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Autore: Blackvirgo    02/12/2008    3 recensioni
Dicono che il dovere sia l'inizio e la fine della vita di un Celestiale, che ogni Celestiale nasca per compierlo e che muoia solo dopo averlo portato a termine. E dicono anche che un Celestiale che non assolva il proprio dovere sia destinato a un tremendo castigo.
Una raccolta di side story/one shot autoconclusive incentrate sui personaggi di un mio racconto in fieri da anni.
@ capitolo 1: Pace:Zomurn sorrise alla scena, senza sarcasmo, senza ironia. “Forti sono i legami che uniscono i Celestiali,” mormorò con una nota di tristezza nella voce melodiosa.
seconda classificata al primo round (tatto) del concorso "Cinque Sensi" indetto da kiara_chan sul forum di EFP
@ capitolo 2: Ricordi:Hai ragione, Neera, pensò. il ragazzino che tu hai conosciuto è davvero in grado di stupirmi.
prima classificata al secondo round (vista) del concorso "Cinque Sensi" indetto da kiara_chan sul forum di EFP
@ capitolo 3: Baci:“Quel bacio era la somma di tutto quello che avevano passato durante gli anni assieme, dal momento in cui si erano conosciuti, fino a quel preciso istante.”
prima classificata al terzo round (gusto) del concorso "Cinque Sensi" indetto da kiara_chan sul forum di EFP
@ capitolo 4: Una storia... e molti modi per raccontarla:“A Kimi toccò sorridere, perché sapeva quanto fosse pericoloso raccontare quella storia davanti a Zomurn: sarebbe bastata un’intonazione sbagliata o un accento ambiguo e il temerario menestrello avrebbe rischiato di non poter raccontare più nulla nei suoi giorni a venire.”
prima classificata parimerito al quarto round (udito) del concorso "Cinque Sensi" indetto da kiara_chan sul forum di EFP
@ capitolo 5: La spada: “Respirare era annusare. Annusare era conoscere. Conoscere era capire.
prima classificata al quinto round (olfatto) del concorso "Cinque Sensi" indetto da kiara_chan sul forum di EFP
N.B.: cronologicamente parlando Ricordi viene prima di Pace, ma per esigenze del concorso e per il tentativo di renderle autonome ho pubblicato le storie in questo ordine. Spero che siano comunque piacevoli da leggere!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il guerriero in nero sedeva fuori dalla capanna, con la schiena appoggiata al tronco liscio del ciliegio e guardava le stelle. O guardava solamente lontano, senza preoccuparsi di quei puntini gialli nel cielo scuro e senza nuvole.
Era rilassato, come non lo era da molto tempo. La chiacchierata che aveva avuto con Valzigor quel pomeriggio aveva avuto il potere di rasserenarlo, nonostante avesse riaperto vecchie ferite, vecchi dolori. Eppure quel faticoso percorso che li aveva portati ad essere maestro e allievo prima e nemici poi si era concluso ed erano tornati ad essere semplicemente fratelli. Un cerchio perfetto.
Zomurn chiuse gli occhi, beandosi di sentire sul viso, di tanto in tanto, un refolo dell'aria fresca della notte.
Era strana tanta serenità: sapeva che non sarebbe durata a lungo, ma non era un buon motivo per non godersela. Anzi, si lasciava pervadere da essa, sentendola in ogni fibra del suo essere: le braccia e le gambe erano pesanti, pigre, calde. Aveva raggiunto un piacevole vuoto mentale al quale il suo corpo rispondeva con una rilassatezza che sembrava fatta apposta per recuperare le energie.
Aprì gli occhi, lentamente, combattuto tra il benessere che quella sorta di torpore gli dava e la volontà di non sprofondare nel sonno per godersi ancora quel momento. E per ripensare a un altro giorno che ora sembrava lontano – quanto lontano! - in cui aveva provato quelle stesse sensazioni.
Il giorno in cui era uscito allo scoperto per riportare Valzigor a casa. In quell'umile capanna in cui viveva con sua moglie e col bambino che ormai, a tutti gli effetti, era suo figlio.

Non aveva mai avuto molto a che fare con gli umani e non aveva mai compreso la scelta del fratello di vivere fra loro, come uno di loro, sposando una di loro. Ma il legame che lo univa a quello che era stato un ragazzino pensieroso di cui avrebbe dovuto fare un guerriero era – evidentemente – diventato più forte dei legami di dovere e sangue e che lo legavano al resto del clan.
Ripensandoci in quel momento, alla luce delle stelle di un cielo lontano, gli sembrava sciocco il litigio che li aveva divisi per tutti quegli anni. O forse gli sembrava sciocco perché era lui ad essere cambiato e aveva imparato a fidarsi dei propri dubbi piuttosto che delle altrui certezze.
E, pensò amaramente, ci sono anche certezze che non possono fare a meno di far sorgere dubbi.
Le stelle nel cielo per un attimo si unirono a formare il contorno di un viso amato e mai dimenticato e il guerriero si portò automaticamente una mano ai due anelli che portava al collo, legati a una sottile cordicella di cuoio: erano lisci, tiepidi e la trasparenza del cristallo di cui erano fatti pareva risplendere di luce propria.
Eppure, quella sera, Zomurn si sentiva immune anche dalla tristezza e dal rimpianto: i ricordi erano dolci e per un attimo sembrò che Neera fosse veramente lì, seduta accanto a lui. Immaginò per un istante di averla accanto, di respirare il suo odore, di affondare le dita fra i suoi capelli, di sfiorarla con le labbra, di stringerla a sé, pelle contro pelle, anime che anelano a toccarsi, a mischiarsi, a confondersi l'una nell'altra fino a non sapere più a chi appartenere...

Se era questo che legava Valzigor e Shahan allora suo fratello aveva fatto bene a sposare un'umana e a essere pronto a pagarne le conseguenze ogni giorno, ogni momento, ogni respiro. Perché quello era l'unico modo per amare qualcuno e perderlo e continuare ad amarlo senza rimpianti e senza riserve.
E sì, ci avrebbe scommesso che era proprio quel sentimento a legarli. E Zomurn non faceva scommesse se non era sicuro di vincerle.

In quel giorno, che ormai sembrava tanto lontano, aveva visto per la prima volta da vicino Shahan e quei due amici che avevano cercato di liberare Valzigor rischiando invece di rimetterci inutilmente la pelle. Uno di loro era stato diffidente, l'altro invece si era fidato subito, senza conoscerlo, senza averlo mai visto. Allora aveva aveva ritenuto Raik un pivello che si sarebbe fatto ammazzare alla prima occasione, poi si era  ricreduto. Conoscendolo, ovviamente. Così come si era ricreduto su Selior, il diffidente, il signorotto scappato dal patrio dominio.
Che strano gruppo formavano quei quattro.

Shahan, invece, era indescrivibile, ora come allora. Piccola e minuta, dai lunghi capelli biondi e dagli occhi verdi e ciechi. Sembrava che il suo stesso respiro le potesse fare male ed era capace di poteri che molti non sarebbero neppure stati in grado di sognare. E non ci avrebbe creduto se non l'avesse visto coi propri occhi, sperimentato sulla sua stessa pelle.
Sul marito, quel giorno, aveva operato una sorta di miracolo: ci aveva messo parecchio tempo – giorni, molti giorni – a riprendersi dalla brutale tortura a cui era stato sottoposto, ma subito dopo le cure di Shahan, Valzigor aveva ripreso a respirare – con un certo affanno, è vero – ma aveva smesso di rantolare, era rimasto pallido come il lenzuolo che lo copriva, ma aveva perso quella sfumatura grigiastra che pareva l'ombra stessa della morte. Aveva un'espressione sofferente – e come poteva essere altrimenti? – ma sembrava anche sereno. Come se sapesse perfettamente dove fosse e con chi benché non avesse mai ripreso conoscenza da quando lo aveva trovato.
Zomurn sospirò: non si era aspettato di dover intervenire, non credeva che avrebbero trovato Valzigor. Non in quel momento almeno.
Ma i Celestiali non perdonavano mai un torto subito e abbandonare il clan era uno dei tre tradimenti maggiori. Si pagava con la vita l'abbandono del clan.

Zomurn sorrise tra sé: dicevano che il dovere fosse l'inizio e la fine della vita di un Celestiale, che ogni Celestiale nasceva per compiere un dovere e moriva solo dopo averlo compiuto e che non assolverlo lo avrebbe portato a un tremendo castigo. E molti nel clan praticavano l'arte della divinazione per scoprire quel destino e si leggevano le stelle e le carte e le menti dei bambini per poi metterli su quella che doveva essere la loro strada.
Peccato che l'unico castigo che era arrivato a Valzigor fosse stato per mano della propria gente e non degli dei o dei demoni da quali discendevano.
Forse, in fondo, le stelle erano solo stelle. E il destino di chi se lo sapeva costruire, con le proprie mani, usandole giorno dopo giorno, sotto il sole e sotto la pioggia, curandole quando si screpolavano fino a sanguinare e osservando a uno a uno i calli come fossero gloriose cicatrici.
Anche i segni che Valzigor portava sarebbero divenute cicatrici: segni di frustate e di bruciature e di tagli che dovevano servire per sapere come un Celestiale possa vivere tra gli umani. Per distruggere quella scomoda verità: i Celestiali possono vivere tra gli umani.
Baherim si era guadagnato a ragione il titolo di Maestro di Torture. Perché manteneva vive e coscienti le sue vittime fino alla fine nonostante la brutalità dei suoi “trattamenti”. Ma da Valzigor non aveva avuto una parola, solo urli e gemiti. E ora Baherim era morto mentre Valzigor avrebbe portato a lungo quei segni sulla sua pelle chiara. Ma il dolore sarebbe presto passato: aveva difeso ciò che gli stava a cuore. Era di nuovo con Shahan e Kimi ed ivi sarebbe rimasto.

Aveva riportato Valzigor alla sua famiglia, Zomurn, e aveva visto che stava già meglio: per lui era arrivata l'ora di andarsene, ma Shahan lo aveva fermato.
Aveva notato che anche lui era ferito e, sebbene allora non sapesse come fossero andate esattamente le cose, in seguito gli confidò che la sua presenza gli aveva fatto sospettare che fosse stato lui il principale fautore del salvataggio di Valzigor.
“Non andate via, Zomurn. Mostratemi prima le vostre ferite,” gli aveva detto con voce stanca e dolce.
Zomurn si era tolto il mantello e la giubba ed era rimasto a torso nudo, chiedendosi cosa sapesse fare quella donna.
“Sedetevi,” gli aveva detto Shahan, accennando un sorriso.
Zomurn aveva obbedito e le aveva indicato le ferite di maggiore entità.
Shahan le aveva sfiorate con le sue mani, leggere e abili. Aveva preso dell’acqua  e un panno pulito e le aveva lavate, delicatamente, e poi le aveva cosparse con un unguento di cui Zomurn riuscì solo a percepire una vaga fragranza di rosmarino, mentre cantilenava parole in un'antica lingua.  
Zomurn non era mai stato curato da guaritori umani prima di allora, ma se mai avesse avuto dubbi sulle loro capacità avrebbe dovuto ricredersi: le mani di Shahan avevano svegliato il suo corpo a nuova vita, come se una linfa – che non sapeva di avere – avesse iniziato a scorrere  fra i suoi tessuti chiedendo loro di rigenerare più in fretta. Non sapeva quanto merito fosse nello strano unguento e quanto nella cantilena, erano le mani della donna il vero mistero che catalizzavano quell'insolito risveglio.
Zomurn si era rilassato, come non gli capitava da tanto tempo.

Come gli stava capitando di nuovo ora.

Aveva appoggiato la testa al muro dietro di lui, abbandonandosi a quella nuova e piacevole sensazione, lasciando che scorresse più profondamente, fino alla propria anima, pur sapendo che lì vi erano ferite che nessun guaritore avrebbe potuto curare. Ma in quell'attimo di pace non pensava a questo: sentiva il suo corpo rinvigorito e il suo spirito più adamantino che mai. Aprì gli occhi per guardare Shahan, concentrata nel suo lavoro, con lo sguardo fisso davanti a sé: irradiava quiete e potenza assieme.
Le labbra e il viso si distesero in un sorriso ricordando lo stupore di Shahan quando lei aveva sfiorato i due anelli che lui portava appesi al collo. Aveva ritratto la mano, come se si fosse scottata, e aveva interrotto il suo canto, mentre un’espressione turbata si era disegnata sui lineamenti delicati: aveva sentito un profondo potere in quei due cerchietti di metallo, un potere che non aveva mai percepito in nulla che non fosse un essere animato.
Zomurn aveva sorriso alla scena, senza sarcasmo, senza ironia. “Forti sono i legami che uniscono i Celestiali,” aveva mormorato con una nota di tristezza nella voce melodiosa.
“Siete sposato?” Gli aveva chiesto Shahan, incapace di svelare il mistero.
“Vedovo,” era stata la risposta di Zomurn.
Shahan era rimasta in silenzio. Evidentemente Valzigor  non glielo aveva mai detto.
Zomurn le prese allora la mano e le fece di nuovo toccare i due anelli. “Capite di cosa sono fatti?” le aveva chiesto, mentre le sue dita scorrevano su quei due cerchi perfetti: erano lisci e irradiavano uno strano tepore, come se contenessero un'energia che bruciava senza consumarli.
“Metallo,” aveva risposto Shahan dopo qualche istante di concentrazione, la testa lievemente piegata da un lato e lo sguardo vacuo fisso davanti a sé. “Metallo e un altro materiale liscio, un pietra ben levigata forse... oppure vetro.”
“Valzigor vi ha mai raccontato cosa rappresenti il cristallo per i Celestiali?”
“La forma dell’anima,” aveva mormorato la guaritrice. E aveva capito.
Aveva ritratto di nuovo la mano, timorosa di ledere un’intimità che non le apparteneva e probabilmente chiedendosi il motivo di queste confidenze.
Di nuovo Zomurn aveva sorriso quando lei, in seguito, gli aveva confidato di sapere molto poco di lui tranne alcune cose per le quali era famoso:  la letalità in combattimento, la scarsa pazienza e l'assoluta riservatezza.
E il guerriero in nero fu grato che in quel momento lei non gli avesse chiesto nessuna spiegazione: non avrebbe saputo darne, non avrebbe saputo dire perché stava si stesse aprendo con una sconosciuta che aveva appena curato le sue ferite. E che amava suo fratello – anzi! – due dei suoi fratelli: uno come marito, l'altro come figlio.
“Posso toccare il vostro viso?” Gli aveva invece chiesto a bruciapelo.
Quello fu il momento di Zomurn per essere stupito e Shahan aveva approfittato del silenzio per considerarlo un assenso. Aveva avvicinato le mani al suo viso con la consueta lentezza e gli aveva appoggiato delicatamente le dita sulla fronte. Coi polpastrelli aveva percorso i lineamenti spigolosi ma aggraziati, gli occhi allungati, le sopracciglia folte.  Una lunga cicatrice correva dal centro della fronte fino al lato destro del collo, spaccandogli a metà un sopracciglio, una palpebra, e lo zigomo per poi continuarsi in una linea di pelle liscia in mezzo a quella più ruvida dove cresceva appena la barba.
“Assomigliate molto a Valzigor, ma non a Kimi,” aveva commentato Shahan alla fine del suo meticoloso esame.
Zomurn aveva sorriso, senza replicare.
“Avete bisogno di riposo, di una bella dormita per lo meno. Fermatevi qui con noi.”
Zomurn aveva annuito, poi, ricordando che la donna non lo poteva vedere, aveva risposto “Ci penserò.”
Allora Shahan si era alzata dal suo sgabello per tornare da Valzigor, mormorando “Grazie.”
E Zomurn capì che non era perché gli aveva permesso di vedere il suo volto o l’aveva resa partecipe di uno dei suoi molti segreti: quel ringraziamento era per la vita di Valzigor. “A voi,” aveva risposto Zomurn con un lieve ma ammirato inchino.

Quella notte non si era fermato: aveva bisogno di rimanere da solo e di riflettere. Di fare sempre tutto da solo, come lo aveva rimproverato Valzigor durante la chiacchierata di quel pomeriggio.

Questa notte, invece, si sarebbe fermato.
“Mi avevi detto che un giorno Valzigor mi avrebbe stupito, Neera” mormorò alla leggera brezza che continuava ad accarezzargli la pelle, guardando i due anelli che parevano risplendere di luce propria, una luce pallida e calda come quella delle stelle. “Avevi ragione, amore mio.”

 
***

Nota dell'autrice: questo racconto è una side story di un fiction decisamente lunga, complessa, in fieri da anni e mai pubblicata. Spero di essere riuscita nell'intento di renderla godibile anche se estrapolata dal suo contesto originale. Unica precisazione: i Celestiali sono una razza molto longeva e potente, che annoverano fra i loro avi dei o demoni. Per chi conosce Dungeons&Dragons potremmo definirli come una commistione di Aasimar e Tiefling. L'ambientazione è la classica medieval-fantasy.
I nomi... concordo con chi li trova di dubbio gusto. Ma sapete com'è: quando un personaggio nasce con un nome poi se lo porta dietro – dentro – e non lo si può cambiare impunemente. E io amo troppo questi personaggi per cambiare il loro carattere anche solo di un accento. Vi chiedo di tollerarli e se, prima o poi, vi troverete ad amare questi personaggi, magari li apprezzerete anche!

Un ringraziamento a kiara-chan e Ale2, giudici del concorso, per le loro critiche positive e negative, e agli altri partecipante per la bella gara.

Un ringraziamento particolare ad Alex che da anni mi sostiene nella scrittura di questo racconto e che ama questi personaggi quanto li amo io.

Un ringraziamento a Miriel67 per la pazienza di leggersi tutte le mie storie e di riuscire a convincermi – ogni volta! – a non cestinare tutto.

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Celestiale by F.S. aka Blackvirgo is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
   
 
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