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Autore: _Hikari    08/02/2015    3 recensioni
Brevi frammenti della vita di Clarice Orsini.
«Quantunque gli sguardi che vede dardeggiare attorno a sé trabocchino della circospetta, adirata diffidenza di un popolo trovatosi innanzi al nemico – allo straniero, all'oppressore, all'intruso – è come se Firenze sia sempre stata sua
{Raccolta ● Clarice Orsini/Carlos ● Clarice Orsini/Lorenzo Il Magnifico}
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarice Orsini, Lorenzo Medici
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Domina Florentiae.
 

Quando le strade di Clarice Orsini e Lucrezia Tornabuoni si intersecano, la fanciulletta ha il capo chino e l’irresistibile, imperioso desiderio di svanire. Così, ad un tratto. Di sfuggire a quelle iridi – gemme di mercante, imperlate da meticolosi calcoli – che soppesano ed esaminano e che paiono smaniose di scandagliarle l’anima.

Quando le strade di Clarice Orsini e Lucrezia Tornabuoni si intersecano, Clarice possiede solo quindici anni, alle spalle; due occhi di celestiale infinito che debbono ancora vedere il mondo ed un temperamento talmente passivo, talmente malleabile – è giusto così. Deve essere così –, da sgomentare la signora di Firenze.

Il labbro inferiore è martoriato, la carne oramai dilaniata, mentre le unghie continuano ad affondare nella palma. Nel mentre, l’ennesima riga sbarra l’ennesimo errore.

Ma se le gote sono imporporate di vergogna, nell’animo, un sentimento – fiamma vivida, sorprendente, genuina – va propagandosi. Di quelli che sembrano in possesso dell’abilità di colorare, impreziosire lo scorrere del tempo.

Poi, però, un tremito martoria le membra di Clarice. Le percorre, risalendo la spina dorsale, lacerando la carne ed insinuandosi nel petto. Tuttavia, la decisione della giovane non vacilla. Rimane immobile, come un acrobata dalla tecnica magistrale.

Che Lorenzo legga. Che veda, che rida. Che Lorenzo sappia.

Clarice è ben conscia di star attingendosi ad un passo assai imprudente, di quanto un tale azzardo potrebbe comportare, ed è altrettanto conscia – in fondo in fondo. Quantunque continui a negarlo – che l’unica avversaria assalita, l’unica antagonista fronteggiata, è lei stessa.

Giugno 1469

Clarice ha pensato innumerevoli volte, a Lorenzo, ed altrettante volte ha immaginato ciò che sarebbe accaduto in seguito.

E – seppur non lo ammetta. Benché tenti di preservare quell’orgoglio tanto martoriato –, quando le loro labbra si scontrano, e si cercano ancora, ed ancora; quando le braccia dell’uomo la stringono a sé, quando i loro corpi sembrano tramutarsi in vampe di fatuo fuoco ed una sublime lusinga ne annoda la bocca dello stomaco, un gravoso macigno rovina dalle sue spalle.

Quantunque gli sguardi che vede dardeggiare attorno a sé trabocchino della circospetta, adirata diffidenza di un popolo trovatosi innanzi al nemico – allo straniero, all’oppressore, all’intruso – è come se Firenze sia sempre stata sua.

Perché Firenze è pensiero scevro di confini. È melodia di parole che libra nell’aria, s’infrange contro quelle mura di marmo e mattoni.

Firenze è libertà. Firenze è una preziosa polla – di sapere, di incondizionato arbitrio – e Clarice ha così tanta sete.

Quando le sue iridi incontrano il bel volto di Lucrezia Donati, Clarice non riesce a fare a meno di constatare come il destino sappia essere tristemente ironico ed incredibilmente ridondante.

26 aprile 1478

E mentre il grido di «A morte tutti i Medici!» si leva contro la volta d’inchiostro, pericoloso e asfissiante, Clarice si affida all’unica entità che non l’ha mai tradita. E prega.

 

Quando Clarice acconsente, sa a cosa sta andando incontro. Sa che se Lorenzo lo venisse a sapere, si porterebbe via tutto e che di lei rimarrebbe solo un cumulo di brandelli. Eppure, non ha importanza.

Il signore di Firenze è divenuto una catena eccessivamente gretta, una costrizione troppo sofferta, per venire accolta. E Carlos è la sua via di fuga.

30 luglio 1488

Nonostante l’agitazione e le rassicurazioni e l’indignazione dei circostanti, Clarice sa che Lorenzo non verrà.

E quantunque faccia ancor più male di quel petto che si alza appena, del sapore ferroso che ne impregna il palato, alcun singhiozzo le sfugge. Alcuna maledizione riverbera nella sua mente. Alcuna lacrima le solca il viso.

Semplicemente, sospira. Clarice Orsini sospira e chiude quei due occhi di celestiale infinito che oramai hanno veduto sin troppo e che del mondo conoscono il meandro più oscuro, per l’ultima volta.
 



 

Note:

[1] Lucrezia Tornabuoni era la madre di Lorenzo De’ Medici. Quando la possibilità di un matrimonio divenne concreta, ella si recò a Roma, per esaminare personalmente la futura sposa.

[2] Clarice scrisse di proprio pugno al marito, e nelle prime tre lettere che inviò si possono notare errori e cancellature.

[3] Spezzone V: ho giocato sull’analogia dei nomi del genitore e dell’amante del Magnifico.

[4] Spezzone VIII: Lorenzo non fu presente alla morte della moglie, né comparve al suo funerale.

Fonti: Dizionario Treccani e Wikipedia.

 

L’angolo di Hikari

Ringrazio chiunque sia giunto sin qui e domando perdono per eventuali inesattezze storiche. Ovviamente, le recensioni sono sempre benaccette. E nulla, spero che questa pseudo raccolta sia stata di vostro gradimento.

   
 
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