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Autore: Elly J    05/02/2015    2 recensioni
Mi chiamo Tess, sono nata a Phoenix, Arizona, il 14 gennaio 1993.
La mia vita trascorreva tranquilla, perfetta.. tutto era perfetto. Ero una ragazza allegra, solare, sempre felice e piena di vita. Uno dei miei punti di forza è sempre stata la dolcezza. Cosa c'è di più bello di una persona che ti sorride e ti mette allegria?
Tutto era perfetto..
Mi chiamo Tess, sono nata a Phoenix, Arizona, il 14 gennaio 1993.
Ora, nell'anno 2033, risiedo nel Massachusetts, a Boston, nella zona di quarantena. La vita qui è un inferno. Violenza, sangue, morte.
Ho ucciso molte persone, sia infetti che umani.
Sono cambiata e non so più chi sono. L'unica cosa che so è che non sono un'assassina, sto solo sopravvivendo.
Mi chiamo Tess ed ero una sopravvissuta.. ora sono un'infetta.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Boston, Massachusetts - U.S.A.
Zona di quarantena, ore 12.31
31 maggio 2033

 
Era passata una settimana da quando Joel mi aveva baciata nel centro commerciale dismesso. Da quel giorno non lo avevo più visto. O meglio.. lo avevo evitato. Più volte lui aveva cercato di parlarmi, ma io avevo sempre tagliato corto dicendogli che avevo degli affari da sbrigare. Ciò era anche vero, ma di certo non come volevo far sembrare.
Il giorno dopo del fatto ero talmente in confusione che mi ero completamente buttata sui vari lavori di contrabbando che dovevo svolgere, dimenticandomi quasi di mangiare. Stupidamente credetti che buttarmi sul lavoro mi avrebbe in qualche modo aiutato a dimenticare quello che era successo con Joel nel centro commerciale.. ma mi sbagliavo. Ci pensavo in continuazione, quasi morbosamente. Sentivo ancora i baci di Joel e non riuscivo a credere che non fossero stati veri, reali. Perché mi aveva baciata? Ma soprattutto, perché diavolo non riuscivo a mantenere il controllo?
Iniziai a spaventarmi di me stessa. Ero sempre stata una donna forte, tutta d’un pezzo. Certo, in passato ero stata innamorata, ma mai mi ero sentita come in quel momento, confusa e spaesata.. e soprattutto mai e poi mai avevo perso il controllo di me stessa e del mio carattere forte.
Joel.
Era Joel che mi faceva questo effetto, era lui la causa di tutto. Non sapevo darmi altra spiegazione.
Non sapevo se ero innamorata di lui, non me lo ero mai chiesto. Più volte mi era sembrato di provare per Joel qualcosa di diverso dall’amicizia, ma non ne ero sicura. Oltretutto lui non si era mai scomposto più di tanto.. fino ad una settimana prima.
Ero forse innamorata di lui?
- Tess! - la voce di Kyle mi riscosse dai miei pensieri.
- Dimmi. - risposi voltandomi verso di lui.
L’uomo mi raggiunse correndo leggermente. Aveva un’aria un po’ sconvolta e i suoi vestiti erano tutti trasandati. La cosa che però mi fece preoccupare fu un ampio taglio che il ragazzo aveva sullo zigomo.
- Kyle, cosa hai combinato? - chiesi cercando di mantenere un tono di voce calmo.
L’uomo ansimava vistosamente, segno che aveva corso. - Tess.. un disastro. Abbiamo lasciato la zona di quarantena per cercare un po’ di provviste e siamo stati attaccati da un gruppo di clicker. - Kyle si sporse verso di me e mi afferrò per le spalle - Quella zona era sicura ieri, Tess. Non c’era nessun clicker. Sono usciti all’improvviso, non ce lo aspettavamo.
- Credi che si siano aperti qualche passaggio da soli? - chiesi.
Il ragazzo scosse la testa con decisione. - Impossibile. Avevamo chiuso con cura quella zona, un clicker non sarebbe mai riuscito ad aprirsi un passaggio.
Rimasi alcuni secondi in silenzio, scrutando il viso di Kyle. Avevo paura di quello che lui stava insinuando, ma non era possibile. - Credi che qualcuno dall’esterno si sia intrufolato nella nostra zona e abbia lasciato volutamente un passaggio aperto?
- E’ quello che crediamo. Dobbiamo solo trovare chi è stato.
Kyle mi lasciò le spalle e io iniziai a camminare nella stanza cercando di fare mente locale. Le sentinelle non avevano rilevato movimenti strani negli ultimi giorni. Come era possibile che fosse entrato qualcuno senza essere visto?
Stavo per dire la mia, ma Kyle mi bloccò all’improvviso. - C’è un altro problema… grave. - disse, indugiando sull’ultima parola.
Io lo guardai e aspettai che finisse la frase.
- Jennifer è stata morsa.
Ci misi alcuni secondi ad assimilare bene la frase. Erano mesi, se non anni che nessuno della nostra zona di quarantena veniva morso.
- Cazzo! - urlai. Il panico iniziò ad assalirmi. Non Jennifer, non lei. Aveva due bambini ancora piccoli…
Guardai Kyle negli occhi e lui sapeva già ciò che stavo per chiedergli, infatti rispose ancor prima che io formulassi la domanda.
- Non l’abbiamo ancora uccisa. Lei insisteva per rivedere i suoi bambini per un’ultima volta, quindi la abbiamo riportata qui. E’ di sotto, nel vecchio salotto che saluta i figli. - Kyle fece una pausa - Ha detto che devi farlo tu.
Sbarrai gli occhi, sorpresa. - Cosa? - chiesi con voce incredula.
- Jennifer ha esplicitamente detto che vuole che sia tu ad ucciderla quando sarà il momento.
Abbassai il viso, portandomi le mani ai fianchi. Non sarei mai riuscita ad uccidere Jennifer. Cosa avrei detto ai sui figli? Erano ancora piccoli, non sapevano dell’orrore che scuoteva il mondo. Il panico iniziò ad assalirmi.
- Quanto tempo fa è stata morsa? - chiesi per prendere tempo.
- Tre ore e mezza. E’ stata morsa al braccio, all’altezza del gomito. Il morso è peggiorato vistosamente, la ferita ha raggiunto già la spalla. - rispose Kyle.
Tra un paio d’ore Jennifer si sarebbe trasformata e io avrei dovuto ucciderla.
- Tess… - Kyle si avvicinò a me di qualche passo - Mi dispiace, non eravamo pronti. Ci hanno assaliti all’improvviso, e…
- Lo so. - lo interruppi - Ora va. Ci penso io.
Kyle mi fissò per alcuni secondi con un’espressione tristissima e poi fece un cenno di assenso con la testa. Dopodiché lasciò la stanza, richiudendo la porta dietro di sé.
Mi avvicinai al tavolo del locale. Feci un piccolo giro finché non trovai i cassetti e aprii il secondo. Prima di impugnarla, fissai per alcuni secondi la mia pistola. Quante persone avevo ucciso fino ad ora con quella? Tante. Tantissime. Troppe.
Chi ero diventata? O meglio, cosa ero diventata? Quando si uccideva si usava sempre la stessa scusa: è per sopravvivere. Loro sono infetti, non più umani. O noi, o loro.
Ma davvero non c’era più nulla di umano in loro? Jennifer non sarebbe stata più un’umana? Eppure in quel momento era di sotto che abbracciava i figli e li salutava per sempre. Come poteva, nel giro di poche ore, non essere più umana?
Afferrai la pistola, ricaricandola. Poi me la infilai nella cintura dei jeans e uscii dalla stanza.
 
 
 
***
 
 
 
- Tess, ancora un po’, ti prego. Non mi trasformerò ancora per un paio d’ore. - mi implorò Jennifer non appena mi vide arrivare. Aveva coperto il morso con un lungo pezzo di stoffa, arrotolandoselo per tutto il braccio fino alla spalla, ma nonostante questa copertura io riuscii a scorgere sotto di essa il sangue e le piaghe tipiche dei morsi dei clicker. La ferita stava peggiorando a vista d’occhio.
- Va bene, Jen. Prenditi tutto il tempo che ti serve. - le risposi sorridendo con dolcezza.
- Grazie. - rispose lei in un sussurro. Aveva gli occhi cerchiati dal pianto ed era madida di sudore sul viso e sulle braccia. Avrei dovuto tenerla d’occhio. Non avrei mai permesso che i suoi figli la vedessero mentre l’atrocità del virus se la portava via.
Jennifer rientrò nella stanza insieme ai figli e non appena fu al suo interno io mi girai verso uno dei ragazzi che stavano di guardia davanti alla porta.
- Appena vedi che è quasi al limite chiamami. Sono nell’atrio in fondo al corridoio. Controlla anche che non abbia troppo contatto con i bambini, non si sa mai. - dissi con voce decisa.
Il ragazzo si limitò ad annuire.
Mi avviai con passo stanco verso l’atrio, sperando che il tempo passasse lentamente. Non era la prima volta che uccidevo un infetto, ma ogni volta che lo facevo era come se perdessi un pezzo di me stessa. Inoltre nessuno prima d’ora aveva esplicitamente chiesto il mio intervento in quel modo.
Avevo paura. Continuavo a chiedermi come era possibile che avessi paura. Non era la prima volta che piantavo una pallottola in testa a qualcuno sul punto di morte, ma in quel momento avevo una tale angoscia in me che quasi non riuscivo a controllare il mio respiro.
Mi sedetti su una delle sedie che si trovavano nell’atrio, con la testa tra le mani. Iniziai a pensare ai due figli di Jen. Erano ancora piccoli, rispettivamente dieci e tredici anni. Come avrei fatto con loro? Di certo non avrei potuto fargli da mamma, ne tantomeno da babysitter. Avrei dovuto affidarli a qualcuno. Iniziai a vagare con la mente tra tutti i sopravvissuti della zona di quarantena, tentando di individuare qualcuno che avrebbe potuto occuparsi dei figli di Jen.
La mia mente però non ne voleva sapere di collaborare. Iniziai a deviare i miei pensieri verso un futuro ignoto, il mio futuro ignoto. Pensai a come avrebbe potuto essere la mia vita se avessi avuto dei figli in questo mondo disastrato, colmo di morte, sangue, orrore e violenza. Sarei stata in grado di crescere dei bambini? Sarei stata una buona madre? Jennifer, nonostante il mondo in subbuglio a causa dell’infezione, lo era. I suoi figli stavano crescendo felici, educati e con delle idee ben precise in testa. Certo, non tutto era stato raccontato loro per quanto riguardava l’infezione, erano pur sempre bambini… io sarei stata in grado di crescere delle piccole creature?
- Tess. - una voce mi fece sobbalzare dallo spavento. No, non poteva essere già ora per Jennifer.
- Tess, stai bene?
Alzai il volto. - Joel… - sussurrai non appena incrociai gli occhi dell’uomo.
Lui si sedette sulla sedia di fianco a me. - Ho sentito di Jennifer.
Annuii debolmente. - Già. Un incidente. - sospirai scuotendo il capo - Qualcuno dovrà prendersi cura dei suoi figli e non so ancora a chi affidarli. Inoltre sembra che qualcuno sia penetrato nella nostra zona e abbia lasciato un varco aperto. Probabilmente i clicker che hanno attaccato Kyle, Jennifer e gli altri sono entrati da lì.
Joel mi ascoltava senza fiatare.
- Dovrò mandare una squadra a controllare. Stiamo anche scarseggiando di munizioni, quindi dovrò occuparmi anche di quello. Inoltre…
- Tess - Joel mi interruppe all’improvviso - Non puoi prenderti carico di tutto. - mi disse con dolcezza.
Lo guardai negli occhi. - Joel, io… - sospirai un’altra volta - Sono… sono stanca. Sono stanca di tutto questo. Io non penso di farcela.
- Tu devi farcela Tess, e ce la farai. Devi solo…
- No! - sbottai alzandomi in piedi - Io non riesco a continuare così! Ti rendi conto che ho perso il conto di quante persone ho ucciso? Non ho mai guardato in faccia a nessuno, ho solo premuto il grilletto e basta. Ogni singola volta.
Anche Joel si alzò in piedi. - Lo hai fatto per sopravvivere, Tess. Potevi scegliere: vivere o morire. Tu hai scelto di vivere e alle volte anche questa scelta così grande comporta dei sacrifici altrettanto grandi.
- Anche coloro che ho ucciso cercavano di sopravvivere! Tutti cerchiamo di sopravvivere in questo mondo di merda, Joel! - urlai, allargando le braccia. Sentivo che stavo perdendo il controllo. E’ vero, avevo scelto di vivere. Ma a che prezzo? Diventando un’assassina?
Joel si avvicinò a me. - Tess, ascoltami. Non sei un’assassina, nessuno di noi è un assassino qui. Siamo sopravvissuti Tess, sopravvissuti. Cerchiamo di sopravvivere. Non ha nulla a che vedere con l’essere assassini. Se vuoi vivere devi essere disposta ad uccidere.
Sentii i miei occhi inumidirsi di lacrime. - Io non riesco ad uccidere Jennifer. Non posso, Joel, non posso. - alcune lacrime iniziarono a bagnarmi il viso - Non sta cercando di sopravvivere anche lei? Per i suoi figli? Che diritto ho io di toglierle la vita, anche se è lei a chiederlo?
- Se non lo farai tu, lo farà l’infezione. - mi rispose Joel con voce decisa - Lo sai bene, Tess. Vuoi davvero lasciarla trasformare in uno di quei mostri?
Guardai l’uomo negli occhi - No. - sussurrai.
- Allora fai ciò che devi fare.
Joel e io ci guardammo negli occhi per diversi secondi. Poi lui si avvicinò a me e mi strinse in un forte abbraccio. Era incredibile come tra le braccia di quell’uomo mi sentissi così sicura e in pace con me stessa. Odiavo mettere così in vista le mie debolezze, lo odiavo da morire. Ma sentivo che qualcosa in me stava cambiando.
Joel si staccò leggermente da me e senza che me ne rendessi conto appoggiò le sue labbra sulle mie.
- Joel, io… io non posso Joel. - sussurrai leggermente scostandomi dal suo viso.
Lui questa volta però non mi lasciò sfuggire via. Mi strinse ancora più forte a se e mi guardò intensamente negli occhi. - Tess, di cosa hai paura?
Ricambiai il suo sguardo, senza sapere cosa rispondere. Io lo amavo. Sì, io amavo Joel. Me ne resi conto in quel preciso istante, nel momento in cui lui mi fissò negli occhi e mi chiese di cosa avevo paura. Ma qualcosa dentro di me mi bloccava, mi si stingevano il petto e il cuore come se fossero in una morsa, impedendomi di lacerare quella barriera che mi separava da Joel.
- È pericoloso innamorarsi, Joel. È troppo pericoloso. - risposi strozzando un singhiozzo - E io non posso… non posso… - ma io ero già innamorata di lui.
Joel mi prese dolcemente il viso tra le mani. - Tess, ascoltami.
Io tentai di divincolarmi dalla sua presa leggera, ma lui mi riafferrò. - Ascoltami, ascoltami… Tess…
Iniziai a piangere. Le lacrime iniziarono ad uscire senza freni dai miei occhi, il mio respiro si trasformò ben presto in un singhiozzo che cercavo di strozzare per evitare di farmi sentire da qualcuno.
- Joel, io morirei se ti perdessi. Io non posso… - le parole uscivano quasi frammentate dalla mia bocca e le lacrime iniziarono ben presto ad offuscarmi la vista. Joel cercava di calmarmi, ma io ricominciai a parlare senza lasciargli il tempo di fermarmi.
- Come si può amare in un mondo del genere, Joel? - dissi divincolandomi da lui - Come? Ogni minuto, ogni secondo della nostra cazzo di vita rischiamo di morire, o di trasformarci in una di quelle schifezze. Siamo troppo occupati a non farci ammazzare per pensare di legarci a qualcuno!
Joel mi guardò con un’espressione che non seppi decifrare. - Tess, ti rendi conto di quello che dici?
- Joel, ti prego…
- Noi siamo qui per sopravvivere, Tess, è vero. Ma possiamo anche scegliere di vivere, cazzo! Possiamo vivere, capisci? Noi siamo qui, ancora vivi!
- Ma non abbiamo un cazzo di futuro, Joel! Non lo abbiamo! Non potremo mai condurre una vita normale, mai e poi mai!
Joel continuava a guardarmi con incredulità. - Non puoi dire che non avremo un futuro se prima non ci proviamo! Tess! - l’uomo mi afferrò per le spalle - Noi possiamo crearcelo un futuro, dobbiamo. Per ridare un po’ di felicità, di speranza a questo mondo. La morte, l’odio ci saranno sempre e forse anche l’infezione ci sarà per sempre, ma noi possiamo comunque provare a costruire qualcosa di diverso, di puro! Qualcosa che contrasti con tutta questa merda!
Guardai Joel con ancora gli occhi umidi di lacrime. Avrei voluto scappare con lui, andare a vivere in un luogo sperduto, solo noi due. Avrei voluto addormentarmi con lui ogni sera, svegliarmi con lui ogni mattina, avrei voluto che lui fosse il padre dei miei figli… ma tutto ciò non era possibile.
- Io ti amo, Joel. Ti amo. Ma non posso, non posso esternare i miei sentimenti. Se io ti perdessi… se succedesse qualcosa… io non avrei più alcun motivo per continuare a vivere. Io… - la mia voce iniziò ad incrinarsi, come se non fossi più certa di quello che stavo dicendo.
All’improvviso sentimmo un grande trambusto in fondo al corridoio.
- Tess!
Ci girammo all’istante e vidi il ragazzo che stava di guardia alla stanza di Jennifer che mi correva incontro.
- Jen è al limite, sta mutando! Abbiamo già portato fuori i figli! - mi disse il ragazzo evidentemente scosso. Alcune urla strazianti iniziarono a riecheggiare lungo il corridoio.
Sfiorai la pistola che tenevo infilata nella cintura dei jeans e con un rapido gesto della mano mi asciugai le lacrime dagli occhi.
- Andiamo. - dissi riprendendo il controllo di me stessa.
Con passo svelto seguii il ragazzo lungo il corridoio, lasciando Joel a fare i conti con la mia contorta confessione d’amore.
  
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