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Autore: soulmirrors    08/02/2015    9 recensioni
Vi capita mai di pensare che se qualcosa fosse andata in maniera differente, in passato, oggi la vostra vita sarebbe totalmente diversa da ciò che invece è?
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Se solo il destino avesse giocato diversamente le sue carte... Se solo avesse invertito l'ordine delle pedine sulla scacchiera che è l'esistenza, forse sarebbe toccato a lui il posto che invece oggi è di Gemma.
Un solo scambio, un inciampo, un ripensamento, una sostituzione di piani all'ultimo momento e sarebbe lui quello in ansia per il suo appuntamento.

[Harry/Louis] [3.8k] [K]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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EMARB EUTEL AMOSI VOUT LINON ORTSOM





 
 
Il sole filtra pigramente attraverso il ricamo raffinato delle tende color pesca poste dinnanzi all'ampia finestra, accanto al letto. Su di questo sembra vi sia stato riversato l'intero armadio, poiché in ogni angolo sono presenti abiti leggeri dai colori e fantasie sgargianti pronti per essere provati.

«Oh, you've got green eyes. Oh, you've got blue eyes. Oh, you've got a grey eyes and I've never seen anyone quite like you before».

Nell'aria l'odore dolce e delicato del profumo che si è appena spruzzata ai lati del collo, sulle labbra lo stesso motivetto di una canzone che le piace canticchiare.
Le mani carezzano la pelle nivea del proprio corpo, nudo, vestendola di tessuti nuovi proprio come fanno i fiori ad un campo in primavera. Un cigolio improvviso e lei sobbalza, si volta subito verso la porta - una sorta d'ansia a saturarle il petto - sembrava si fosse appena aperta ma a quanto pare si è solo impressionata. Scuote la testa in un sorriso, che stupida che è stata, è sola in casa. Indossa dei tacchi che aggiungono svariati centimetri alla sua altezza, si avvicina alla parete in fondo alla camera, ancheggiando come una pin-up d'altri tempi, e il mondo smette per un attimo di girare. Tutto tace e si ferma, i secondi, i minuti, le ore...

«Specchio specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?»
«Sei tu, sei tu, sei tu...»


Ride aggraziata, un po' spavalda, una bambina cresciuta troppo in fretta, e con le mani cerca di ravvivare i capelli. Li osserva e li adora, le piace un sacco la sua chioma. Scura e ribelle, morbida, non è lunghissima ma tocca appena le spalle e a lei tanto basta. Alcune ciocche, particolarmente folte, sembrano essere addirittura dei boccoli perfetti. Le sue gote ora sono di un rosa appena più saturo sugli zigomi, alti e definiti, due ombre agli angoli delle labbra quando queste si piegano all'insù in un sorriso ammaliatore che rifulge nella penombra della stanza.

«No, I've never meet anyone quite like you before».

Una giravolta, un'altra ancora, e il mondo riprende a muoversi, a girare su se stesso come una ballerina di un carillon. La gonna che ha deciso di indossare, di un tenue color carta da zucchero con balze lilla, nel volteggiare si solleva mostrando le sue bellissime gambe lunghe e affusolate. Sfarfalla a tal punto, quella stoffa, che per alcuni istanti si riescono a scorgere le mutandine di pizzo azzurro che indossa. Sono trasparenti e questo basta affinché le mani corrano immediatamente a coprire la bocca appena schiusa dall'imbarazzo, un risolino cristallino si libra dalla sua gola come un piccolo uccellino.

«Trovi davvero io sia splendida?» domanda allo specchio, in un tremulo mormorio.
«La più bella del reame».


Il reggiseno bianco, a balconcino, si intravede appena dal tessuto leggero della camicia, slacciata strategicamente all'altezza dei seni e chiusa in un nodo appena sopra all'ombelico, quando si piega in avanti per prendere qualcosa dal beauty-case. Sente, o meglio, sa che manca qualcosa a quella perfezione, un attimo racchiuso in un pensiero costante che sembra sussurrarle, tutte le volte, parole che non le piace ascoltare. Sbuffa birichina e lo zittisce, quel mormorio, con un gesto della mano. Con passo sensuale si avvicina alla superficie riflettente e dopo aver ammiccato al suo stesso riflesso, con il rossetto stretto tra l'indice ed il pollice della mano sinistra, colora le sue labbra piene. Un bacio al vento e il trucco si distende, perfettamente. Il mascara rende le sue ciglia ancor più lunghe, di quanto già non lo siano al naturale, e il nero dell'eyeliner intensifica il verde sericeo delle sue iridi.

«Farai girare la testa al tuo uomo, questa sera“ intona lo specchio con voce suadente.
«Lo pensi davvero?» domanda lei, un po' insicura, un tramonto impressionista le si è appena dipinto sulle guance.
Ed è subito magia.


Occhi cobalto appaiono sotto alle palpebre ora chiuse, la fantasia è una maestosa Fenice su cui volare e dissetare lo spirito con i sogni che sanno come rendere vive le persone. Le vede, le piccole rughe agli angoli di quegli stessi occhi, a volte blu scuro, altre azzurri, altre ancora grigi, come il mare condizionato dal cielo che lo sovrasta. Labbra sottili, rosee, da mordere e baciare, e quella sua barba incolta che lei vorrebbe saggiare premendo la sua guancia liscia e morbida contro di essa. Percepisce le mani del ragazzo scorrere piano sulla sua pelle accaldata, sente la sua bocca bisbigliare parole irripetibili.

«Sei splendida stasera, e sei mia», quel suono che graffia la sua anima e tinge di rosso la pelle del collo.

Apre gli occhi e in quello specchio lo vede. È dietro di lei, sta cingendole la vita con le braccia forti e il volto è ben nascosto nella piega del suo collo. Sta baciandola con delicatezza e al tempo stesso con bramosia, brividi scorrono sul suo corpo come una pioggerella estiva.

«I tuoi capelli profumano di posti lontani e sconosciuti» mormora il ragazzo, le labbra premute sulla pelle appena sotto al suo orecchio.

Piega il capo di lato e per la prima volta incontra gli occhi dell'uomo che le accende fuochi nell'anima, che la fa vibrare di note sibilline. Come pietre preziose, o briciole di stelle, le iridi turchine stanno sfiorando il suo riflesso nello specchio soffermandosi orgogliose sulle curve del suo corpo mentre le mani scivolano sotto ai tessuti leggeri come nuvole.

«Potrebbe entrare qualcuno» mormora lei, provando con finta intenzione a fermare il desiderio dell'altro. Lui in risposta ride piano.

Una mano si insinua sotto la camicetta dal tessuto candido, l'altra scende delicatamente a sollevare la gonna di veli fino a sfiorare con la punta delle dita parte della sua coscia, solleticandola, prima di avvicinarsi gentilmente alla sua intimità. Un sospiro carico di aspettativa le sfugge dalle labbra schiuse e quando posa le sue mani su quelle dell'uomo, come per indirizzarle nel punto in cui il suo desiderio sfavilla maggiormente, una nota stonata sfregia la melodia perfetta di quell'attimo.
L'eco lontana di un passo, di un altro, e un altro ancora su per le scale. I passi si fanno sempre più vicini ma lei non vuole che tutto finisca, di nuovo. Eppure lui già non c'è più, e lei è nuovamente sola dinnanzi a quello specchio.
Non così presto, pensa e trema, negli occhi imperversa la paura di chi sa che non ha più nessuna via d'uscita.
La porta questa volta si apre davvero e senza alcuna gentilezza, da essa fa capolino una donna bellissima, dai capelli scuri come il firmamento di notte e gli occhi identici ai suoi. Anche il sorriso sa essere lo stesso, ma la donna sorride solo con e per gli altri e lei non ricorda quasi più com'è vedere sua madre sorridere. Cosa ci fa già a casa? Quel mattino prima di uscire le ha detto sarebbe rientrata in serata, eppure… Lei non può saperlo perché ha voltato il viso dall'altra parte, per sfuggire dallo sguardo della donna e nasconderle la verità, ma questa sta scrutandola da capo a piedi e ha indurito l'espressione non appena ha messo piede nella camera. Sua madre serra le labbra in una linea dritta come un orizzonte di un oceano in tempesta e continua a guardarla, furente e d'un tempo addolorata.

«Cosa ci fai nella camera di tua sorella?» dice, il disprezzo e la delusione si sollevano come tristi albe nei suoi occhi, gli stessi che lei continua ad evitare.
Non risponde, non dice nulla, il cuore batte dolorosamente contro le pareti della sua cassa toracica e ha così tanta paura, e vergogna, di quello sguardo fatto di fuoco e pietra che non è pronta a sopportare. Lo stomaco fa male e la bile sembra voler spaccare le sue membra, distruggerle il corpo poco a poco.
«Non sei più un bambino, Harry!» urla la donna, avvicinandosi in due sole falcate, una mano stretta dolorosamente attorno ad un polso. «E guardami negli occhi quando ti parlo».
Con uno strattone sua madre lo costringe a voltare il capo verso di lei, e quando i loro occhi si incontrano è come se due lampi gemelli nello stesso cielo si fossero appena scontrati. Il tuono che sopraggiunge è un boato insopportabile.
La magia si spegne, come una flebile fiammella, e ciò che resta nelle tenebre dell'anima è la realtà che lo scruta con gli occhi rossi e le fauci spalancate, come il peggior mostro nascosto nell'armadio o sotto alle assi cigolanti del suo letto.

«Non ci credo...» mormora la donna, la mano libera a coprire la bocca schiusa per lo stupore, misto all'orrore di ciò che sta osservando. «Lo hai fatto di nuovo, hai usato i trucchi di tua sorella. Stavolta non ti è bastato mettere i suoi vestiti?»
Quell'ultima domanda retorica ha il sapore salato di una lacrima densa e scura di trucco e il rumore sordo di uno schiaffo. La guancia è di nuovo rossa, stavolta non è per il genuino imbarazzo, ma per la vergogna di impronte di dita arrabbiate stampate su di essa.

«Mamma, io...» prova a dire, «se solo mi lasciassi spiegare, è che non posso più fingere e fa male». Un singhiozzo gli impedisce di aggiungere altre parole, l'aria nei polmoni ha preso la consistenza di chiodi arrugginiti che bucano con veemenza la carne. Si sente così inadeguato, adesso, e fuori posto, una bambola di porcellana con il volto crepato in mezzo a tante altre bambole dalla bellezza intatta, perfetta.

«Non voglio ascoltarti, Harry» comunica la donna, con tono duro. «Sono così stanca, stanca del tuo comportamento, di ciò che continui a fare nonostante ora tu sia quasi un uomo e non più un bambino. Credevo che crescendo ti sarebbe passato questo stupido capriccio». La donna posa lo sguardo sul letto, sui vestiti che come spettatori inermi osservano la scena in silenzio e li indica con un gesto della mano. Anche lo specchio, ora, sembra ridere di lui. Pare ghigni addirittura quando la riflette sulla sua superficie, quella lacrima sporca macchiare di nero la sua guancia, sino a colare giù via dal mento.
«Togliti immediatamente di dosso queste cose e lavati la faccia. Subito». La donna gli concede il tempo di un'ultima occhiata sprezzante prima di voltarsi e uscire dalla camera con quella compostezza tradita appena dal tremore delle sue dita.


 
*
 

Le nocche delle mani sono sbiancate, le dita stringono con così tanta forza il bordo del lavabo che il sangue ha smesso di circolare. La mascella è contratta, le braccia tese tremano poiché fa perno su di esse per non lasciarsi cadere in terra. Lo specchio del bagno è crudele, non mente come l'altro, lo guarda negli occhi e in serbo per lui ha soltanto la verità. Non ci sono fantasie, fenici su cui volare, non ci sono immaginazioni a cui aggrapparsi per non cedere sotto al peso di una realtà che non accetta e che non riuscirà mai a farlo.
Harry ha quasi diciassette anni e il suo corpo è solamente una prigione, una gabbia che giorno dopo giorno gli sta sempre più stretta addosso come se le pareti che lo imprigionano non smettessero mai di restringersi.
Le spalle larghe, il petto che diventa squadrato e i contorni del viso che crescendo acquistano linee spigolose, abbandonando quelle più rotonde e morbide di quando ancora non era adolescente. Sta cambiando, il suo corpo muta con il tempo divenendo quello di un vero uomo e lui non è più capace di fingere che questo gli vada bene. Con il dorso della mano, in un impeto di rabbia, leva via il rossetto che gli sfregia il viso con una terribile scia cremisi. Fa così male pensare che non vedrà mai il suo ventre gonfiarsi per accogliere dentro di sé una vita. Fa così male che tocca il suo addome con dita tremanti mentre le stille che sgorgano dai suoi occhi smeraldini perdono subito la loro purezza, imbattendosi nel mascara che cola giù ai lati del suo volto. È terribile quello che sta osservando. Una maschera grottesca, un incubo, un pagliaccio che lava via il trucco scoprendo sotto di esso altre milioni di maschere che non lo abbandoneranno mai perché quelle fanno parte della sua esistenza.
“Sei cresciuto, oramai, è finito il tempo per i giochi e dei tuoi capricci!“
Capricci. Come se si trattasse davvero solo di capricci. Sua madre non ha mai capito, e mai lo farà. Non ha mai neppure provato a venirgli in contro, ascoltandolo, permettendogli di tirare fuori tutto il male di vivere che si porta dentro.
Batte forte un pugno contro la porcellana candida e un singhiozzo rabbioso gli sfugge dalle labbra gonfie e martoriate dai denti, prima che un conato di vomito gli avviluppi lo stomaco costringendolo a riversare l'anima nella tazza del water. Con l'acqua che viene fuori attivando lo sciacquone vorrebbe così tanto sparire anche lui. Abbandonare la realtà a cui sente di non appartenere e dissolversi nel nulla, una nuvola di fumo soffiata dal vento.
Lo specchio malvagio sta fissandolo silente, e lui ha quasi paura di sfidarlo con i suoi occhi. Tuttavia lo fa, perché Harry è masochista, un autolesionista mentale che gode ad infliggersi punizioni psicologiche.

«È che sei nato sbagliato, difettato, contorto. Sei uno scherzo della natura! Una donna nel corpo di un uomo, un fenomeno da baraccone. Nessuno ti amerà mai perché sarai tu per primo a non smettere di odiarti».

Ride. Una risata amara che gli fa risalire altra bile alla gola, una risata violenta che fugge ribelle dalla sua bocca.
Bastardo di uno specchio, si ritrova a pensare con un sorriso nuovo sulle labbra e antiche lacrime negli occhi.
Peccato quello specchio abbia terribilmente ragione.


 
*
 

Se solo il destino avesse giocato diversamente le sue carte... Se solo avesse invertito l'ordine delle pedine sulla scacchiera che è l'esistenza, forse sarebbe toccato a lui il posto che invece oggi è di Gemma. Un solo scambio, un inciampo, un ripensamento, una sostituzione di piani all'ultimo momento e sarebbe lui quello in ansia per il suo appuntamento.
Il campanello suona, come quasi tutti i pomeriggi da un mese a questa parte e «Harry!» urla Gemma dalla sua camera al piano di sopra, «puoi andare ad aprire la porta?»
Harry tacitamente annuisce, sebbene sua sorella non possa vederlo, e si alza dal divano per raggiungere la porta di casa. La mano si stringe sulla maniglia dorata e il respiro, come tutte le dannate volte, si blocca nella gola non appena lo vede.

«Non me lo dire» gli dice Louis con un tono sarcastico, «non è ancora pronta e mi tocca aspettarla, vero?»

E Harry annuisce in un flebile sorriso sebbene tutto ciò che desidera fare è avvolgere le braccia intorno al suo collo, chiudere gli occhi e baciarlo.
Baciarlo sino a sentire sulla lingua il sapore della sicurezza, dell'amore, di braccia forti a mormorare tra una carezza e l'altra che lui è perfetto così come è, che è un uomo e non c'è nulla di sbagliato in questo perché lui lo ama e lo desidera per ciò che è, non per quello che vorrebbe essere. Ma questo non potrà mai accadere e Harry lo sa bene, lo ha sempre saputo. Lo sa dalla prima volta in cui i suoi occhi si sono tuffati a capofitto dal promontorio che è lo sguardo dell'altro ragazzo.
Perché Louis, ventitré anni, tatuaggi sparsi un po' ovunque e barba perennemente incolta ha un magnete innestato nel corpo il cui polo opposto si trova in Harry. E non importa se è un'attrazione a senso unico perché Louis è uno di quegli uomini fermamente convinti della propria eterosessualità che neppure nei loro sogni reconditi sfiorerebbero un altro uomo: lui non può davvero farne a meno, è una falena che se deve morire vuole farlo danzando con il fuoco. Il salto era pericoloso, sapeva che avrebbe rischiato tutto nel lanciarsi da quell'aspro promontorio ma lui lo ha fatto lo stesso, ad occhi aperti, per sfidare le lame affilate del vento soffiato dalla realtà che non si può dissipare come fosse una nuvola qualunque.
Perché Louis è e sarà sempre il suo desiderio, il suo tormento, la sua proibizione, la sua gioia e il suo dolore. Poi accade che, in uno dei tanti pomeriggi, senza premeditazione alcuna, Harry decide che deve farlo a tutti i costi. È stufo di aspettare, di logorarsi l'anima in quell'eterno limbo che è la sua esistenza. Non lo fa neppure bussare perché non appena sente il rombo della sua moto fuori casa si precipita alla porta e la apre. Il ragazzo sembra percepire subito che qualcosa accadrà di lì a poco, come quando si inizia a respirare l'odore di pioggia nell'aria ancor prima che si metta a piovere. Non gli lascia neppure sfilare il giubbotto di pelle che intrecciando le dita alle sue, fredde per il vento che lo ha fustigato mentre era in moto, lo trascina nel sottoscala adiacente al salotto.
Louis trattiene il respiro ma non si ritrae, lo segue silente e resta lì dove lo ha condotto, senza muoversi neppure di un solo millimetro. Però lo scruta nella penombra e «Perché siamo nascosti qui sotto?» domanda in un bisbiglio con una voce che non lascia trapelare alcun tipo di emozione.
Harry lo guarda e con l'incoscienza tipica dei matti «Baciami» lo implora, stringendo le dita attorno alla giacca che l'altro indossa. Il ragazzo alza un sopracciglio e ci manca davvero poco che si metta a ridere, incurante della guerra interiore che Harry sta combattendo contro se stesso da una vita intera, fattasi più ardua da quando proprio lui ha iniziato a frequentare sua sorella.
Deve notare la determinazione nei suoi occhi smeraldini perché «Harry, io...» mormora, gli occhi appena spalancati.
Sembra ancora incredulo per ciò che gli è stato appena detto. «Harry sto uscendo con tua sorella, non mi sembra opportuno e poi lo sai che non sono-»
«Solo un bacio, per favore» lo implora di nuovo, mettendo immediatamente a tacere il suo tentativo di ricordargli ciò che lui, purtroppo, sa da sempre, ciò che ha appreso lanciandosi nel vuoto. «Ne ho bisogno, Louis, ti prego» fallo perché ne ho bisogno, ho bisogno di sentirmi desiderato anche solo per un istante. Perché se fossi donna sarebbe tutto più semplice.

Louis sospira sulle sue labbra, gli si fa più vicino e i loro corpi sembrano essere l'uno il prolungamento dell'altro, incastrati nell'ombra del sottoscala. Appare davvero combattuto, indeciso sul da farsi tanto da mordersi un labbro e aizzare in Harry quel folle sentimento che da troppo tempo prova nei suoi riguardi.
Il cuore di Harry può esplodere da un momento all'altro, ne è davvero certo, e ne ha la conferma quando inizia a battare all'impazzata perché l'altro ragazzo sfiora inaspettatamente le sue labbra.
Socchiude piano gli occhi, le labbra di Louis premono gentili sopra alle sue, collidono come il più dolce e giusto incidente. Sospira, le mani scendono lungo il petto del più grande, sfiorano il bordo degli skinny scuri che indossa. Louis inclina il capo e si spinge leggermente verso di lui, schiudendo di poco le labbra come se fosse intenzionato a rendere quel semplice sfioramento di labbra qualcosa di più.
A mezzanotte devi lasciare la festa, Cenerentola, la tua carrozza tornerà ad essere una zucca e i cavalli solo dei topi.
Neppure il tempo di pensarlo che l'incantesimo svanisce così come è apparso.
Louis si blocca repentinamente, si stacca da lui e indietreggia di un passo come se avesse improvvisamente bisogno di mettere una distanza consistente tra di loro. Poi fa una cosa che crepa in due parti dolorosamente perfette il cuore di Harry.
Con il dorso della mano si pulisce la bocca come per cancellare via quell'accenno di bacio che neppure c'è stato. Negli occhi blu dell'altro scorge gli stessi sentimenti terribili che è abituato a leggere tutti i giorni in quelli di sua madre.

«No» afferma risoluto Louis, scuotendo con forza il capo. «Non ci riesco, mi dispiace».

Quando la ragazza al piano di sopra trilla al suo ragazzo di essere finalmente pronta... Quando la porta di casa si chiude e lui resta nascosto nell'ombra di quel sottoscala, a tremare come una foglia secca e priva di linfa… Quando si rende conto di essere davvero solo in casa, una strana idea gli attraversa la mente come una saetta.
Si accorge di aver trattenuto il fiato sino ad allora solo quando giunge davanti alla camera di sua sorella e il mondo si ferma, come tutte le volte in cui si ritrova a pochi passi dal suo attimo di felicità fittizia.
Apre la porta e si guarda attorno, la tipica pace che precede la tempesta gli si è appiccicata spiacevolmente addosso. Il tramonto con i suoi raggi sanguinolenti si intrufola nelle tende color pesca accentuandone il colore della stoffa, sul letto i vestiti dai colori sgargianti che sua sorella deve aver provato prima di decidere cosa indossare. Nell'aria l'odore dolce del profumo che Gemma ha messo per il suo Louis e sulle labbra il solito motivetto.

«Oh, you've got green eyes. Oh, you've got blue eyes. Oh, you've got a grey eyes and I've never meet anyone quite like you before».

Il rombo di una moto che si allontana.
Chiude gli occhi dopo aver osservato per alcuni istanti l'armadio della ragazza, ancora aperto, e sospira. La tempesta arriva in fretta, con le sue nuvole cariche di pioggia e il cielo pronto ad urlare con i tuoni tutta la sua ira. Afferra dal comodino di fianco al letto la boccetta di profumo, osserva senza vederla davvero l'etichetta e ne legge distrattamente il nome costoso quanto famoso poi, con uno scatto ferino del braccio si volta su se stesso e la scaglia contro la superficie riflettente in fondo alla camera. Il suono dello schianto contro allo specchio è acuto e gli fa tremare il sangue nelle vene, i cocci di vetro cadono in terra, sul parquet, in una pioggia cristallina che riverbera nella sua testa per lunghissimi istanti. Il silenzio che ne segue è un rumore talmente assordante, in quel momento, che distruggerebbe qualsiasi altra cosa di quella stanza solo per metterlo a tacere una volta per tutte. Tutto ciò che fa, invece, è sedersi a terra di fronte a quello che un tempo era stato la sua Fenice dalle grandi ali ed osservarne la cornice vuota.
Un sorriso malinconico si riflette nei pochi cocci superstiti, tra le dita giocherella con una scheggia lucente e appuntita che solletica i polpastrelli, la pelle ruvida delle mani e quella più delicata dei polsi.
Chiude gli occhi e nell'incendio che è ora la sua anima, attende che la Fenice risorga dalle sue stesse ceneri.
Un canto arcano carezza la sua coscienza.

«Specchio specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?»














/Note/ Sera a tutti!
Io sono quella buonanima di K e sono senza pc in questo periodo ma ciò non mi ha fermata \m/ perché sto scrivendo sul tablet. Non so come uscirà questa storia una volta pubblicata perché ho provato a formattarla dal tablet ed è stato un Inferno.
Ossimoro mi ha aiutata, ci ha provato e ha pure perso tempo, mi sento in colpa! Sob. Comunque questa OS di 3.800 parole circa è nata in una notte sola e boh, è una sorta di White 2 la vendetta, me ne rendo conto. Ho questa fissa, o perversione (?) che mi fa concepire storie in cui Harry deve soffrire per mano di Louis. In questo caso però c'è da dire che la sua vera sofferenza non è solo quella procurata da Louis: come avrete intuito il malessere di Harry è ben altro. Non so che impressione vi abbia fatto questa storia, fatto sta che spero di aver trattato questa tematica delicata senza offendere nessuno, o turbare la sensibilità di qualcun altro. È che è tutta una metafora, in parte, di quando ci si sente inadeguati ma è anche una fetta di realtà, uno scorcio di vita che appartiene davvero a tante persone... E non mi sembra il caso di blaterare ancora, quindi sparisco.

Il titolo di questa storia è la famosa inscrizione che si trova in cima alla cornice dello Specchio delle Emarb (di Harry Potter). Se si legge al contrario e si anagramma lo spazio tra le lettere e le parole si ha "Mostro non il tuo viso ma le tue brame".
La canzone che canticchia Harry è Temptation '87 dei New Order.

Grazie per aver letto e se volete farmi sapere cosa ne pensate, se avete dubbi o qualcosa da chiedermi potete scrivermi qui in una recensione oppure contattarmi su twitter (@bluesidhe) o ask (http://ask.fm/psychromatic) ♥♥♥
P.S. Credo mi rivedrete da queste parti tra non molto tempo perché sto scrivendo una minilong che avrà massimo sei capitoli e ne ho scritti già quattro!
A presto ♥ K
   
 
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