Serie TV > Doctor Who
Segui la storia  |       
Autore: SakiJune    08/02/2015    0 recensioni
Sto, Cintura di Casivanian. Vastra e Jenny stanno progettando di avere un figlio e il loro socio Alonso s'innamora di un certo Jack Harkness.
Terra, Sistema Solare. Gordon Stewart si è appena fidanzato con Billie, la sua amica d'infanzia, e progetta di lasciare il suo lavoro negli Stati Uniti.
Gallifrey, Costellazione di Kasterborous. Lord Jelpax, Coordinatore della Matrice, è diviso tra la sua fedeltà al Dottore e i continui ricatti del famigerato Vansell e della sua Agenzia Interventista.
E c'è un'unica finestra da cui può vedere il futuro... una finestra aperta su Trafalgar Square.
Seguito di "Stars of Kasterborous"
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - Altro, Jenny, Nuovo personaggio, Osgood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Swansea, Natale 2030

Gordon Stewart non si puliva le scarpe quando entrava a casa Williams.

Per lui, scuotere berretto e sciarpa dalla neve nell’ingresso era perfettamente legittimo, così come scompigliare la chioma della prima fanciulla che gli venisse incontro al suo arrivo - e si trattava sempre di Billie, perciò era un affare. Billie era la sua amicona stropicciona, quella che telefonava a ragazzine a lei sconosciute per convincerle ad uscire con lui, cosicché non le stesse sempre intorno, quella che strillava “Papà, lo scemo mi ha morso” e riceveva in risposta “Dagli un antidoto, prima che muoia avvelenato”.

Per lui, Anwen Williams era sempre stata Billie e per Anwen lui era sempre stato “lo scemo”. Finché non si era stufato di quel ruolo e aveva deciso di dare una svolta alla sua vita, a modo suo. Alistair Gordon Lethbridge-Stewart junior, il ragazzino perfettino, studioso e ordinato, era letteralmente fuggito dal collegio all’età di quattordici anni e, siccome non era adatto alla vita da senzatetto, lui e Kate avevano stabilito un compromesso. Tornare sotto il tetto materno era fuori discussione, tra le minacce aliene e quelle, ancora più spaventose, dei loro litigi. Le madri single sono quello che sono, se poi stanno a capo di un’organizzazione militare, hanno il proprio ufficio nella Torre di Londra e ti chiamano Junior davanti ai tuoi compagni di classe, allora riescono a metterti davvero a disagio.

Si era rifugiato nell’unico altro luogo al mondo che poteva chiamare “casa”, cioè quella di Rhys e Gwen in Galles. Lì aveva finito la scuola superiore e si era iscritto alla facoltà meno scientifica che avesse trovato. In seguito, però, le cose erano cambiate in più di un modo. Gwen aveva affrontato la nuova situazione girandoci molto intorno: “Se non fossi tanto orgoglioso, non ti dispiacerebbe affatto entrare alla UNIT, ammettilo”. Lui non lo ammise mai, però non gettò via il biglietto da visita che lei gli fece trovare per il suo ventesimo compleanno, sotto il classico regalo utile ma non troppo. “Ho parlato di te a Rex Matheson. Se sei così deciso a sfidare tua madre, fallo sullo stesso campo. È uno spreco, altrimenti.”

Il colloquio era andato bene e due mesi dopo aveva iniziato la dura gavetta al Torchwood di Los Angeles, mascherato come un distaccamento della CIA dedicato allo spionaggio interplanetario. Dopotutto, senza la Spaccatura, i Weevil avevano smesso di aggirarsi costantemente per Cardiff, perciò non c’era stata ragione di ricostituire una sede in patria. Disperdere le forze della UNIT per un capriccio nostalgico sarebbe stato controproducente e Gwen era stata apparentemente ben felice di non dover riprendere ad occuparsi di uomini pesce e falsi miracoli - il team californiano, però, aveva il suo bel daffare e Gordon aveva cominciato ad imparare una quantità di cose interessanti. Primo, mai chiedere al capo Matheson dove fosse finito quel graffio che si era fatto il giorno precedente. Secondo, mai accettare le avances di uno dei tuoi superiori, specialmente se ha undici anni più di te. Terzo, la migliore amica che tu possa desiderare è una tavola da surf.

Fra tentate invasioni, pericolosi errori di traduzione e flirt da spiaggia, aveva avuto ben poche occasioni anche solo per chiamare casa. Poi si era spenta anche la voglia di flirtare, ed era rimasto solo il lavoro, che ormai era arrivato a risucchiarlo completamente.

Credeva che il buffone dentro di lui fosse sparito per sempre, sostituito da un uomo responsabile, cauto, navigato negli affari umani quanto in quelli alieni… un uomo che somigliava un po’ di più al bimbo tranquillo che era stato un tempo. Quella settimana di ferie non richieste, però, gli aveva aperto la possibilità di un’innocente rimpatriata. Natale con i tuoi, giusto?

- I ragazzi e io abbiamo una faccenda scottante per le mani, Junior, forse ce la facciamo a raggiungervi per Capodanno - era stata la risposta di Kate, quando le aveva telefonato per avvisarla. Perciò si era diretto a Swansea, senza nemmeno fermarsi a comprare dei regali o una bottiglia di whisky, era sceso dall’autobus e aveva percorso gli ultimi due chilometri a piedi, quasi di corsa, perché non era cambiato nulla e non sarebbe mai cambiato, stava tornando a casa per Natale e Billie l’avrebbe accolto con uno sberleffo...

 

Ma era stato Andy ad aprirgli la porta, e quasi non l’aveva riconosciuto. Alla vista del giovanotto baffuto (sì, era stata una scommessa a sfondo piccante con Santiago Jones, e il risultato gli era andato a genio), il poliziotto era quasi entrato in panico, balbettando “Gwen è uscita, dovrebbe tornare tra poco…”. Gordon si era guardato intorno, cercando differenze, buchi, toppe nel microcosmo di casa Williams, ma tutto sembrava normale. Aveva afferrato il cerbiatto di porcellana dalla mensola accanto alla gigantografia di Billie neonata, e ci aveva giocherellato come per assicurarsi che gli desse le stesse sensazioni tattili.
Differenze…
Troppe poche giacche sull’appendiabiti. Erano davvero tutti fuori casa?

- Anwen! - aveva chiamato Andy con voce stridula subito dopo i convenevoli, affrettandosi verso il salotto come se andasse della sua vita, totalmente incapace di sostenere una conversazione. Era sempre stato timido e Billie lo chiamava “lo schiavetto di mamma”, ma gli sembrò fuori luogo lo stesso.

Lei apparve una manciata di secondi dopo. Gli andò incontro senza fretta, senza smorfie o strilli o minacce di pugni nello stomaco, e si fermò a metà strada, fissando il cerbiatto che lui teneva ancora in mano.

- Ciao. Non pensavamo… non ci hai detto che arrivavi.

Gordon si esibì in una scrollata di spalle da vero menefreghista, sfoderando il suo sorriso furbo. - Da quando ho bisogno di prenotare un tavolo chez Williams? - Ma lei non sorrise di rimando.

- Ascolta, Gordon, è bellissimo che tu sia qui… oddio, ma fatti guardare… sei cambiato un mucchio!

Iniziò a dubitare che il caso di cui sua madre si stava occupando a Londra si fosse esteso anche in Galles. Alieni che si impossessavano delle persone, stravolgendo la loro personalità. Gordon, seriamente? Non brutto scemo? Banalmente Gordon?

- Davidson è ancora cotto perso di tua madre, eh? Si macina chilometri da Cardiff a qui... - bisbigliò. - Certe cose non cambiano-

- Gordon! - ripeté Billie. Abbassò la voce, distogliendo lo sguardo: - Papà… si è ammalato. Ha fatto promettere a Kate di non dirti nulla, ma adesso sei qui e capisco che avrei dovuto… Dio, ora mi sento in colpa...

Lui aprì la bocca per chiedere di cosa si trattasse, ma nello stesso istante capì che Billie non avrebbe usato quelle parole, quel tono, quei gesti se non fosse stata una faccenda seria. Ebbe un brivido. Si aggiustò il colletto, sentì il parquet scricchiolare sotto le suole. Si vergognò, tutt’a un tratto, delle proprie scarpe infagate di neve e delle impronte che aveva lasciato nell’ingresso.

- E…

Avrebbe voluto farle una scenata per essere stato tagliato fuori dagli eventi.

Chiederle dettagli, per essere preparato.

Ma anche solo abbracciarla, sentire il suo profumo e il suo seno contro il petto. Doveva essere cresciuto ancora, anche se il buffo maglione natalizio che lei indossava non gli permetteva di appurarlo.

E nemmeno la situazione, accidenti.

Non disse niente e lei gliene fu grata, per il momento.

- Metto un piatto in più per il cenone di stasera. Sarà contento di rivederti, vedrai.



Rhys ne era stato anche troppo felice, già, e gliel’aveva dimostrato fino a procurargli un dolore quasi fisico. Era stato un uomo robusto, e Gwen era solita scherzare sul fatto di essersi innamorata di lui perché assomigliava a Gary Barlow, il cantante dei Take That. Ora faceva impressione, non riusciva a guardarlo senza rabbrividire. Si era dovuto fare forza per non scoppiare a piangere, e molte volte durante quella serata aveva creduto di non riuscire a farcela.

 

Mio Dio, continuava a ripetere dentro di sé, mio Dio, non ha alcun senso, tutto questo non ha un cazzo di senso.

La litania interiore era andava avanti per gran parte della notte fino a quando Billie non era sgattaiolata nella camera, trovandolo ancora seduto sul letto e completamente vestito. Si era accucciata vicino a lui, in silenzio.

- Non ti ho portato un regalo. - Non era la prima cosa che gli era venuta in mente da dire, ma era la più sciocca, perciò andava bene. Tra loro, era sempre andata bene così. - Domani andiamo giù in città e ti prendo qualcosa, va bene?

- No. No, davvero, Gordon, non ce n’è bisogno. È già stato un bel regalo che tu sia tornato, sai. Per papà… e per me. Hai visto quant’è stato felice di vederti?

Gordon annuì, ma sembrava trovare molto interessante l’orlo dei propri pantaloni.

- Dai, raccontami. È una figata laggiù, vero?

Lui scrollò le spalle. - Alla fine, Torchwood non è così diverso dalla UNIT. Ci sono le rilevazioni, i contatti, le emergenze, alieni e pazzi da ricovero… e questo solo dentro la base. L’unica differenza è che nessuno mi chiama Junior. Posso dimenticare chi sono.

- Ti fa così schifo quello che sei?

- No. No, ovviamente no. Ho il classico complesso del figlio d’arte, dovresti saperlo. Nipote d’arte, in più.

- Io ho iniziato la scorsa estate. Uno stage. Per vedere se mi piace. - Lui fu davvero sorpreso da quella notizia. Anwen Williams alla UNIT? Il mondo era davvero un posto assurdo. - A proposito, hai presente, quella tizia che stava incollata a tua madre dovunque andasse?

- La sua assistente, Osgood? Hai voglia.
- Ora, potrei sbagliarmi, ma in tutti questi anni lei non è mai...

Ignaro che lei stesse per rivelargli un dettaglio davvero succoso, Gordon la interruppe. - Ascolta, per te può andare benissimo, ma io ormai sto bene a Los Angeles. Vado d’accordo con i miei colleghi, con qualcuno siamo diventati amici e ci facciamo una birra il sabato e cose così, e il capo Matheson inizia a ricordare come mi chiamo e non perché gli ricordo qualcuno, ma perché a volte faccio qualcosa di buono, capisci?

Billie aveva l’impressione che volesse principalmente convincere se stesso e non lo contraddisse. - Sì, capisco. Hai anche una ragazza?

Non le avrebbe raccontato di Santiago, non era mai stata una vera storia. - Non mi serve.

- Utilitarismo, la filosofia più becera mai sviluppata dagli esseri umani - decretò Billie con una smorfia.

- Se l’avessi, non avrei comunque tempo per dedicarmi a lei. Troppo lavoro… le cose vanno molto in fretta, ultimamente. Sai che è stato creato un link diretto tra la Terra e Sontar? Se ci fosse un disastro sul pianeta, arriverebbero navi di soccorso in un batter d’occhio.

- Ti fidi dei Sontaran?

- Il Dottore si fida, dicono.

- Giusto, il Dottore. Ti ricordi? Una volta dicevi che sarebbe venuto a prenderti e avresti viaggiato con lui.

- Ho smesso di aspettare da un bel po’. E poi in un certo senso è la stessa cosa, no? La UNIT, Torchwood. Siamo il suo esercito sulla Terra.

- Non credo che sia felice di vederci come un esercito - obiettò Billie, al solo scopo di verificare se lui avrebbe risposto come si aspettava.

- Mia madre ti ha già indottrinato per bene. “La scienza prevale”. - La sua imitazione di Kate non ebbe l’effetto sperato, Billie rimase seria. La prova era riuscita, ma non aveva avuto il tempo per restarne soddisfatta; qualcos’altro le era affiorato alla mente.

- Sono uscita con un tizio, quest’estate - mormorò. - Anche lui era alla Base Cinque per uno stage. È più piccolo di me, si chiama Stormy. Cioè, Alfie. Alfie Owens.

- Alfie e Anwen sull’albero si baciano… - saltò su Gordon, canticchiando senz’allegria in uno sforzo quasi isterico di non mostrarsi geloso.

- Non ci siamo baciati! Siamo stati due settimane alla Torre, e lui mi ha portata a Westminster e si è messo a parlare della Coscienza Nestene. Molto romantico, eh.

- Molto. - Scoprì di sentirsi sollevato, si rese conto di voler essere lui quello romantico.

- Non ha funzionato. Non funziona mai, ma forse è meglio così.

- Sai come si dice? Se tra vent’anni saremo ancora single… - Ecco, l’aveva detto. Non poteva tirarsi indietro, ora, nemmeno se l’avesse voluto, ma non lo voleva. Billie era la ragione per cui Gwen gli aveva ficcato quel biglietto da visita tra le mani, perché non era stupida e si era accorta di come lui aveva cominciato a guardarla. Adesso, poteva essere la ragione per restare. Nonostante l’orgoglio, nonostante tutto ciò che le aveva detto su quanto fosse figo lavorare al Torchwood. Cazzate. E la crisi del figlio d’arte, cazzate… era vissuto di cazzate finora, di stupidi giochi mentali. L’unica verità era negli occhi lucidi di Billie, sul volto emaciato di Rhys e nel suo sorriso eroico, nella voce di sua madre che nascondeva il peso di una responsabilità immensa sotto le sue pretese autoritarie...

Lei colse la proposta e rilanciò; non era ancora sicura di ciò che stava facendo, ma era abbastanza disperata da provarci. - Oh, guarda. Sono passati vent’anni.

- Non mi ero accorto di aver viaggiato nel tempo - rispose lui d’un soffio, un groppo improvviso alla gola. - Eppure… sì, forse è successo.

Billie chiuse gli occhi. Sapeva di indossare un imbarazzante pigiama rosso. Aveva ancora in bocca il sapore di vino speziato. Ma non era colpa del vino se sentiva tanto caldo…

- Non ho bisogno di una ragazza a Los Angeles. Ce n’è sempre stata solo una, per me, ed è qui. Nel buco del culo del Galles.

- La pisciatoia del Canale, diceva nonno Barry. Come se Cardiff si affacciasse sullo stretto dei Dardanelli.

- Quanto sei volgare, Billie - la stuzzicò lui. Senza intenzione, aveva usato il tono di nonna Mary.

- Dardanelli non è una parolaccia. - Era una battuta esilarante, ma nessuno dei due rise. Lei gli prese le mani e le mise su di sé, proprio tra i seni. Ne aveva bisogno, aveva bisogno che la toccasse e la trasformasse in una principessa. O in una puttana. C’era poca differenza, quello che contava era non pensare alla realtà. Voleva crescere, tutto d’un colpo. Le persone adulte reagiscono con tranquillità alle brutture della vita, no? E il sesso aiuta, nei film era sempre così, basta andare a letto con qualcuno e poi fumare una sigaretta e tutti i problemi restano indietro, almeno per un po’...

- Frena, ehi, frena. Hai bevuto?

- Quanto te - sbottò lei, indispettita. Non voleva che la trattasse come una bambina, non quella notte, non più.

Gordon si divincolò con dolcezza e le posò una mano sulla guancia. - Billie, va tutto bene. Sai che mi piaci. Ma non dev’essere per forza stanotte.

- Ma tornerai in California - protestò lei, improvvisamente esasperata.

- Domattina chiamerò Matheson. Chiederò una licenza più lunga. Non voglio che affrontiate tutto questo da sole, d’accordo? - Crollò il capo, passandosi le dita tra i capelli. - Dio, avevo dimenticato quanto gli voglio bene.

- Gordon…

Non era un approccio sessuale, questa volta, era un abbraccio vero e lui lo ricambiò con lo stesso impeto. Usava sempre lo stesso shampoo da bambine sceme, ai frutti di bosco.

- Billie, tesoro, sono qui. Non vado da nessuna parte. Mai più. Mai più. Non m’importa di niente, se mi vuoi con te. - La sua voce era soffocata dai capelli di lei, e da quel magone che non accennava a sciogliersi.

- E se viene il Dottore a prenderti? - lo sfidò.

- Non verrà. Io resterò con te. - Si scostò un poco e la baciò a fior di labbra, chiedendosi se non fosse troppo presto, ma il brivido che ne ricavò gli fece capire che era proprio il momento giusto. O forse, forse era addirittura un poco in ritardo, ma avrebbe rimediato...

Un triangolo di luce apparve nella penombra della stanza e illuminò il volto ora pallidissimo di Billie.

- Mamma!

- Gwen. - Gordon si alzò, ma le gambe non lo reggevano bene. Avrebbe affrontato uno di quei leggendari Weevil con molto meno timore. - Gwen, io...

L’ex agente di Torchwood Tre sospirò. Era stanca e non ne faceva mistero. Non li rimproverò, non si lanciò in raccomandazioni moralistiche. Il suo fu comunque un comando perentorio, prima di scivolare nel buio così com’era venuta: - Dovrete meritarvelo. Dovrete essere orrendamente felici.



Non erano per niente felici ed era stato tutto orrendo.

Avevano trascorso alcuni giorni sereni e c’erano state persino delle risate, e delle promesse, e passeggiate sulla spiaggia fredda.

Era tutto così strano… si sentiva malissimo, eppure non avrebbe desiderato essere in nessun altro posto.

Nemmeno quando tutto precipitò.

Nemmeno quando giunsero contemporaneamente Jack Harkness, la donna triste e naturalmente la gigantesca astronave nera.

 

Ma anche eventi tanto clamorosi si persero nel dolore e nella frenesia della ritrovata normalità, fino all’arrivo del Dottore.

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Doctor Who / Vai alla pagina dell'autore: SakiJune