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Autore: Soqquadro04    07/02/2015    3 recensioni
[Spoiler!6x13 | What if? | Delena, of course | FLUFF]
[...] «Elena? Hai avuto un incubo?» la preoccupazione è una sfumatura rossa nel suo tono intriso di sonno, piccoli solchi spaventati sulla sua fronte, ed Elena si chiede quanto spesso lo svegliava per lasciarsi consolare, quanto spesso lui la sentiva e basta.
Lui sembra volerla stringere, o accarezzarla, confortarla in qualche modo – vede il gesto interrompersi quasi prima di iniziare, e all’improvviso, del tutto inaspettatamente, sente una fitta di desiderio così forte da farle male, da farle serrare gli occhi. Vuole davvero che la abbracci, solo per un po’, lo vuole disperatamente, e quella parte di lei grida e grida che le è mancato, le è mancato oltre il possibile, così tanto.
Però Damon pare non crederci ancora, come se da un secondo all’altro potesse scoprire che si trattava di uno scherzo di pessimo gusto, e lei davvero non può fare nient’altro che aspettarlo, per ora.
Quindi solo riapre le palpebre e gli sorride del sorriso più aperto che le riesce, e gli sfiora il volto in uno slancio istintivo di tenerezza.
«No, no, sto bene. Sto bene. Solo... ho una domanda.»
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Autore: Soqquadro04
Disclaimer: non sono miei, o altrimenti al momento li starei spupazzando :3
Generi: Fluff, Romantico, Sentimentale
Avvertimenti: Spoiler!6x13, What if? (Ovvero: se Elena non avesse la capacità di stare zitta)
Rating: Verde
N/A - Note dell'Autrice:
Non avete idea di quanto sono contenta di essere riuscita a scrivere del Fluff dopo SECOLI che mi venivano fuori solo robe depressissime.
E poi sono tanto felice. Tanto tanto tanto.
Però ne approfitto anche per dare le brutte notizie: purtroppo mi farò sentire pochissimo, di questi tempi, perché il mio PC mi ha detto addio, e quindi al momento sono senza. E ho perso più o meno TUTTO, ma diciamo che me ne farò una ragione.

Intanto, questa cosina è dedicata a itsross, perché mi ha detto che aspettava da tanto tutto questo e perché mi è mancata un sacco (love you, honey <3)
 
A presto,
la vostra Soqquadro

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La notte nasconde
 
Amore mio
ho sognato di te come si sogna
della rosa e del vento.
Alda Merini

 

Se non lo stesse guardando – e se non avesse le gambe intrecciate alle sue –, Elena Gilbert penserebbe di essere sola, raggomitolata nelle coperte rosse.
C’è silenzio, in casa, questa quiete immensa e perfetta e quasi irreale, la calma dopo la tempesta – un silenzio che rimbomba degli echi dei suoi pensieri sconnessi, del lavorio frenetico della sua mente.
Damon è immobile, fin troppo, respira tanto piano da indurla a credere che nemmeno lo stia facendo – aggrotta la fronte, tendendo l’orecchio e scrutando con occhio critico il suo petto nudo.
No, respira – non che alla fine sia realmente importante, ma Elena non ricorda se è sempre stato così o se magari lui, col tempo, si è adeguato al suo sonno frammentario e agitato.
Elena non ricorda se la stringeva a sé, la notte, o se dormivano lontani, qual è effettivamente il suo lato del letto, se aveva incubi, se l’aveva mai chiamato amore o se non ce n’era mai stato bisogno.
Elena non ricorda e basta, eppure c’è una parte di lei – un frammento, un alito della sua vita, prima, sepolto da qualche parte nei dintorni del cuore – che lo fa, che riconosce tutto quello come l’unica cosa giusta, che le rilassa i muscoli senza il suo permesso, il suo controllo, come se non ci fosse altro posto dove dovrebbe essere.
E allora le basta, le basta esserne consapevole, avere la seppur minima speranza che un giorno potrà riaversi indietro – e, intanto che aspettano, può riscoprirlo.
Si trattiene dallo scattare a sedere, troppo inquieta per dormire, con qualcosa che si agita nel petto – una sensazione indefinibile, felicità e impazienza e un po' più di una punta di curiosità, perché l’unico che può aiutarla, al momento, è addormentato tanto tranquillamente da farla esitare, prima di contagiarlo con quella sua insonnia eccitata.
Attende un istante, indugia con lo sguardo sulle curve morbide del suo volto rilassato nel sonno, e insegue fili di memoria spezzata, tentando disperatamente di trovare uno spiraglio, di aggrapparsi a un angolo strappato – non ci riesce, ovviamente, e sospira di frustrazione all’impossibilità di rammentare se ci siano state altre notti come quella, quante altre volte si sia sdraiata al suo fianco solo per osservarlo nell’unico momento in cui si ritrova senza maschere, senza amarezze. È sicura che siano state parecchie, comunque, perché sente che potrebbe rimanere così anche fino all’alba, anche tutta la vita, mentre gli sfiora appena un braccio, troppo leggera perché la avverta.
Alla fine decide che potrà dormire più tardi, e che non morirà di certo facendole un po' di compagnia – si morde l’interno di una guancia, le sopracciglia aggrottate, cercando di capire come svegliarlo senza spaventarlo o allarmarlo o irritarlo, perché è davvero l’ultima cosa che vuole, a quell’ora.
Opta per un bacio – scelta dovuta principalmente al fatto che le manca già, in realtà –, delicata e calma mentre si allunga verso di lui, sorridendo.
Sorride anche lui, nel sonno, ma non si sveglia.
Sbuffa, Elena – poi si stringe nelle spalle e si limita a chiamarlo, piano, sottovoce.
«Damon.» lui mugola appena – un suono normalmente impossibile da associargli, tanto da farle trattenere una risata perché, davvero, è probabilmente la cosa più tenera che abbia mai sentito in vita sua – e strofina il capo contro il cuscino, aprendo gli occhi a fatica.
Dopo qualche secondo, però, è già perfettamente vigile, le scruta il viso cercando di capire quale sia il problema – parla, con la voce ancora un poco impastata, prima che possa dirgli che non è nulla.
«Elena? Hai avuto un incubo?» la preoccupazione è una sfumatura rossa nel suo tono intriso di sonno, piccoli solchi spaventati sulla sua fronte, ed Elena si chiede quanto spesso lo svegliava per lasciarsi consolare, quanto spesso lui la sentiva e basta.
Lui sembra volerla stringere, o accarezzarla, confortarla in qualche modo – vede il gesto interrompersi quasi prima di iniziare, e all’improvviso, del tutto inaspettatamente, sente una fitta di desiderio così forte da farle male, da farle serrare gli occhi. Vuole davvero che la abbracci, solo per un po’, lo vuole disperatamente, e quella parte di lei grida e grida che le è mancato, le è mancato oltre il possibile, così tanto.
Però Damon pare non crederci ancora, come se da un secondo all’altro potesse scoprire che si trattava di uno scherzo di pessimo gusto, e lei davvero non può fare nient’altro che aspettarlo, per ora.
Quindi solo riapre le palpebre e gli sorride del sorriso più aperto che le riesce, e gli sfiora il volto in uno slancio istintivo di tenerezza.
«No, no, sto bene. Sto bene. Solo... ho una domanda.» vede di averlo preso totalmente in contropiede quando, scettico, inarca un sopracciglio nella sua direzione – la fa ridere appena, di una risata bassa e tintinnante come cristallo.
Le fa cenno di andare avanti, curioso – Elena prende un respiro, il profumo della sua pelle che è incredibilmente, irrazionalmente familiare.
«Com’eravamo, prima?»

Damon la guarda come se fosse pazza o semplicemente stanca o meravigliosa, o magari tutte e tre le cose insieme.
Si scosta appena da lei, senza però distogliere lo sguardo dal suo, sollevandosi su un gomito per poter inclinare la testa di lato. Quando le parla è cauto, calmo.
«Vuoi davvero saperlo?» fra tutte le risposte che aveva programmato di sentire, questa non c’era – stringe le labbra, stranita.
Perché non dovrebbe volerlo, in fondo?
Annuisce, lenta e forse anche un poco confusa perché davvero non sa come dovrebbe interpretarlo.
Si riappoggia al cuscino, voltata verso di lui, mentre sospira e sorride di un sorriso stranissimo, distrutto, persino triste.
«È una storia lunga – vuoi prima la parte bella o quella relativamente brutta? Meglio l’ordine cronologico, forse.» ride di una risata accennata, tanto leggera da essere quasi irreale.
Esitante, Elena gli prende la mano, stringendo quelle dita ancora estranee e tremendamente conosciute al contempo – lo fa così, d’istinto, come se non avesse fatto altro che rassicurarlo per tutta una vita, sapendo esattamente cosa fare e quando rilassare e quando serrare un po’ di più la presa.
«Voglio conoscerci di nuovo. Tutto.» prima di lasciarlo cominciare, intrappola quello sguardo chiaro in uno scambio di occhiate calde, per tranquillizzato e tranquillizzarsi, sentendo che non sarebbe stato sempre facile – che non lo era stato.
Il passato è passato, sì, ma questo non significa che non voglia recuperarlo, in qualche modo – che non voglia capire, quando la gente o lui stesso, a volte, accenna a qualcosa di quelli che sono stati, di quello che è successo, di quello che ha fatto.
Lui sospira ancora, pesantemente, prima di ricambiare la stretta e iniziare a raccontare – Elena sa che non le dirà proprio tutto, in parte perché ci vorrebbero giorni e in parte perché certe cose forse fanno ancora troppo male per essere ricordate nei particolari, ma va bene così, per adesso, una specie di riassunto, di aggiornamento, di promemoria. Qualcosa che le dica che erano quello che erano, quello che facevano, e che nessuno potrà mai cambiarlo.

«All’inizio non è stato facile. Per niente. Non è stato facile per parecchio tempo, in effetti, forse mai del tutto.
Quando sono tornato in città, sai, era tutto molto concentrato su cose del genere “Stefan, ti ho promesso un’eternità di miseria” e “sono qui solo per Katherine e per rovinare la vita di qualcuno passando, datemi la pietra di luna grazie e arrivederci”. È stato così, per un po’, per... motivi. Parecchi motivi che riguardavano un rancore cinquantenario e cosette simili.
E c’eri tu, in tutto questo, che eri uguale alla donna che ho amato per centocinquant’anni e in realtà eri quanto più lontano da lei avrei mai potuto immaginare.
Umana e fragile, e incredibilmente innocente. E innamorata di Stefan.» sorride con amarezza profonda, ricordando chissà quale momento, e si porta una mano al petto, senza nemmeno accorgersene. Vicino al cuore.
Elena si morde le labbra fin quasi a sanguinare, lui se ne rende conto, distrattamente, e le sfiora la bocca appena dischiusa con i polpastrelli, scuotendo il capo.
«Eravamo un trio ben strano, sai? La coppia perfetta e il terzo incomodo incredibilmente affascinante.» le fa l’occhiolino, malizioso, facendola sbuffare, fintamente esasperata.
«Comunque non c’è poi molto da dire – in realtà, tecnicamente potremmo passare tutta l’eternità ad analizzare certe tue uscite o certe situazioni equivoche. Come quella volta in cui mi hai letteralmente assalito e siamo finiti contro una colonna in atteggiamenti alquanto intimi. Per non menzionare il camino del salotto, o questo stesso letto, o magari la vasca da bagno, a cui manchi particolarmente.» se potesse ancora arrossire, ora Elena sarebbe di un delizioso color lampone – gli tira uno scappellotto scherzoso (neppure troppo, a dir la verità), ridacchiando appena.
«È successo semplicemente che mi sono innamorato di te, e non l’avevo chiesto o voluto, anzi. Allora sarei stato ben felice di continuare a crogiolarmi nella mia spietata crudeltà e blablabla, ma tu non eri d’accordo.» il suo sguardo si fa più morbido, una dolcezza sconosciuta in fondo alle iridi chiare, che risaltano come quelle di un gatto nell’oscurità.
«Mi hai salvato, Elena – e ogni tanto mi piace pensare che dopotutto, in un certo senso, potrei averti salvata anche io. Non spesso, certo, la maggior parte del tempo faccio ancora fatica a credere che tu sia qui, ma ci sono stati dei momenti, certe volte... non ti vedrai mai come ti vedo io, non potresti. Ti amo troppo.» ora i suoi occhi sono quasi spaventati – forse teme di avere spaventato lei, che sia stato troppo e troppo presto.
Lo guarda, Elena, cercando di capirsi – non si sente allarmata o spaventata o anche solo stranita. È felice e basta, e forse giusto appena un po’ senza fiato perché è probabilmente una delle cose più belle che le abbiano mai detto.
Quindi gli sorride, un sorriso largo che le occupa tutto il volto, e lo bacia – stavolta non è un bacio timido, leggero, è qualcosa di forte e gioioso e infinitamente ottimistico, anche.
E, sentendo la sua risata che spezza il silenzio, Elena pensa solo che vuole sentirlo ridere per sempre.

Più tardi, quando lui è già di nuovo addormentato, lei si ritrova a osservarlo, al buio – ancora. Non si stancherebbe mai, in realtà.
Damon chiama il suo nome, un sussurro rapido e quasi incomprensibile, e di nuovo accenna il gesto di stringerla a sé, ma non lo fa.
Lei sbuffa, divertita, e si limita a sollevargli il braccio per infilarcisi sotto – non è nemmeno troppo attenta a non svegliarlo, ma non ce n’é bisogno, quando lui se la tira un po' più vicino, il viso a pochi centimetri dal suo.
Elena chiude gli occhi e, per la prima volta da tempo, si sente a casa.
   
 
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