{Ad Asdy,
e anche i sedici anni
sono andati. Auguri cara! <3
A
Raven Cullen, perché questo giorno andava premiato. <3
Di birra e bei sogni. With(out) love
Il
cielo fuori è uggioso e compatto quando il giovane uomo alza
la testa dal
tavolo su cui si è appoggiato e si guarda attorno con aria
mesta. Non ricorda
affatto di essersi addormentato.
I suoi occhi grigiastri e arrossati vagano per la stanza stretta,
incontrando
un vecchio armadio scrostato, una finestra dal vetro appannato ed unto,
un
tavolo con una gamba traballante, un letto matrimoniale ancora disfatto
dalle lenzuola
lise, una batteria di pentole nel lavandino immerse in
un’acqua acquitrinosa ed
al fianco un frigo basso, di un bianco opaco. Questo, sormontato da un
lampadario dondolante e polveroso e circondato da pareti scrostate e
graffiate,
è ciò che, amaramente, definisce casa: casa, un
bugigattolo monolocale puzzolente
e marcio. Proprio come lui.
Appoggiate sul tavolo varie lattine di birra e sandwich
preconfezionati. Akio sbuffa, si caccia una
mano in tasca cercando una paglia da fumarsi. Accende e inspira: -E poi
vengono
a dirti che a vent’anni la vita è una
pacchia… Guarda te che schifo.-
-Sai che continuando a lamentarti non otterrai niente di più
di questo schifo,
vero?-
-Zitta, Rika, non ti ho chiesto niente.-
Da quell’intricato e odoroso groviglio di lenzuola emerge la
testa di una
giovane donna, la sua voce secca e acuta ricorda un verso lamentoso e
strozzato; una chiave che si spezza mentre fa scattare la serratura. E
tu
rimani ad ascoltare le sue parole così, con la maniglia in
mano, senza sapere
se è meglio rimanere fuori dalla porta e maledirti per aver
rotto la chiave o
entrare e farti mangiare dal mostro che c’è
all’interno ma essere riuscito a
dimostrare che sì, quella porta tu l’avevi aperta.
Ma Akio non pensa a tutte queste romanticherie quando Rika apre bocca:
magari
tempo fa le pensava anche, ma ora no, ora pensa solo che era meglio se
continuavano a dormire. Invece sono svegli entrambi.
-Cosa stavi sognando?- si sente uno stupido a chiederlo, eppure non
riesce a
trattenersi. Butta giù dell’altra nicotina ad
infuocargli la gola, poi chiude
gli occhi aspettando che quella cornacchia sonnacchiosa cominci
nuovamente a
gracchiare.
-Ho fatto un sogno bello.-
-Ah davvero?- quasi sputa il giovane, con un eccessivo sarcasmo che
demoralizza
e fa tacere la ragazza.
Dopo qualche istante di silenzio in cui entrambi sono troppo orgogliosi
per
dire o ammettere qualcosa, Fudou si tira in piedi con un sonoro sbuffo,
spegne
la cicca contro il frigo facendola cadere per terra, poi prende due
lattine di
birra; una la apre, l’altra la lancia in direzione del letto.
Una mano spunta
da sotto le coperte e l’afferra.
Clack. Eh sì, la chiave
si è rotta e
tu non saprai mai che mostro c’era dietro la porta. Ma Fudou
non è un tipo
romantico, forse un tempo lo è stato, ma ora non
più, e quindi queste cose non
gli interessano.
-Cin cin~ -
-Ed a cosa vuoi brindare, sentiamo?-
-Alla vita. Alla felicità. Ai bei sogni. Al denaro. A John
che è morto ieri
notte mentre faceva sesso con sua moglie per un infarto, a mille e
passa chilometri
da qui. A tutte
quelle cazzate a cui si
brinda quando si è troppo blasfemi e idealisti insieme da
non riuscire a dire
quello che si pensa.-
-Se tu lo fossi, brinderesti a questo?-
-Se tu non lo fossi, vorrai dire.-
-Ti consideri b-blasfemo e idealista?-
-Oh sì, e sinceramente non me ne importa nemmeno. Brindiamo
al fuoco.-
-Al fuoco?-
-Sì. Un brindisi al fuoco, che possa un giorno ardere e
annichilire tutto
questo mondo.
-Cin cin-
-Cin cin, mia cara.-
Rika
alza la testa, gira tutto. Davanti a lei, sfocato, Akio sta impilando
le
lattine di birra vuote. Sono arrivati ad una ventina per uno, ma non
hanno
ancora battuto il loro record.
-Non ce la faccio più, Fudou.-
-Eddai, siamo solo a metà.-
L’ennesima pila cade. Il rumore della latta contro il
pavimento è frastornante.
-Vent’anni fa ci hai provato con me per la prima volta
offrendomi della birra.
Mai avrei pensato che saremmo arrivati a questi punti.-
-Rika, vent’anni fa tu nemmeno eri nata.-
Ma la giovane pare neanche aver sentito, scrolla la testa violentemente
e le
sue labbra pendono in un sorriso cascante -Le brutte abitudini fanno
fatica a
morire, neh?-
-A vivere invece ci riescono benissimo.- sussurra Fudou, chiedendosi
perché mai
è ancora sobrio e sta dando corda alla ragazza.
-Scherzi? La vita è uno sballo. Chi non riesce a viverla
sono solo i depressi.
Sai no, quelli che ogni tanto si buttano giù da un ponte e
fanno tanto parlare
di sé. Per la miseria, dico io, ti dovevi uccidere per farti
notare? Eppure ce
ne sono di altri modi! Guarda te e me ad esempio, facciamo pena
però ce la
stiamo vivendo bene.-
-Già, eccome. Passami un’altra lattina, oggi mi
voglio rovinare.-
Alito
caldo.
Labbro tremante, stimolo del vomito.
Cosa pizzica in fondo alla lingua? Forse, la verità?
-Rika… Rika, ci sei?- Fudou prova a tirarsi in piedi, la
testa gli pesa sulle
spalle come un macigno. Una pastoia di troppo, un altro giro di corda a
tenere
caldo il collo. Ricade a terra. Adesso è lui la lattina
vuota che ruzzola sul
pavimento ma non si danneggia. Oh no, non si romperà, non
così.
-Ci sono, ci sono.-
La voce della ragazza non gracchia più, sembra liquida.
Fudou avverte il suono
della sua voce come lo scorrere di un affluente che si getta nel mare,
ma
lentamente, come se la velocità non lo riguardasse.
-Rika, tu…- Un conato di vomito gli trattiene il fiato; Akio
chiude gli occhi e
inghiotte un grumo rancido di saliva. Il cuore batte in petto
così forte, come
a voler dare conferma della sua presenza lì. Il castano
allora si tira due
pugni decisi al petto. “Ci sei, lo so che ci sei, ora sta un
po’ zitto.”
-Fudou, ho fatto un sogno bello.-
Altri istanti di silenzio. Ai due sembra di fluttuare in una gigantesca
nuvola
color ocra, frizzante e amara come la birra ghiacciata. In effetti
c’è anche
freddo…
-Ho sognato che io e te volavamo in mongolfiera. Niente fumo, niente
alcool,
niente sporcizia né tristezza. Eravamo solo io e te con
davanti un cielo
azzurro. Volteggiavamo. Mi sentivo felice e lo eri anche tu. Non
eravamo come
siamo adesso, ma nello stesso tempo non riesco a trovare nulla di
diverso. Non
riesco a spiegarmi. Mi capisci?-
-… No. Non capisco proprio.-
Rika si tira a sedere, i suoi occhi sono grigiastri e arrossati dal
fumo e dall’alcool.
Fudou li guarda, cercando di mettere a fuoco tutto il volto, i capelli
turchini
ed insudiciati, il mascara colato un po’
verso sinistra, le labbra carnose, le sopracciglia
chiare… Ma non vede
niente di tutto questo. Solo due occhi grigi e un po’ opachi
che lo guardano,
che gli scavano dentro. Che lo amano.
Lei gli prende la mano, lui apre la bocca e gli cola un filo di bava;
sorride, chiude
gli occhi.
-E poi vengono a dirti che la vita a vent’anni è
uno schifo… Guarda te che
pacchia.-
-C’è chi beve per dimenticare, chi per
festeggiare, chi per sentirsi grande,
chi perché grande non lo vuole essere mai. Potresti essere
un ottimo Peter
Pan.-
-E tu sei Trilli, mi fai volare?-
-Peter vola da solo, Trilli mica lo aiuta.-
-Lo so. Però gli resta al fianco.-
-Già. Anche quando arriva Wendy.-
-Soprattutto quando arriva Wendy.-
-… Sarebbe un escamotage poetico per dirmi che hai
un’altra?- il tono della
Urabe si fa decisamente stizzito, mentre sul volto di lui si dipinge
un’espressione di tranquilla malizia.
-Macché, schiocchina~ Ora vieni qui e fatti baciare. Alla
mongolfiera ci penserò
dopo.-
-Promesso?-
-Promesso.-
-Allora va bene.-
Un
braccio scosta l’ultima lattina, questa rotolando ne fa
cadere un gruppo
impilato. Sono una quarantina per uno, cascano per terra e fanno un
rumore
assolutamente nuovo. E’ il suono di qualcosa di consumato e
vuoto che crolla e
nessuno ci fa caso.
“Ci rialzeremo, ma per il momento va bene anche
così. “