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Autore: maggieredknight    05/02/2015    4 recensioni
Poi fu lo sconosciuto a parlare : "Dottor Watson?"
"Sì,sono io..."
"Sono l'ispettore Brooks,ci deve seguire. -una pausa- E' in arresto".
Mrs Hudson dietro di loro piangeva.
Watson guardò incredulo l'uomo e poi Lestrade : "In arresto??!...E con quale accusa??!"
Brooks -tutta un'altra cosa rispetto a Lestrade- lo squadrò con uno sguardo duro,che non ammetteva
repliche : "Sodomia".
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Love is our Resistance - capitolo secondo
 
 
*
Love is our resistance
They keep us apart and they won’t stop breaking us down
And hold me, our lips must always be sealed

If we live our life in fear
I’ll wait a thousand years
Just to see you smile again


Quell your prayers for love and peace
You’ll wake the thought police
We can hide the truth inside
 
L’amore è la nostra resistenza
loro ci terranno lontani e non smetteranno di farci crollare
E stringimi, le nostre labbra devono sempre essere sigillate


Se viviamo la nostra vita nella paura
aspetterò un migliaio di anni
solo per vederti sorridere di nuovo



Reprimi le tue preghiere di amore e di pace
sveglierai il pensiero della polizia
Possiamo nascondere la verità dentro di noi.


*
 
Arrivati al commissariato di polizia, John Watson venne accompagnato in una stanza spoglia, senza finestre, con un solo tavolo e una sedia al centro. Aveva ancora i polsi ammanettati dietro la schiena, e aveva freddo. Portava solo un paio di pantaloni leggeri e una camicia bianca, non gli avevano dato nemmeno il tempo di vestirsi...Un' altra tattica di Brooks per farlo sentire ancora più a disagio, ancora più...Allo scoperto...
Si guardò intorno sospirando...Poteva farcela...Poteva nascondere la verità...Anzi, doveva farlo...Soprattutto per Holmes...Perchè potesse essere al sicuro...
Clarkie lo fece sedere come gli era stato ordinato e restò lì accanto a lui, continuando a guardarlo un po' a disagio...Avrebbe voluto fare qualcosa per il dottore, dopotutto lui e Holmes li avevano sempre aiutati e il poliziotto in un certo qual modo si era affezionato a loro...
Gli mise una mano sulla spalla e sussurrò : "Ha bisogno di qualcosa dottore?...Vuole  - abbassò la voce - vuole che vada a far cercare Holmes?"
Watson lo guardò e sorrise, almeno ora sapeva di poter contare su qualcuno lì dentro, se avesse avuto bisogno.
Non potè nemmeno rispondere comunque, che nella stanza entrò Brooks : "Grazie Clark, il suo lavoro è finito, può andare, ora continuo io" , e dicendo ciò fissò i suoi occhi di ghiaccio in quelli di Watson.
Watson sostenne il suo sguardo duro. Non si sentiva intimorito da quell'uomo. Conosceva la storia di Brooks...Tutti la conoscevano, e sapevano perchè era così intransigente, fino ad essere violento...Da bambino suo padre aveva abusato di lui...E di altri ragazzini...Un giorno il padre era stato ritrovato senza vita e l'assassino non era mai stato catturato...O cercato...Per questo e per la carriera che poi aveva fatto, tutti tendevano a giustificarlo, e se diventava un po' troppo violento chiudevano un occhio...
Watson però non aveva paura...Nè degli interrogatori, nè del dolore....Non più, dopo essere stato in guerra...No, non era questo a spaventarlo...Ma il terrore che potesse accadere qualcosa ad Holmes...E la gabbia, quella sì...Passare il resto della sua vita in una prigione...Quello sarebbe stato peggio della morte...
Comunque non gli avrebbe dato la soddisfazione di farsi vedere preoccupato, tanto meno intimorito...
Brooks si avvicinò a lui : "Allora?"
Watson lo fissò a sua volta dal basso : "Allora, cosa?"
"Confessi, e finiamola! Un testimone dichiara di averla vista  - fece una faccia disgustata - baciare un altro uomo, in un vicolo vicino a casa sua ieri pomeriggio,
vogliamo sapere chi era ."
Che altro poteva fare Watson se non mentire?...Nessuno avrebbe potuto capire...Nessuno avrebbe accettato quello che c'era tra lui e Holmes...Per quanto potesse essere forte, e puro, e sincero...Tutti li avrebbero condannati...E lo stavano già facendo...
"Non ero io. E' una menzogna. Se qui a Scotland Yard non riuscite nemmeno a riconoscere un bugiardo quando lo vede-
Non potè terminare la frase che Brooks gli aveva già dato un forte ceffone col dorso della mano. Watson sentì l'orecchio fischiare e sorrise amaramente: non era un ingenuo, sapeva che sarebbe stato insultato e picchiato...Perchè aspettare?...Tanto valeva iniziare...
Brooks lo afferrò per il colletto della camicia, lo strattonò e lo tirò verso di sè :
"Confessa!" , bene, la falsa cordialità era finita, l'altro era già passato a dargli del tu, e a mostrarsi realmente per quel che era.
"Non ho niente da dire oltre a ciò che ho già detto!" alzò la voce Watson, senza cedere.
Arrivò un pugno. Forte. In viso...E Watson sentì un liquido caldo scendergli dal labbro inferiore, poi ne arrivò un altro nello stomaco, e stavolta Watson piegandosi in avanti, quasi cadendo dalla sedia, non potè trattenere un gemito roco.
Brooks gli afferrò i capelli e gli tirò la testa all'indietro avvicinandosi col viso al suo : "Mi ci ha costretto lei, dottore " sibilò, " Ad iniziare con le maniere forti...Se sono solo queste che comprende bastava dirlo…Proseguiamo…"
 
 
*
In quel momento, Sherlock Holmes spalancava con violenza le porte del commissariato e gridava : " VOGLIO - VEDERE - LESTRADE! "
I poliziotti che si trovavano lì vicino e che lo conoscevano bene si scostarono subito per lasciarlo passare, non provando nemmeno a fermarlo. Holmes sembrava non vedere niente e nessuno, procedeva a grandi passi lungo i corridoi continuando a gridare : " LESTRADE! VENGA FUORI ! "
L'ispettore uscì, attirato dal trambusto e si trovò davanti Holmes adirato come mai l' aveva visto. Holmes lo fulminò con lo sguardo : " LUI,  DOV' E' ??!! "
Lestrade balbettò qualcosa cercando di calmarlo : " S- si calmi, deve capire che la situazione-
"AL DIAVOLO LA SITUAZIONE!!!!ADESSO LEI MI PORTA DA WATSON!!!" urlò ancora.
 
 
*
Brooks dopo aver sferrato l’ennesimo pugno non parlò più, ma restò in silenzio a guardarlo, mentre il dottore riprendeva fiato.
Watson respirò affannosamente per un minuto, forse poco più...Poi alzò lo sguardo verso l'altro...Per chi l'aveva preso? Non avrebbe ceduto così presto...Sorrise: "...Tutto qui?"
Brooks non ci vide più.
Afferrò Watson per la camicia e lo tirò di peso in piedi "ORA CONFESSI, BASTARDO! NON MI INTERESSA SE E COME HAI AIUTATO LA POLIZIA O QUELL' INCOMPETENTE DI LESTRADE! SEI SOLO UNO SPORCO PERVERTITO! CONFESSA!", e così dicendo lo buttò a faccia in giù sul tavolo di ferro, tenendogli la guancia premuta contro il metallo freddo, stringendolo poi per i capelli con una mano e tenendogli l'altra sui polsi ammanettati.
Watson gemette in una nuvola di fiato caldo...La superficie del tavolo che si appannava, il sangue che ancora scendeva dal labbro spaccato...
Brooks infilò una gamba tra le sue, facendogliele divaricare con forza, tenendolo fermo contro il tavolo con tutto il suo peso. Era davvero molto forte.
Si avvicinò al suo orecchio, e stavolta invece di urlare sussurrò:
"Ora dimmi quello che voglio sapere, altrimenti ti butto in cella con un paio dei ragazzi laggiù che avete arrestato tu e il tuo collega e ti lascio un po' da solo con loro...Scommetto che avrebbero molte idee per vendicarsi…Pensa a cosa potrebbero farti....Anche se forse qualcuna di quelle cose ti piacerebbe, vero?!"
Un brivido percorse Watson...Questo, decisamente, non lo avrebbe potuto sopportare...
Brooks lo stava ancora tenendo bloccato, per lasciarlo riflettere sulla prospettiva che gli aveva appena presentato, quando indistintamente Watson sentì delle grida concitate provenire dai corridoi farsi sempre più vicine, e qualcuno che camminava a passo molto veloce.
In quel momento si spalancò la porta della stanza dove si trovava ed entrò Holmes come una furia, seguito da Lestrade che ancora provava a farlo calmare.
Appena il detective vide la scena che gli si parava davanti, come suo solito non poté fare a meno di vederne tutti i particolari come ingigantiti: Watson ammanettato come il peggiore dei criminali, già i primi segni rossi sui polsi - Watson sbattuto con la faccia contro il tavolo e tenuto fermo dall'altro, l’altro era grosso, forte e incazzato - Watson che respirava a fatica, era stato sicuramente colpito al ventre. Più volte - Watson che sanguinava (Dio li avrebbe ammazzati tutti) - Watson dallo sguardo (a lui non poteva nasconderlo) seriamente preoccupato -
Se Holmes aveva ancora un po' di autocontrollo, in quel momento lo perse definitivamente.
"CHE CAZZO STA SUCCEDENDO QUI??!!"
Watson strinse gli occhi. Era umiliante farsi vedere in queste condizioni da Holmes - ma era anche sollevato di vederlo...di vedere che era arrivato di corsa, che aveva fatto sudare freddo Lestrade...Che era lì per lui...Del resto, come poteva essere altrimenti?...Holmes c’era sempre stato per lui…
Brooks era furente. Gridò - Come si permetteva di entrare così??!! -
Holmes gridò più forte - Come si permetteva lui, di trattare così il suo collega??!! -
Anche Lestrade provò a gridare per farli ragionare, e in un attimo tutti gridavano senza che nessuno ascoltasse gli altri.
Dal corridoio accorsero altri poliziotti attirati dalla confusione.
Nonostante Brooks lo avesse lasciato andare, Watson era ancora semi sdraiato sul tavolo, e si accorse all'improvviso di sentirsi estremamente debole, forse perchè vedere Holmes l'aveva rincuorato e gli aveva fatto scendere la tensione e l’adrenalina, forse perchè il dolore iniziava a farsi sentire...Senza poter fare niente per impedirlo, roteò gli occhi e si accasciò a terra. L'ultima cosa che sentì fu la voce di Homes che gridava il suo nome.
 
 
*
L'ultima cosa che sentì, fu anche la prima quando riaprì gli occhi, solo con un tono un po’ più tranquillo: "...Watson..."
 
Fuori la pioggia cominciava a scrosciare sempre più forte.
I particolari si facevano più nitidi, man mano che si riprendeva: Erano soli con Lestrade adesso. Holmes gli era accanto, e gli sosteneva la testa e il busto. Lui era ancora a terra. Gli avevano tolto le manette. Il detective guardò lui, facendo un impercettibile sorriso, poi guardò l’ispettore:
“Ho bisogno di conferire col mio collega ora. In privato. E non le sto chiedendo il permesso.” Avevo un tono più contenuto, ma molto duro.
Fortunatamente l’influenza di Holmes aveva ancora un certo peso, e i due furono accompagnati in un'altra stanza, leggermente più accogliente.
La luce era soffusa, anche se fredda, e c'era un tavolo di legno in un angolo, e due sedie sistemate vicino ad esso.
Holmes teneva Watson stretto per un braccio, sostenendolo.
Un gesto comune, tra due amici, ma Watson poteva sentire nella presa dell'altro tutta la preoccupazione e l'attaccamento di quest'ultimo.
A Watson non piaceva dipendere da Holmes, il suo orgoglio di uomo e di soldato stabiliva che dovesse cavarsela da solo, nonostante questo, una delle cose mai dette tra loro, ma certe come l'alternarsi del giorno e della notte, era che potevano contare sempre l'uno sull'altro.
Holmes fece sedere Watson su una sedia, e prese l'altra per sè, tirandola vicina a quella del compagno, e sedendosi a sua volta di fronte a lui.
Lestrade li guardò per un attimo, poi abbassò la testa ed uscì dalla stanza, socchiudendo la porta dietro di sé.
 
Passò qualche minuto senza che nessuno dei due parlasse, unico rumore la pioggia battente contro i vetri e i loro respiri : regolare e appena percettibile quello di Holmes, ancora leggermente affannato quello di Watson.
Era difficile guardarsi negli occhi.
Holmes si sentiva responsabile di ciò che era accaduto, e sapeva che per Watson era molto difficile accettare che lui lo avesse visto in quelle condizioni.
Holmes, tra le altre cose, era anche furente. Con quei maledetti poliziotti, ma anche e soprattutto con se stesso: Non solo aveva causato tutto questo casino, ma Watson aveva avuto bisogno di lui, e lui non c'era stato. Ma ora era lì, e avrebbe fatto OGNI COSA per risolvere la situazione.
Watson continuava a tenere la testa bassa, i gomiti poggiati sulle ginocchia…Le mani, finalmente libere, intrecciate tra loro.
Era difficile mantenere un respiro regolare, ma ci provava. Sullo zigomo si stava formando un livido e l'addome gli doleva all'altezza dello stomaco con fitte sorde e prepotenti.
Sui polsi, c'erano i segni ormai violacei delle manette troppo strette. La camicia bianca ora era sporca e leggermente macchiata di sangue e Holmes poteva vedere il torace di Watson alzarsi e abbassarsi ancora troppo velocemente, come se gli mancasse l'aria.
"...Watson..." chiamò piano.
Nessuna risposta, nessun cenno.
"Watson."
Niente.
"John! "
Finalmente, Watson alzò la testa e lo guardò.
Holmes lo fissò e il dottore sentì gli occhi del detective bruciare nei suoi. Dopo tutto quel tempo passato insieme, continuava ad essere sempre una strana e intensa sensazione.
Allora Holmes un po' rincuorato, sorridendo allungò una mano, e fece per accarezzargli una guancia, ma svelto Watson si ritrasse, spalancando gli occhi: "Non mi tocchi!" , bisbigliò con un filo di voce.
Holmes, che non se lo aspettava, si ritrasse immediatamente, stupito : Possibile che Watson ce l'avesse fino a quel punto con lui?
Il dottore dovette intuire il suo pensiero, perchè si affrettò ad aggiungere bisbigliando ancora : " Ci stanno osservando, non se n'è accorto? Non credo che possano sentirci se parliamo piano, ma non faccia gesti avventati..."
Holmes si diede mentalmente dello stupido...Da quando in qua era Watson che doveva fargli certe osservazioni?...Sospirò: Precisamente da quella mattina, e cioè da quando lui era andato totalmente in confusione per la situazione in cui il compagno si trovava...
Allora Holmes parlò piano e lentamente, scandendo bene le parole: "Giuro...John, io giuro che farò qualsiasi cosa per tirarti fuori di qui..."
Watson gli sorrise. Ne era sicuro. Holmes era una delle poche - No, l'unica - certezza della sua vita.
Il dottore abbassò lo sguardo, continuando a sussurrare: “…Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto che abbiamo vissuto insieme ci ha portati a ciò che non potevamo più negare di provare…Ora ci ha portati a questo momento. Sono preoccupato, lo ammetto, ma ora come ora non cambierei nulla di ciò che è stato. Non cambierei le mie scelte, non cambierei la mia vita. Non cambierei Te.”
Così dicendo si sporse leggermente in avanti, e avvicinò impercettibilmente le sue mani, ancora intrecciate, a quelle del compagno, che capendo e mettendosi nella stessa identica posizione, appoggiando i gomiti alle gambe leggermente divaricate, avvicinò le sue.
Non si toccavano dunque, ma le loro mani erano così vicine che potevano sentire il calore l’uno dell’altro, l’elettricità, la vibrazione che sempre era esistita tra loro, inspiegabile, fin dal primo momento.
Vista da fuori poteva sembrare una normale scena tra due amici intimi che parlavano insieme in una situazione delicata, ma in quel minuscolo spazio vuoto tra le loro dita, c’erano miliardi di parole che non potevano essere pronunciate, di promesse antiche e nuove, di dubbi che si dissipavano nel calore che come pulviscolo impercettibile si muoveva tra la pelle di uno e dell’altro, facendoli rabbrividire, tenendoli ancora una volta legati…
Lui e Holmes, mentalmente avevano fatto l’amore fin da quando ricordava, fin dal primo incontro. Inconsciamente, col loro stuzzicarsi, le loro scaramucce, il completarsi reciprocamente dal punto di vista intellettivo.
Ed avevano sempre sentito la necessità del contatto fisico tra loro…Anche all’inizio, quando era solo un’innocente stretta di mano, una pacca sulla spalla, uno sfiorarsi, un lieve abbraccio…Poi anche quelli non erano più bastati, il desiderio di sentirsi era troppo forte, troppo oscuro e profondo, troppo indispensabilmente straziante…Quel contatto fisico che ora era loro negato, sostituito da un finto sfiorarsi che erano costretti a farsi bastare…
Finalmente il dottore alzò lo sguardo, e Holmes lo osservò negli occhi, ancora.
Quelle che stavano lì davanti al detective, erano due immense pozze blu della consistenza dell' argento liquido, che ogni volta lo ustionavano nel profondo come non gli era mai capitato, e lo trascinavano verso l'abisso, verso la dannazione di quell'amore così vero ed intenso eppure proibito.
Già...Amore...Aveva mai detto a Watson di quanto amasse i suoi occhi, così luminosi? Il suo sguardo divertito quando assisteva a una delle sue stramberie? La sua bocca quando si tendeva in un sorriso, lasciando scoperti i suoi denti bianchi e perfetti? Di quanto amasse ogni cosa di Lui?
...No...Mai...Non l’aveva mai fatto…Ma...Era certo che in fondo Watson potesse sentirlo ugualmente...
E il punto era che ormai era così abituato ad avere Watson vicino, che pensare di non potere perdercisi dentro - non solo fisicamente, ma anche mentalmente - era una terribile tortura...
Soprattutto sapendo di lasciarlo lì…Come poteva anche solo pensare di poter tornare a casa – la LORO casa – e sedersi in poltrona, o mangiare, o dormire, quando la persona a cui teneva più della sua stessa vita era umiliata e maltrattata in una fredda, fetida ed umida cella?
 
Seguendo questi pensieri Holmes si sentì sulle spine, e si mosse nervoso sulla sedia.
Quando Holmes allontanò involontariamente la mano dalla sua, a Watson rimase una sensazione di freddo ed abbandono sulle dita. Con anche quel poco calore di Holmes ora lontano, ricordò che adesso per un po’ avrebbe dovuto cavarsela da solo. In fondo, prima di Holmes, ci era abituato...ma dopo aver conosciuto il detective, quest'ultimo era diventato la costante della sua vita, e ora doveva all'improvviso imparare a farne a meno, e sembrava estremamente difficile...
 
 
Ad un certo punto senza bussare, ma spalancando la porta all’improvviso, entrò un poliziotto della squadra di Brooks. I due sobbalzarono.
"Il tempo per il colloquio è finito. Se vuole uscire, Mister Holmes, i miei colleghi devono scortare via il dottor Watson", ed entrarono altri due poliziotti.
Holmes si alzò in piedi, infastidito :"Scortarlo dove?"
"Nelle carceri, ovviamente, in attesa degli altri interrogatori e del processo." rispose secco l'altro.
“Altri interrogatori? Quello a cui ho assistito prima lo chiamate così??Guai a voi se osate ancora toccarlo! Watson è un medico stimato e rispettabile, non un criminale!”, esclamò, cercando nonostante tutto di mantenere la calma, di metterla su un piano professionale, posizionandosi contemporaneamente davanti al poliziotto che aveva parlato.
Ma gli altri due nemmeno lo ascoltarono e superandolo afferrarono con poco garbo Watson per le braccia, tirandolo in piedi e piegandogli i gomiti dietro la schiena, ammanettandolo nuovamente ai polsi.
Al cambio improvviso e sgarbato di posizione, Watson non potè trattenere un gemito, sentendo una fitta di rinnovato dolore all'addome.
"Basta, fermi!! Non è necessario!", cercò di fermarli Holmes allungando le braccia verso le loro.
"Signore, la smetta e si allontani!"
"Si allontani lei, stupido idiota! ”, il detective alzò il braccio come per sferrare un pugno in faccia al poliziotto.
"Holmes!"
Holmes si bloccò. Era stato Watson a parlare.
"Holmes, basta, la prego. Stia tranquillo, non fa niente. Me la cavo...." disse piano Watson senza guardarlo in faccia. Scenate e altri sospetti erano l’ultima cosa di cui avevano bisogno ora. Holmes sospirò e abbassò la mano.
Si scambiarono un ultimo sguardo e poi Holmes si fece da parte rassegnato, arrabbiato, frustrato, mentre i due poliziotti accompagnarono il dottore fuori dalla stanza. Mentre la schiena di Watson e la sua andatura lievemente zoppicante si allontanavano sempre di più lungo il corridoio spoglio, al fianco di Holmes comparve Lestrade.
Holmes lo guardò con la coda dell'occhio.
"Farò ciò che posso per aiutarlo.", sussurrò l'ispettore, "Ma non si illuda e non si aspetti troppo. Brooks è potente e ha molta influenza sul capo della polizia. E a quanto pare, c'è un testimone, a sfavore di Watson."
Holmes lo gelò con lo sguardo, e rispose più acido di quello che avrebbe voluto, ma era furente :
"Non mi aspetto mai troppo da Scotland Yard, Lestrade. Farò da solo, come sempre."
No, non come sempre - gli disse una voce nella sua testa - di solito c'era Watson al suo fianco. Strinse convulsamente i pugni, fino a farsi sbiancare le nocche.
Lestrade non replicò.
Holmes strinse forte gli occhi per un attimo, come a raccogliere le forze. Trasse un profondo respiro e si voltò, incamminandosi in fretta fuori dal Commissariato, la mente che già lavorava, lo stomaco stretto in una morsa, il cuore in subbuglio.
 
 
Love is our resistance
They keep us apart and they won’t stop breaking us down
And hold me, our lips must always be sealed

If we live our life in fear
I’ll wait a thousand years
Just to see you smile again

 
L’amore è la nostra resistenza
loro ci terranno lontani e non smetteranno di farci crollare
E stringimi, le nostre labbra devono sempre essere sigillate

Se viviamo la nostra vita nella paura
aspetterò un migliaio di anni
solo per vederti sorridere di nuovo



 
 
 
Note: Per chi aveva seguito l’inizio della storia…Lo so, non ci credete...Non ci credo nemmeno io di essere riuscita ad aggiornare dopo quasi due anni!!!! XD …Per tutti gli altri, benvenuti nella mia mente malata!!! XD
Suvvia, ammettiamolo, a chi non piace vedere il nostro Watson un po’ maltrattato e di conseguenza Holmes iperprotettivo e incacchiato nero??!! U___U
Ok, se consideriamo il linguaggio usato nei film mi sono permessa qualche imprecazione più forte, ma data la situazione mi sembrava necessaria…u__u Spero in generale di non essere andata troppo OC…
Bè, a parte ciò che dire? Spero che vi sia piaciuta, e a dire la verità spero ancora di più che esca presto il terzo film!!!! Almeno prima che la stempiatura di Jude diventi eccessiva!!!!! XD
Come sempre, recensioni, commenti, critiche costruttive sono super ben accetti!! :)
 Alla prossima!! ;) 
  
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