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Autore: SakiJune    08/02/2015    0 recensioni
Sto, Cintura di Casivanian. Vastra e Jenny stanno progettando di avere un figlio e il loro socio Alonso s'innamora di un certo Jack Harkness.
Terra, Sistema Solare. Gordon Stewart si è appena fidanzato con Billie, la sua amica d'infanzia, e progetta di lasciare il suo lavoro negli Stati Uniti.
Gallifrey, Costellazione di Kasterborous. Lord Jelpax, Coordinatore della Matrice, è diviso tra la sua fedeltà al Dottore e i continui ricatti del famigerato Vansell e della sua Agenzia Interventista.
E c'è un'unica finestra da cui può vedere il futuro... una finestra aperta su Trafalgar Square.
Seguito di "Stars of Kasterborous"
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - Altro, Jenny, Nuovo personaggio, Osgood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Per comprendere cosa sia successo tra la precedente visita del Dottore (capitoli 16 e 17 di A Taste of Honey) e questa, è necessario aver letto la brevissima Turlough's Nightmare. *bows and disappears*


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- Dottore! E dammi retta, una volta!

Man mano che salivano, la roccia si faceva più calda e meno solida. Gordon non si era mai considerato un tipo flaccido e pigro; era un surfista, dannazione, e un agente di Torchwood. Poteva non essersi impegnato nello sport fino, diciamo, alle scuole superiori, perché aveva avuto altre priorità, ma poi gli era sembrato di aver rimediato.

Ora si rendeva conto che le sue abilità fisiche in questo frangente erano nulle a confronto di quelle del Dottore, che si arrampicava come una scimmia e in quel momento ne aveva anche un po’ l’aspetto, con la fronte e le guance sporche di nero. Faceva impressione, era snodato all’inverosimile.

- Potresti almeno aspettarmi! Ouch! - Le mani iniziavano a scottargli sul serio. Al diavolo, era impossibile continuare. Invidiò non solo l’agilità del Dottore, ma anche i suoi orribili guanti. - Non ce la faccio...

- E resta lì, - borbottò il Dottore, giunto ormai sull’orlo del cratere. - Io vado e torno!

Gordon borbottò tra i denti una lista di insulti. - Col cavolo che mi molli qui, Louis Armstrong. Aspetta che… - Si aggrappò ad un’altra sporgenza, cercando di sopportare il dolore. - Aspetta che ti… - Ansimò, cercando un appiglio anche per il piede destro. Riuscì a tirarsi su ancora un poco. - Ti ho detto aspetta, macaco spaziale! - grugnì quando il Dottore si fu issato sul bordo del cratere. Lo vide scomparire e la rabbia gli diede l’energia per fare un ultimo sforzo, dopodiché si gettò a terra, senza quasi più fiato, guardandosi inorridito le mani ustionate.

- Visto che ce l’hai fatta?

Quella faccia da schiaffi incredibile se ne stava lì a fissarlo, ridacchiando. Un giorno o l’altro l’avrebbe davvero preso a randellate… ma non era quel giorno, anche perché è difficile trovare un buon randello in cima a un vulcano. - Dottore, non avevi una bomba da far esplodere o qualcosa del genere?

Il Dottore si grattò la testa, poi si disse d’accordo. Si frugò i jeans, dapprima pensieroso, poi impensierito, poi decisamente preoccupato… e tutto ad un tratto, trionfante. - Ah, scusa, te l’ho infilata nella tasca dietro mentre ci inseguivano.

- Cosa? Coooosa? - Gordon saltò su come se l’avesse punto un calabrone. Si tastò dietro e in effetti trovò il pericoloso ordigno. - Tu sei completamente fuori di cervello.

- Mai detto il contrario. Ehi, pensavi che volessi darti una pacca sul sedere perché sei uno gnocco pazzesco? Scusa se ti ho dato quest’impressione! Ma poi, svilire questo gioiellino con un termine come “bomba”. Quasi mi dispiace distruggerla… okay, vado, vado! - concluse quando si accorse che la luce del timer si era colorata di rosso, che i mostri avevano già raggiunto la cengia sottostante ma soprattutto che Gordon era sul punto di perdere completamente la pazienza.

Il velivolo apparve all’orizzonte dapprima come un’ombra, poi si fece più vicino, presenza concreta e grandiosa speranza.

Un problema in meno con cui fare i conti. Tornando a viaggiare, aveva perso l’abitudine di usare lo Stattenheim - non indossando una giacca, non avrebbe proprio saputo dove metterlo. Per fortuna Gordon non sapeva che ne avesse uno, o forse non sapeva che potesse esistere un congegno di tale sorta, altrimenti in una situazione come quella, senza nessuna idea di come filarsela di lì, l’avrebbe strigliato. Dopo esserne usciti vivi, il che sarebbe comunque stato impossibile. A lui non dispiaceva troppo farsi strigliare, specialmente quando il ragazzo aveva ragione, ma se poteva evitare...

 

Ovviamente si finse contrariato; ohibò, non gradiva l’idea che qualcun altro si mettesse in pericolo andandoli a recuperare. - Avevo detto che ce la saremmo cavata, Generale dei miei calzini!

- Non li hai, i calzini… vai, porco schifo!

- Ehi, quella battuta era mia, una volta… - Il Dottore s’interruppe. - Ahia. Piccolo guaio.

Gordon roteò gli occhi. - Cosa c’è adesso?

- Non riesco a muovermi. - Ridacchiò, stringendo i denti per il dolore. - Le mie scarpe stanno bruciando!

- Certo che sì! Non sono scarpe, sono schifezze di corda e tela! Tanto valeva che venissi scalzo!

Il Dottore rinunciò a rispondergli a tono e si concentrò. Con una mossa da lanciatore di baseball, ruotò la schiena e tirò indietro il braccio, poi Gordon vide l’ordigno compiere un arco perfetto per scomparire nel cratere. - Ha-ha.

Il velivolo era ormai sopra di loro, e non potevano perdere tempo. - Vai lì sotto, è un raggio traente! Pensi che stia lì per bellezza? Digli se per piacere si spostano un attimino, perché mi sono impantanato.

Una volta che furono entrambi sani e salvi a bordo ed ebbero ripreso quota, l’esplosione parve a Gordon soltanto un bello spettacolo. No, non provò pena per le creature che avevano cercato di ucciderli, né per l’ecosistema e tutte le altre stronzate. Erano salvi, e lo era quel sistema solare, per il momento.

- Abbiamo dato ordine di trasportare la vostra nave al palazzo presidenziale, - li informò il Generale. - Sono sicuro che sarete accolti con tutti gli onori...

- Splendido. Ho voglia di una doccia - sbadigliò il Dottore, senza degnarlo di uno sguardo. Vedeva immagini, dietro le palpebre, di una dolcezza ineguagliabile e struggente. I ricordi della sua precedente visita su quel pianeta erano legati a Honey. così come le Torri di Darillium gli avrebbero sempre cantato di River.

Oh. Voleva davvero soggiornare in quella stanza che ancora echeggiava della voce di lei? Lasciare che accendessero il caminetto, guardare le spirali crollare e dissolversi finché fosse rimasta solo cenere? Contare le lune e le stelle dalla finestra… solo?

E che cavolo, no. Se ne sarebbe fatta dare un’altra. Senza caminetto e senza candelieri, di fuoco ne aveva visto già abbastanza per quel giorno.

 

L’atrio del palazzo era gremito, e dovette aprirsi un varco tra la folla che comunque, pur acclamandolo, iniziava a scansarsi volontariamente, vedendolo così sporco e male in arnese.

- D-da questa parte - balbettò un militare che era stato con loro sul velivolo. - Io mi mostrerei più cordiale, Dottore, in fondo sono tutti qui per ringraziarla. - Era stato attendente del Generale durante la rivolta su Darvey, ma non l’aveva mai visto così furioso. Lo preoccupava soprattutto la vena che aveva preso a pulsargli sulla fronte: gran brutto segno.

- Ma io ho una gran voglia di parlare con tutti questi signori, altroché! Me lo date un minutino piccolino? Per darmi una sciacquatina? Danke.

Si guardò intorno per cercare Gordon, ma il soldatino gli spiegò che l’avevano portato a farsi medicare le bruciature, e che l’avrebbe raggiunto più tardi.

Una volta al sicuro nella TARDIS, il Dottore si era davvero fiondato nella doccia, cambiato gli abiti ormai stracciati, e aveva trovato una scorciatoia per arrivare alla stanza della console secondaria, lungo dei condotti scoscesi che attraversavano la nave lungo dimensioni ipotetiche. Erano piuttosto stretti, per essere fatti di dubbio, e scivolosi. Qualcuno batteva da fuori, facendone vibrare l’interno. In seguito scoprì di averli solo sognati, e di essersi addormentato con l’acqua aperta. Un dettaglio da ricordare: niente più shampoo alla camomilla.

Sentì di nuovo battere. Si avvolse in un asciugamano e uscì nel corridoio, lasciando impronte bagnate che la TARDIS asciugava in automatico.

- Gordon, credevo di averti lasciato la chiave… - Forse avrebbe fatto meglio a vestirsi, poteva essere il Presidente in persona. Non che si sentisse in soggezione, beninteso, ma comunque-

Non era nessuno.

Non c’era proprio nessuno, lì fuori.

 

Sporse la testa ed eccolo, il malandrino. Un fottuto cubo psichico, accidenti. Non ne riceveva dai tempi in cui viaggiava con Amy e Rory… e quella volta era stata ben dura da digerire.

In questo caso, però, recava una bellissima notizia e quando Gordon riapparve per davvero, tutto luccicante di spray lenitivo e con i baffi bruciacchiati, il Dottore non stava ormai più nella pelle.

- Non ho accettato niente da bere, questa volta, - gli stava dicendo. Non voglio finire di nuovo avvelenato.

- Balle, quello di Veltroch era solo un allucinogeno iperproteico. Senti qui, ho ricevuto l’invito ad un matrimonio su Gallifrey.

- Va bene, andiamo. Dopo aver ricevuto le onorificenze del caso… - Gordon capì che non gli importava affatto. E, a dirla tutta, nemmeno a lui. - Va bene, andiamoci, torneremo qui più tardi.

- Facciamo così. Tu prenditi tutti i meriti e gli onori, mangia, bevi, divertiti e salutami i fratelli Turlough.

- Tu non mi lasci qui, oh, non mi freghi. Hai pensato al mio, di matrimonio? Se non dovessi farti più vedere, come ci torno sulla Terra?

Era incredibile come avesse ordinato le sue priorità. Aveva più fiducia in un branco di mutanti inferociti che nella sua buona fede. Il Dottore incassò, era uno che incassava, però… - Ma sciocchino. Perché mai non dovrei tornare a prenderti?

- A volte… si dice… che fai dei giri lunghi - insinuò il giovane, beffardo.

- Mi piace pensare di non essere mai in ritardo, di arrivare proprio quando c’è bisogno di me. E non è presunzione, Gordon Stewart, è solo che lei sa guidarmi. - Picchiettò affettuosamente sulla porta della TARDIS mentre lo diceva, strappandogli uno sguardo un poco più fiducioso. - Torno tra un paio di settimane. Ti porterò una fetta di torta! O dei muffin… spero proprio che Ryndane abbia preparato i suoi muffin!

 

Non appena fu solo, corse ad azionare i comandi come se fosse una questione di vita o di morte. Non era logico avere fretta di partire, in teoria; avrebbe potuto aspettare giorni, anni, secoli prima di impostare quelle coordinate. Ma l’aveva ricevuto ora e ci sarebbe andato ora, perché no, no, non poteva aspettare. Che importava se lei l’aveva trattato male, se l’aveva accusato, denigrato, scacciato? Che importava se... non fosse stata lei a mandare l’invito? Qualcuno l’aveva fatto, e non aveva nessuna intenzione di perderselo, era davvero grandioso poter esserci. Fece calcoli accurati, questa volta, valutò la possibilità che un residuo di correnti potesse farlo scivolare nel tempo, anticipò il suo arrivo rispetto alla data contenuta nel messaggio. Ma non troppo, o avrebbe rischiato di arrivare prima che questo venisse inviato. Doveva cercare di chiudere i cerchi che aveva lasciato aperti, non di sicuro crearne altri. Saltò ad afferrare la trave più vicina e gridò di gioia.




Quando il clamore dei festeggiamenti per lo scampato pericolo si era spento, il soggiorno di Gordon su Trion aveva iniziato a diventare piuttosto noioso. Si era unito ad un gruppo di turisti provenienti da varie galassie e avevano visitato il museo di storia naturale di Efnisien, le rovine di Connall e il Castello Mobile, ma dopo qualche giorno, temendo che il Dottore tornasse prima del previsto e non lo trovasse, aveva mollato la compagnia ed era tornato al palazzo - solo per scoprire che la TARDIS non si era ancora mostrata nei paraggi.

Aveva così scoperto che uno dei due famosi fratelli Turlough era il Presidente della regione di Ohwrotco in persona, il che era come dire il Presidente degli Stati Uniti, ma va chiarito che Gordon non aveva grossi problemi nel trattare con le autorità. Nel 2031, il Torchwood di Los Angeles era il principale centro diplomatico interplanetario sulla Terra e comunque a lui, dopo aver avuto a che fare per tutti quegli anni con Rex Matheson, un capo di stato alieno rappresentava tutt’al più un potenziale compagno di bevute.

In questo caso non era una definizione azzeccata, perché Malkon Turlough era astemio, e non sembrava propenso a frequentare locali per divertirsi. Gli aveva concesso un colloquio per pura cortesia, sicuramente ritagliando qualche minuto dai suoi mille impegni. Aveva strane sopracciglia a forma di tilde e orecchie a punta, ma ciò che risaltava maggiormente erano i suoi occhi chiari come laghi, dalle pupille quasi inesistenti. Occhi malinconici, spettrali.

- E così, viaggiate insieme. - Sembrava trattenere un imbarazzo palpabile, una pena profonda. - L’ultima volta, lui portò con sé una ragazza dai capelli rossi.

Se anche avesse saputo di chi si trattava, Gordon non avrebbe spettegolato sulla vita privata del Dottore. E l’unica persona che sembrava corrispondere a quella descrizione era Amy Pond. L’aveva incontrata, da bambino, quando ancora il Dottore era un uomo giraffa.

- Aspettavano un figlio… spero che ora stiano bene.

Non vi fu nessuna reazione da parte di Gordon. Comunque, ora era certo che non si trattava di Amy.

- Il Dottore e io abbiamo un patto, non riveliamo all’altro nulla che possa turbare gli eventi futuri. Sono sicuro che al suo ritorno le racconterà ciò che desidera sapere, se sarà nella condizione di poterlo fare senza causare paradossi. - Non ne era affatto sicuro, ma appunto la diplomazia, sempre.

- Più che giusto, signor... scusi, credo di aver di nuovo dimenticato come si chiama.

- Credo che debba essere lei a perdonare la mia schiettezza. Comunque sono Gordon… - Più tardi avrebbe ringraziato il destino per aver sentito l’impulso di completare la sua presentazione; forse per via degli abiti formali indossati dal suo ospite, o dalla presunta ufficialità del suo soggiorno al palazzo? - Alistair Gordon Lethbridge-Stewart junior.

Gli occhi chiari di Malkon si fecero più grandi. - È un nome che ho sentito prima d’ora, - si affrettò a rispondere. - E vorrei capire…

- Porto il nome di mio nonno, - provò a spiegare Gordon. - Era davvero molto amico del Dottore. Potrebbe averle parlato di lui. - Era incredibile quanto fosse cambiato il suo modo di pensare in poco tempo. Aveva sempre ostentato indifferenza verso il passato, ma ora, qui, così lontano dalla Terra, il richiamo del sangue era diventato di colpo maledettamente importante.

Anche Malkon Turlough sembrava aver intuito qualcosa di altrettanto urgente, perché lo vide impallidire e riprendere colore in tre secondi netti. - No, non è stato il Dottore a parlarmene. Signor…

- Gordon va bene, e può darmi del tu. Mi porto dietro un bel fardello, signor Presidente - sorrise.

L’altro annuì, offrendo a sua volta un’apertura di familiarità, stringendo la sua mano come quando si afferra una speranza: - Malkon va bene. C’è qualcuno che vorrei farti conoscere.

 

 

   
 
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