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Autore: GreenBlood_    08/02/2015    4 recensioni
[Desmond Centric] [Romantico/Slice of life/Angst] [Missing moments]
Un tributo al professor Sycamore. Alla sua vita passata, al suo amore più grande, al suo dolore e al lutto di due angeli innocenti in una notte senza stelle.
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{Estratto...
Toc, toc, sono arrivata. Aprimi perché nascondervi non servirà.
Toc toc. E’ troppo tardi per scappare.
Una sagoma anonima si fece strada nell’oscurità. E rise. [...] «Scriveremo la nostra storia insieme» Quella era una delle tante volte in cui tirava fuori un argomento smielato, ma persino a Desmond riusciva a toccare nel profondo. [...]
«La storia la concluderai tu Descole, da solo»
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Desmond Sycamore, Jean Descole, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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L’odio viene dal cuore, il disprezzo dalla testa. E nessuno dei due sentimenti è spesso sotto il nostro controllo.
(Alexander Graham Bell)

And at the End • Pain


#1- Pioggia
Desmond alzò gli occhi verso il cielo plumbeo pervaso da pigre nuvole cariche di pioggia e riverberi nascosti. Pochi minuti e tenue gocce chiare si fecero strada nell’aria, trasformandosi in uno scroscio silenzioso che, assecondando quella danza ipnotica e seducente, si poso’ sul terreno, bagnandolo completamente. L’archeologo, zitto e rigido, aprì di scatto l’ombrello vermiglio, non voleva di certo bagnarsi i capelli, con tutto il tempo che aveva impiegato nel pettinarli, ed anche perché altrimenti sarebbe rimasto per tutto il giorno con in testa qualcosa di simile ad un cane spelacchiato, ci teneva molto al suo aspetto.
«Accidenti» biascicò «Proprio oggi doveva piovere? Meno male che non manca molto all’università … » Avanzò con una velocità lievemente più spinta, stando sempre attento a non inciampare, le suole delle sue scarpe non avevano l’antiscivolo. Ma quella sua attenzione non giocò a suo favore, finì a terra ugualmente, ma per via di una figura non del tutto riconoscibile.
Il professor Sycamore non si rese subito conto di aver avuto un tonfo -non del tutto indolore, tra l’altro- era stato davvero troppo improvviso. Notò che qualche foglio di carta stava svolazzando intorno a lui.
«Chiedo venia, signore! Ero distratta!» trillò la voce acuta e femminile «L’aiuto ad alzarsi» e allungò l’arto superiore verso Desmond. Quest’ultimo, ancora scombussolato, puntò il naso verso l’alto, scrutando attentamente la donna -dalla voce immaginava fosse una ragazza- ma vi trovò il nulla, solo un viso coperto dal cappuccio di un impermeabile nero. Afferrò saldamente la mano guantata di lei con il braccio sinistro e con il destro afferrò le pagine, che diventarono un vero e proprio plico di fogli.
 Che sia una studentessa che deve ancora consegnare una delle tesine?
«Sono mortificata … mi scusi tanto»  E il suono stridulo divenne un debole mormorio.
«Si figuri, anche io ero distratto» e non sapeva se fosse una bugia o meno.
Quell’incidente non solo cambiò l’umore di entrambi in quella giornata fredda di Marzo, ma cambiò anche la loro intera vita.


#2- Caffè
Desmond si sfregò gli occhi da sotto gli occhiali cremisi, poi raddrizzò  lo sguardo sopra il libro di testo del famoso archeologo Rutlege, riguardante la civiltà Aslant. Gli era stato concesso un po’ di tempo libero per il pomeriggio e lui aveva deciso di passarlo a leggere, come suo solito. Da anni il desiderio di vendetta lo tormentava e per farlo l’unico modo era studiare attentamente la causa di tutto, appropriarsi di essa. Nonostante ciò avrebbe voluto sperimentare qualcos’altro, ad esempio trovare il tempo per poter tornare a lezione di scherma o di pianoforte. E più che Archeologia preferiva dedicarsi all’ingegneria, possedeva tutte le carte in regola, ma non si poteva permettere alcun tipo di intralcio.
Anche se pensò l’uomo potrebbe sempre tornarmi utile questo talento.
Si assopì nuovamente nei suoi pensieri ed allungò le dita verso il manico della tazza fumante sul comodino. Bruciava.
Se la portò alla bocca e prese due sorsi. Il liquido gli scivolò rovente in gola, fino allo stomaco, le labbra si intinsero con un gusto amarognolo. Quanto amava il caffè …forse era una delle uniche cose per qui vivere.


#3- Ritrovamento
La porta cigolò piano mentre alcuni passi si avvicinarono lentamente.
«Oh, Professor Solfamore! Ero sicuro di trovarla qui» Un signore sulla mezza età fece capolino, con un espressione raggiante.
«Sycamore» Lo corresse l’altro, cercando di nascondere l’aria seccata «Voleva vedermi supervisore Collins?» Domandò infine.
L’anziano ingrandì di molto il sorriso, quasi somigliante ad un orribile smorfia e nella stanza risuonò una leggera risata compiaciuta e soffocata.
«Gli abbiamo finalmente trovato un’assistente» E si scansò sul lato destro dell’entrata «Entra pure cara»
Non ci volle molto prima che un’elegante figura minuta fece la sua comparsa nello studio, rendendo l’atmosfera più teatrale di quanto non lo fosse prima. Era una fanciulla di all’incirca ventisette anni -o forse usava solo una montagna di crema ricostituente- con lunghi capelli color cenere raccolti in due codini riccioluti, abbastanza infantili, che ricadevano sul davanti.
«Buongiorno Professore … » Salutò lei, con lo sguardo basso e la voce incerta. «Il mio nome è Agnes Spears»
E c’era bisogno di ridere in quella maniera quasi maniacale? Per una ragazza?
«Piacere mio signorina Spears» Esordì Desmond salutando a sua volta.
Prima che Agnes riuscisse a sollevare il capo seguì un lungo e fievole attimo di silenzio imbarazzante. Come se entrambi fossero nel posto sbagliato al momento sbagliato, due esistenze che non avrebbero mai dovuto incrociarsi. Intanto Il signor Collins si era già dileguato.
Quando la fanciulla in gilet e cravatta tirò su le iridi terse e smeraldine ebbe praticamente un sussulto. «M-ma lei è il s-signore di stamattina!»
A quel punto anche Desmond la riconobbe, ma dalla voce acuta. «Com’è piccolo il mondo» Riuscì a dire soltanto, celando un tono di voce altrettanto sorpreso.


#4- Assistenza
Quella era la quinta volta che Desmond cercava invano di concentrarsi sulla lettura, ma niente da fare, la sua attenzione era da tutt’altra parte. Ammirava la sua nuova assistente mentre ordinava le varie scartoffie, il suo studio ne aveva davvero bisogno ed in più era riuscita a ritrovare qualche vecchio libro che chissà quale fine aveva fatto. Lei pareva una dea, una dea dell’ordine per la precisione, scesa in terra solo per lui e per il suo luogo di lavoro. Era quasi certo che si sarebbe rivelata una vera imbranata, a giudicare da quella mattina, ma per la prima volta si sbagliava.
Agnes si erse sulle punte dei piedi, doveva raggiungere un ripiano più alto degli altri, e di certo gli stivali con il tacco piatto non erano molto utili.
«Vuole una mano?» Chiese gentilmente il professore. Anche se era certo di una risposta negativa, il suo sesto senso non faceva mai cilecca.
«Nono! Ce la faccio da sola!»
Come volevasi dimostrare
Desmond non divagò oltre, non era un esperto di donne ma sapeva chiaramente che quando hanno un obbiettivo ben preciso in testa non esiste alcun modo per fermarle. Non si girò, continuò a scrutare la figura apparentemente gracile dinanzi a lui, si sarebbe auto-definito maniaco se non fosse stato così tanto narcisista.
Si potevano ammirare tranquillamente le sue gambe fine, per via della gonna da lei indossata, stranamente quel giorno non era risultato troppo freddo, ed Agnes avrà sicuramente colto l’occasione per mettere in bella mostra le sue doti migliori.
La piante dei piedi tornarono sul pavimento e la fanciulla sorrise, mostrano le gote marmoree «Visto che ce l’ho fatta?»
A quella vista Desmond percepì un calore interno, all’inizio lo trovò strano, ma non ci fece caso più di tanto.
«Adesso vado a farle un caffè, professore»
«Okay, ma non metta lo zucchero, l’ultima volta era troppo dolce»
Si sistemò gli occhiali e tornò -finalmente- a lavoro.


#5- Occhi
«Come dice, prego?»  Desmond raddrizzò di colpo la schiena.
«Beh, sa … » Incominciò l’assistente, insicura come sempre, per lei era come cercare di disinnescare una bomba. Mentre per lui era come guardare un agnello indifeso, il suo nome, guarda caso, significa proprio “agnello”
«Lei lavora così tanto, professore, perché non si riposa un po’? Mi occuperò io delle fotocopie e il resto» A differenza delle altre volte almeno, non si era limitata a bisbigliare.
«Non serve, dico davvero»  Continuò l’altro.
«Insisto, si prenda la serata libera, magari per passarla con sua moglie … » Per pochi secondi nell’aria vi fu un silenzio penetrante.
«Non sono … uhm, impegnato al momento» Altro silenzio. «E va bene, mi ha convinto» E si arrese.
Per qualche arcano motivo, gli occhi di lei trasmisero una gioia incommensurabile, quasi anomala e mai vista prima. Desmond ritenne di aver assistito a uno spettacolo che mai potrà più ripetersi nella storia umana. Solo perché aveva accettato l’idea di riposarsi? O per altro? Ci rimuginò per metà serata.


#6- Personaggi
Desmond si ricredette su Agnes, non era perfetta come lavoratrice. In quel preciso istante non aveva idea se dimostrarsi irritato oppure compassionevole. La sua assistente dormiva sopra una catasta di fogli scritti -a prima vista l’uomo credette che si trattassero proprio delle pagine che lui stesso aveva raccolto dal marciapiede  madido- e non accennava alcun segno di ripresa.
Il professore quel giorno si era svegliato di buon umore, per cui l’avrebbe lasciata riposare per altri cinque minuti. Nel frattempo avrebbe continuato a leggere informazioni sulla civiltà Aslant, non erano mai abbastanza -la sua libreria, sia dello studio che del salone di casa, era rifornita con qualunque genere di nota collegata a quell’antica razza, ed anche qualcosina in più- anche se la proposta non lo esaltava.
Poi, un momento interrogativo. Che cos’erano quei fogli? Erano schede descrittive su personaggi famosi? Stranamente qualsiasi cosa in quel periodo lo distraeva dal suo obbiettivo, specialmente se aveva a che fare con Agnes Spears. Lui non era di certo un ficcanaso, ma la tentazione si stava dimostrando molto più resistente e forte del dovuto. Solo una sbirciata, potrebbe anche avere a che fare con gli studenti.
Si avvicinò di poco -non si mise troppo vicino perché era consapevole del fatto che quello non era un bel gesto da compiere- e lesse giusto il titolo, per togliersi intanto lo sfizio. «Jean Descole» Era forse un famoso letterario?
«Mhh … no, non lo leggere»  Mugugnò l’assistente, ancora mezza addormentata. «Ah! Mi sono appisolata sul posto di lavoro! Oh professor Sycamore mi perdoni … non ho riposato bene questa notte» E d’un tratto ritrovò la sua normale energia, anche se sul punto di scaricarsi ancora una volta.
«Non si preoccupi, capita» In quel periodo era maledettamente indulgente «Piuttosto, immagino che lei non abbia dormito per via di …» Esitò un attimo
«Cosa sarebbero questi testi?»
Lei non rispose immediatamente, si limitò a esprimere un risolino nevrotico. «Quello? Non è niente … solo un personaggio di mia creazione» Incominciò a giocherellare con una ciocca di capelli, mentre il suo sguardo pian piano andava sempre più a toccare verso terra. Quella ragazza è fin troppo timida.
«Ah, quindi è una scrittrice» Desmond abbozzò un sorriso. Quali altre sorprese gli avrebbe tenuto in serbo la sua famigerata assistente?
«Amatoriale! Lo faccio solo per hobby, non sono abbastanza brava per riuscire a pubblicare qualcosa di mio» Fece un sospiro, poi continuò «Quella è la descrizione del cattivo, ovvero Jean Descole, le piace?»  In quel momento non sembrava più imbarazzata, ma curiosa, con gli occhi luminosi e puntati sul professore, come nell’episodio di qualche settimana prima.  Meno male che non voleva lo leggessi Ironizzò il professore.
Sfogliò velocemente le ultime righe rimanenti, cercando di ignorare le occhiate dolci di Agnes, garantito che lo avrebbero distratto. «Interessante, ma non pensa che la maschera sia un’esagerazione?»  
«Beh, veda, quello è il suo modo di nascondere il dolore, lo trovo molto ad effetto!» Le sue mani si sarebbero consumate in poco tempo.
La personificazione dell’odio, mi piace come trovata.
«Ogni personaggio che creo è basato su varie emozioni, ad esempio la protagonista sull’amore e … »  
Ma Desmond non la stava ascoltando, si era perso nelle sue graziose gesticolazioni.


#7- Appuntamento
Mentre Desmond era in fila in caffetteria per il suo solito caffè macchiato, notò con la coda dell’occhio la chioma scura della ragazza che aveva preso a vivere costantemente nei suoi pensieri, che lo teneva sveglio ogni notte.
La vide lì, sola soletta, seduta al tavolo mentre sorseggiava una tazza di tè e a leggere uno dei tanti mattoni che lasciava puntualmente in giro nel suo ufficio, se la stava prendendo piuttosto comoda nell’ultimo periodo. Lui incrociava sempre Agnes, nei bagni, nei corridoi, nelle aule degli studenti … ma mai fuori dal luogo di lavoro.
«Professor Sycamore!» Lo salutò lei, quasi certamente non era poi così mimetizzato tra la folla. Agnes lo invitò a sedere e il moro non se lo fece chiedere due volte.
Mi starà pedinando constatò Desmond quando gli passò accanto, cozzando impercettibilmente contro il suo corpo, desideroso di vedere una reazione che non arrivò. Stranamente la cosa non mi dispiace. «Che coincidenza signorina Spears»
«Già … infatti»
Presero un sorso della propria bevanda contemporaneamente, era da abitudine per entrambi riuscire a trovare un momento di disagio per qualunque situazione. «Ahah, adesso dovrebbe raccontare una battuta, professore, giusto per rompere il ghiaccio» E per la prima volta fu lei ad interrompere l’atmosfera cupa.
Desmond non la prese sul serio, almeno all’inizio. Poi, giusto perché non trovò altri validi argomenti di conversazione, si arrese alla tentazione. Le raccontò di come le ciambelle non escono sempre coi bruchi* .
Tacquero entrambi, ma la calma non durò a lungo, la giovane donna esibì una delle più grandi risate mai sentite da qualunque forma di vita esistente, alcune persone si girarono a guardare, ma il professore non provava imbarazzo, solo altrettanta vivacità.
«Ahahah! Era da anni che non ridevo in questo modo! Non pensavo che avessi un tale senso dell’umorismo Desmond!» Dopo, però, si placò improvvisamente «Mi scusi! Le ho dato del tu … che figuraccia»
«Nessun problema, Agnes» L’espressione briosa non si dissolse «Oh, ma guarda che sbadato, ho fatto lo stesso errore … ho l’impressione che non dovremmo essere così formali, dopotutto ci vediamo quasi ogni giorno»
La fanciulla puntò le ginocchia salde verso l’uomo, leggermente dubbiosa. Infine assentì soddisfatta.


*Citazione del videogioco “L’eredità degli Aslant” di quando Desmond racconta al vecchio capo del villaggio una battuta di pessimo gusto.


#8- Dichiarazioni
Quel giorno pioveva, proprio come quando si erano incontrati -o meglio, scontrati- per la prima volta. Un uomo solo e disperato si era unito con una donna insicura e debole. Ricordava un lieve «… Sei un bell’uomo, devo ammetterlo» E per tirarlo fuori c’era stato bisogno di uno sforzo incredibile, che nessun macchinario sarebbe mai stato in grado di farle compiere.
Desmond non si era mai definito un tipo romantico, ma quando la osservò meglio, con gli occhi lucidi e il corpo tremante, la voglia di riscaldarla -a partire dalle mani, dato che lei non possedeva tasche- lo trasalì, dallo stomaco in poi. Il resto non era nient’altro che un’immagine offuscata, come quando si beve troppo e non si ha ricordi della serata confusionaria passata con gli amici, oppure come quando si hanno gli occhiali appannati dal freddo.
Nella mente ancora avvertì la melensa sensazione dei baci a partire dalle labbra umide e dolciastre, che si facevano man mano strada sui lineamenti armoniosi di lei, che dalla foga Desmond non voleva altro che renderle unicamente sue, e per nessun altro individuo.
Troppo in fretta.
Troppo irreale.
Semplicemente perfetto.
E in quel momento il professore contemplò gradualmente il corpo nudo e latteo di Agnes, raggomitolato e dormiente sul letto di casa propria, e tracciò disegni circolari con le dita sulla sua pelle. Le sue ginocchia erano appena appena rosate, così come le morbide guance, nascoste un poco dai boccoli ribelli della chioma corvina. Un istante perverso che di perverso non aveva niente, solo calore e titubanza, quest’ultima quasi inesistente.
Lei gli ricordava un angelo, troppo fragile senza le sue ali, non sarebbe mai sopravvissuta da sola, senza l’aiuto di nessuno. E Sycamore era al corrente di quanto fosse sgradevole la solitudine.
E pensare che ci siamo dati del tu da pochissimo tempo.
La mente e il cuore non avevano collaborato ed entrambi si erano sottomessi. Si, entrambi, perché Desmond non si approfittava delle persone, non violava i corpi altrui. No, lui si era soltanto innamorato.


#9- Insieme
«Rachel … »  
«Rachel?»
«Sì, Rachel» Ripeté Desmond, sedendosi accanto alla moglie. Le avvolse la vita confortevolmente con un braccio e le baciò la fronte. Agnes sorseggiò rumorosamente la sua tisana prima di rispondere «E’ adorabile … sapevo che avresti scelto un nome splendido» abbassò appena il capo, accarezzandosi il ventre.
Il professore scorse sul suo viso una tenera commozione. La loro storia era durata più a lungo di quanto potesse immagine. Ed era meravigliosa. Vivevano in una grande casa, possedevano già tutto quello di cui avevano bisogno. Amore, gioia, vita. Era accaduto tutto in maniera frettolosa, ma non ci faceva sopra troppe cerimonie, loro erano felici, ed era quello l’importante. Desmond era finalmente felice.
«…ieme … » La voce di lei pareva un sussurro nell’ombra.
«Come dici, cara?»   
«Scriveremo la nostra storia insieme» Quella era una delle tante volte in cui tirava fuori un argomento smielato, ma persino a Desmond riusciva a toccare nel profondo.
«Certo, tutto quello che vuoi» Mormorò lui, con atteggiamento assorto. E le schioccò un altro bacio, sul grembo leggermente gonfio.
Dall’altra parte della strada, intanto, il destino pianificava un enorme cambiamento di prospettive. La disperazione e il dolore stavano a braccetto di fronte al cortile in fiore.


#10- Pelle
Strush, strush, strush …
Dalla finestra dello studio di casa filtrava una fresca brezza mattutina. Desmond inspirò beato mentre continuava a prendere appunti, senza accorgersi della piccola piattola non poco lontana dalla sua postazione.
Strush, strush
Posò la penna sul tavolo in legno e rilesse attentamente il risultato delle sue ricerche. Quel giorno non aveva nemmeno fatto colazione, eccessivamente preso dal suo lavoro. Se volevano continuare a vivere nel lusso si sarebbero dovuti fare dei sacrifici -anche se il peggio, ormai, era evitato di certo, con tutti quegli investimenti sulle sue creazioni; il Bostonius era quello più acclamato dal pubblico-
Strush …
«Pa … pà! Papà!»
La camicia bianca del padre le fu d’appoggio per alzarsi sui piedini scalzi, gattonare era estenuante.
«Buongiorno principessa » Desmond sollevò amorevolmente la bambina e la fece adagiare sopra le sue gambe. Si era distratto, ancora. «Hai dormito bene?»  
Rachel gridò divertita «Papà! Papà!» Non che potesse dire qualcos’altro, ovviamente oltre a “mamma” . La voce era acuta, proprio come quella di Agnes, le iridi del padre e i capelli castani dritti all’insù, come se una scarica elettrica gli passasse interamente nel corpicino niveo ed esile.
Theodore … è uguale a lui, così innocente e ingenua.
La sua mente creò svariati lapsus, Rachel lo guardò interrogativa. Quando lui si riprese le accarezzò la testa, sfiorandola appena. Aveva paura di romperla dato che pareva fragile come la madre.
Mollò tutto sulla scrivania e, ancora con la piccola creatura tra le braccia, si avviò verso il giardino. Non fece caso del clima divenuto stranamente arido.


#11- Ripensamenti
«Era questo che volevamo entrambi, fratellone. Una famiglia, restare insieme. Non fare lo stesso errore di nostro padre»
Desmond stirò la fronte, infine riprese coscienza.
Rachel si alzò di scatto, facendo cadere tutti i pastelli che teneva sulle ginocchia. Pestò i disegni mentre si metteva a zampettare verso Agnes, quest’ultima cercava di concentrarsi su una sua opera scritta e mordicchiava l’estremità di una matita.
«Credo che sia ora per tutti di andare a letto» L’uomo di casa aveva parlato.
Famiglia …
«Gnoo!» Lo interruppe Rachel opprimendo uno sbadiglio.
Sua moglie approvò.
Credo che dovrò ripensarci sull’idea di vendetta.

Toc, toc, sono arrivata. Aprimi perché nascondervi non servirà.
Toc toc. E’ troppo tardi per scappare.

Una sagoma anonima si fece strada nell’oscurità. E rise.


#12- Destino
I drammi si verificano, senza preavviso. Di colpo accade il peggio e il dolore pervade l’anima in eterno. Muore il senno, ardono i resti dell’esistenza ignara.
«Troveremo un’altra via d’uscita! Tu corri!» Urla disperate dopo la mezzanotte. Desmond aveva seguito le istruzioni di Agnes, forse per paura.
Sei un codardo, è solo colpa tua. Frammenti di spiriti virtuosi volteggiavano invisibili nel fumo inteso, soffocante e nel fuoco rovente che circondava la loro dimora, asilo di momenti lieti, ormai mutati in lontani ricordi strazianti, prima indeboliti e poi annientati. Nessuno ricordò Desmond. Nessuno ripensò all’uomo in lacrime e con gli occhiali gettati a terra per la disperazione. E quella non sarà l’unica volta e neanche l’ultima. La tela bianca dipinta man mano con affetto serenità e allegria -la gioia, quell’effimero, ingannevole e disgustoso sentimento-
Inizialmente le mani erano accompagnate con altro calore umano. E a seguire soltanto un vago ricordo, il freddo sui palmi rovinati per le estenuanti lotte contro il mondo.
Ti ricordi, fratellone?
«THEODORE! RACHEL! AMORE MIO!» Richiama i nomi perduti nel vuoto e nel calore del fuoco, senza risposta, neanche la più lieve. Nessun bisbiglio da parte di Agnes, neanche un grido forzato dal petto.
Una maschera bianca ricopre il volto di Rachel, Desmond è consapevole di non poterla vedere crescere, di veder maturare il bel viso pallido. Rinchiusa nelle braccia della morte ingorda. La maschera ridacchia, il resto non trova neanche la forza di versare lacrime aspre.
La maschera, proprio quella di Jean Descole. Ti sta chiamando.
Non potrà accarezzare le vesti perlate della sua amata, pura, incolpevole, come un agnello appena nato. Non potrà baciare le sue labbra sottili di cui tanto bramava il sapore angelico.
Desmond, sei solo uno stolto buono a nulla! Un debole!
Chi è che lo chiamava? Il dolore trasformato nell’odio profondo, che consuma gli organi a incominciare dal cuore infranto e maltratto.
Le lacrime smisero di scorrere, gli occhi sbarrati e aggrottati formando un’inquietante ghigno. «La storia la concluderai tu Descole, da solo»
E così, dopo la notte in cui casa Sycamore bruciò, nacque il rancore. Da allora, solo le fiamme ne conservano il ricordo.


#13- Maschera
«Maestro, il piano può finalmente realizzarsi»
Una maschera, un guscio vuoto. Bella e che nasconde. Ti apparterrà eternamente, l’hai sempre saputo. Aspettava solo te e il tuo volto tetro.
E la tua collera.
Non distrarti stavolta, Jean.















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Note: Dopo tre giorni sono riuscita a concludere il mio esperimento. Era da un po’ che desideravo dedicare qualcosa a Desmond, ma l’ispirazione faticava ad arrivare. Ma finalmente posso dire di essere molto soddisfatta del risultato. All’inizio la storia era progettata come una flash-fic, massimo one-shot di 500 parole, ma alla fine ho preso talmente tanto la spinta che ho voluto introdurre una storia d’amore molto più complessa e progettata. Agnes Spears è un personaggio puramente inventato dalla sottoscritta, l’unica cosa di cui sono certa è che la figlia si chiami Rachel Sycamore (come la madre biologica di Theodore ed Hershel) il resto è fantasia.
Spero che la storia sia stata di vostro gradimento e che non vi abbia annoiato. Adesso mi congedo. Un bacione:
p.s. Il cognome di Agnes non è ispirato alla cantante famosa, se qualcuno se lo stesse chiedendo, mi piaceva solo come suonava.

 
GreenBlood_
  
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