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Autore: imperfectjosie    09/02/2015    1 recensioni
Sentiva caldo, un caldo familiare, poi i gemiti di sorpresa provenienti dal piano inferiore lo riscossero. Si staccò da quel corpo, osservando con gli occhi lucidi il viso sorridente di Jack.
Il solito Jack, quello con lo sguardo brillante e la piega delle labbra adorabilmente irritante, ma divertente. Il disastro dai capelli indomabili, neri come la pece e biondi come l'ultima delle puttane. Gli occhi grandi, scuri e di nuovo colmi della luce che apparteneva solo a lui.
Meravigliosamente Jack.
Alex sorrise tra le lacrime, tornando ad abbracciarlo.

| ATL | (Jalex, bromance)
Genere: Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat, Nuovo personaggio, Rian Dawson, Zack Merrick
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: All Time Low
Pairing: Jalex (bromance)
Rating: Orange - juice (?)
Note: Jack non c'è più, Alex non lo accetta e si aggrappa al suo ricordo. Ma qualcuno gli fa notare quanto questo possa essere pericoloso.
Josie's corner:

Ancora, Josie?
Sì AHAHA Scusatemi, ma dovevo perché tra tutte le romance del sito, ci voleva qualche weird-shit! Btw, questa storia nasce dall'idea di creare qualcosa di diverso dalle solite fanfiction a sfondo sentimentale-amoroso. O almeno, il sentimento c'è perché voglio che ci sia, ma chiedo scusa a tutti i lettori, ho deciso di scrivere una storia a sfondo thriller, tendente all'horror. Sono una frana in questo campo, ma ci ho provato ugualmente!
Se siete facilmente impressionabili, vi consiglio di leggerla, ma con cautela AHAHA
Che dire?
Spero vi piaccia e spero che Jack non mi denunci per questo.
Amore e baci a tutti.
Josie.


 

Bassam

I
 

Ricordava ogni dettaglio di quel giorno.
La sorella in lacrime, stesa sulla bara in mogano al centro della chiesa, poco sopra al corpo del fratello che la notte prima aveva perduto.
Ironicamente, Alex quel pomeriggio non aveva versato neppure una lacrima. Immaginò di non averne più da dare, sprecate durante la notte, poco dopo che Rian si era preso la libertà di avvisarlo dell'incidente. La cosa più preoccupante, quella che gli amici notavano, era il viso sciupato del cantante, nascosto dietro a due spesse lenti nere e la mano con la rosa che continuava a tremare. Mascherava il dolore con l'altra, ma agli occhi di Zack e Rian, non sarebbe riuscito a mentire.
E poi si fece coraggio. Superò la madre del ragazzo che non c'era più, affiancando la sorella per sfiorarle una spalla e farsi spazio.
Piegò la bocca in un piccolo sorriso amaro, osservando come la persona a lui più cara sembrasse dormire placidamente, nel suo completo scuro da cerimonia. I capelli ricadevano scomposti sul cuscino bianco, neri come la pece.
Ad Alex venne in mente per assurdo, che quella stessa settimana avrebbe dovuto accompagnarlo a fare la sua amata tinta. Quel biondo orribile, tanto osceno quanto i bigliettini rosa che quella testa di cazzo continuava ad appiccicare dietro alla sua chitarra.
Cose stupide, considerando il fatto che non c'era più niente.
Niente più risate alcoliche alle tre del mattino, o insulti a pieni polmoni che insieme lanciavano contro Lisa, dopo l'ennesimo paio di corna di cui Alex poteva andare fiero. E poi niente più concerti, ombre alte e magre a saltellargli intorno, distraendolo dal pezzo che stava cantando. Niente scherzi all'indirizzo di Zack, niente abbracci, baci a stampo, grandi sorrisi contagiosi, occhi scuri, pieni di una voglia di vivere che ogni giorno riusciva a spiazzarlo.
Niente più Jack.
E proprio sull'onda di questi pensieri soffocanti, Alex esplose. Il labbro inferiore stretto tra i denti e la voglia di strozzare il collo ormai bianco del suo migliore amico. Rian, con occhio sempre vigile sul cuore devastato del leader, si era già fatto largo tra la folla, bloccandogli entrambe le braccia proprio sotto alle ascelle e tirandolo indietro, tra lo sguardo scioccato di tutta la famiglia Barakat.
Non potevano capire, non ci sarebbero mai riusciti.
« Lasciami andare, lasciami Dawson! »
Urlava a denti stretti, ignorando apertamente il lamento del batterista e il sospiro rassegnato di Zack.
Riusciva a vedere solo il corpo senza vita di Jack, steso e parzialmente coperto dal legno freddo di un letto che lo avrebbe accolto per sempre. Aveva forza nelle braccia, Rian se ne accorse solo in quel momento. Continuava a tenerlo stretto, trascinandolo lontano da occhi sconvolti per la scena isterica che stava offrendo e provando a tranquillizzarlo.
« Datti una calmata, Lex! Non è questo il momento per perdere la testa! Amico, respira, coraggio »
Il corpo di Alex fu scosso da un brivido freddo e si bloccò a quelle parole. Voltò la testa di lato, gli occhiali ormai sul pavimento non potevano più nascondere due segni neri spaventosi che gli incorniciavano il viso, e gli occhi gonfi di lacrime.
« Perché lui? Perché non me? »
« Non dire stronzate, Gaskarth. » commentò duro, cercando quello sguardo colmo di sofferenza e vedendolo abbassarsi sul pavimento.
« Jack »
Un mormorio appena percettibile e Zack scoppiò in lacrime, richiamando l'attenzione di Alex.
Sapeva di non essere l'unico a sentirsi distrutto, incompleto, ma era stato così tanto egoista, da ignorare il dolore dei suoi migliori amici. Gli unici rimasti. Non riusciva a vedere Jack da nessuna parte, in nessuno di quegli sguardi che aveva puntati addosso. E si accorse che rimpiazzarlo sarebbe stato impossibile.
Perciò pianse, di nuovo.


 II

 

« Dovresti mangiare qualcosa, Alex »
« Non rompermi i coglioni, Merrick » fu la serafica risposta del cantante.
Quella casa puzzava di chiuso, calzini sporchi e cadaveri di pizza. Rian abbozzò un lieve sorriso alla frecciatina di Alex, ma Zack si accigliò, strappando al castano la seconda bottiglia di Jager dalle mani.
« Ehi! » protestò il diretto interessato, ruotando il busto e perdendo il poco equilibrio per poi finire sul divano, con la faccia premuta sul cuscino preferito di Jack. Alla sottile percezione di quel profumo, riprese a piangere, mascherandosi gli occhi con una mano.
Rian e Zack capivano, non è che non ci riuscissero, ma sapevano quanto Alex amasse crogiolarsi nel dolore.
Di solito quel dolore era fonte d'ispirazione per lui, ma sulla scrivania c'era solo un foglio scribacchiato e incompleto, nulla di più. Il fatto era, e questo lo sapevano, che non c'era più Jack ad aiutarlo con le sue stronzate, a girargli intorno saltellando mezzo nudo, a spostagli la sedia per farlo cadere e poi ridere come un coglione.
Niente più Bassam, niente più William.
Per qualche strana ragione, la mente di Alex funzionava così. Anche a loro mancava, ovvio e naturale, ma il loro dolore non era minimamente paragonabile a quello che stavano osservando.
« Alex »
Rian bloccò le parole del compagno con un gesto secco della mano, portandosi avanti.
Il corpo di Alex era ancora a terra e non dava cenno di calmarsi. Quando il batterista si abbassò per spostargli le mani dal viso, Alex lo fissò come se vedesse il mondo per la prima volta, come un bambino.
Un bambino sperduto.
« Jack? » domandò spaesato, battendo gli occhi per poi mettere a fuoco l'immagine di un sorriso amaro. Un bel sorriso, in effetti, ma non quello che stava cercando.
Così abbassò lo sguardo, rilassando i muscoli. E fu lì che Rian comprese quello che stava realmente succedendo. Alex Gaskarth aveva deciso di arrendersi.
« Lex, ascoltami: punto primo, puzzi. Devi farti una doccia. E poi dovresti anche scrivere un pezzo nuovo, lo sai? Alzati dal pavimento, combatti. Bassam- »
« Rian, mi fai un favore? »
La voce appena percettibile. Il batterista si spostò appena, battendo gli occhi un paio di volte, prima di accettare la mano tatuata che silenziosa si era aggrappata alla sua spalla, per aiutare il corpo a mettersi in piedi.
Teneva la figura snella del ragazzo tra le mani, aspettando curioso.
« Farò tutto quello che mi hai chiesto, beh, proverò... io ci proverò. Mi serve solo una cosa » cominciò mesto, mordendosi il labbro inferiore quasi a sangue.
Zack sembrava sul punto di raggiungerli, ma decise di abbandonare il salone per andare a farsi un panino. Non mangiava da ore, nessuno mangiava più da ore. Ad Alex non importava, Rian sapeva gestire i morsi della fame, ma lui no, ne aveva bisogno.
Seguendo il compagno con lo sguardo, Rian tornò in fretta negli occhi marroni del suo leader. Aveva quasi paura di ascoltare il resto della frase. Alex era nervoso. Rare volte lo aveva visto in quello stato, ma sapeva anche essere una testa di cazzo impulsiva e ingestibile, dote che gli costò l'intera relazione con Lisa.
« La maglietta di Jack, puoi portarmela? »
« La maglietta? Quale maglietta? » domandò confuso, stringendogli una mano quando percepì le braccia dell'amico cominciare a tremare.
Alex tirò su con il naso, piegando la testa di lato e mostrando al soffitto alcuni ciuffi disastrati che gli incorniciavano il viso.
Non si curava più, non faceva più niente.
A Rian si accese una lampadina. Gli sorrise, annuendo e abbracciandolo di slancio.
« Ma certo, Lex! Ti porto tutto quello che vuoi » disse, accogliendo le lacrime di Alex sulla sua spalla.

 

III


Tre mesi più tardi, un ragazzo castano dormiva tranquillo con addosso i suoi soliti boxer scuri e una maglietta nera che recitava una scritta rossa oscena.
Non era sua, ma il profumo dell'indumento lo calmava.
Pioveva forte, il temporale aveva quasi sfondato le finestre della veranda. Sebastian riposava tranquillo, battendo la coda di tanto in tanto ai piedi del letto e distraendolo dagli incubi che lo invadevano ormai da settimane intere.
Sbuffò, scostando malamente le coperte per poi mettersi in piedi. Faceva freddo, però decise di non prendere una felpa. A piedi nudi, si diresse verso il bagno. Sbadigliò un paio di volte, cercando con la mano l'interruttore e bloccandosi prima di varcare la soglia, quando una risata riempì l'appartamento.
Il freddo aumentò, ma servì a svegliarlo del tutto. Scattò sul posto, voltandosi e spostando lo sguardo in tutte le direzioni.
L'amico peloso aveva drizzato le orecchie, cacciando un paio di lamenti spaventati per poi nascondere il muso sotto alla coperta.
« Fifone! » commentò ironico, tornando sui suoi passi e accarezzandogli la testa. Così facendo, si guadagnò una lappata sulla mano.
« Sarà sicuramente il vento! Tu resta qui bello, vado a controllare la porta-finestra di sotto » soffiò, ignorando il guaito di Sebastian e scendendo per le scale illuminate solo dalla luce lunare.
Arrivato in salotto, si rese conto di averla chiusa quella finestra, ma la risata tornò a riempirgli le orecchie, facendolo trasalire.
« C-chi c'è? » domandò, agguantando uno dei trofei vinti da piccolo che teneva sulla mensola della sala e avanzando a passi incerti verso il vetro della veranda.
Un fulmine squarciò il cielo notturno, mostrandogli per una frazione di secondo una figura scura di spalle, accanto alla tenda. Alex cacciò un urlo, lasciando cadere il trofeo e scatenando l'abbaiare incessante di Sebastian al piano di sopra. Ansimante, corse in fretta verso l'interruttore, illuminando l'intero salone.
Il cuore martellava nel petto, ma non c'era nessuna schiena davanti a lui, solo il vuoto e le luci di Baltimora. Niente.
Si passò una mano sulla fronte nervoso, spostando i ciuffi castani all'indietro e appoggiando le spalle al muro. Stava impazzendo. Per un attimo, valutò anche l'idea di chiamare Rian con l'intenzione di avere una compagnia per la notte, ma cancellò l'ipotesi immediatamente.
« Fanculo, Gaskarth! Hai ventisette anni, che cazzo! » commentò ansimante, sollevandosi in piedi piano.
Un'ultima occhiata al salone e la luce si spense. Camminava lento per le scale, tendendosi al muro e raggiungendo finalmente la camera da letto. Aveva di certo bisogno di riposo, lo sapeva.
Gli ultimi tre mesi erano stati un vero Inferno. Pianti, digiuni forzati, ancora pianti, fogli bianchi e sempre pianti. Per due settimane, si era persino chiuso in casa a guardare i video dei fans caricati su Youtube. Dannazione, l'idea di raggiungere Bassam lo aveva sfiorato più di una volta!
Ma poi? Cosa ne sarebbe stato di Rian e Zack? Avevano già perso un fratello e nonostante Alex fosse tremendamente egoista a volte, non poteva e non voleva sfiorare certi livelli.
« Va tutto bene, bello! Non è niente! »
Cercò di mantenere un tono allegro, chiudendo la porta della stanza e, una volta finito, anche quella del bagno adiacente. Si buttò sul letto, accarezzando il pelo morbido del suo cane per poi sorridergli sul muso.
Amava Sebastian. Dopo la morte di Jack, era una delle poche cose a dargli forza.
Si girò su un fianco, chiudendo appena gli occhi, prima di voltarsi nuovamente verso la parete nel preciso istante in cui un secondo lampo illuminò la camera quasi a giorno, mostrandogli ciò che i suoi occhi non avrebbero mai voluto vedere. Ad una spanna dal viso, il volto cianotico e sorridente di Jack Barakat lo fissava ghignante, le mani sotto alla guancia sinistra e i capelli sporchi sopra al cuscino.
Alex urlò a pieni polmoni, sollevandosi come se il letto scottasse.
Ansimava violentemente, mentre la sua schiena toccava il vetro freddo dell'ampia finestra e il suo cuore gli sfiorava l'ugola. Strizzò gli occhi un paio di volte, schioccando la bocca per calmarsi. La stanza era tornata vuota, ma sotto il letto la testa di Sebastian sbucava terrorizzata. Il cane tremava, guaendo senza controllo.
« Che cazzo- Dio Cristo! » quasi gridò al nulla, arpionando la scritta “Boner” con la mano destra e accasciandosi al suolo.
« Sebastian! Vieni qui, qui bello... coraggio! »
L'amico peloso si leccò il naso un paio di volte, prima di dargli retta. Con la coda ancora tra le zampe, avanzò a testa bassa verso il proprio padrone, accomodandosi sulle gambe nude di Alex e posandogli il muso addosso.
« L'hai visto anche tu, vero? » chiese cauto, continuando ad accarezzargli il dorso.
Non che Sebastian potesse rispondergli, ma Alex non aveva bisogno di una conferma vocale. Serrò le labbra, continuando a fissare il letto sfatto.

 

IV
 

« Vi dico che è vero! » strepitò, picchiando entrambi i palmi sul legno duro del tavolo.
Rian mosse le bacchette della batteria, prossimo ad un crollo nervoso, Zack si limitava ad inarcare un sopracciglio scettico, credendo che fosse arrivato il momento di pensare ad uno psichiatra per il loro cantante.
« Calmati, Alex! Vuoi dirci cosa è successo veramente? »
« Veramente, Dawson, è mezz'ora che ve lo sto ripetendo. » sputò con rabbia.
Si sentiva uno stupido, sapeva di sembrare pazzo, ma se neppure i suoi migliori amici gli credevano, con chi altri avrebbe potuto sfogarsi?
Il petto seguiva il ritmo veloce dei respiri, non riusciva a darsi una calmata. Se ripensava alla notte passata, provava un vago senso di tristezza, misto al terrore più nero.
« Jack. »
« Esatto. »
« Il nostro Jack. » rincarò la dose, Zack, posando il basso sul divanetto scuro.
« No, Merrick, Jack il gelataio. Ma certo, il nostro Jack! » quasi sbraitò, passandosi una mano veloce sul viso e allungando la bocca in una smorfia esasperata.
Non mangiava da giorni, a stento riusciva a camminare e si sentiva un vero schifo. Insomma, era troppo chiedere un po' di comprensione?
« Lex, lo sai che ti vogliamo bene e ti crederemmo pure, se non fosse che Bassam non c'è più. »
« È morto, Alex! Fattene una ragione! »
La voce dura di Zack sovrastò in pieno quella più carezzevole del batterista, facendolo trasalire.
« MERRICK! »
« Che c'è? Oh, che due coglioni, Cristo! Sono passati tre mesi, Rian, non credi sia ora di scuoterlo come si deve? Non ne posso più! Anche a me manca, a tutti manca. Ma è morto, cos'altro possiamo fare se non continuare a suonare per onorare la sua memoria? »
Alex non ascoltava più nessuno.
Né gli insulti di Rian al bassista, né tanto meno gli sproloqui sulla vita che continua di Zack. Il vuoto assoluto. La durezza di quelle parole fece centro senza alcun errore.
Perché doveva fare così male? Perché non riusciva a calmare il respiro?
Un attacco di panico. Piegò la testa quasi a toccare il tavolo con la fronte, stringendo i palmi sui bordi del legno e strizzando gli occhi. L'accesa discussione venne interrotta da un corpo che cadeva a terra. Un singolo rumore sordo e Rian spinse Zack malamente, raggiungendo i sospiri accelerati del cantante.
« Alex! Porca puttana, non di nuovo! » commentò allarmato, inginocchiandosi al corpo tremante sul pavimento.
Tremava, battendo i denti e fissando il soffitto. I respiri sempre più veloci, più vicini tra di loro. Dalla sottile stoffa della maglietta, era possibile osservare ogni movimento del cuore che pompava ad una velocità preoccupante.
« D-Dovete credermi! Voi dovete cre-edermi! V-Vi prego, lui e-era lì! » riuscì ad articolare tra un ansito e l'altro, aggrappandosi all'avambraccio muscoloso di Zack, che sentendosi in colpa, aveva raggiunto la scena, portandosi al lato opposto di Rian.
Non sapevano cosa fare, riuscivano solo a cercare tra le cose di Alex il tubetto arancione di ansiolitici. Gli stessi che recitavano il suo nome per intero, gli stessi che il mondo non sapeva lo stavano rendendo schiavo. Senza accorgersene, si stavano domandando la stessa cosa.
Come poteva, Jack, essere nel letto di Alex quella notte?
« Forza amico, tirati su! » lo incitò Rian, tenendolo per le ascelle e sollevandolo lentamente, fino a farlo sedere sulla poltroncina poco distante dal piccolo palco dove provavano.
Non era indispensabile una seconda chitarra, a meno che non si trattasse di quella di Jack. E Alex era stato irremovibile: non avrebbe accettato un rimpiazzo. Chiunque fosse il nuovo candidato. Gli girava la testa, continuava a tenersi una tempia con due dita, provando a calmarsi un po', almeno da riuscire a guardarli negli occhi. Si sentiva esausto. Sapeva che non avrebbe avuto alcuna possibilità di farsi valere, o spiegare quanto meno ciò che gli era capitato quella notte, così prese coraggio e si asciugò i palmi sui jeans attillati sospirando.
« Visto che non mi credete, e non vi biasimo, probabilmente nemmeno io lo farei... stanotte vi chiedo di dormire a casa mia. Lo vedrete con i vostri occhi » disse soltanto, scrutando le iridi dei suoi migliori amici e ignorando la chitarra acustica poco distante, ferma nel posto preciso in cui l'aveva adagiata.
 

V
 

« Gaskarth, tutto questo è stupido e non necessario! »
La voce di Zack appena sfiorò i timpani del cantante, che superandolo si era già avviato verso la camera da letto per prendere alcune coperte in più e due cuscini.
Ringraziò mentalmente Lisa e i suoi gusti osceni in fatto d'arredamento, almeno aveva un divano-letto matrimoniale dove piazzare gli ospiti, nonostante il colore fosse alquanto discutibile. Ma non era un problema, dubitava vivamente che Rian e Zack avrebbero notato lo scempio arancione in mezzo al salotto.
Paradossalmente parlando, l'unico ad averlo preso per il culo a morte, era stato proprio Jack. Aveva riso per minuti interminabili, indicandolo con le lacrime agli occhi e dandogli del coglione. Al moro non importava granché di Lisa, in effetti, non gli era mai stata particolarmente simpatica. Ma quel divano aveva scosso la sua vena critica e lo aveva fatto con gusto! Anche troppo.
La giornata si era conclusa con un insulto poco velato di Alex all'indirizzo del suo migliore amico, intimandogli totale silenzio. E mentre stava tirando fuori la roba dall'armadio, il ragazzo si rese conto di quanto avrebbe pagato, in quel momento, per sentire ancora la voce strascicata di Bassam rompergli le palle senza sosta.
Sospirò, posando la fronte sul legno del mobile, prima di ricordarsi della pizza a domicilio che Rian si era premunito di ordinare.
Erano già le otto di sera e sì, in effetti non essere solo quel giorno gli aveva fatto tornare un po' d'appetito. Non troppo, ma due fette sarebbero bastate.
« RAGAZZI, CORRETE! »
La voce concitata di Rian lo riportò alla realtà. Chiuse l'anta di scatto, scendendo le scale e seguendo il rumore del tono che arrivava dal bagno inferiore. Zack era già lì.
Si avvicinò agli sguardi sconvolti dei suoi amici, di fronte allo specchio.
« Cos'hai da urlare, si può sapere? Spaventi Sebastian! » berciò, inarcando un sopracciglio infastidito.
Di tutta risposta, il batterista piegò le labbra in un sorriso tremolante e vagamente ironico.
« Senza offesa, Alex, ma del tuo cane al momento non me ne frega un cazzo! Sono io qui ad essere spaventato. » replicò velocemente, indicandogli la superficie trasparente rossa come il fuoco.
Sullo specchio, si stagliava la scritta “BONER”. Sembrava quasi tinta per capelli, ma l'odore che impregnava il bagno suggeriva un'ipotesi ben più inquietante.
« Siete impazziti, per caso? »
« Qui sei tu quello con i problemi, amico! Abbiamo capito che stai male, ma addirittura arrivare a tanto... » rimbeccò Zack, stringendosi nelle spalle e fissando quel “murales” con terrore e distacco emotivo.
« Ehi, io non mi sono mosso dal piano di sopra, Merrick, perciò non rompermi i coglioni. Adesso ripulisci tutto, chiaro? »
La voce di Alex si alzò di qualche tacca, mentre Rian continuava ad avvicinarsi al vetro, esaminandolo senza smettere di tremare.
« Ragazzi... »
« Lo sai che ti dico, Gaskarth? Mi sono stufato dei tuoi problemi mentali, vatti a far vedere da uno bravo, o almeno comincia a pagarci! »
Il tono sarcastico agitò Alex ulteriormente. Spostando il corpo del batterista per farsi spazio, prese Zack per il colletto della maglia, alitandogli ad una spanna dal viso.
« Ripetilo se hai il coraggio. »
« Ragazzi... »
« Come no. Ti ho detto di farti visitare, Lex. Ti voglio bene, ma hai un grosso problema a quanto pare. »
« Ragazzi... »
« Io ti spacco il culo. »
« Ma prego, accomodati! »
« RAGAZZI! »
L'urlo isterico di Rian fu abbastanza incisivo e li costrinse a prestare attenzione al viso sconvolto e ormai pallido dell'amico.
Tremava vistosamente, stringendosi nelle spalle e staccandosi dallo specchio come se avesse visto un fantasma. Zack si scrollò il cantante di dosso liberandosi dalla presa e avvicinandosi a lui.
« Che cosa ti prende? »
« Alex non c'entra. Guarda meglio. » lo incitò, facendogli posto.
Inarcando un sopracciglio, il bassista esaminò attentamente quel vetro, soffocando un gemito e staccandosi come se fosse appena andato in frantumi. Alex non capiva. Cosa diavolo avevano visto quei due di tanto orribile? Ancora confuso, li raggiunse, seguendo lo sguardo di entrambi. Poche cose conosceva del mondo, davvero poche. Si sentiva ignorante in molte materie, ma avrebbe potuto scrivere un'intera enciclopedia sulla vita di Jack Barakat e su tutto ciò che lo riguardava. Quella scritta non era stata opera di nessuno.
Nessuno ancora in vita.
« Ma è- »
« Adesso magari mi cadranno i testicoli per la stronzata che sto sparando, ma quella sembra proprio la calligrafia di Jack. » soffiò Rian, avvicinandosi alla spalla di Zack e cercando un minimo di calore.
Entrambi avevano preso a fissare Alex, in attesa di qualcosa. Eppure lui non riusciva a muoversi, guardava quello specchio con terrore e tristezza. Cominciava seriamente ad avere paura. Paura, perché se davvero Jack si trovava lì con loro, quello non era più il suo posto. Ricordava il viso della notte scorsa e di Bassam, in quei lineamenti, c'era rimasto ben poco.
Erano ancora fermi al centro del bagno, quando un tubo scoppiò, riversando un liquido rosso vermiglio che cominciò lentamente a riempire la vasca. Alex saltò sul posto, tirando un braccio a Rian e fissando immobile la scena.
« Okay, adesso mi sto ufficialmente cagando addosso. »
Avrebbe riso al balbettio terrorizzato di Zack, se non fosse stato troppo occupato a mantenere un colorito normale e a non mostrare troppo le sue emozioni.
« Bassam? » azzardò incerto, il cuore a mille e gli occhi lucidi.
« Ma certo, chiamiamo il fantasma sociopatico, ottima idea Lex! »
« Chiudi il becco Merrick, è pur sempre Jack! » rimbeccò acido, spostandolo malamente per guardarsi intorno.
La tenda dalla vasca si mosse, rivelando una mano bianca e colma di tagli ancora aperti, il sangue colò lento verso il basso, fino a gocciolare sul pavimento. Le unghie erano nere, le aveva viste chiaramente, come aveva visto il pugno chiudersi sulla stoffa della tenda e poi sparire del tutto.
Rian fece uno scatto indietro, Zack gridò a pieni polmoni, Alex si limitò a deglutire.
Se quello era davvero Jack, il suo Jack, c'era qualcosa che non funzionava. Non sarebbe dovuta andare così, no di certo. Perché se quello era Jack, non stava riposando in pace.
« Io me ne vado. »
« Tu non vai da nessuna parte! » fu la risposta decisa del batterista, che riagguantò il corpo tremante di Zack un secondo prima di vederlo abbandonare il bagno.
Alex sospirò, levando le braccia al cielo, mentre tutto tornava alla normalità. Niente più scritte, niente più sangue, niente di niente.
« Pensate ancora che sia pazzo? » domandò retorico, piegando gli angoli della bocca in un sorriso sarcastico e spaventato.

 

VI

 

Quella stessa notte, tutti e tre aspettarono a lungo prima di decidersi ad andare a dormire. Ma verso le quattro del mattino, il sonno aveva vinto sulla paura. Ovviamente, l'ultimo a toccare il letto, fu proprio il padrone di casa. Ancora sconvolto dall'episodio nel bagno, non era riuscito nemmeno a godersi quei due pezzi di pizza tanto attesi e in quel momento voleva solo riposare un po'. Almeno qualche ora, magari con l'aiuto di Sebastian.
Sentiva un vociare distino provenire dal piano inferiore e decise comunque di non indagare oltre, convinto che con tutta probabilità quei due imbecilli stavano parlando proprio di lui. O nel peggiore dei casi, di Jack.
Non che ci fosse differenza, avevano spesso scherzato sul loro rapporto quasi innaturale, etichettandoli nelle frasi come un'unica persona. Ad Alex non dava fastidio, quel paragone gli piaceva, e Bassam in ogni caso si limitava a sghignazzare pizzicandogli un fianco.
Stringeva appena il cuscino, quando successe.
La luce sul comò si spense di colpo, scoppiando qualche istante più tardi e facendo drizzare le orecchie al cane che, con sorpresa di Alex, aveva cominciato a ringhiare proprio di fronte a sé.
Il cantante tirò su il busto mettendosi seduto, però non vide nulla al centro della stanza, solo un terribile freddo pungente solleticargli il collo. Respirò aria gelida, creando una nuvola di fumo bianca e spettrale.
La paura tornò al proprio posto, facendolo tremare.
« Chi sei? » chiese alla presenza della casa, sapeva che c'era qualcuno, lo sentiva.
Non aveva mai creduto a certe scemenze, mai in vita sua, e non si faceva domande sul cosa ci fosse dopo la morte. Ma quell'anima era diversa, quell'anima era troppo importante per non sfidarla.
In mezzo alla camera, proprio ai piedi del letto, una figura si materializzò dal nulla facendolo sobbalzare. Era buio, ma non abbastanza per nascondere quel corpo conosciuto che ora lo fissava alla debole luce lunare. La finestra priva di tende, mostrava ad Alex una delle persone più importanti della sua vita.
Le braccia stese lungo i fianchi, coperte di tagli e ferite, colme di sangue e disperazione. Le spalle magre sobbalzavano al ritmo di una risata sommessa. E poi, quella creatura sollevò gli occhi, spostando due ciuffi di capelli sporchi dalla fronte e facendosi finalmente vedere. Sorrideva in un modo talmente innaturale, che Alex cominciò a piangere silenziosamente, scuotendo la testa piano, per paura di infangare la memoria del ragazzo che adesso si era avvicinato al lato del letto, inginocchiandosi. E Alex lo guardava attentamente, le labbra gli tremavano.
Il viso del secondo chitarrista mostrava chiari segni di decomposizione. Le labbra nere, aperte ad una fila di denti orribilmente gialli, spezzati in svariati punti. Gli occhi erano sempre grandi, ma spenti. Della luce che un tempo dominava quelle iridi colme di vita e speranza, non c'era rimasto che un vago ricordo, un colore opaco, infossato ai margini del bianco ormai diventato quasi grigio. Il naso sembrava rotto in più punti, l'orecchio sinistro non c'era più.
Alex si mosse, indietreggiando sul materasso e notando che Sebastian stava guaendo da sotto il letto. La presenza oscillava tra il mondo dei vivi e un altro universo più spettrale, saltando nello stesso identico modo di una TV rotta.
Poi Jack si leccò le labbra spaccate, allargando il ghigno e piegando la testa di lato.
« Bassam » disse con un filo di voce.
Aveva una paura fottuta, ma allo stesso tempo rivederlo gli faceva venire voglia di urlare per la gioia. Invece, l'unico a gridare, fu proprio lo spirito. La bocca si aprì in una O inumana, la mascella superò il collo e il letto prese a tremare, finché i vetri delle finestre, sotto a quell'urlo all'apparenza privo di voce, esplosero in mille pezzi.
Alex abbassò la testa, tappandosi le orecchie e sollevandola di nuovo, quando sentì la porta spalancarsi. Sull'uscio le figure sconvolte in boxer dei suoi compagni fissavano quell'essere ad occhi sgranati. Jack aveva ruotato il collo di colpo verso i nuovi arrivati, tornando a ghignare e piegandolo fino a mostrare le vene spesse della giugulare. Poi il corpo si alzò in piedi, gli occhi vacui rivolti al soffitto, il volto che si muoveva convulsamente e così velocemente, da non poter essere visto per quello che era in realtà.
Un'ultima occhiata penetrante ad Alex, e Jack nella stanza non c'era più.
In camera cadde il silenzio totale.
Zack aveva attaccato la schiena alla parete dell'armadio, spostandosi lentamente, ansimando privo di controllo.
« Che. Cazzo. Era. Quello? » chiese, scandendo ogni singola parola con il terrore di un bimbo che aveva appena sognato Freddy Krueger.
Rian non diceva una parola, Alex sembrava catatonico, mentre Sebastian era uscito allo scoperto, scodinzolando di nuovo e cercando attenzioni.
« Quello era Bassam. » la voce appena percettibile del batterista. Continuava a fissare il punto in cui era scomparso, stringendo il pomello della porta convulsamente.
Alex avrebbe urlato che si sbagliava. Che quell'essere era tutto, tranne che il suo migliore amico, ma non ci riusciva. Dondolava stretto al cuscino.
« No no, COSA CAZZO ERA QUELLO, LEX? »
« Ti vuoi dare una calmata, donna isterica? »
Alex ringraziò mentalmente la voce dura di Rian con una semplice occhiata, lasciandosi cadere sul materasso a peso morto.
« Lex? Stai bene? »
Nemmeno il tempo di rispondere, che Sebastian tornò nel suo rifugio. Incollato alla schiena di Zack, lo spirito ghignava oltre la sua spalla, mostrandosi per ciò che era realmente.
Un involucro vuoto e spaventoso. Scuro come la custodia chiusa di una chitarra.
« ZACK! »
L'urlo di Alex riscosse il bassista, che a passo veloce avanzò nella stanza per poi voltarsi e cacciare un urlo. Quasi non volò in braccio al padrone di casa. La figura non si muoveva, teneva lo sguardo basso al pavimento, ma quel ghigno gli deformava il viso così tanto, da risultare visibile persino in quella posizione. Le mani sempre lungo i fianchi, la T-shirt sporca di sangue e quello che doveva essere fango recitava la stessa scritta che Alex portava sul petto.
Perché quella maglia era sua, in fondo.
Si domandò distrattamente se non fosse quello il motivo che spingeva Jack a presentarsi in quel modo orribile, a spaventarli a morte.
Una stupida maglietta.
Ripensandoci, sarebbe stato da lui.
Facendosi forza, senza però smettere di tremare, Alex ignorò gli avvertimenti dei due che gli avevano invaso il letto, alzandosi per raggiungere lo spirito. Si fermò solo accorgendosi di non poter andare oltre, sentiva il puzzo fetido di un corpo consumato invadergli le narici e in testa, solo il ricordo di quando così vicini erano stati per davvero, in un'altra vita, in una realtà diversa. Quella che Alex aveva fatto sua per mesi.
Non voleva viverci in quel mondo, non senza Jack.
« Chi sei? »
Silenzio, solo sorrisi storti.
« Mi riesci a capire? Ti ho chiesto chi sei. Cosa vuoi da me? »
Aveva usato solo sé stesso, perché in qualche modo sapeva che quello spirito era legato a lui, Zack e Rian non c'entravano niente. Zack e Rian, invece, continuavano ad urlargli di allontanarsi da quella cosa, spaventati a morte.
Ancora nessuna risposta. Il volto si trasformò in un nuovo grido silenzioso, prima di sparire del tutto, nel preciso istante in cui il corpo continuava a muoversi dondolando a destra e a sinistra, per poi seguire il resto.
Alex cadde a terra in ginocchio. Piegò il busto fino a toccare il pavimento con la fronte, le braccia in avanti, i palmi verso l'alto. Non sapeva cosa fare, non sapeva più niente.
« L-Lex? »
« Non sono stato in grado di salvargli la vita. E adesso non sono in grado di salvare neppure la sua morte! » riuscì ad articolare tra un sospiro di dolore e l'altro.
Zack era troppo terrorizzato per dire qualcosa, ma Rian non aveva così tanta paura. Qualsiasi cosa fosse, qualsiasi cosa volesse, era ovvio il fatto che si trattava comunque di Jack.
Dovevano vederci chiaro in quella faccenda e lui sapeva persino a chi chiedere. Per la prima volta nella sua vita, ringraziò il cielo di avere una famiglia decisamente fuori dagli schemi.

 

VII

 

« Sei sicuro che funzionerà? »
« Scendi dalla macchina Zack, non abbiamo tutto questo tempo. » rispose sbrigativo, ignorando la domanda e spostando velocemente lo sguardo sul volto provato di Alex.
Non avevano neppure fatto colazione, né tanto meno dormito. Dopo l'episodio notturno, si erano spostati tutti quanti in cucina, discutendo sul come risolvere la situazione. Nessuno di loro aveva esperienza in campo paranormale, nei fatti, nessuno di loro ci credeva, al paranormale! Sapevano soltanto che la zia di Rian era una medium e che, in un tempo lontano e più felice, l'avevano presa in giro per questo, deridendola come l'ultima delle pazze.
Bussarono più volte alla porta bianca di quella casa, aspettando.
« A me sembrano un mucchio di stronzate! » bofonchiò il bassista, zittito immediatamente dall'occhiataccia raggelante di Rian.
« Vorrei parlarci io, se non vi dispiace. » disse improvvisamente Alex, spostandosi per guadagnare la prima fila davanti alla porta, che si spalancò, rivelando il volto confuso di una donna sulla cinquantina abbastanza bizzarra.
Portava una lunga tunica rosa confetto, sopra a dei leggings neri. Al collo svariate collane le davano un'aria da ragazzina new-age. In testa aveva un foulard scuro, di un colore indefinito. Picchiettava ansiosa le dita laccate di rosso sul mogano dell'ingresso, attendendo che qualcuno parlasse.
« Rian, cosa succede? Sento energia negativa. »
« E-Ecco zia Lucy, questi sono Alex e Zack, possiamo parlarti? È importante » snocciolò, cercando lo sguardo confuso della donna, prima di riuscire ad entrare in casa seguito dai suoi due migliori amici.
Seduti sul divano, aspettavano con ansia quel thè che nei fatti nessuno voleva, ma era un rito. E Rian aveva imparato a sue spese quanto potesse essere controproducente contraddire la sorella di suo padre.
« Io ancora non capisco cosa speri di ottenere, amico! Insomma- »
« Insomma, taci Zack! Non siamo qui per te, ma per Alex. » taglio corto, scoccando un'occhiata affettuosa al ragazzo in questione che non diceva una singola parola. Fisso con lo sguardo sul pavimento, continuava a studiarsi le mani in silenzio. Ma tremava.
« Eccomi qui, ragazzi! Allora, qual è il problema? »
La voce trillante della donna riscosse Alex dal suo torpore. Con sorpresa degli altri due, si tirò a sedere, raggiungendola in poche falcate.
« Signora Dawson, mi chiedevo se poteva parlarmi degli spiriti vendicativi. » disse tutto d'un fiato, aspettandosi un urlo isterico, una risata di scherno, persino degli insulti. Ma la zia di Rian lo spiazzò.
Sospirando stanca, aveva posato il vassoio con le tazze sul tavolino di vetro, prendendo posto e incitando Alex a fare lo stesso.
« Cosa vuoi sapere, ragazzo? »
« Beh, ecco » cominciò, guardandosi intorno con l'intenzione di trovare le parole giuste.
In effetti neppure lui sapeva dare un nome alla cosa che lo stava perseguitando. Non sapeva spiegarsi il sangue sulle pareti, le cicatrici che al mattino lo svegliavano per il bruciore incessante, la figura costante di Jack ai piedi della scala, religiosamente bloccata in un angolo che lo scrutava con attenzione.
Ma la cosa che più tormentava i pensieri di Alex, era tutto quel sangue. Su di lui, sulla sua casa, ovunque.
« Jack è- »
« L'ho saputo. E mi dispiace tanto, credetemi. Le mie condoglianze, era un ragazzo simpatico e gentile. » lo anticipò, giocherellando con la fede all'anulare sinistro.
Non si era mai sposata in vita sua, ma aveva una vera e propria passione per gli articoli della bigiotteria che faceva angolo in fondo alla strada.
« È lui lo spirito. »
« Come? » domandò distrattamente, versandosi del thè dalla teiera al centro tavola.
Le ciglia truccate sbatterono più volte, prima di accogliere quella informazione. Non era stato Alex a parlare, ma suo nipote. La donna sorrise dolcemente, portandosi la tazza alle labbra.
« Avete delle prove in merito? »
« Lo abbiamo visto. » disse Alex, anticipando la voce rotta dalla paura del batterista.
Lo sguardo della medium mutò, tornando serio. Spaventosamente serio. Posò la tazza sul piattino, sistemandosi meglio e gettando ad ognuno dei ragazzi un'occhiata gelida.
« Cosa avete combinato? »
« Niente! » si affrettò a rispondere il cantante, osservandola con ansia.
Non aveva fatto nulla, nessuno di loro aveva fatto nulla. Si limitavano a vivere il lutto come una famiglia che aveva perso uno dei suoi membri. Non solo non credevano a certe cose, ma non si sognavano neppure di ficcare il naso in faccende tanto delicate. Ne avevano visti di film dell'orrore! E l'insegnamento comunque era sempre lo stesso: non sfidare la morte.
Visti gli occhi sinceri che aveva di fronte, la donna si rilassò, sospirando appena e addolcendo lo sguardo.
« D'accordo, così lo avete visto. » cominciò, raccogliendo un biscotto e offrendone qualcuno agli ospiti. L'unico ad accettarlo, fu Zack. « Spiegatemi bene cosa è successo. »
Parlò Alex, come era nei piani.
Disse alla donna ogni cosa, cominciando dai dettagli più sottili, alla manifestazione reale del corpo che viveva in casa sua. Ogni sfumatura nascosta, ogni piega delle labbra cadaveriche. Poi le scritte sullo specchio, i tagli che al mattino gli bruciavano sulla schiena e sul petto... tutto quanto. Come si materializzava, come ogni tanto sembrava ci fosse qualche problema di comunicazione e la sua figura saltava, anche la reazione del suo cane al fenomeno. Si sentiva un perfetto idiota, ma quando ebbe finito di raccontare, la donna si accigliò, poggiando le spalle sullo schienale della poltrona e incrociando le braccia al petto.
« Non è uno spirito vendicativo. » disse semplicemente.
I tre ragazzi si scambiarono un'occhiata confusa, poi Alex prese parola. Sudava freddo e mai come in quel momento aveva desiderato che Jack fosse insieme a lui.
Calmava ogni attacco di panico, ci riusciva sempre.
« Cosa significa? »
« Significa esattamente quello che ho detto » replicò atona « Se credo che sia il vostro amico? Sì. Se credo che sia uno spirito vendicativo? No. Non lo è. » terminò, squadrandoli da dietro una montatura floreale, davvero oscena.
Rian scosse la testa come se si fosse svegliato in quel preciso istante, Zack continuava a rimpinzarsi di biscotti, sempre più spaventato, ma Alex non faceva una piega. Aveva serrato le labbra, sostenendo lo sguardo della donna e aspettando che continuasse il discorso.
Sapeva che c'era dell'altro, ne era convinto. Ma per qualche strana ragione, la strega si divertiva a tenerlo sulle spine.
« E allora... cos'è? » incalzò esasperato, quando capì che con il gioco di sguardi non avrebbe ottenuto un bel niente.
Lucy schioccò la lingua sul palato, alzandosi in piedi e sfilando dalla libreria un vecchio libro rilegato a mano, dall'aspetto molto antico. Lo gettò malamente sul tavolo, aprendolo quasi a metà.
« Date un'occhiata qui. » disse divertita, ridacchiando agli sguardi confusi dei ragazzi che cercavano di decifrare l'assurda lingua in cui era scritto.
« Non è divertente, zia. » la riprese Rian, sempre con cautela.
Era lì per Alex, non aveva alcuna intenzione di giocarsi l'aiuto della sua più che permalosa zietta.
« È latino. »
« Può tradurlo? » domandò il cantante, con evidente fastidio.
Stava cominciando a perdere la calma.
« Ovviamente. Ma non ne ho bisogno per dirvi quello che sta capitando. » disse fiera, richiudendo il volume con un tonfo e sollevando un abbondante nuvolone di polvere che fece tossire Zack.
Alex digrignò i denti, cercando di non scoppiare. Sapeva quanto fosse costato a Rian quel viaggetto, come era convinto che la donna che aveva di fronte e il padre del suo amico, non andassero proprio d'amore e d'accordo. Il batterista aveva rischiato molto, portandolo lì.
« Quindi? »
« Sei impaziente, ragazzo. È un brutto vizio. » lo riprese, tornando a sedersi comodamente sulla poltrona.
Quando però, negli occhi scuri del giovane, ci lesse dispiacere e terrore, sì decise a parlare sapendo di poter limitare i danni. Perché lei comprendeva bene la situazione e quegli occhi, non aiutavano affatto.
« Quando al mondo ci sono due anime gemelle... non per forza marito e moglie, oppure gente legata da sentimenti amorosi. Io intendo DAVVERO gemelle, che si completano » cominciò, versandosi un altro po' di thè e brontolando per lo sforzo di piegare la schiena.
Alex prestava totale attenzione, seguiva ogni movimento, stringendo i palmi delle mani insieme con trepidante attesa. Vere anime gemelle.
Nella mente, i ricordi della sua vita insieme a Jack.
« E una delle due passa a miglior vita, guadagna il compito di prendersi cura dell'altra, anche dopo la morte. » continuò con voce calda, cercando lo sguardo di Alex.
Aveva un groppo in gola grosso quanto uno scoglio, avrebbe pianto di certo in altre circostanze, ma non poteva mostrarsi debole. Voleva invece sentire il resto, capire, soprattutto.
« Questo al tuo amico non può succedere, però. » terminò, osservandolo con gli occhi di chi stava palesemente accusando qualcuno.
Alex scattò in piedi come una molla, fu Zack a tenerlo fermo, bloccando ogni tentativo di movimento da sotto le ascelle.
La donna, tuttavia, sorrise docile, accavallando le gambe.
« Sei un giovane molto impulsivo, eh? Non sto dicendo che lo fai apposta, ma lo fai. Tu lo stai tenendo qui. I tuoi pensieri, il tuo dolore... lui non può muoversi. E sai cosa succede agli angeli custodi bloccati sulla terra? »
Alex spalancò la bocca sconvolto, rilassando i muscoli. Rian e Zack sembravano incuriositi dal discorso, ma tradivano una vena di sconcerto che non passò inosservata alla donna.
Assottigliò lo sguardo, alzandosi in piedi per poi raggiungere Alex.
« Sta cercando di fare ugualmente il suo lavoro. Ti protegge, ma nel farlo in queste condizioni, incomincia a perdere sé stesso. » disse calma, senza neppure distogliere il contatto visivo per un secondo. Alex deglutì a fatica, inumidendosi gli occhi di una nuova consapevolezza dolorosa e ingestibile.
Jack lo aveva abbandonato. E ora? Per il suo bene, doveva lasciare andare il suo ricordo?
A quella buia prospettiva, scosse la testa con violenza, liberandosi malamente dalla presa di Zack che non accennava a mollarlo.
« Zia, scusa... cosa... sì, insomma, cosa succede a Jack, se Alex non lo lascia andare? »
La donna si sistemò gli occhiali sul naso, sospirando pesantemente per poi raccogliere il libro dal tavolo e rimetterlo a posto. Rispose alla domanda del nipote, senza però voltarsi.
« Non è uno spirito vendicativo. Non ancora. Ma lo diventerà. E da quello che mi avete raccontato, è già sulla buona strada. »
Non aggiunse altro. Zack cacciò un lamento, Rian serrò le labbra preoccupato, ma la mente di Alex stava già viaggiando altrove.
Agli anni del Liceo, al volto sorridente di Bassam, ai suoi occhi vivaci e pieni di luce. La sua prima chitarra, la stessa che gli aveva mostrato trionfante quel pomeriggio afoso d'Agosto, quando aveva spalancato la porta della stanza e con un'agitazione che apparteneva solo a lui, prese a sventolargliela sotto al muso. Poi le prime porte in faccia ricevute, ma quella luce non si spegneva mai.
“Non importa Lex, la prossima andrà meglio! Vedrai, ce la faremo!”
Le notti ubriache, i primi concerti nei locali di Baltimora, sul palco circondato da sole venti persone. I pomeriggi a casa sua, scrivendo pezzi che Jack stesso commentava con calore, voglioso di vivere come aveva sempre sognato. La chitarra a tracolla e il mondo intero che gridava il suo nome. Alex lo aveva seguito senza dire una parola, rapito da quel calore eterno, la speranza che solo lui riusciva a sprigionare. Le risate, gli scherzi negli alberghi, i balletti osceni in pubblico, la vista del piccolo Bassam in un bicchiere di carta.
Qui si fermò, sbuffando un sorriso.
Ma i ricordi continuarono quasi subito. Dai piccoli locali, alle grandi arene di tutto il mondo. Non si sarebbe mai stancato di seguirlo e lo avrebbe fatto ovunque. Quelle assurde ciocche bionde riuscivano a dargli la forza di vivere.
Non c'era più, si era illuso di poterlo mantenere in vita nei suoi ricordi, ma non poteva. Per egoismo, lo stava trasformando in qualcosa di orribile e inumano. Destinato a diventare il suo angelo custode, trasformato in spirito errante dalla stessa mano che avrebbe dovuto proteggere.
Era un pensiero terrificante.
Alex scoppiò a piangere senza fare rumore.
« Mi dispiace, ma è così. Vi consiglio di cercarlo, non dovrebbe essere difficile, rimane attaccato al giovane Gaskarth, non può fare altro. E poi lui dovrà lasciarlo andare. » terminò infine, ignorando le lacrime del ragazzo di fronte a lei e sparendo in cucina.
Rian conosceva sua zia, era un chiaro invito ad abbandonare la casa. Si scambiò un'occhiata complice con Zack, aiutando Alex a tirarsi in piedi e superando la porta di ingresso, per poi chiudersela alla spalle.

 

VIII

 

« Adesso che facciamo? » quasi ringhiò Zack, posando Alex sul divano e spostandosi per discutere con l'amico.
C'era ben poco da fare, erano appena le sette di sera, dovevano solo aspettare.
« Aspettiamo, Merrick. Stai vicino ad Alex, io vado a farmi una doccia, questa giornata è stata un vero schifo! » commentò, storcendo il naso per poi incamminarsi al piano superiore.
Non gli piaceva la vasca da bagno, preferiva di gran lunga l'acqua che gli scivolava addosso, perciò ignorò di proposito i servizi da basso e salì le scale lentamente. Jack non voleva loro, Jack voleva Alex. E per colpa di Alex, stava sbagliando. Credeva di proteggerlo, invece lo spaventava a morte.
Se quella testa di cazzo non si fosse decisa a lasciarlo andare, gli avrebbe fatto del male prima o poi.
Nel frattempo, nel salotto, Alex si era appena ripreso. Cominciava a guardarsi intorno, mettendo insieme i pezzi di quel pomeriggio. Una tristezza infinita lo accolse, Zack non era Rian e impacciato, provava a tranquillizzarlo come meglio gli riusciva. Si mise seduto accanto a lui, passandogli una mano sulla schiena.
« Andrà tutto bene, Lex. Io non credo che tu debba dimenticarlo, devi solo accettare che- »
« Che cosa, Zack? Devo accettare che sia morto, mh? È questo che stavi per suggerire? » lo anticipò, alzando la voce e scrollandosi la mano dalla schiena con un movimento secco delle spalle per poi tirarsi in piedi così velocemente, che il bassista inarcò un sopracciglio confuso.
« Lo devi fare per lui. Diventerà pericoloso, Alex. L'hai sentita la vecchia strega? Sta perdendo sé stesso. » ribattè calmo, provando a farlo ragionare.
Probabilmente Bassam valeva per Alex, più di qualsiasi altra persona. Nessuno poteva competere con lui, neppure Lisa, nonostante tutti i suoi sforzi. Avevano anche litigato più volte per colpa del moro, ma il cantante era stato irremovibile: non avrebbe mai rinunciato a Jack, per nessuno al mondo.
Zack e Rian, silenziosi, si erano guardati bene dal chiedere spiegazioni in merito a quel rapporto così ambiguo, ma sospettavano che Alex provasse qualcosa per Bassam.
Non che ne fosse cosciente, certo, però sentivano di avere ragione. Jack, dal canto suo, non era diverso. Si erano sempre trovati intrappolati in una relazione morbosa e ingestibile, ma senza domandarsi il perché. A loro andava bene, quindi anche al resto del gruppo.
Il castano non aveva risposto all'ultima domanda del bassista, limitandosi ad abbandonare il salone per cercare qualche alcolico da svuotare nella dispensa della cucina. Tirò fuori una bottiglia di Jager, attaccandosi senza bisogno del bicchiere. Zack, fermo contro lo stipite, fissava il corpo dell'amico con evidente preoccupazione. Lui e Rian potevano aiutarlo, certo, ma era Alex ad avere il pieno potere sulla situazione.

 

IX
 

Qualche ora più tardi, intorno alle due, se ne stavano ancora svegli a guardare programmi spazzatura in TV, quando Sebastian cominciò a guaire, nascondendosi dietro ai piedi del suo padrone. Alex serrò le labbra, guardandosi intorno.
Non aveva paura, i tagli bruciavano, ma non aveva paura lo stesso. Quello era Jack, quello era il suo Bassam, lo avrebbe trattato come tale. Poco distanti da lui, Zack e Rian non la pensavano uguale! Stretti ai margini del divano, sembravano terrorizzati da ciò che avrebbero dovuto rivedere.
La TV si spense di colpo, dietro di lei, il muro cominciò a muoversi spingendosi verso di loro con la forma di due braccia tese e due mani bene in vista, intente a raggiungere qualcosa.
« Dove cazzo ha imparato a fare 'ste troiate? »
La voce ironica e terrorizzata di Zack passò veloce, perdendosi nell'aria del salotto. Non lo ascoltava nessuno. Rian continuava a guardarsi intorno, ma Alex sapeva già dove posare i suoi occhi. Fissava infatti un punto preciso sulle scale e quando il batterista se ne accorse, seguì quello sguardo, scattando in piedi.
La figura scura di Jack era in piedi e li scrutava con attenzione, proprio in cima alla scalinata, quasi premuto contro il corrimano nero, ennesima idea di Lisa. Ghignava, mostrando diverse parti del corpo che, secondo la memoria di Alex, la notte prima non mancavano. Niente più naso, aveva perso un braccio e il labbro superiore cominciava a ritirarsi. Gaskarth deglutì, gli occhi già colmi di lacrime, alle spalle di quel grottesco fantasma, il muro rigettava copiose quantità di liquido rosso. Colava lento, impregnando l'aria dell'odore che portava con sé la morte.
Sapeva bene cosa doveva fare, vederlo ridotto in quello stato per colpa sua, gli stringeva il cuore. Poteva vivere così? Con la consapevolezza di aver rovinato la cosa più importante che aveva, impedendogli di vegliare sulla sua vita? Come era giusto che fosse. No, la risposta arrivò senza bisogno di rimuginarci troppo.
Sospirando, si tirò in piedi, ignorando il richiamo dei suoi amici e avanzando lentamente verso le scale. Continuava a guardarlo immobile. Ogni tanto provava ad urlare, con la conseguenza di perdersi ancora, sempre di più. La forma della bocca era ormai un buco vuoto, avvicinandosi, Alex notò che gli occhi non c'erano più, l'orbita nera rifletteva l'anima di Jack in mutazione.
Uno spirito vendicativo.
Alex piangeva, mentre si portava proprio di fronte a lui. Quella creatura, quello che un tempo era Bassam, spostò la testa di lato, cominciando a ruotare il busto dalla parte opposta, sotto allo sguardo disgustato del cantante.
« Jack. Sono io » azzardò, ma la figura continuava a scuotere la testa violentemente.
Perdeva il controllo, perdeva la connessione con quel mondo. Assomigliava ai giochi della Play che tanto amavano, con cui avevano passato molti inverni, ridendo e mangiando patatine sul divano di casa Gaskarth. Alcuni di loro contenevano diversi errori, chiamati glitch, dai più esperti.
Jack era diventato un difetto di sistema, appeso al solo ricordo che il castano aveva di lui, stava dimenticando la sua vera identità. Alex sospirò, provando ad utilizzare un tono più forte.
« Bassam. Guardami, sono William. EHI, PORCA PUTTANA, JACK! » sbraitò rosso in viso, quando anche all'ultimo richiamo, non riuscì a trovare il suo migliore amico.
Al suono di quella disperazione, lo spirito si fermò, smettendo il gioco di onde che lo riportava nel mondo dei morti e spostando con uno scatto l'attenzione sul ragazzo di fronte a lui. Una piccola parte della sua anima, ancora non del tutto perduta, notò con chiarezza quelle lacrime. Allungò una mano ormai scheletrica e Alex, la toccò.
« LEX, CHE CAZZO STAI FACENDO? »
« Va tutto bene, Rian. Va tutto bene » ribadì con un filo di voce, tornando a guardare dritto davanti a sé. Intorno a quella mano, si era aggiunta magicamente un po' di carne.
Era la pelle di Jack, l'avrebbe riconosciuta tra mille. Mordendosi un labbro, in quel momento, gli fu chiaro ciò che avrebbe dovuto fare. Così, ignorando l'urlo isterico di Zack, abbracciò il corpo freddo di slancio.
« Cosa ti ho fatto? B-Bassam, mi dispiace. Mi dispiace così tanto! Non volevo che te ne andassi. Non volevo, sono stato un perfetto egoista del cazzo! Tu sei ancora qui, nonostante tutto e io non ho saputo guardare meglio. Ti prego, perdonami, ti prego... Jack, ti prego, torna com'eri. Voglio rivedere il tuo sorriso un'ultima volta. Poi potrai andare, te lo giuro. Sei libero. » disse tutto d'un fiato, mentre calde lacrime soffocavano l'ultima frase.
Tremava come un bambino, tremava senza rendersi conto che una mano gli stava accarezzando la testa. L'odore nauseante di decomposizione, sostituito dal profumo che per una vita lo aveva accompagnato nei pomeriggi della sua adolescenza, fino a qualche mese prima, quando qualcuno aveva deciso che era stato felice anche troppo. E così gliel'aveva strappata dalle mani, quella felicità, portandosi via l'unica persona della sua vita nata per renderla reale.
Sentiva caldo, un caldo familiare, poi i gemiti di sorpresa provenienti dal piano inferiore lo riscossero. Si staccò da quel corpo, osservando con gli occhi lucidi il viso sorridente di Jack.
Il solito Jack, quello con lo sguardo brillante e la piega delle labbra adorabilmente irritante, ma divertente. Il disastro dai capelli indomabili, neri come la pece e biondi come l'ultima delle puttane. Gli occhi grandi, scuri e di nuovo colmi della luce che apparteneva solo a lui.
Meravigliosamente Jack.
Alex sorrise tra le lacrime, tornando ad abbracciarlo.
« Mi manchi, Bassam. Cristo, quanto mi manchi. Cosa faccio qui, senza di te? »
Non pensava che uno spirito potesse parlare, ma per l'ultima volta, quella notte, Alex sentì la voce che più gli era cara. La stessa che credeva non sarebbe più stato in grado di ascoltare. Una volta, ma bastò.
« Vivi, Lex. »
Quelle semplici parole lo colpirono.
Non era il tono ironico, altrimenti non sarebbe stato Jack, no, ma era la schiettezza dalla frase in sé. Breve, diversa dai soliti monologhi deliranti targati Barakat. Alex spostò il corpo per guardarlo meglio, ma senza lasciarlo andare. Una mano saldamente ancorata al petto del minore.
Jack la strinse, levandosela di dosso con cautela e affetto.
Doveva lasciare quel mondo al più presto, prima di tornare a perdersi. E poi, si disse, doveva vegliare su Alex, questo era l'unico pensiero a non averlo abbandonato, neppure dopo la mutazione. Aveva perso molte cose. I nomi dei propri famigliari, i ricordi legati all'infanzia, persino il suo stesso nome. Ma Alex era troppo forte da cancellare. Perciò rimase lì, aggrappato all'ultimo barlume di coscienza. La sua voce gli aveva ridato un volto, avrebbe dovuto ringraziarlo per questo, ma non riusciva a guardarlo negli occhi spaesati e colmi di terrore, senza abbozzare un piccolo sorriso amaro.
Prima di abbandonare quella mano, lanciò una veloce occhiata al resto della band. Quello sguardo diceva molto, il sorriso era inequivocabile.
Jack stava chiedendo un favore. Avvenimento raro e irripetibile.
Rian fu il primo ad avvicinarsi.
« Non preoccuparti, Bassam. » disse, scoccandogli un sorriso ironico che Jack raccolse immediatamente.
Annuì piano, spostando lo sguardo su Zack, libero dalla paura di qualche ora prima.
Perché quello era davvero il suo amico e non sembrava uscito da un racconto di Stephen King. Il bassista stava quasi per dire qualcosa, ma Rian lo bloccò. Jack non c'era più, per loro. Tutta la sua attenzione era rivolta ad Alex. Lo guardava con affetto e dedizione.
“La dedizione richiede una vita intera” fu il primo pensiero coerente ad affollare la testa di Alex. Aveva scritto quella strofa pensando a Lisa, ma in quel momento preciso si rese conto del suo vero significato. Le parole scritte urlavano “Bassam” da ogni prospettiva. Ripensandoci, molte delle canzoni che aveva scritto gli davano la stessa sensazione.
Tornò sulle scale, quando percepì il corpo del minore svanire lentamente.
« No » sussurrò con un filo di voce, scuotendo appena la testa.
Eppure, nonostante tutto, Jack sorrideva. Quell'idiota di un fantasma gli stava persino facendo l'occhiolino! Alex sbuffò un sorriso divertito, però non riusciva a smettere di piangere.
« Ehi, Gaskarth, vieni a casa mia oggi pomeriggio? Ho della merda buona da farti ascoltare! »
Quel tono, quelle parole.
Il maggiore scattò sul posto, ascoltando i battiti del cuore accelerare pericolosamente. Sgranò gli occhi, osservando di fronte a sé il viso sereno e sorridente del suo migliore amico. Bassam rideva ancora, ma Alex quella frase non l'avrebbe mai dimenticata. Glielo aveva promesso.
Nella mensa del Liceo, qualche anno prima, c'era un ragazzino magro dai capelli castani seduto in fondo alla sala, più precisamente nell'ultimo tavolo visibile ad occhio umano, nascosto dalle cheerleaders e dai campioni di football, nascosto da tutti.
Credeva di essere solo, ci aveva quasi fatto l'abitudine. Mangiava silenzioso il suo pranzo, spostandosi di tanto in tanto il ciuffo lungo dagli occhi. Sollevò lo sguardo, solo quando si accorse di due braccia lunghe e asciutte tese a sostenere un vassoio colmo di cibo. Alzando appena il capo, sempre più curioso di capire chi fosse quel tizio e soprattutto come mai si era avvicinato tanto a lui, Alex incontrò due occhi grandi e un sorriso a trentadue denti.
Inarcò un sopracciglio, squadrandolo attentamente.
Jeans strappati, maglia orribilmente sformata, eppure stretta nonostante gli evidenti lavaggi che aveva dovuto sopportare, capelli neri, ciuffi biondi sinceramente inguardabili e un naso abbastanza sproporzionato.
Cosa diamine voleva da lui?
« Beh? » domandò, scontroso.

Non voleva essere così cattivo, ma non era abituato a socializzare e di certo mai nessuno si era avvicinato a lui di sua spontanea volontà. Provava agitazione, insieme ad un vago senso di imbarazzo generale.
Ma il ragazzo alto di fronte a lui scrollò le spalle con noncuranza, posando il vassoio sul tavolo.
« Ehi, Gaskarth, vieni a casa mia oggi pomeriggio? Ho della merda buona da farti ascoltare! »
Alex spalancò la bocca, incapace di formulare una frase che avesse una logica. Ma Jack sapeva bene come farsi accettare e il resto, fu storia.
Qualche anno più avanti, lo stesso ragazzo, piangeva sulla rampa delle scale di casa sua, osservando il volto sorridente di Jack abbandonarlo per sempre.
« Jack » soffiò appena, quando anche l'ultimo alone di quel corpo conosciuto scomparve ai suoi occhi.
Zack e Rian cominciarono a piangere, ma Alex non aveva mai smesso. Si portò una mano sul viso, notando che persino l'odore era sparito. Il profumo di Jack non c'era più.
Cosa poteva fare?
Gli aveva promesso di andare avanti e di non aggrapparsi più al suo ricordo, ma sembrava così dannatamente difficile anche solo pensarlo! Non voleva distruggere lo spirito di Bassam e sapeva quanto fosse giusto lasciarlo andare. Non potevi incatenare al mondo dei vivi un'anima che non ne faceva più parte. Era il modo migliore per distruggerla.
Distruggere l'anima di Jack Barakat per egoismo? Forse, si disse, il vecchio Alex lo avrebbe fatto. Ma se Jack doveva passare l'eternità a vegliare su di lui, o almeno, buona parte della sua morte, perché non poteva decidere di fargli del bene, nonostante tutto? Anche a lui era dato scegliere.
Scegliere se tenerlo ai piedi del suo letto, mentre si decomponeva davanti ai suoi occhi, oppure scegliere di conservare un grande ricordo nel cuore. Il ricordo di quel ragazzo moro alla mensa scolastica. E poi, ovviamente, dello stesso ragazzo moro che gli saltellava intorno durante i concerti, abbracciandolo stretto. Poteva conservare questo, di Jack.
Sarebbe stato abbastanza e non lo avrebbe distrutto.
Alex si asciugò le lacrime, raccogliendo da terra un orecchino che conosceva bene. Se lo rigirò tra le mani con un mezzo sorriso stanco, ma per la prima volta da tanto tempo, reale.
« Lex, tutto bene? »
Rian aveva quasi paura di aprire bocca, ma doveva sapere, lo aveva promesso a Bassam.
« Sì... io... sì, penso proprio di sì » rispose, ancora assorto nel contemplare quel piccolo pezzo di pietra trasparente che teneva tra il pollice e l'indice. Poi sollevò la testa come se qualcuno gli avesse suggerito cosa dire.
« Ehi, domani mi accompagnate in centro? Devo fare una cosa » terminò infine, guardandoli con ansia.
I due si scambiarono un'occhiata confusa, poi Zack sollevò le spalle annuendo in direzione delle scale. Rian aveva capito bene le intenzioni del cantante, ma non disse nulla, si limitò a sorridere.
« Sai Gaskarth? Non ti ci vedo con l'orecchino » commentò divertito, posando una mano sulla spalla del bassista che solo in quel momento capì cosa stava succedendo.
Alex sorrise alla sua band, tirando in aria la pietra per poi prenderla al volo e stringerla nel palmo della mano destra. Qualcosa, in fondo, Bassam gliel'aveva lasciata. Qualcosa di tangibile, che avrebbe potuto portare sempre addosso, escluse le chitarre.
Quelle sapeva già dove metterle. Le avrebbe appese al muro del suo salone, non appena May fosse arrivata con il carico del fratello. Quelle erano di Alex, nessuno della famiglia Barakat aveva da ridire in merito. Probabilmente conoscevano Jack, probabilmente sapevano cosa avrebbe scritto sul testamento, se solo avesse saputo di dover morire.
Alex scrollò le spalle.
« Porterò questo orecchino per tutta la vita, Rian » disse con decisione, mostrando al batterista un sorriso di pura sfida e, finalmente, negli occhi la ritrovata voglia di spaccare i palcoscenici di tutto il mondo.
Ci sarebbe stato un po' di Jack Barakat, in Alex Gaskarth. E sarebbe stato per sempre.



FIN.

 

  
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