PROLOGO
Non era la prima volta che Angie metteva piede a Kyrador, ciò nonostante, scendendo
dal treno, non riuscì a non provare la stessa meraviglia di molti mesi prima
nel ritrovarsi all’interno di quell’immenso e scintillante edificio, più simile
ad un palazzo reale che ad una stazione ferroviaria.
Appesantita
dal fardello della sua pesante valigia, che malgrado la levitazione magica
risultava piuttosto difficoltosa da spostare, la ragazzina si lasciò per
qualche attimo travolgere dal mare di emozioni che tutto quello splendore
faceva turbinare dentro di lei.
Ancora
non riusciva a crederci.
Da quel
giorno, e per almeno un anno, quella sarebbe stata la sua città.
Avrebbe
vissuto lì, frequentato la scuola lì, ma soprattutto sarebbe stata di nuovo
assieme alla persona a cui teneva di più al mondo dopo tanto tempo.
Ma della
persona in questione, a differenza di quanto si aspettava, a un’ora dal suo
arrivo non vedeva neanche l’ombra, e dopo averla cercata per tanto tempo tra
l’incalcolabile numero di volti che affollavano la sala d’attesa principale la
ragazzina cominciò a temere il peggio.
«Ma dove
si sarà cacciata?» mugugnò contrariata. «Eppure lo sa che non sono mai stata da
sola in questa città.»
Stava
ancora riflettendo sul da farsi, quando una serie di rumori pirotecnici
comparsi dal nulla catturò la sua attenzione, ed alzati gli occhi dal panino
che stava addentando per placare i morsi della fame si avvide della piccola
folla radunatasi davanti ad uno dei proiettori
olografici acceso sul canale sportivo.
Due
persone, un uomo e una donna, vestiti in modo fantasioso ed armati
rispettivamente di un fioretto e di una coppia di pugnali, stavano combattendo
vivacemente tra di loro all’interno di una specie di arena quadrangolare al
centro di un enorme complesso sportivo, pieno all’inverosimile di un pubblico
urlante.
«Accidenti,
me n’ero dimenticata!» esclamò scattando in piedi. «Oggi c’è il campionato
nazionale!» e senza indugio corse a sua volta verso lo schermo, riuscendo a
forza di spinte a portarsi quasi in prima fila.
Si
trattava di un incontro minore, di seconda categoria, con due avversari che di
sicuro non avrebbero potuto vantare alcuna pretesa sul titolo annuale, ma ciò
nonostante si rivelò una sfida entusiasmante.
Da
quando i protocolli di battaglia erano stati aggiornati sei mesi prima, subito
dopo la chiusura dell’ultima coppa del mondo, molte cose erano cambiate nel
mondo del chandra, con arene più grandi, nuove classi di guerrieri e un
miglioramento del rapporto tra operatore e vessel, tanto da richiedere una
revisione dei regolamenti sia nazionali che internazionali.
Il
Combattente, ovvero il personaggio che per l’appunto lottava a mani nude, era
una delle nuove classi introdotte a seguito dell’aggiornamento, per questo era
ancora relativamente raro da vedere in incontri ufficiali, ma benché in molti
la considerassero di basso livello e decisamente penalizzata rispetto ai
potenziali avversai Angie la trovava molto
affascinante e particolare.
Nello
specifico, il Combattente impegnato in quello scontro doveva essere ben
consapevole delle potenzialità del proprio guerriero, tanto da riuscire, quasi
tra lo stupore generale, ad aggiudicarsi la vittoria, seppur col verdetto dei
giudici allo scadere dei quindici minuti regolamentari.
Ogni
volta che assisteva ad una sfida di Chandra, gli occhi di Angie
si illuminavano: amava quello sport più di ogni altra cosa al mondo, e aveva
sempre sognato di poterlo un giorno praticare lei stessa, un sogno che, sempre
grazie ai nuovi regolamenti, in tempi non lontani sarebbe stata in grado di
realizzare.
Anche
per questo aveva insistito tanto coi suoi genitori perché la lasciassero venire
a Kyrador, nella città in grado di realizzare i sogni: per poter far avverare
il suo.
Ma il
tempo incalzava, e dopo due ore Angie era ancora lì.
Provò a
chiamare la persona che sarebbe dovuta venirla a prendere, ma come previsto il
suo comunicatore era spento, e anche i numerosi messaggi sia scritti che vocali
rimasero lettera morta.
«E dire
che lo sapeva che non conosco ancora questa città.»
A quel
punto però, era chiaro che doveva arrangiarsi.
«Beh,
poco male.» e bagaglio appresso si avviò a passo spedito verso le scale mobili
che conducevano alla metropolitana.
Il Sergente Maggiore Carmy
O’Neill aveva staccato dal lavoro prima del previsto,
ma prima di fare ritorno a casa era voluta passare al videolog
per noleggiare un film con cui concedersi una serata di assoluto riposo.
Ormai
erano passati quasi due anni da quando era stata ammessa nella Polizia Militare
della Magic Administration
Bureau, e anche se con il tempo aveva imparato a gestire la gran mole di lavoro
quotidiano e il poco tempo libero una inaspettata uscita anticipata alla
vigilia del weekend era quanto di meglio potesse desiderare per ricaricare le
energie.
Al tramontare
del sole la Kyrador diurna, frenetica ma a suo modo estremamente ordinata ed
abitudinaria, si ritirava, per cedere il posto alla sua scatenata,
anticonformista e a tratti persino scabrosa controparte notturna, e
specialmente in quei giorni di inizio primavera conosceva a propria volta un
vero e proprio risveglio dopo i grigiori della stagione fredda.
Per una
giovane cadetta venuta dalla campagna come lei era stato difficile in un primo
tempo riuscire ad adattarsi alla città più grande e popolosa del mondo, ma un
poco alla volta, grazie anche al suo lavoro, era riuscita a ritagliarsi la
propria fetta di spazio in quel mondo così scintillante e fantastico, ma al
tempo stesso incredibilmente ambiguo, lasciandosi assorbire dai suoi ingranaggi
senza per questo rimanerne stritolata.
Giusto
il tempo di concedersi anche una bibita e una chiacchierata con una collega, e
il Sergente O’Neill era di nuovo ai piedi
dell’imponente palazzo del Quarto Distretto, vicino al Gardner Stadium.
Preso
l’ascensore, salì all’ottavo piano, e fatti pochi passi lungo la balconata, il
cui panorama risultava sfortunatamente mozzato dai condomini tutto attorno,
raggiunse l’appartamento numero 859, ma nel momento in cui fece per inserire la
propria carta magnetica d’identità nel lettore accanto alla porta si avvide che
la spia luminosa era stranamente già accesa.
«Che
strano» si disse. «Julienne non lavorava fino a tardi
oggi?»
Sentendo dei rumori all'interno,
un sospetto si fece strada nella sua mente; poteva trattarsi di un ladro.
Estratta la pistola, in silenzio, aprì il battente scivolando all'interno.
Temeva di trovare la casa
sottosopra, e dentro di sé già pregava di non essere costretta a fare qualcosa
che già era costretta a fare talvolta al lavoro come puntare un’arma contro
qualcuno, ma l’unica cosa che trovò fatti pochi passi lungo il corridoio,
lasciato al buio, fu un più che piacevole profumo di cibo che la lasciò
interdetta: la sua coinquilina non sapeva cucinare neanche un uovo sodo, e di
certo non poteva essere lei a produrre un tale aroma.
Un volto, familiare e sorridente,
comparve dalla cucina, contornato da un paio di buffi codini castani e due
occhi verdi pieni di vita.
«Bentornata, sorellona!
La cena è quasi pronta!»
«A... A... Angie!?»
esclamò Carmy affrettandosi a nascondere goffamente la pistola dietro la
schiena. «Che ci fai tu qui?»
«Come sarebbe a dire che ci faccio
qui? Hai dimenticato che da oggi mi trasferisco qui a casa tua?
Ti ho aspettata per quasi tre ore
alla stazione, ma tu non sei venuta, e sapendo dove vivevi mi sono arrangiata.»
«Come sarebbe a dire!? Non dovevi
arrivare la settimana prossima?»
«Mamma e papà hanno anticipato la
partenza, e così sono venuta prima. Non hai letto il mio messaggio?»
La sua espressione stralunata e
imbarazzata furono più eloquenti di qualunque risposta.
«Come pensavo, non te ne sei
neppure accorta» sbuffò Angie fingendosi offesa.
«Possibile che tu abbia sempre la testa fra le nuvole, sorellona?»
«Purtroppo, ho avuto molto da
fare» tentò di giustificarsi. «I rapporti da compilare, le indagini, e…»
Tutto però si disperse in una risata divertita da parte della sorella minore.
«Non pensarci più. Lo so che il tuo lavoro ti tiene molto impegnata. Per fortuna che avevo memorizzato il tuo indirizzo. Arrivare qui con la metropolitana non è stato difficile.»
«Ma come hai fatto ad entrare?» domandò Carmy sbottonandosi la giacca della divisa e abbandonandosi sul tavolo della cucina
«Mi è bastato dire al custode che sono tua sorella. Non mi ha neanche chiesto i documenti, e mi ha aperto subito.
Probabilmente anche lui sa quanto tu sia distratta alle volte.»
«O forse più semplicemente ha notato la somiglianza. La mamma dice sempre che sei tale e quale a me quando avevo la tua età.»
«Con qualche esperienza in più» sorrise la ragazzina agitando in aria il mestolo grondante del sugo dello stufato. «Del resto, che io ricordi sei sempre stata una frana in cucina, e quello che ho trovato in frigo mi ha confermato che è ancora così.
Come fai ad andare avanti solo a surgelati e cibi pronti?»
Solo in quel momento Carmy notò il gran numero di pentole sul fuoco, per non parlare delle borse della spesa ancora mezze piene allineate una accanto all’altra sul bancone che separava la zona fornelli da quella del desinare.
«Dove hai comprato tutta questa roba!?»
«Mamma e papà mi hanno lasciato dei soldi, e ce ne sono anche per te. Dicevano che era per il mantenimento. Come se far mangiare e dormire una ragazzina di dodici anni costasse così tanto.»
«Se fai ogni volta spese del genere, temo mi toccherà pure chiedere un aumento.»
Julienne, che Angie aveva già avuto modo di conoscere di sfuggita nel corso del suo ultimo viaggio a Kyrador, come previsto tornò a casa a sera inoltrata, stralunata per il lungo lavoro e capace a malapena di reggersi in piedi, ma le bastò posare gli occhi sulla tavola imbandita per ricaricarsi.
«Quante cose buone!» esclamò con gli occhi che brillavano, non sapendo da dove cominciare. «Angie, ma hai preparato tutto tu?»
«Ha sempre avuto la passione per la cucina» disse Carmy con una sorta di velata autocommiserazione. «E nostra nonna non aspettava altro che qualcuno da rimbambire con tutte le sue nozioni e le sue ricette.»
«Non dovresti parlare così della nonna» la rimproverò bonariamente Angie. «Mi ha chiesto spesso di te, e si lamenta sempre che non ti fai mai sentire» quindi, maliziosa, sibilò. «E ogni volta mi domanda se finalmente tu ti sia decisa a trovarti un fidanzato.»
«Angie!» strillò la sorella rossa come il fuoco
«Ad ogni modo, non ho ancora capito come mai tu ti sia trasferita qui a Kyrador.» disse ancora Julienne
«Nostro padre ha ricevuto una cattedra per un anno all’Università Reale a New Aalborg» rispose la ragazzina. «E così i nostri genitori si sono trasferiti a Holsted. Io però avevo sempre sognato di frequentare le scuole qui a Kyrador, così ho chiesto sia a loro che a Carmy di poter venire a stare qui per l’ultimo anno di scuole medie.»
«Dì piuttosto che morivi dalla voglia di venire a stare a due passi dalla Magic Arena.»
«Sei cattiva a dire così.» mugugnò Angie
«Già, tua sorella mi ha detto che sei un’appassionata di chandra.
Hai saputo delle nuove regole a proposito dei limiti di età?»
«E me lo domandi?» alzò il pollice lei. «Ora non dovrò più aspettare i diciotto anni per poter gareggiare in competizioni ufficiali! E quello che è meglio, ho saputo che si stanno organizzando tornei dilettantistici tra i club extrascolastici di molte scuole medie e superiori!
Non potevo certo lasciarmi sfuggire questa occasione!»
«Lo vedi che in realtà sei venuta solo per questo?».
Dopo cena, Angie si offrì anche di lavare i piatti, e poiché Julianna ebbe a malapena il tempo di farsi una doccia prima di crollare addormentata senza neanche rivestirsi fu la sorella a offrirsi di darle una mano.
«Hai già scelto a quale scuola andare?»
«Di scelta non ne avevo molta, purtroppo. Visto che questo trasferimento è stato in bilico fino all’ultimo, molte scuole avevano già chiuso le iscrizioni. Frequenterò la St. Meredith.»
«La conosco. Un ottimo istituto. Ci studiano anche i figli di alcuni miei colleghi.»
Le due sorelle si guardarono, scambiandosi un sorriso gentile, benché avessero passato buona parte della serata a beccarsi l’un l’altra.
«Mi fa piacere averti qui, Angie. Sono sicura che ti troverai bene a Kyrador.»
«Grazie, sorellona.»
Poi, venne il momento di andare a dormire, ma prima di sprofondare nel suo letto per spazzare via i postumi di quel lungo viaggio Angie volle andare ad affacciarsi dal balcone.
Tutto attorno a lei, Kyrador, la Città dei Sogni, rifulgeva radiosa, e laggiù, in lontananza, si intravedeva il profilo imponente e maestoso della Magic Arena.
In fin dei conti, Carmy diceva la verità; se si era impuntata a tal punto per venire a Kyrador, il motivo era anche per riuscire, non importava come, ad entrare in quell’arena.
Aveva sognato il chandra per anni, era venuto il momento di praticarlo. In realtà c’erano altre scuole nelle quali sarebbe potuta andare, ma la St.Meredith era l’unica tra quelle disponibili ad avere già organizzato un Club di Chandra extrascolastico, e in quel momento, a parte poter stare di nuovo con la sua adorata sorella maggiore, non c’era nulla che volesse di più che scendere nell’arena personalmente, e combattere come aveva visto fare un’infinità di volte ai suoi lottatori preferiti.
E poi, chissà.
Forse, un giorno, in quell’arena ci sarebbe entrata davvero, e non come semplice spettatrice.
Nota dell’Autore
Eccomi qua di
nuovo!^_^
Con questo breve
prologo prende il via una nuova long dedicata all’universo di Tales, e benché sia ambientata cronologicamente dopo il
fine de La Città delle Nebbie non vi sono particolari spoiler, eccezion fatta
per la già nominata promozione di Carmy a Sergente Maggiore.
A differenza della
maggior parte delle altre storie questa, in linea con Cafè
Coeur Bleu, presenterà una
trama ed uno stile più “infantili” e soft, nella speranza che ciò costituisca
un’interessante alternativa alla solita routine che caratterizza questa mia
serie.
E così iniziano le
avventure della piccola Angie: fin dove la
porteranno?
Seguitemi e lo
scoprirete
A presto!^_^
Carlos Olivera