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Autore: ToscaSam    06/02/2015    2 recensioni
Riflessioni di Sirius mentre si trova ad Azkaban. La prigionia rischia di farlo impazzire ma lui sa che non deve farlo. Ha una missione da compiere.
** dal testo**
Non so bene perché, ma dentro di me sento che c’è una cosa piccola piccola, come un granello di sabbia. Mi dice che in realtà io non merito questa tortura.
Sono pazzo. Sono pazzo!
Eppure l’ascolto, quel granellino. Sembra luminoso, si! Si è luminoso come una stella. Però è piccolo, microscopico.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Contesto generale/vago
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Che senso ha stare qui? A questo punto tanto meglio morire, no? Essere risucchiati, svanire, finire le proprie sofferenze. Non so bene perché, ma dentro di me sento che c’è una cosa piccola piccola, come un granello di sabbia. Mi dice che in realtà io non merito questa tortura.
Sono pazzo. Sono pazzo!
Eppure l’ascolto, quel granellino. Sembra luminoso, si! Si è luminoso come una stella. Però è piccolo, microscopico.
Mi fa compagnia ed è l’unico pensiero che riesco ad avere. Intorno a lui c’è un mare nero e indistinto. Tutto quello che c’era nella mia testa ora non c’è più. Non so nemmeno cosa sono, io. Credo di essere una persona, ma mi pare di ricordare che le persone erano diverse, prima.
Prima si poteva anche sorridere. E si poteva stare al sole. E anche stare al sole e sorridere, insieme.
Sbircio il granellino luminoso che si fa un poco più pesante e grande. Lo prego di raccontarmi qualcosa, una storia. E lui mi accontenta, facendomi viaggiare molto lontano …
 
« Sciagurato ragazzo! Tu non meriti di abitare sotto questo tetto! Non meriti di portare il cognome dei tuoi padri! Sei la mia sciagura! La mia rovina!»
Ero di nuovo tornato a casa per le vacanze di Natale, ma da quella volta iniziai a chiedermi il perché. La sfuriata della mamma fu il solo benvenuto che ottenni. Lì per lì non capii che cosa avessi combinato, questa volta, per farle dare così di matto. Non la vedevo da mesi e già le avevo fatto torto. Non era tipo da sgridarmi solo perché rivedeva la mia faccia in giro per casa. Di solito si limitava a una fredda tolleranza, per poi esplodere quando combinavo qualcosa.
I gufi del preside li ignorava, di solito, quindi non temevo neanche una lavata di capo per colpa della mia condotta. Non le fregava niente se a scuola facevo il cretino. Non voleva nemmeno sapere i miei voti.
La guardai con indifferenza, scrollandomi la poca neve che mi era caduta sulle spalline della giacca.
Per puro caso alzai lo sguardo verso le scale e notai quel demente di Kreacher con in mano uno scopino e sul volto un ghigno malefico.
Ah, allora era quello che avevo fatto. La mamma aveva fatto le pulizie in camera mia e con ogni probabilità aveva cercato di strappare dalla parete le varie cose che ci avevo attaccato a sua insaputa.
« Mi fa piacere sapere che almeno per il mio ritorno avevi intenzione di farmi trovare la camera pulita» le dissi con cordialità, come se non mi avesse appena urlato cose orribili.
« Tu rimuoverai immediatamente quelle oscenità dalla tua stanza! È chiaro?».
Mia madre sperava di incenerirmi con lo sguardo, ma erano passati i tempi in cui io e Reg ci spaventavamo per così poco.
«Eddai, non sono proprio nude. Le ho prese da un catalogo di costumi da bagno!».
Mia madre divenne livida e contorse le labbra. Avrei voluto stamparmi quel’immagine in testa per farci una caricatura, quando mi sarei annoiato in una lezione futura.
«Non mi interessano le schifezze che la tua mente deviata trova eccitanti. Mi interessa l’onore di queste povere mura. Rimuovi entro stasera quell’indegno stendardo. O non sei più mio figlio, se ancora così ti posso chiamare».
« Ah tutta questa scena solo per lo stendardo di Grifondoro?» e sottolineai bene l’ultima parola. Aggiunsi: « Beh allora puoi cominciare a dire che Reg è figlio unico. Anche perché non credo di poter cambiare Casa, sai com’è. Il Cappello se ne frega, dopo che ti ha assegnato la prima volta. E un’altra cosa … quasi mi dimenticavo … Probabilmente è l’ultima volta che ci vediamo. Addio. E crepa presto. Anche tu, Kreacher. Salutatemi Reg e ditegli che non mi mancherà».
E mi smaterializzai godendo dell’espressione inorridita e stordita di mia madre.
Chissà se Kreacher avrebbe obbedito all’ordine di crepare alla svelta. Peccato perdersi la scena, però.
Era comunque un prezzo accettabile: il non poter vedere Kreacher tentare di strozzarsi contro la mia prospettiva natalizia. Ero apparso proprio sui gradini di una bella casetta a Godric’s Hollow.
Riconobbi il profumo di torta alla melassa provenire dalla finestra socchiusa.
Ah, fortunello quello scemo di James. A lui, sua mamma preparava la torta di melassa. Ma poco mi importava, a dire il vero, perché fra un attimo avrei potuto sedermi pure io a tavola con la sua famiglia e mi sarebbe anche toccata una bella fetta di quel dolce profumato.
 
Il granellino si è fatto calduccio, come quella casa che mi è parso di ricordare.
Ripongo subito nell’oblio quel barlume di contentezza, poiché sento avvicinarsi qualcosa di gorgogliante e in un attimo ho la sensazione di venir nuovamente succhiato via dall’esistenza.
Passato quel momento, sento il rantolio più forte allontanarsi, lasciando il ronzio costante e perenne al suo posto.
Che ci faccio ancora qui? Ora voglio chiamare qualcuno e chiedergli di farmi smettere di soffrire. Si, voglio smettere. Che sciocco, perché ho lottato finora? A che mi è servito? Non è meglio smettere di patire?
Ma si, si. Devo farmi sentire, devo attirarli e fargli compiere l’atto finale. Poco me ne importa se avevo appeso lo stendardo di Grifondoro. Che cos’è, poi Grifondoro? Mi pare che sia collegato al coraggio … sicuramente è qualcosa da andarne fieri.
Ma una volta smesso di vivere, a chi mai importerà se sono stato coraggioso o no?
Si, si, si, si, si ….
No.
No, no, no, no! C’è qualcosa. Qualcosa che devo fare, che devo dire. Ho una certezza. È qui, nel mio petto. E la sento bruciare. Quella non me la portano via, perché non è niente di felice.
Ma che cos’è allora? Se l’ascolto mi dice di essere sollevato, perché in realtà io non merito di star qui. Eppure non me la portano via. Quindi non è una cosa bella.
Mi concentro sulla certezza, piccola piccola, luminosa e incandescente. Com’è piccola, mi dico. Com’è luminosa.
 
« James, devi far diventare Codaliscia il Custode Segreto» dissi. Non avevo mai avuto un tono implorante, ma quella volta non mi vergognavo a sembrare un cagnolino angosciato. C’era in ballo più di una vita a cui tenevo davvero.
« Andiamo, Felpato. Come puoi pensare che Luna sia dalla sua parte?». Quanto era ingenuo, James! Si fidava troppo di tutti. Non si rendeva conto del pericolo, aveva in testa solo sciocchezze!
« Ascoltami James, ascoltami bene. Lui promette tante cose a quelli come Luna. E se anche poi non è Luna, la spia, beh tanto meglio! Chi vuoi che sospetti che è Coda il Custode Segreto? Tutti punteranno a me. Per favore. Ascoltami. Non voglio essere il Custode Segreto. Anche Coda mi ha detto che sospetta un po’ di Luna e ha anche detto che si offrirebbe volentieri per essere il Custode. Non ha mai fatto niente di davvero coraggioso, Ramoso, per favore. Fa’ che sia Peter stavolta. Non io.»
Questa era una vera preghiera. Mi sentivo accalorato ed ero certo di avere gli occhi lucidi. Per quanto mi sentissi un mostro a sospettare di Remus, era l’unico che poteva guadagnare qualcosa dall’unione con Tu-Sai-Chi. Chi altri? Era un Lupo Mannaro, dopotutto. E per quanto bene gli volessi sapevo che non aveva mai smesso di soffrire per questo.
Se Peter faceva da Custode Segreto almeno non avrebbe dato nell’occhio. Io l’avrei protetto, avrei finto di essere quello a conoscenza dell’ubicazione dei Potter.
James si rifiutava anche solo di pensare all’eventualità che Remus fosse una spia. Eppure sapevamo entrambi che qualcosa non andava, era ben chiaro che un infiltrato stava agendo.
L’importante era tenere al sicuro James, Lily e il bambino, perché Voldemort li cercava. Avrei dato anche l’anima per loro, ma non potevo fare io il Custode Segreto. Io dovevo essere lo specchietto per le allodole e attirare i guai lontani dai miei amici, finché mi fosse stato possibile, perché Peter non ne era in grado.
 
Mi risveglio come da un sogno e sento che ora quel minuscolo pezzetto di coscienza non è più caldo.
Non è un bel ricordo. Non me lo porteranno via, oh, no che non lo faranno. E io so di non meritarmi la dura punizione. So di essere innocente.
No che non lo sono. No. Sono io. Io sono la causa. Però non ho mai commesso quello per cui vengo accusato. È stato lui. È stato quell’infido verme. Quel topo di fogna.
E lo troverò, sì, lo troverò. Me ne starò qui in un cantuccio a ridere. Perché io lo so che non sono stato io. So chi è l’assassino, so chi è il voltafaccia.
E incomincio a ridere, forse più a sghignazzare. Ma le creature che mi aleggiano intorno non possono privarmene. Non mi strapperanno nemmeno a morsi quest’amaro riso. Non c’è niente di bello, né qui né fuori.
Ma io devo uscire. Devo uscire e posso farlo. Lo farò. Lo troverò e finalmente lo vedrò soffrire. Per mano mia. E James finirà di patire. Sarà in pace.
Trema sudicio piccolo ratto della fogna più marcia. Trema e sii consapevole di quello che hai fatto, volontariamente. Non dormire sonni tranquilli, angosciati in ogni ora della tua giornata.
Questa pena la sconterò per il mio errore, ma tu, Peter Minus, vedrai la morte come una lauta aspettativa quando io riuscirò ad andarmene da qui.
E io lo so, Peter. Ci riuscirò.
Aspettami, Peter.
Aspettami.
  
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