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Autore: lapoetastra    08/02/2015    2 recensioni
Gli occhi erano diventati pesanti, come macigni.
Di colpo però li spalancò.
Lo aveva visto.
Lui era lì.
I suoi capelli rosso fuoco rilucevano a contatto con l’acqua fredda, ed i suoi occhi luminosi luccicavano spaventati.
< Sarnek.. >, provò a mormorare Dubhe, incredula, folle di gioia, ma dalla sua bocca non uscirono altro che grosse bolle.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dubhe, Jenna, Sarnek
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L’acqua la avvolgeva fin sopra la testa, togliendole il respiro.
Dubhe ne era contenta.
Le sembrava che quella corrente ghiacciata riuscisse a lavare via, insieme alla sporcizia, anche il dolore, la sofferenza e l’agonia, che l’attanagliavano da quando lui l’aveva lasciata.
Con il tempo aveva anche perso la capacità di piangere, perché le lacrime si erano esaurite, a causa delle notti passate a cercare di soffocare i singhiozzi mordendo il cuscino.
Le sembrava di essere morta con lui, quel giorno, perché da allora non era più in grado di provare alcunché, se non un dolore lancinante in mezzo al petto che era diventato il suo unico ed inseparabile compagno.
Sicuramente esso non l’avrebbe mai lasciata sola, fino a quando sarebbe vissuta.
Ma era proprio questo il punto.
Lei non voleva più vivere.
Non senza di lui, l’unico uomo che avesse mai amato, la persona più importante della sua infanzia.
Il suo maestro, la sua fonte di illuminazione anche quando il buio più fondo la avvolgeva con le sue spire tenebrose.
Ma adesso era perso, come vapore al sole, come cenere al vento.
Ed il fiato intanto stava iniziando a mancarle.
Gli occhi erano diventati pesanti, come macigni.
Di colpo però li spalancò.
Lo aveva visto.
Lui era lì.
I suoi capelli rosso fuoco rilucevano a contatto con l’acqua fredda, ed i suoi occhi luminosi luccicavano spaventati.
< Sarnek.. >, provò a mormorare Dubhe, incredula, folle di gioia, ma dalla sua bocca non uscirono altro che grosse bolle.
Lui era lì.
Era tornato.
Per lei.
Dubhe fece appena in tempo a vedere il suo amato maestro nuotarle affannosamente incontro quando l’oscurità la avvolse.
 
Spalancò gli occhi, tossendo incontrollabilmente, fino a sentire la gola bruciare.
Si tirò su a sedere, con il respiro corto, e si guardò intorno.
Era nella camera da letto di Jenna, l’unico che potesse definire un amico.
Si ricordò del suo salvatore.
Sarnek era ritornato, l’aveva tirata fuori dall’acqua prima che affogasse.
Sapeva che sarebbe successo, prima o poi, che lui non poteva davvero essere morto, che sarebbe riapparso all’improvviso dicendole che era stata tutta una finta per sfuggire alla Gilda, e che non l’avrebbe lasciata mai più.
< Sarnek! >, lo chiamò con quanto fiato aveva in gola, non vedendo l’ora di guardarlo entrare dalla porta per potergli gettare le braccia al collo e recuperare tutto il tempo perduto in quei lunghi anni in cui erano stati separati.
Vide il pomello girare.
Trattenne il respiro.
Ma colui che le si parò davanti non era il maestro.
Era solo Jenna.
< Oh, sei tu >, sussurrò delusa.
 < Perché mi tratti così? >, chiese il ragazzo, sedendosi sul morbido letto accanto a lei e prendendole una mano. < Dovresti essermi grata, non credi? Se non fossi arrivato io, a quest’ora saresti… ma che cosa ti è saltato in mente, si può sapere? Volevi morire? >
Sì, sì, Dubhe voleva proprio morire, in quel momento.
Come poteva essere stata così ingenua e stupida?
Come poteva aver creduto anche solo per un attimo che Sarnek fosse ancora vivo e fosse tornato da lei?
Era impossibile.
Il maestro era morto, molto tempo prima, quando lei era poco più che una bambina indifesa, pazzamente innamorata di lui.
Morto, sepolto, cenere.
Niente rimaneva della sua persona, ora.
Non lo avrebbe mai più rivisto, qualunque cosa fosse successa.
Non lo avrebbe mai più abbracciato.
E lei avrebbe sempre desiderato di morire, perché solo così forse si sarebbe potuta ricongiungere con lui.
< Mi.. mi hai chiamato Sarnek, prima. Cosa…? >, stava intanto chiedendo Jenna, cercando invano di incrociare il suo impenetrabile sguardo.
< Vattene. >
Se Dubhe lo avesse schiaffeggiato, sicuramente gli avrebbe fatto meno male.
< Ma io… >
< Vattene! Va’ via! >, urlò la ragazza, fino a sentire la gola in fiamme e le lacrime bagnarle gli occhi.
Non voleva Jenna.
Non voleva accettare che fosse stato lui a salvarla.
Voleva solo rimanere sola, con il proprio dolore e la propria delusione assolutizzante.
Jenna, sconvolto, si alzò piano.
< Come vuoi >, mormorò con voce rotta.
Era a pezzi.
Non riusciva a capire la causa della rabbia improvvisa dell’amica.
Se ne andò, arrancando fuori dalla stanza con passo traballante e malfermo, quasi fosse ubriaco.
Quando richiuse piano la porta alle sue spalle, Dubhe, rimasta finalmente sola, scoppiò in lacrime.
Piangeva.
Per Sarnek, che l’aveva abbandonata proprio quando aveva più bisogno di lui.
Per se stessa, che non sarebbe mai più stata in grado di godersi la vita.
E allora urlò, un urlo acuto ed agonizzante di pura sofferenza.
Continuò così, a gridare disperata tutto il suo dolore, per un tempo che le parve infinito.
Jenna, fuori dalla porta, ascoltava.
 
   
 
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