzo – ma vorrei solo capire perché ti stai comportando come se ti vergognassi. Non è da te.

Mercedes fece un respiro profondo come se si stesse preparando per rispondere ma, alla fine, la sua voce si rifiutò di uscire. Quello che aveva accanto era il suo migliore amico, quello che le era sempre stato vicino nei momenti belli e in quelli tristi, quello che si era presentato alla porta di casa sua armato di gelato e di DVD di “Dreamgirls” dopo aver saputo della sua rottura con Shane, quello che, quando erano ai primordi della loro amicizia, le aveva confessato per la prima volta di essere gay rimettendosi completamente alla sua comprensione. Tra lei e Kurt c’era sempre stata sincerità e una delle certezze più solide che la ragazza aveva era che ci sarebbe sempre stata.

- È che… non penso di sentirmi molto a mio agio.

- Ma Mercedes, tu non ti sei mai vergognata di come sei – disse Kurt sconvolto.

- E infatti non me ne vergogno affatto – riprese la ragazza – So di essere bella e sto bene così come sono ma in queste occasioni non mi sento a mio agio, te l’ho detto. Non mi va di mostrare il mio fisico in quella maniera, non quando mi trovo accanto a ragazze come Quinn o Brittany o Santana. Do il meglio di me quando sento di indossare il capo d’abbigliamento giusto e sai che, in quel caso, posso far cadere giù dal loro piedistallo tutte le reginette di bellezza di questo mondo ma se devo scoprirmi… allora no. Attirerei l’attenzione di tutti ma non in senso positivo; un conto è essere guardati con ammirazione, magari anche con un po’ di invidia. Ma venire guardati con sufficienza o scherno a causa del tuo fisico… allora no. Quello è uno scoglio che ancora non riesco a superare.

- Ma non puoi rinchiuderti in casa per tutta l’estate. Prova a fregartene di quello che gli altri pensano di te; è sempre stato questo il nostro motto.

- Le parole sono sempre più semplici dei fatti. Abbiamo sempre fatto della nostra particolarità i nostri punti di forza e al liceo ha funzionato, ma fuori, nel mondo, è tutto molto più difficile; più che continuare a combattere, non c’è molto altro che possiamo fare. Potrei anche riuscire a sopportare le occhiate e i commenti sottovoce, ma la cosa più dura è proprio il fatto che sono io a non farcela, a non voler scoprirmi.

Kurt avrebbe potuto scuoterla, dirle le cose che erano soliti dirsi l’un l’altro nei momenti difficili quando erano al liceo, ma ascoltare quelle parole gonfie di un pianto trattenuto lo frenò dal dire frasi scontate e poco adatte. Quando il problema non veniva dagli altri ma da se stessi era tutto più difficile, soprattutto per uno, come Kurt, che non si era mai vergognato di come era. Forse un corso accelerato di psicologia doveva essere obbligatorio al liceo; si arriva sempre ad un momento in cui vorresti dare ad un amico un consiglio sicuro e adatto al suo problema. Quasi per caso, gli occhi del ragazzo finirono per posarsi sulla camicia che Mercedes stava piegando proprio in quel momento: era una di quelle camice estive bianche e pieghettate, di quelle che le donne indossano in spiaggia. Per un attimo, un’idea gli balenò per la mente ma prima che potesse aprir bocca, Blaine fece il suo ingresso in camera.

- Non vi siete ancora preparati? – chiese stupito, restituendo lo spray a Mercedes – Penso che gli altri stiano per tornare, ho sentito le loro voci fuori. Sicuramente tra un po’ ci saranno le file per le docce.    

- Be’, io non voglio togliere spazio – disse la ragazza, ritornata del suo solito umore – Ma voi andate pure a fare una visitina lampo alla spiaggia. Tanto la doccia la farete insieme, conoscendovi. Su Kurt, andate a prepararvi, prima che Santana riattacchi con le sue critiche distruttive.

Kurt, preso in contropiede, ebbe solo il tempo di mimarle un silenzioso “Ne riparliamo poi” prima di essere trascinato via per mano dal suo fidanzato. Si cambiarono frettolosamente nella loro stanza, quella matrimoniale, Blaine buttando i suoi vestiti sul letto mentre Kurt… be’, i suoi vestiti li piegava ma stavolta senza preoccuparsi di possibili pieghe sulle maniche; si infilarono i costumi e si precipitarono fuori dalla stanza, giù per le scale, fuori di casa dove quasi si scontrarono con gli altri di ritorno dalla spiaggia.

- Cos’è successo? Sta per saltare in aria la casa? – si informò una Santana ancora più ramata che sosteneva una Brittany piagnucolante, quasi sull’orlo dell’ustione.

- A parte la luce, è tutto a posto – urlò Blaine in risposta, continuando a correre con Kurt – Anche il cesso di Sam è di nuovo utilizzabile.

- Ma dove state andando? – urlò loro Sam.

- A dare inizio alle nostre vacanze – urlò Kurt, mentre insieme a Blaine quasi volavano, a piedi nudi, lungo il pendio erboso che portava alla zone sabbiosa di quell’angolo di mondo. Per un po’ lasciarono che tutto, la luce che mancava, i commenti acidi di Santana, il problema di Mercedes, ogni altra cosa avesse occupato le loro menti in quelle ultime ore venisse portato via dal vento che rombava nelle loro orecchie.

Il sole stava tramontando, la sabbia iniziava a raffreddarsi, sulla spiaggia c’era solo un’anziana signora avvolta in una lunga vestaglia verde e con un ampio cappello di paglia che le scendeva lungo la nuca e una rivista in mano, seduta su una sdraio.

Kurt e Blaine continuarono a correre sollevando zappate di sabbia, fino a far scontrare i loro piedi con l’acqua che si abbatteva sul bagnasciuga; non si lasciarono frenare dal primo freddo impatto delle onde, continuarono a correre, adesso sollevando spruzzi di acqua salmastra, lanciando urli di gioia. Alla fine si tuffarono in acqua e il rombo del vento venne sostituito dal gorgogliare dell’acqua.

Quando tirarono la testa fuori dall’acqua rimasero intontiti per un po’ e quando ogni goccia venne cacciata dagli occhi, la prima cosa che videro fu il volto l’uno dell’altro. Sulle loro labbra e nelle loro bocche trovarono il sapore di quel mare nel quale erano immersi. Quel nuovo sapore…

Sperarono entrambi di ritrovarlo quella notte.   

 

* * *

 

Quella prima sera, approfittando del fatto che non c’era la luce elettrica, i ragazzi trascinarono fuori, in giardino, il tavolo e le sedie del salotto mentre le ragazze preparavano dei tramezzini con quello che la donna che teneva in ordine la casa aveva comprato il giorno prima.

Poi il resto della serata passò tra chiacchierate e canzoni cantate accompagnate dalle chitarre portate da Sam e Puck, mentre Blaine ne tirò fuori una da uno degli armadi della soffitta; quando rientrarono, utilizzarono le torce per metter su un piccolo spettacolo: Kurt si buttò addosso alcuni asciugamani bianchi e con Quinn e Mercedes alle spalle, a fargli da coretto, si esibì in una imitazione del videoclip di “Wuthering Heights” di Kate Bush; con la luce delle torce e la sua voce da controtenore l’effetto fu perfetto. Alla fine ricevette una standing ovation più uno dei tipici “complimenti” di Santana.

Sebbene le ore passassero, nessuno sembrava avere intenzione di andare a dormire ma poi la stanchezza, il jet lag, il caldo fecero il loro effetto e quando Brittany crollò sulla spalla di Santana capirono che era il momento adatto per ritirarsi ognuno nella propria stanza, tranne Artie e Sam che si prepararono il divano letto. Il tutto sempre alla tenue luce delle torce.

- Blaine, hai ricevuto segnali di vita dai tuoi? – si informò Quinn, arrancando sulle scale al braccio di Puck – La cosa qui è un po’ più difficile di questo pomeriggio.

- Gli ho lasciato non so quanti messaggi in segreteria – rispose Blaine che avanzava cautamente dietro di loro – A meno che non ci sia stata una delle solite scenate di mio fratello sulle sue “tempestose relazioni sentimentali”, dovrebbe arrivarmi una loro risposta nelle prossime ore. Magari domattina sarà tutto risolto.

- Lo spero – biascicò Santana – Non ho intenzione di passare un’altra serata a farmi tastare da Puckerman.

- Te l’ho già detto: al buio pensavo fosse la gamba di Quinn – replicò Puck, infervorato.

- Sì, sì certo – commentò sarcasticamente Santana – La verità è che nessuno, e dico nessuno, può resistere alla mia sensualità ad alta concentrazione. Se durante queste vacanze Gay 1 e Gay 2 proveranno ad infilarsi tra le mie gambe, allora vorrà dire che sono la numero uno al mondo in quanto a “sexysmo”.

- Continua pure a sognare – mormorò Kurt alzando gli occhi al cielo, anzi alla parete.

- Stavolta l’hai sparata grossa – disse Puck con una risata.

- Scommettiamo? – Santana si fermò sull’uscio della sua stanza e puntò la torcia in faccia a Puck – 50 dollari che prima della fine di queste vacanze avrò avuto, in mezzo alle gambe, almeno uno della coppietta preferita dai cantanti di musical in pensione.

- Andata – accettò Puck, scostando la torcia dalla sua faccia – Tanto sono sicurissimo di vincere; so per certo che non esistono due ragazzi più gay di questi due e io sono stato in riformatorio.

- Ok, se avete finito di speculare sulla nostra vita, potremmo andare a coricarci? Ho sonno – li interruppe Kurt.

- Sì, “sonno” – commentò Santana sarcastica, sostenendo Brittany fin dentro la camera.

Prima che Mercedes seguisse le ragazze, venne formata per un braccio da Kurt che le posò un bacio sulla guancia e le sussurrò all’orecchio – Domani verrai anche tu in spiaggia con noi. Fidati.

Con un “buonanotte” generale, ognuno si ritirò nella propria camera da letto.

Appena ebbe chiusa la porta, Kurt si trovò davanti la bellissima visione del sedere di Blaine che proprio in quel momento si stava togliendo i pantaloni… e anche le mutande a quanto pareva.

Senza scomporsi, Blaine si sdraiò sul letto, nudo come era.

- Niente pigiama stasera? – domandò Kurt, iniziando a spogliarsi a sua volta.

- Fa troppo caldo – si limitò a rispondere Blaine, raggomitolandosi in posizione fetale.

Toltosi ogni indumento anche lui, Kurt lo raggiunse sul letto; sollevò le lenzuola e coprì i loro corpi – Queste, però, le teniamo – disse, aggiustandole meglio sulle spalle del suo ragazzo che si era a malapena mosso dalla sua posizione – Siamo senza niente addosso e c’è la finestra aperta; evitiamo qualsiasi infreddatura – e dopo avergli posato un bacio a fior di labbra, lasciò ricadere la testa sul cuscino per lasciarsi andare tranquillamente al sonno; ma Blaine era di tutt’altro avviso.

In una sola mossa, posò un braccio attorno al petto del suo ragazzo e gli circondò la vita con una gamba, e iniziò a stuzzicarlo baciandolo, strofinandogli il naso contro il collo, strusciandoglisi sul fianco.

- Dai Blaine – si schermì Kurt, a cui però non dispiacevano tutte quelle attenzioni.

- Me lo avevi promesso – miagolò Blaine affondando il viso nell’incavo del collo del suo ragazzo – Mi avevi promesso che avremo passato una dolcissima notte se risolvevo il problema del bagno.

- Niente è più dolce del sonno – rispose Kurt continuando a godersi il calore della bocca di Blaine sul collo e della sua gamba che gli stava lentamente accarezzando il sesso sempre più turgido.

- Invece c’è qualcosa di molto più dolce – mormorò Blaine, con voce roca, stendendosi completamente su Kurt – Qualcosa che conosciamo entrambi.

- Gli altri potrebbero sentirci – fece Kurt, ridacchiando sotto i baffi, divertendosi a fare il finto ritroso ma lasciando che le sue dita corressero lungo il corpo di Blaine.

- A New York avevamo delle tende e dei separé, qui abbiamo delle vere pareti. Se proprio vuoi – continuò avvicinando ancora di più le loro bocche – possiamo fare piano piano – e lo baciò; le dita di Kurt si aggrovigliarono tra i suoi capelli, spingendo ancora di più, una contro l’altra, le loro bocche, riscoprendo quel sapore di acqua salata che avevano catturato nel loro primo tuffo in mare. Sapore che era conservato anche sulla loro pelle.

Blaine sgusciò fuori dalla bocca di Kurt, che reagì con un moto di disappunto, e buttò da parte le lenzuola lasciando scoperto il suo corpo bianco e fremente; la sua lingua catturò una traccia di salsedine al centro del petto del ragazzo, la assaporò e scese giù fino al pube.

Per impedirsi di urlare dal piacere, Kurt si morse il dito medio.

“Se un Dio esiste, deve avere la forma della bocca di Blaine.”

Quella fu l’unica cosa che riuscì a pensare prima che la mente gli si annebbiasse completamente.

 

* * *

 

Santana era capacissima di spezzare un braccio a chiunque si fosse azzardato a svegliarla nel cuore della notte; con la sola eccezione di Brittany. Per questo quando avvertì il leggero tocco familiare sulla spalla si limitò ad un grugnito di protesta.

- Mmm… che c’è Britt? – riuscì a dire la ragazza aprendo gli occhi; Brittany era accanto al suo letto pieghevole, con la sua aria da bambina smarrita e gli occhi arrossati, come la sua pelle, dalle lacrime.

- Non riesco a dormire, Santana – piagnucolò la ragazza a bassa voce per non svegliare Mercedes che dormiva placidamente – La pelle mi brucia da morire.

“Santa pazienza”, pensò Santana tirandosi a sedere sul letto e passandosi una mano tra i capelli.

- Brittany, dovevi mettere la protezione solare – le disse – Lo sai che ti arrossi facilmente.

- Ma Quinn aveva detto che noi con la pelle più chiara dovevamo prenderlo subito il sole.

- Non significa che non devi usare la protezione – disse Santana; un borbottio infastidito proveniente dalla postazione di Mercedes la convinse a cambiare momentaneamente stanza – Vieni con me – disse a Brittany alzandosi e portandola fuori, tenendola per mano e facendo attenzione a non centrare gli spigoli dei letti e dell’armadio; e si diressero verso il bagno muovendosi a tentoni lungo il corridoio buio. Dal piano di sotto si sentiva il sonoro russare di Sam, mentre dalle stanze di Puck e Quinn e di Kurt e Blaine provenivano suoni abbastanza espliciti… e lei e Brittany dovevano condividere la stanza con Mercedes senza nemmeno l’ombra di un po’ di privacy. Era facile dare la colpa a Dio o al karma che la puniva per la sua stronzaggine… ma era ancora più facile dare la colpa a Blaine.

“A Blaine che non sa nemmeno riavviare la corrente in casa sua”, pensò dopo essere andata a sbattere, nonostante la prudenza e il passo di lumaca, nella porta del bagno.

Adagio, aprì la porta e grazia a Dio la finestra era aperta e i raggi della luna si infrangevano sulle piastrelle bianche illuminando il bagno di una tenue luce bluastra; così Santana poté raggiungere più facilmente e senza altri danni la specchiera dove avevano sistemato le creme e gli altri accessori necessari alla parte femminile del loro gruppo e prese il tubetto di crema per le scottature.

- Dai, siediti – disse, facendo sedere Brittany sul coperchio del gabinetto; si inginocchiò davanti a lei, tubetto di crema alla mano e… la Santana buona. Le bastava poco per farla uscire fuori e le lacrime di Brittany, il suo broncio da bambina erano un ottimo mezzo ma il suo preferito era il sorriso speciale a trentadue denti, che arrivava fino agli occhi e che dava solo a lei. Passò il pollice sulle guance della ragazza e le asciugò le lacrime facendo attenzione a non premere troppo sulla pelle arrossata – Se i raggi solari si azzardano a riavvicinarsi a te, giuro che li prendo a calci fino a fargli raggiungere la costellazione dell’Ispanica Incazzata – disse, iniziando a spalmarle delicatamente la crema sul viso.

- Non potresti mai prendere a calci i raggi solari – disse Brittany, mordendosi le labbra per il fastidio – Non superano lo strato di ozono.

- Ruberò un’astronave alla NASA, allora – replicò Santana con un sorriso – Era più divertente quando mi rispondevi per le rime; ti ho offerto la battuta sulla “costellazione dell’Ispanica Incazzata” e non hai detto nulla.

- Lo so che è una costellazione che non esiste. Al college mi sono imbucata ai corsi di astronomia; pensavo che avrebbero insegnato a leggere il futuro nelle stelle. Poi mi hanno fatto notare la differenza tra astronomia e astrologia.

“Sono felice che tu ci sia sempre, anche quando sembra che il mondo e le sue regole ti stiano cambiando”

- Avanti, adesso le braccia – disse Santana, ripetendo la stessa operazione.

Mentre Santana si occupava delle sue scottature, Brittany si appoggiò al contenitore dell’acqua del water e si mise a fissare il cielo blu punteggiato di stelle. Quando era piccola e si faceva male, sua madre le diceva sempre di guardare il cielo mentre la medicava così si sarebbe scordata del dolore e funzionava sempre; anzi, adesso che era cresciuta, che il dolore era più sopportabile (nei limiti del possibile) e che aveva una conoscenza maggiore grazie ad un corso di astronomia seguito clandestinamente, poteva concentrarsi maggiormente su quei piccoli “lumini degli angeli”, le “lucciole” di Timon e Pumbaa, i vari carri e orse e Andromede e Persei delle mappe stellari.

- Sai, facciamo bene ad inventarci nuove costellazioni e a chiamare le stelle coi nomi delle persone di cui ci innamoriamo, anche se è un po’ inutile dal momento che le relazioni possono finire e le stelle, ad un certo punto, esplodono – disse – Ma forse, dai piccoli frammenti delle stelle esplose possono nascere tante piccole nuove stelle, che possono crescere e diventare soli, costellazioni, comete… stelle cadenti… Lo sai che il 10 Agosto è la notte delle stelle cadenti? Tra poche notti vedremo una vera pioggia di stelle. Qui non ci sono palazzi e lampioni, quindi le stelle si vedranno molto meglio qui che a Lima. Sarà bellissimo, non credi? Chissà quanti desideri potremo esprimere.

Come risposta Santana le posò un bacio su una gamba, dove pure stava spalmando la crema, su una mano, sulla guancia e infine sulle labbra.

- Ne ho appena espressi quattro – le disse, fissando le due stelle che aveva negli occhi – E se ne sono avverati sei.

 

* * *

 

Blaine non ricordava di aver messo la sveglia sul cellulare. Non ricordava nemmeno che la sveglia del suo cellulare avesse quel tipo di suoneria.

Sul petto avvertiva il peso del capo di Kurt, un suo braccio che gli cingeva la vita.

La mano di Blaine corse verso il comodino andando a scontrarsi col cellulare che stava ancora suonando, lo prese e, fissando lo schermo… ok, era ancora mezzo addormentato ma era più che sicuro che “Mamma” non fosse un orario. Nell’arco di una manciata di secondi, ogni idea ritornò al suo posto: quella suoneria non gli ricordava la sveglia perché era delle chiamate e se l’orario era composto da numeri allora quel “Mamma” era una persona che gli stava telefonando; per la precisione, sua madre… ovviamente.

- Mamma – rispose il ragazzo con una voce così roca e impastata da far paura.

“Blaine, ma stai dormendo?” la voce di sua madre gli arrivò alta e squillante.

- Mamma sono le quattro di notte, cosa dovrei fare secondo te? – replicò Blaine, passandosi stancamente una mano sugli occhi.

“Oh, scusami caro, devo essermi confusa con il fuso orario: credevo che da voi fossero già le nove di mattina”

Bene, sua madre aveva qualche problema a regolarsi con il fuso orario; adesso che aveva avuto questa preziosa informazione avrebbe dormito sonni tranquilli; appunto, dormire… peccato che quella non fosse anche l’intenzione di sua madre.

“Senti, Blaine” continuò la donna al telefono “Volevo dirti, per quanto riguarda l’interruttore generale della luce, è dietro il pannello ad arabeschi in cucina, quello sotto la credenza, lo sposti verso destra e si apre”

- Ah, sì sì, grazie mamma – rispose Blaine, adesso al 10% interessato, anche se ancora addormentato al 90% - Mi serviva giusto questa informazione.

“Per il resto tutto a posto? Vi state trovando bene?”

- Sì sì, mamma, benissimo.

“Avete mangiato?”

- Sì sì – Blaine stava piano piano scivolando nuovamente nel sonno, stavolta ad un 99% pieno.

“Scusa, Blaine” disse ancora sua madre, con un lieve imbarazzo nella voce “È… è Kurt che sta… ehm… gemendo?”

Blaine chinò leggermente il capo, scontrandosi con il ciuffo di capelli castano chiaro di Kurt che dal petto si era spostato sul suo collo; e come succedeva ogni volta che la bocca di Kurt incontrava il collo di Blaine, dipendesse dal suo odore o dalla sua pelle, perdeva ogni freno inibitore, anche da addormentato… ok che succedeva anche il contrario, ma non aveva per niente voglia di parlare, ad un’ora improponibile della notte, della vita sessuale sua e del suo fidanzato con sua madre.

- Se ti dico di sì, possiamo concludere qui questa telefonata? – si limitò a chiederle.

“Oh, sì certo… scusami” disse la donna, adesso decisamente in imbarazzo “Adesso vi lascio. Dai un bacio a Kurt da parte mia. Buonanotte, tesoro”

Blaine non aspettò che lei riattaccasse per prima, ma pigiò il tasto “Termina Chiamata” e lasciò scivolare il cellulare sul comodino. E, infine, intrecciò le braccia attorno alla schiena di Kurt, pronto a lasciarsi ricadere nuovamente nel regno dei sogni. Quando un pensiero gli attraversò la mente come un lampo: il pannello ad arabeschi; sotto la credenza; in cucina; l’interruttore generale della luce; oblio totale domani mattina al risveglio. Cavolo, doveva alzarsi subito e riattivare l’interruttore generale prima di dimenticarsene.

Facendo una grande violenza a se stesso, Blaine si districò dall’abbraccio di Kurt, che emise un verso di fastidio nel sentirsi privato di quel dolce calore e che si placò solo dopo che si fu avvinghiato al cuscino di Blaine. Con uno sbuffo di stanchezza, Blaine si alzò, prese i suoi boxer dalla sedia, dove li aveva appoggiati assieme al resto dei suoi vestiti, se li infilò e, massaggiandosi la radice del naso con l’indice e il pollice per stimolare la concentrazione, si diresse verso la porta scontrandosi con, nell’ordine, la sedia, l’armadio, lo spigolo della testata del letto. A questo terzo colpo, Kurt si riscosse nuovamente con un mugugno ma senza svegliarsi.

Per assicurarsi di non averlo disturbato, Blaine si voltò verso la figura addormentata e… Dio Santissimo, quanto era bello!

Lo conosceva da anni, lo aveva visto nudo un milione di volte e forse più ma in quel momento, steso sul letto, avvinghiato al suo cuscino, le lenzuola che gli scendevano lungo le gambe, la luce della luna che illuminava la morbida silhouette del suo corpo simile all’alabastro, la spalla che si ergeva robusta e tondeggiante, la schiena che si incurvava verso il basso, la morbida e invitante linea dei glutei, le cosce seminascoste dalla stoffa azzurrina che si era aggrovigliata attorno ad esse. Il suo respiro pesante e rilassato che si liberava dalle labbra socchiuse.

“Al diavolo la luce, vedrò di ricordarmelo domani mattina”

Blaine si sfilò nuovamente i boxer, lasciandoli tranquillamente sul pavimento, salì sul letto stringendosi al corpo di Kurt; stavolta, il verso che emise il ragazzo addormentato fu di pura soddisfazione.

 

* * *

 

Il mattino dopo il primo a svegliarsi fu Puck; quegli ultimi mesi nell’esercito avevano influito parecchio sulle sue abitudini quotidiane, il risveglio soprattutto: ogni mattina, alle sei precise, i suoi occhi si spalancavano, i suoi sensi di nuovo vigili e attenti, il suo corpo pronto a saltar giù dal letto e a cominciare al meglio la giornata, solo che quella mattina, pur essendosi svegliato, rimase steso sul letto. Non solo era in vacanza ma era nello stesso letto con Quinn… di nuovo.

Una delle costanti della sua vita, anzi delle loro vite, da quando avevano entrambi quindici anni e gli ormoni impazziti; dalla loro prima volta (la loro prima volta insieme, non proprio “prima volta”) fino ad allora si erano sempre ritrovati, come legati da un filo invisibile; prima pensavano che si trattasse del fatto di aver avuto Beth e lei sicuramente era una parte importante di quel legame, ma col tempo, forse l’ultimo anno e mezzo appena trascorso, così pieno di cambiamenti, avevano capito quanto le radici di quel legame fossero più profonde. Sia lui che Quinn avevano cambiato stile di vita e partner in maniera quasi costante, ma le uniche cose che ritornavano sempre erano loro due, insieme. Qualcosa voleva poter dire. E stavano iniziando a capirlo.

Non la disturbò, rimase sdraiato accanto a lei, guardandola, imprimendosi nella mente ogni più piccolo dettaglio. E quando arrivò un’ora del risveglio più da vacanza, si permise di passarle le dita tra i capelli biondi sparsi sul cuscino, districando i nodi che si erano formati durante la notte. Continuò fino a quando Quinn non aprì gli occhi.

Poche volte, Noah Puckerman si era svegliato così: con una ragazza accanto che gli dava il buongiorno. E quelle poche volte era sempre stato con Quinn.

Non gli sarebbe dispiaciuto farci l’abitudine.

 

* * *

 

Il risveglio generale fu, prima, sonnacchioso e silenzioso e poi, a mano a mano, sempre più chiassoso , tra file per il bagno e preparativi per la colazione.

Blaine si era svegliato con alcune parole in testa: “interruttore della luce”, “pannello in cucina”. Cosa volevano dire? Se lo ricordò quando riacquistò un po’ più di lucidità; allora saltò giù dal letto, sveglio e pimpante, quasi inciampando su Kurt intento alle sue flessioni.

- Blaine, dove pensi di scappare? – lo riprese, alzandosi sulle ginocchia – Devi fare anche tu gli esercizi mattutini.

- Sì, dopo – disse Blaine, infilandosi i boxer e un paio di pantaloni – Prima vado a risolvere una faccenda rimasta in sospeso – e uscì dalla stanza.

In corridoio vide Puck e Quinn fuori la porta del bagno, ad aspettare il loro turno. Sceso al piano di sotto fu accolto dal salutare odore di caffè e pane tostato; Mercedes, mattiniera come suo solito, si era data letteralmente da fare: stava apparecchiando la tavola mentre aspettava che la colazione fosse pronta. In salotto Sam stava ancora russando mentre un rumore proveniente dal bagno indicava che anche Artie si era alzato.

Blaine individuò il pannello a colpo d’occhio; lo aveva avuto davanti agli occhi per anni tanto da non notarlo più, col passare del tempo, eppure quando lo aprì gli sembrò quasi nuova, con l’interruttore generale che nascondeva. Era stupido come pensiero ma certe soddisfazioni si ottengono anche con un solo gesto delle dita. Quando pigiò l’interruttore ed ebbe la conferma che la luce adesso c’era fu invaso da una forte euforia.

- Mercedes – disse rivolto alla ragazza, che in quel momento stava prendendo un vasetto di marmellata dal frigo – Santana sta ancora dormendo?

- Non so, credo di sì – rispose la ragazza – Se vuoi andare a chiamare lei e gli altri per dire loro di scendere mi faresti un favore. Io, intanto, vedrò di resuscitare Sam – aggiunse lanciando un’occhiata divertita al divano-letto – Ma sta attento con Santana; non è propriamente un angelo quando è appena sveglia.

- E quando mai lo è – replicò Blaine – Ma stai tranquilla – continuò con una voce che non lasciava presagire nulla di buono – le farò avere un risveglio tranquillo.

Il ragazzo salì di nuovo al piano di sopra, raggiunse la porta della stanza delle ragazze e la spalancò senza tanti complimenti, facendo saltare dal letto Santana ancora addormentata.

- Ti farà piacere sapere, Santana, che questa casa è finalmente un luogo abitabile – disse il ragazzo, accendendo la luce nella stanza in modo che la sua espressione di trionfo fosse ben visibile.

Santana gli rispose con una delle sue occhiate omicide – Ti do dieci secondi, Anderson – scandì lentamente – Dieci secondi per sparire dalla mia vista, prima che ti faccia fare un volo dalla finestra.

- Buongiorno anche a te – disse Blaine prima di chiudere la porta davanti a sé per evitare il cuscino che Santana gli lanciò contro. Nel corridoio incontrò le espressione interrogative di Puck e Quinn, di Brittany uscita in quel momento dal bagno, e di Kurt sulla soglia della loro stanza – Le soddisfazioni della vita – fu la sua spiegazione.

Scesero, poi, tutti per la colazione, consumata nella tranquilla atmosfera delle dieci di una mattina estiva e dopo che l’ebbero terminata finirono di prepararsi per scendere in spiaggia; e quella fu l’occasione colta da Kurt: si portò dietro Mercedes, che stava sistemando le tazze e le posate usate nel lavandino col chiaro intento di lavarle e avere così una nuova scusa per saltare quella seconda giornata al mare.

- Non credere che mi sia scordato di te – le sussurrò il ragazzo quando fu certo di non essere a portata d’udito degli altri – Ti ho detto che saresti scesa in spiaggia con noi ed io, quando parlo, sono abituato a non essere contraddetto.

- No, Kurt – si schermì Mercedes – Ne abbiamo già discusso ieri, non insistere.

- E se ti dicessi di aver ideato una soluzione al tuo problema?

- Posso azzardarmi a dubitare della sua efficacia?

- Dimentichi di avere davanti il più grande fashion blogger del liceo McKinley…

- Eri l’unico fashion blogger del McKinley.

- Dettagli – tagliò corto Kurt – E poi sono stato anche stagista a Vogue.com. Se c’è qualcuno che può aiutarti, quello sono io – concluse pomposamente, indicandosi da solo e strappando un sorriso alla ragazza – Avanti. Te l’ho detto: fidati – concluse Kurt con un sorriso di incoraggiamento.

- Ehi, voi due – li chiamò Artie; lui e gli altri erano già pronti e radunati nell’atrio – non vorrete darci buca.

- Voi iniziate ad andare – disse loro Kurt – Vi raggiungeremo subito.

Con qualche alzata di spalle, un’occhiata interrogativa e un commento di impazienza, il gruppo seguì l’esortazione di e uscì di casa.

- Bene, e ora a noi, mademoiselle Jones – fece Kurt Hummel conducendo a braccetto una ridacchiante e imbarazzata Mercedes Jones… come ai primi tempi della loro amicizia.

 

* * *

 

La spiaggia era una distesa di sabbia chiarissima, quasi bianca, e fine che si stendeva lunga per tutta la costa; alle sue spalle c’erano delle macchie di verde, piante psammofile che ondeggiavano pigramente al vento lieve e costante; all’orizzonte il mare cristallino e dello stesso colore del cielo, sterminato, con onde che si accavallavano l’una sull’altra per poi infrangersi, bianche di spuma, sul bagnasciuga. Le persone erano sparse qui e là, su asciugamani o sotto ombrelloni, da sole o in gruppi di due, tre, quattro e così via, chi si godeva il sole, chi sguazzava in acqua, qualche bambino giocava con la sabbia, qualche ragazzo fresco di palestra se ne andava in giro in vena di conquiste e qualche ragazza se ne stava comodamente distesa su una sdraio intenta a farsi desiderare.

La prima a notarli fu Quinn, intenta a spalmarsi la protezione solare sulle braccia. Notò prima Kurt, sigillato in una camicia così bianca da riflettere la luce e un paio di pinocchietti al ginocchio dello stesso colore; accanto a lui, a braccetto, in un’ampia camicia pieghettata bianca, lunga fino alle gambe coperte da un pantalone dello stesso tessuto leggero e ampio color blu, i boccoli neri che le ballavano attorno al viso, c’era Mercedes. Entrambi sfoggiavano sciccosissimi occhiali da sole da divi.

- Ragazzi, sembra che i Kurtcedes siano tornati – Quinn richiamò l’attenzione degli altri con entusiasmo; Puck, Blaine e Artie reagirono con sorrisi stupiti e battiti di mani a quelle visioni, Santana li guardò sollevando un sopracciglio, come se volesse dire “Avete intenzione di fare le scarpe alla più figa della spiaggia, cioè la sottoscritta?”, Brittany semplicemente li salutò senza badare al loro abbigliamento, e Sam spalancò occhi e bocca nel vedere Mercedes non riuscendo a spiccicare una parola.

- Buongiorno, plebe – esordì Kurt.

- I sovrani della spiaggia sono arrivati – concluse Mercedes, accomodandosi su una sdraio assieme al ragazzo.

- Vedete di non alzare troppo la cresta, carini – disse Santana con una smorfietta di fastidio camuffata da sorriso – Poi è difficile riaggiustarle.

- Rosica di meno e goditi di più le vacanze – replicò tranquillamente Mercedes.

- Se poi vuoi, posso fare consulenza anche a te se hai bisogno – fece Kurt sollevando leggermente gli occhiali da sole – L’ufficio Hummel-style è aperto tutto l’anno.

Passarono l’intera giornata in spiaggia, intervallando momenti di svago, chiacchiere, panini portati da casa e pennichelle sotto l’ombrellone. E il loro gruppo non passò certo inosservato, anzi l’attenzione che attirò una parte di loro diede non pochi grattacapi all’altra metà.

Tre ragazzi, francesi a giudicare dall’accento, che attaccarono bottone con Quinn e con l’evidente intenzione di approfondire la conoscenza dal momento che la ragazza parlava un po’ di francese, furono messi in fuga da Puck che mostrò loro, con intenzioni poco amichevoli, il suo apparato muscolare ancora fresco di addestramento militare… anche se a uno dei ragazzi parve non dispiacere quello spettacolo.

Per non far sentire Artie escluso dai loro divertimenti, Sam si offrì di portarlo in acqua in braccio; erano arrivati nel punto in cui le onde arrivavano ai fianchi e, per quanto riguardava Artie, ai polpacci e alla schiena, quando quest’ultimo notò qualcosa sulla spiaggia.

- Amico, c’è un tizio che si è avvicinato a Mercedes – disse.

- Ah sì – rispose Sam, continuando a sostenerlo – Le starà chiedendo dove si trova il bar o le starà domandando dove ha comprato quegli occhiali da sole.

- A me sembra – disse Artie, strizzando gli occhi privi di lenti da vista – che le stia prendendo la mano…

… E il povero ragazzo fu investito in pieno da un’ondata abbastanza violenta, un quinto della quale ebbe  la brillante idea di infilarsi nella sua gola. A sentire la sue parole, Sam si era voltato di scatto, individuando Mercedes, alla quale un tipetto “con l’aria da debosciato”, pensò, le teneva la mano. Sebbene camminare in acqua non consentisse un movimento più lesto, Sam in pochi secondi fu di nuovo a riva, sempre tenendo in braccio un Artie sull’orlo del collasso dopo trenta secondi di apnea senza preparazione.

- C’è qualche problema? – esclamò Sam avvicinandosi a Mercedes e al ragazzo, con aria bellicosa.

- Sam, cos’è successo? Artie sta bene? – chiese Mercedes guardando Artie preoccupata.

- Si sta solo allenando per le Olimpiadi dei paraplegici – tagliò corto Sam – Piuttosto, questo tipo – continuò, indicando il ragazzo che lo fissava basito – ti sta dando fastidio?

- No, assolutamente – rispose Mercedes con un sorrisetto – Mi stava semplicemente chiedendo un autografo – e porse al ragazzo un foglio d’agenda autografato dalla ragazza.

- La ringrazio, signorina Jones – disse il ragazzo emozionato, prendendo il foglietto autografo – In famiglia siamo tutti suoi fan. Non vedo l’ora di raccontarlo a mia sorella. Grazie, grazie ancora – e si allontanò, saltellando e rigirandosi l’autografo tra le mani.

Rimasti soli (e resosi conto di aver commesso una gaffe colossale) Sam si schiarì la gola con nonchalance – Dunque… sei famosa anche da queste parti – disse, rendendosi conto troppo tardi di aver commesso una seconda gaffe. Ma Mercedes, se anche la notò, non gliela fece pesare.

- Sì, e tu hai quasi affogato il povero Artie – disse la ragazza.

“Cazzo, Artie!” si era praticamente scordato di avere ancora in braccio un Artie che non lo aveva coperto di epiteti poco amichevoli solo perché stava ancora riprendendo fiato. Pur consapevole di tutte le parolacce che si sarebbe beccato di lì a poco, Sam con l’aiuto di Mercedes, adagiò Artie su una sdraio affinché potesse riprendersi.

- Sam… sei un idiota – riuscì a dire Artie dopo un po’.

A differenza degli altri, Kurt mise radici sotto l’ombrellone, rifiutandosi categoricamente di esporre la sua pelle d’alabastro ai “dannosi raggi UV”; al massimo avrebbe fatto una sortita nel tardo pomeriggio, quando il sole toccava il mare. Ma fu costretto a rimangiarsi quanto detto poco dopo mezzogiorno. Blaine e Sam si erano messi a giocare a palla sulla riva con Santana e Brittany e dopo un po’ un gruppetto di ragazze ridacchianti, o meglio “quattro oche giulive e con delle meches improponibili”, si piazzò dietro i ragazzi. In un primo momento, Kurt pensò che stessero contemplando il sedere di Sam (se c’era qualcosa su cui tutti, nel Glee club, ragazze e ragazzi compresi concordavano unanimemente, era la perfezione del suo sedere) ma dal loro atteggiamento e da qualche loro spintarella reciproca, si rese conto che stavano puntando Blaine, anzi il SUO Blaine. Al diavolo i raggi UV! Kurt si alzò dalla sdraio e corse verso Blaine che, vedendolo, gli lanciò uno dei suoi sorrisi tutto denti e rughette intorno agli occhi e aprì le braccia davanti a lui; Kurt si gettò su di lui, lasciandosi cadere sulla sabbia bagnata dalle onde. Non era il tipo da gesti eclatanti ma semplicemente sentiva il bisogno di urlare al mondo intero “Io sono Kurt Hummel e amo Blaine Anderson”, e che il vento soffiasse quel pensiero in modo da fargli raggiungere i quattro angoli del mondo.

Il gruppetto di ragazze si dileguò deluso (“Perché quelli più carini sono quasi sempre dell’altra sponda”), Sam, Santana e Brittany continuarono tranquillamente a giocare a palla (“Ormai chi li smuove più quei due”) e le onde coprirono i baci di Kurt e Blaine a occhi indiscreti.

 

* * *

 

I giorni che seguirono furono altrettanto pieni. Anche se la spiaggia restava la loro meta principale, la sera uscivano in città per passeggiare all’aria fresca e gioiosa della costa piena di turisti; e pure i giorni al mare non erano mai ripetitivi o noiosi, dal momento che trovavano sempre qualcosa da fare. Come quando Puck per gioco, si fece seppellire sotto la sabbia lasciando solo la testa fuori e dopo che si fu assopito, le ragazze modellarono in una siluette femminile la montagnola che lo ricopriva. Quando se ne accorse e vide Santana con in mano il suo Iphone per scattargli una foto che lo avrebbe segnato a vita, saltò fuori dalla sabbia e la rincorse per quasi mezza spiaggia.

Un altro giorno, Santana vinse la scommessa che aveva fatto con Puck e in un modo che il ragazzo non si sarebbe mai aspettato: mentre erano in acqua, i ragazzi si issarono le ragazze sulle spalle per giocare ai tuffi e Santana si arrampicò senza tanti complimenti sulle spalle di Blaine; i tuffi non furono un granché vista l’altezza del ragazzo ma l’astuta ispanica aveva ottenuto esattamente quello che voleva.

- Mi devi 50 dollari, Puck – disse Santana non appena furono risaliti sulla spiaggia.

- Che stai dicendo?! – scattò Puck.

- La nostra scommessa – spiegò la ragazza, piuttosto soddisfatta – Ho avuto “Frodo Gaynns” in mezzo alle gambe quindi mi devi la mia vincita. Sgancia, bello – e stese la mano in attesa.

- Ehy ehy ehy!!! – fece Puck – Non è valido. Non era in questi termini che avevamo scommesso.

- Non abbiamo posto alcun termine: ho semplicemente detto che prima della fine delle vacanze avrei avuto uno di loro due – e indicò un imbarazzato Blaine e un Kurt contrariato – in mezzo alle mie gambe e ho avuto la testa ingellata di Anderson a dimostrarmi ancora una volta quanto ormai non mi faccia più alcun effetto avere un uomo tra le mie grazie.

- Non esiste! Te lo puoi scordare!

- Puck, mi sa che hai perso – si intromise Artie – Quanto ha detto Santana credo sia inoppugnabile.

Servì a poco il rifiuto di Puck; dopo un’intera giornata di “Dove sono i miei soldi” tipo Stewie Griffin, alla fine le diede i 50 dollari… prima che Santana tirasse fuori l’armeria pesante.

 

* * *

 

Venne poi il 10 Agosto. Quella mattina furono tutti svegliati dalla voce emozionata di Brittany che cinguettava – È la notte delle stelle cadenti – anche se mancavano più di dodici ore al tramonto

E quel giorno portò con sé anche una sorpresa. Qualcuno di più sveglio avrebbe potuto farsi venire qualche sospetto vedendo Quinn con la testa nel cellulare dalla sera prima e per tutta la mattinata. Per ovvi motivi, Puck fu l’unico a chiederle con chi stesse messaggiando.

- Questo pomeriggio lo saprete, tu e tutti gli altri – fu la risposta sibillina della ragazza.

Poi scesero di nuovo tutti in spiaggia ma, passata l’ora di pranzo, Brittany iniziò a diventare impaziente: diceva che dovevano ritornare a casa per prepararsi alla pioggia di stelle, riordinare le idee per i desideri da esprimere, trovare dei contenitori in alluminio e degli estintori caso mai una stella cadente fosse precipitata nel loro giardino.

Stranamente ottenne il pieno sostegno di Quinn. Allora, trovandosi nella fin troppo nuova situazione di avere più di una persona a sostenere delle motivazioni surreali, il gruppo acconsentì a risalire… e sull’uscio di casa, comodamente seduta su un trolley, in un elegante abito estivo, i piedi nudi e le scarpe accanto, intenta a sventagliarsi con un volantino turistico, la loro sorpresa: Rachel Berry.

- Oddio! Non ci credo! – esclamò Kurt correndole incontro sorridente, seguito da tutti gli altri che ricoprirono la ragazza di una valanga di domande.

Fra tutte emerse quella di Santana – Come mai hai mollato Los Angeles e le sue palme geneticamente modificate per venire qui, sul set del film “Womb”? Non eri impegnata con quella tua serie tv per adolescenti ebree con scarsa autostima?

- Sì, ci stavo lavorando – rispose Rachel, mentre Blaine apriva la porta di casa permettendo a tutti di entrare e accomodarsi nel salotto – Peccato che il regista fosse di un’incompetenza unica: era affiancato da due co-produttori e ognuno sembrava portare la trama per i fatti propri; prima al mio personaggio capita una botta di fortuna, poi gli piove una disgrazia fra capo e collo. Per non parlare degli altri personaggi. Sembravano tutti vivere in funzione della protagonista e ogni volta che qualcuno di loro entrava in competizione con me… cioè, con lei... insomma, con quella macchietta che avrebbe dovuto rappresentarmi, io venivo dipinta come una povera martire indifesa, mentre l’altro personaggio diventava il bastardo di turno. Allora mi sono impuntata e ho detto che o cercavano di rendere il telefilm un po’ più realistico oppure potevano scordarsi la mia partecipazione.

- Certo che hai mostrato letteralmente le palle – affermò Artie con ammirazione.

- E come è andata? – chiese Kurt.

- Hanno optato per la seconda opzione – rispose Rachel con una smorfia offesa.

- Non mi dire! – sbottò Santana con una risata – La star Rachel Berry è stata licenziata!

- È più corretto dire che me ne sono andata per opinioni artistiche divergenti – replicò Rachel.

- Benvenuta nel club, sorella – Mercedes le posò, partecipe, una mano sul ginocchio, memore anche lei delle difficoltà nel mondo dello spettacolo di esprimere una propria opinione quando si è dei novellini nel campo.

- E comunque l’ho fatto per voi – continuò Rachel, posando a sua volta la mano su quella di Mercedes – Non volevo assolutamente che le vostre controparti televisive fossero dei ridicoli esseri bipolari.

- Quindi il telefilm non si farà? – chiese Sam.

- No, il telefilm si farà, solo non con me, ma con un cast completamente nuovo.

- Non oso immaginare l’orrore surreale che ne verrà fuori – fece Artie, particolarmente sensibile all’argomento.

- Ma come hai fatto a trovare la casa? – si informò Blaine – Perché non ci hai avvisati? Potevamo venirti incontro all’aeroporto.

Come risposta Rachel lanciò uno sguardo complice a Quinn, la quale sventolò il suo cellulare dove si poteva leggere l’ultimo della serie di messaggi che si erano scambiati lei e Rachel.

I’m on my way

- È sempre stata lei a invogliarmi a raggiungervi – disse Quinn – Questa volta è toccato a me riportarla tra noi.

 

* * *

 

Il buio arrivò in ritardo, come sempre accade in estate; restarono ad attenderlo nel giardino, mangiando le pizze che avevano ordinato e tenendo impegnata Rachel con mille domande e curiosità su Hollywood ma sempre con i visi al cielo a tenere d’occhio le stelle che iniziavano a mostrarsi, emozionati al pensiero di vederne qualcuna fuggire lasciandosi dietro una scia bianca e rapida come una saetta.

- Mi raccomando, tenete pronti i desideri che dovete esprimere – diceva Brittany.

Sistemarono poi gli asciugamani e i teli da spiaggia sull’erba leggermente umida in modo da poter vedere lo spettacolo delle stelle cadenti più comodamente. A illuminare il giardino c’erano le luci accese in casa. Sulla veranda rimase solo Rachel che stava terminando di bere una bibita.

Mentre gli altri si stavano preparando per la pioggia di stelle cadenti, Quinn la raggiunse, con calma, quasi a chiederle il permesso di intromettersi tra i suoi pensieri.

- Stavo per raggiungervi – la rassicurò Rachel, mostrando la lattina quasi vuota.

- Lo so – le rispose Quinn, raggiungendola – Volevo sapere… sai già cosa farai adesso?

- No – fu la risposta lapidaria di Rachel che si appoggiò alla parete esterna della casa – E il bello è che non posso nemmeno lamentarmi. Alla fine mi sono rovinata con le mie mani: ho lasciato la NYADA per “Funny Girl”, ho lasciato “Funny Girl” per quella serie tv su di me; quest’opportunità è stata un fuoco di paglia e ora non mi resta più niente. Ho creduto di poter ottenere tutto, mi sono ostinata a voler volare troppo in alto convinta che non sarei mai caduta. Alla fine ho perso il senso della misura, ho dato per scontato la vera amicizia degli altri, i consigli di chi voleva il mio bene e, quel che è peggio, ho dato per scontata me stessa. Mi sono vista come una meteora, capace di fare ogni cosa alla perfezione e in poco tempo. E ora non ho più nulla; non so cosa fare del mio futuro.

- Nessuno di noi lo sa mai – disse Quinn – Sappiamo cosa vorremo fare ma non sappiamo se ci riusciremo e il non riuscirci non dovrebbe fermarci. C’è sempre qualcosa che possiamo fare. Essere sicuri di se stessi in questo ci è d’aiuto… anche se tu sei la prova vivente che il troppo stroppia – aggiunse con una risatina, che fu condivisa dall’altra ragazza – Siamo giovani e abbiamo ancora tante possibilità se le vogliamo. Magari hai solo bisogno di trovare un nuovo trampolino di lancio, per questa volta.

- Sicuramente lo troverò, è solo che inizio a provare dei rimpianti.

- Quelli ci saranno sempre, purtroppo. Forse è anche per questo che abbiamo dei desideri da esprimere – concluse lanciando un’occhiata al cielo.

- Tu e Puck…- chiese ad un tratto Rachel, timidamente – Le cose vanno sempre alla grande tra voi due?

- Riusciamo sempre a tirar fuori reciprocamente la nostra parte migliore – rispose Quinn, cercando di essere il più delicata possibile – Credo che questa sia la garanzia migliore per un futuro insieme. Tu, invece? – aggiunse piano.

- No – la semplice e serena risposta di Rachel – Sento di aver bisogno di ancora un po’ di tempo. Per il momento, basto a me stessa – e terminò di bere la sua bibita. E intanto fissava, con un misto di rimpianto e felicità, Kurt e Blaine stesi su un telo da spiaggia, l’uno tra le braccia dell’altro.

- Ehy, ragazze! – le chiamò Brittany, con la sua emozione moltiplicata per mille – Presto, venite! Stanno iniziando a piovere le stelle.

Subito le ragazze li raggiunsero, stendendosi accanto a loro. Sulle loro teste tante piccole strisce solcavano la cupola nera del cielo, una pioggia di meteore che precipitava su di loro portando con sé una possibilità ed una speranza per i desideri che stavano liberando.

 

Vorrei avere ancora più tempo per fare tutto ciò che amo

Vorrei smetterla di sentirmi d’ostacolo a me stesso

Vorrei che la gente riuscisse a guardarmi attraverso la mia voce

Vorrei trovare la mia vera strada

Vorrei riuscire a camminare attraverso i film che creerò

Vorrei continuare ad essere quella che sono con gli altri e quella che sono con lei

Vorrei non stancarmi mai di migliorarmi ancora di più

Vorrei volare ancora più in alto

Vorrei poterti parlare ancora un’ultima volta… solo un’ultima volta

Vorrei che tutti i nostri desideri diventino realtà

 

* * *

 

E anche quelle vacanze finirono. Arrivò il giorno del ritorno a casa.

Lasciare quella casa dove avevano trascorso in pace e in allegria quelle ultime settimane, fu più triste di quanto tutti si sarebbero aspettati; forse gli armadi svuotati, i letti disfatti, le tapparelle calate, le tazze e le posate usate per la colazione lavate e risistemate nella credenza, le valige e i trolley già pronti all’ingresso erano solo una rappresentazione visiva di quel senso di malinconia che pervadeva sempre il ritorno dalle vacanze, o almeno questo era il pensiero di Artie. Doveva dipendere da alcuni argomenti studiati ai corsi di analisi cinematografica.

“Chissà fino a quando durerà questa malinconia?” pensava mentre lo sistemavano, sulla sua sedia a rotelle, al posto dei disabili sulla navetta per l’aeroporto “Magari, il respiro che tiriamo quando iniziano le vacanze è segno che questa malinconia ce la portiamo dietro sempre. È solo la malinconia che fa parte di noi e questi momenti sono solo brevi pause? Presto saremo di nuovo a casa, con i nostri studi, i nostri lavori, i nostri impegni ad occuparci la mente. Chissà se anche il prossimo anno ci ritroveremo ancora qui, tutti insieme, stavolta senza che nessuno manchi all’appello? Spero di sì. Lo voglio tanto. Non voglio dire addio a nessuno di loro. Anche se ci saranno delle liti, anche se la vita potrà dividerci, per una ragione o per un’altra, desidero che il legame che ci lega duri per sempre. Se sono ancora in tempo, vorrei esaudire quest’altro desiderio.”

Doveva esserci ancora una stella che vagava in cielo, nascosta dalla luce del giorno perché, dopo il viaggio di ritorno in aereo o l’arrivo a New York, nel momento in cui dovevano separarsi definitivamente, Artie avvertì in quei “Ciao” “Ci risentiamo appena arrivati” “Vediamo di organizzarci per una prossima rimpatriata quanto prima”, la sicurezza che tra tutti loro non ci sarebbe mai stato un addio. 

 

 

Fine

 

 

    

Nota dell’autore:

Posto questa OS (non certo la migliore che io abbia scritto) con un sentimento diverso da quello con cui la scrissi, quest’estate, quando la mia vita era ancora piuttosto stabile, quando ero con la mia famiglia a godermi un sole che andava e veniva, e buttavo giù una pagina dopo l’altra ogni sera, preparandomi ad un addio ad un telefilm che per me ha contato molto. Non ho molto da dire se non che, storia piatta a parte, sono contento di averla scritta e ringrazio Flan e ALanna per avermi dato questa possibilità.

Anche se sono stati anni di insulti nei confronti dei RIB, questi anni con Glee e col suo meraviglioso cast, resteranno comunque una parte importante della memoria di noi tutti.

Adesso sto scrivendo una nuova fanfiction per un nuovo contest organizzato da Flan e da Ginny Potter: la Klaine Wedding Challenge. Per informazioni e altro e per le mie recensioni, potete seguirmi sulla mia pagina facebook:  https://www.facebook.com/pages/Lusio-EFP/162610203857483

E per qualunque curiosità, ho anche ask: http://ask.fm/LusioEFP

Non perdetevi, nei prossimi giorni, le fanfiction pubblicate da queste autrici ;)

6- Ari92  7-8 febbraio

7- Chu 9-10 febbraio

8- cup of tea 11-12 febbraio

9- Ginny Potter 13-14 febbraio

10- Michy 15-16 febbraio

11- Locked 17-18 febbraio

12- elisav82 19-20 febbraio

13- _xwatson 21-22 febbraio

14- Wild Imagination 23-24 febbraio

15- smythwood 25-26 febbraio

16- LaFatinaScalza 27-28 febbraio

  
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