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Autore: The_Grace_of_Undomiel    09/02/2015    1 recensioni
Sam è un ragazzo di sedici anni mezzo, che si è appena trasferito in una nuova città.
A causa del suo carattere un po' timido ed insicuro, il giovane non si era mai sentito accettato dai precedenti compagni di classe ed era spesso deriso o emarginato. In conseguenza a ciò, Sam vede nel trasferimento un'opportunità per incominciare una vita migliore della precedente ed è molto ansioso, oltre che timoroso, di iniziare la nuova scuola. Purtroppo però, le cose si mettono subito molto male per il ragazzo, diventando sin dal primo giorno il bersaglio dei più temuti bulli di tutto l'istituto, I Dark, e da quel momento in poi, la vita per lui diventa il suo incubo personale.
Ma col passare del tempo, imparerà che a volte non bisogna soffermarsi solo sulle apparenze e le che le cose, a volte, possono prendere una piega del tutto inaspettata...
Dal testo: "I Dark si stavano avvicinando sempre di più, ormai solo pochi metri li separavano da Sam e Daniel. Avanzavano uno vicino all’altro, formando una sorta di muraglia, tenendo al di fuori tutto quello che c’era dietro di loro"
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Nel giro di poche ore, Eustache si era ritrovato a fare la maggior parte delle cose che odiava di più al mondo. Per cominciare, aveva perso un quarto d’ora del suo tempo prezioso nello squallido ospedale di Roxvuld e circa dieci minuti in una delle spoglie camere del suddetto squallido ospedale, per andare a trovare una persona di cui gli importava circa quanto una cassapanca. Aveva salvato quel Wilde ed era pure andato a trovarlo, come minimo avrebbero dovuto proclamarlo santo.
In seguito aveva poi avuto il dispiacere di imbattersi in Lipton, come se non fosse sufficiente beccarselo una volta alla settimana alla scuola di Poesia, insieme alla sua allegra brigata, tra cui  la persona che trovava in assoluto più rozza, irritante, maleducata, irrispettosa e volgare: Jade O’Connor, che dopo quella volta al rinfresco era finita in quattro e quattr’otto dritta nella sua lista nera. Ed era proprio a causa sua se ora era costretto a fare un’altra delle cose che non sopportava, cioè camminare a passo spedito, per recuperare il portafoglio che quella volgare  ragazza gli aveva rubato. Prima lo aveva insultato, poi lo aveva invitato, anzi, obbligato, a venire a pranzo con lei e per finire lo aveva derubato! Non appena l’avesse raggiunta gliela avrebbe fatta pagare. Sempre se ci fosse riuscito, dal momento che Eustache non aveva alcuna intenzione di mettersi a correre, trovandola una cosa poco elegante.
Se il ragazzo aveva un diavolo per capello e trovava quella giornata la peggiore della sua vita, al contrario Jade era di ottimo umore. Il piano stava andando a gonfie vele, attirare Eustache si era rivelato più facile del previsto. Con sorrisetto si voltò indietro per accertarsi che il Pinguino fosse ancora dietro di lei.
-O’Connor, sei pregata di fermati!- la chiamò per l’ennesima volta Eustache, e puntualmente la ragazza lo ignorò, ridendosela di gusto.
Andarono avanti così per ben quattro isolati, fino a quando Jade non si fermò, con il solito sorriso sardonico stampato in volto e le braccia strette al petto.
Il ragazzo la raggiunse con gli occhi che emettevano saette, ma per quanto fosse imbestialito cercò di mantenere il suo proverbiale contengo.
-Se questo è per te un gioco, non lo trovo affatto divertente!- esordì stizzito -Se adesso abbiamo finito con la corsa campestre, vorrei riavere indietro il mio portafoglio. Subito-
-Corsa campestre? Ma se non hai fatto altro che camminare tutto il tempo! Comunque sia, no, non credo che te lo ridarò- gli rispose beffarda la ragazza.
-Senti, non sono disposto a perdere tempo con te, perciò, dimmi quanto vuoi e chiudiamola qui-
-Che?- Jade lo guardò un attimo perplessa prima di scoppiare a ridere di cuore, risata che l’altro trovò insopportabilmente sguaiata.
-Ma scusa, cosa ti fa pensare che voglia dei soldi?-
-Mah, forse perché mi hai rubato il portafoglio?-
-Hai la mente limitata, caro Eustace- scosse la testa teatralmente dispiaciuta –Hai subito collegato il mio scherzetto ad una questione di soldi!-
-Tanto per cominciare la mia mente non è affatto limitata, anzi, se vuoi saperlo ho un quoziente intellettivo superiore alla media, non so se mi spiego- ci tenne a sottolineare enfatizzando il tono saccente -Secondo, mi stai forse dicendo che questo teatrino era solo uno stupido scherzo?-
-No, affatto!-
-E allora cosa vuoi da me?-
Eustache stava iniziando seriamente a perdere la pazienza. Non che non fosse  abituato ad essere circondato da gente intellettualmente inferiore, e non solo, a lui, ma quella lì era un caso disperato. Forse era affetta da qualche disturbo mentale. Doveva stare all’erta.
-Semplice, voglio che pranzi insieme a me- affermò Jade.
-Ancora? Ti ho già detto e ti ripeto che non ne ho alcuna intenzione! Capisco che tu voglia provare l’ebbrezza di mangiare insieme a me, ma sappi che non concedo a molti questo onore-
Parlò con una tale superbia e con una tale convinzione che Jade dovette trattenersi dal ridergli in faccia. Lo trovava  a dir poco patetico.
-Fidati di me, non te ne pentirai. Voglio proporti un affare- la giovane assunse un aria cospiratoria -E ho bisogno di un posto tranquillo dove farlo-
Sperò in questo modo di convincerlo, ma quando Eustache si dimostrò nuovamente disinteressato, la ragazza si vide costretta a prendere misure drastiche.
-Molto bene, Pinguino Ottuso. Lo vedi quel signore laggiù, seduto vicino al muretto?- fece un cenno con il capo verso un uomo sulla settantina, vestito di stracci e dallo sguardo malinconico, che suonava una fisarmonica -E’ un senzatetto, e sappi che non esiterò un istante a dargli tutti i soldi che hai qua dentro- gli agitò il portafoglio a un centimetro dal naso.
Eustache sollevò un sopracciglio con fare altezzoso -Tu mi stai ricattando? Ti avverto, non ti conviene sfidarmi-
-Vuoi scommettere?-
-Non oseresti-
-O sì che oso. Sta’ a guardare- gli sorrise sorniona, gli voltò la spalle e si diresse tranquillamente verso il vecchietto.
Eustache rimase lì impalato, indissolubilmente convinto che la ragazza non si sarebbe mai azzardata a fare una cosa del genere, nessuno si era mai arrischiato a mettersi contro di lui, ma dovette ricredersi  quando vide metà dei suoi soldi finire nel capello di feltro del senzatetto. Con la rapidità  di un fulmine la raggiunse, le serrò le dita intorno al braccio e la riportò indietro, per poi mollarla subito e strofinarsi la mano con cui l’aveva toccata sulla giacca.
-Guarda che non sono infetta- sbottò Jade squadrandolo con aria omicida.
-Questo lo dici tu. Ora, se non ti dispiace- tese la mano.
-Come, non ti importa che gli abbia dato tutti quei soldi? Ah già dimenticavo, devi essere così ricco che qualche banconota in più o in meno per te non fa alcuna differenza-
-Che arguzia, sono impressionato- disse ironico –Se vuoi puoi dargli tutto quello che c’è dentro, non mi interessa, basta solo che mi ridai il portafoglio- 
Solo dopo aver detto quella frase si rese conto di aver parlato troppo.
Come previsto, le labbra di Jade si incurvarono in un ghigno. Iniziò a rigirarsi l’oggetto tra le mani con nonchalance.
-Bene bene, allora è questo quello che ti sta a cuore. Scommetto che costa più di tutti quei soldi messi insieme.  Credo che il vecchietto sarà molto felice di ricevere tutto il pacchett...-
-NO!- quasi strillò Eustache, poi si schiarì la voce –Voglio dire, non sarà necessario. Verrò con te. Ma non pensare che lo faccia perché mi stai ricattando, ho solamente cambiato idea-
-Se se, come no. Comunque, entriamo-
Eustache guardò alle spalle di Jade e solo in quel momento si rese conto di trovarsi davanti ad un enorme Fast Food, la cui insegna violacea lampeggiava caoticamente.
 Guardò la ragazza orripilato -Lì? Io magiare lì?- gli venne un conato al solo pensiero –Mai- dichiarò lapidario.
-Oh andiamo Signore dal QI superiore, nemmeno tu potresti rifiutare uno degli Hamburger a tre piani di Pappa&Ciccia- si leccò le labbra deliziata ed entrò.
-Sono vegetariano...-

L’odore di carne alla griglia, lo sfrigolio dell’olio bollente, la fila dei cartelli luminosi del menù dietro al bancone; quello secondo Jade era il paradiso. Da tempo era diventata una frequentatrice accanita di Pappa&Ciccia e almeno una volta alla settimana ci faceva una capatina. Tutti lì la conoscevano ed era famosa sia a causa della sua fame insaziabile, sia per l’ essere  una dei pochi  in grado di finire il famigerato Lock Ness, l’hamburger più grosso e calorico di tutto il menù. Jade doveva ringraziare la sua struttura, poiché per quanti panini e patatine mangiasse, non ingrassava di un etto. Certo, non che tutto quel cibo spazzatura fosse proprio un toccasana per la salute, sua madre glielo ripeteva spesso, ma a Jade non importava minimamente: a lei quella roba piaceva e se la mangiava. Punto. La vita era la sua e anche se fosse diventata un divano a penisola piena di brufoli e con la glicemia alta erano cavoli suoi.
Mentre Jade fluttuava in un mondo fatto di salse e carne sfrigolante, Eustache si guardava intorno a dir poco schifato.
Punto numero uno: quel posto era troppo rumoroso, oltre che palesemente sporco.
Punto numero due: nell’aria aleggiava un odore disgustoso.
Punto numero tre: la gente che orbitava lì non gli sconfinferava  affatto. Pensò questo quando un uomo molto in carne con in mano un panino grondante di maionese gli passò accanto con aria truce.
Punto numero quattro: un luogo così non era adatto ad un tipo impeccabile e dall’ottimo gusto sia estetico che culinario come lui.
Punto numero 5: odiava la carne.
Avrebbe continuato così all’infinito se Jade non avesse urlato il suo nome, storpiato appositamente,  facendo voltare circa un terzo delle persone presenti. La ragazza gli indicò un tavolo e lui, con l’espressione più sdegnata del suo repertorio, la raggiunse. In fondo, era lei ad avere il coltello dalla parte del manico, in questo caso il portafoglio.
-Allora, tu intanto siediti, io vado a ordinare. Cosa prendi?-
Eustache esaminò il menù con superiorità, come se fosse stato un critico di fama mondiale di fronte ad un opera d’arte.
-Un’insalata- rispose infine.
-Eh?- il tono sorpreso di Jade salì di un’ottava -Vorrai scherzare, spero!-
-Affatto, sono serissimo. Un’insalata ed una bottiglietta d’acqua naturale, possibilmente di vetro. Non sopporto il retrogusto della plastica. Ah, l’insalata senza aceto, solo una spruzzata di olio. E niente pomodorini-
Ma la ragazza non si mosse di un millimetro, rimase a guardarlo con tanto d’occhi.
Eustache inarcò un sopracciglio -Sei ancora qui?-
Jade aprì la bocca per parlare, ma la richiuse subito. Non valeva la pena dirgli che le sue assurde richieste non sarebbero state esaurite nemmeno tra un trilione di anni. Fece spallucce e andò ad ordinare. Lei si sarebbe presa un bell’hamburger e un bicchiere di cola ghiacciata, altro che insalatine! Uno sennò che ci veniva a fare lì?
-Ciao Nate, ciao Rachel- salutò i ragazzi aldilà del bancone, due gemelli, un maschio e una femmina. Jade li aveva conosciuti durante il loro primissimo giorno di lavoro, circa un anno prima. Avevano entrambi i capelli corti, neri, e gli occhi ambra; la ragazza portava un piercing blu sul naso.
-Ciao Jade!- esclamarono in coro –Dimmi pure!- si scambiarono un’occhiata di sfida, come ogni volta  quando parlavano in contemporanea.
-Dimmi pure- disse a quel punto Rachel, fulminando il fratello con lo sguardo.
La ragazza ordinò ed entrambi i giovani assunsero un’aria allucinata.
-Un insalata, tu?- disse Nate a dir poco scioccato.
-Hai la febbre, per caso?-
-Ma va, sarete voi ad avere la febbre! Come potrei mai prendere un’insalata!? È per un tizio che è insieme a me-
-Chi è?- si incuriosì Rachel, mentre riempiva il bicchiere di cola.
-Si chiama Eustache-
-Che nome da snob- commentò Nate.
-Esattamente come colui che lo porta, e non potevo chiedere di meglio...- sorrise ambigua Jade.
I due si voltarono di scatto in contemporanea.
-No...-
-Vuoi dire che...- iniziò Nate
-...ne hai trovato uno!- completò Rachel.
-Proprio così- annuì soddisfatta la ragazza.
-Quindi è...-
-...saccente...- 
-...irritante...-
-...altezzoso...-
-...arrogante...-
-...e con la puzza sotto il naso?- conclusero in coro.
Jade ghignò –Affermativo-
-Quindi sei a cavallo!- sorrise  la ragazza –A questo punto ti manca poco a completare il fascicolo-
-Direi di sì, questo era in assoluto il passaggio più difficile, ma adesso ho risolto il problema-
-Come lo hai convito?-
-Semplice, gli ho fregato il portafoglio e ho minacciato di darlo in carità-
-Sempre carina ed educata, eh? Dimentichi però che devi fornire anche una prova-
Jade fece un gesto di noncuranza con la mano –A quello penserò dopo...Allora è pronto il cibo? Sto crepando di fame!-
Nate posò entrambe le ordinazioni sui vassoi –Ecco qua, come richiesto. Però non abbiamo la bottiglietta di vetro, desolato-
-Pazienza, se la farà andar bene anche così-
Prese i due vassoi e ritornò da Eustache, che per tutto il tempo non aveva fatto altro che auto elogiarsi per l’immenso coraggio che aveva dimostrato entrando lì e consolandosi al pensiero della lieta e raffinata cenetta che avrebbe consumato quella sera. Ma intanto aveva anche meditato vendetta. Nessuno lo poteva ricattare in quel modo e farlo passare per un pivello. Lui era Eustache De Bourgh, diamine! Non tollerava simili affronti.
Jade posò con malagrazia i vassoi sul tavolo, poi si sedette anche lei e sfasciò con trepidazione il suo panino, pronta ad ingurgitalo in un sol boccone.
Eustache picchiettò l’insalata più volte con la forchettina di plastica, con aria scettica, e non mancò di esprimere il suo disappunto riguardo la bottiglietta dell’acqua. Jade lo ignorò in entrambi i casi e iniziò a sbranare l’hamburger in tutta tranquillità. Salsa e condimento gocciolarono sulla carta del vassoio.
-Qui mancano lezioni di etichetta a non finire- scosse la testa il ragazzo, demoralizzato.
-Hai detto qualcoscia?- chiese Jade con la bocca piena.
-Niente- ribatté aspro, voltando il capo per non dover assistere a quello scempio.
La ragazza spazzolò l’hamburger e le patatine fritte in meno di cinque minuti, mentre l’altro non toccò cibo, ma bevve soltanto.
-Sono venuto fin qui, sotto ricatto, come hai voluto tu. Ma, se non erro, poco fa avevi accennato ad “affari”. Ebbene?- domandò Eustache inarcando un sopracciglio e piegando le labbra in una smorfia.
Jade armeggiò nello zainetto verde militare che utilizzava come borsa, prese una rivista e la aprì sulla seconda pagina, poi passò il giornale al ragazzo, che lo prese con riluttanza.
Stampato vi era un elenco infinito di attività da svolgere, circa cinquecento, con le prime quattrocento  contrassegnate da una X. Lesse alcune delle prime: “buttarsi da un’altalena mentre questa è in movimento, arrampicarsi su un albero con un paio di tacchi, andare in bici seduti al contrario, uscire in strada con un boa di piume...”, insomma, tutte cose assurdamente stupide, considerò Eustache. Nella pagina a fianco spiccava la foto di una bicicletta nuova di zecca, azzurra, ultimo modello, accessoriata ed equipaggiata al meglio.
-Che cosa estremamente interessante, una rivista piena di cose inutili. Ho sempre desiderato poterne leggere una- chiocciò, prima di rivolgerle uno sguardo tagliente come un rasoio –E questo che cosa mi dovrebbe significare?-
-Leggi l’ultimo punto, Signor per- me-solo-bottigliette-di-vetro- replicò Jade sbuffando.
Lui ubbidì e per poco non gli cascò la mascella tra le pagine quando lesse:
Passa del tempo con un ragazzo/a incredibilmente snob, indisponente, saccente e ricco/a. Conoscilo/a meglio”.
-E’ una sorta di gara. Devo svolgere tutte queste attività il più velocemente possibile. Il primo che finisce, vince la bicicletta- spiegò Jade –Il tizio irritante e saccente saresti tu...-
-Grazie, lo avevo capito-
-Per questo ho voluto che venissi a magiare con me- sorseggiò un po’ di cola, spiegare le faceva venire sete -Cascavi proprio a fagiolo!-
Eustache si sentiva a dir poco oltraggiato. Non solo era stato ricattato e costretto ad entrare lì dentro, ma era anche vittima di uno stupidissimo ed infantile giochetto per minorati mentali. E ora quella O’Connor voleva che da vittima diventasse un complice. Se lo poteva scordare.
-Se volgiamo essere precisi, un affare prevede che anche l’altro ottenga dei giovamenti. Io, se per qualche assurdo motivo accettassi, quali otterrei?-
-Nessuno!-
-Prego?-
-Nessuno, tu mi aiuterai e basta. Perché rammenta, io ho il tuo portafoglio- e sfoggiò un enorme e falsissimo sorriso.
Se Eustache non fosse stato una persona nettamente superiore e dall’invidiabile autocontrollo, probabilmente avrebbe rovesciato il tavolo. Anzi, tutti i tavoli.
Ma l’unica cosa che fece fu quella di schiarirsi la voce. Per la seconda volta era stato fregato. Si maledisse per essersi fatto soffiare così facilmente il portafoglio. Lui era sempre stato un tipo incredibilmente attento, ma quella mattina aveva abbassato stupidamente la guardia, ed ora ecco il risultato. Da quel momento in poi avrebbe stretto i denti e non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione per dire qualcosa di cattivo, ovviamente con stile, o per sfoggiare la sua intelligenza e superiorità; nel frattempo avrebbe pensato ad una vendetta Made in Eustache. La O’Connor si sarebbe pentita amaramente di aver fatto la furba con lui. Con in mente questi buoni propositi, accettò.
Jade sorrise e gli diede una fortissima pacca, alla quale il ragazzo non riuscì a sfuggire, e si riprese la rivista.
-Da dove incominciamo, quindi?- domandò Eustache con entusiasmo pari a zero.
Jade ci rifletté su qualche istante, poi rispose -Direi dalle “10 domande”-
-Tsk, ti prego. Che cosa patetica-
-Però è utile allo scopo, Mister Pinguino. Tu mi fai una domanda ed io la faccio a te, veloce ed efficace-
-E sia, però avremo diritto ad un passo-
Jade scrollò le spalle ed acconsentì. Eustache iniziò per primo.
-Parlami della tua famiglia- chiese con palese disinteresse.
-Allora, la mia famiglia è composta da mio padre, che si chiama Ben, da mia madre Sarah, e dai  miei cinque fratelli, due maschi e  tre femmine: Anne, Trixie, Marion, David e Alex-
-Perciò in totale siete in sei. Che insopportabile baraonda, io non potrei mi vivere  così, rabbrividisco al solo pensiero-
-Oh io no, al contrario! È molto divertente invece, non ci si annoia mai, specialmente a giocare brutti tiri a Trixie- sogghignò, ripensando alle marachelle combinate a sua sorella- Bene, ora ti giro la domanda-
-Sono figlio unico, mia madre si chiama Elisabeth e mio padre Harold. Prossima domanda-
Jade ragionò qualche istante -Perché fai L’uomo delle Liste alla scuola di Poesia?- volle sapere -Da quel che ho capito non hai alcun bisogno di extra, i soldi non ti mancano-
-Innanzitutto non sono “L’Uomo delle Liste- replicò egli indignato –Mi occupo delle iscrizioni, controllo che gli archivi siano ben ordinati, che i pagamenti vengano effettuati correttamente e sono il supervisore e coordinatore ufficiale degli eventi organizzati nella scuola. Come hai detto tu non ho bisogno di soldi, lo faccio esclusivamente per mio diletto. Quel luogo è l’emblema della  perfezione, peccato solo che possa essere frequentata da chiunque, anche dai dilettanti-
-Beh, se in una scuola andassero solo persone già talentuose, allora non si tratterebbe più di una scuola. Le scuole sono fatte per insegnare- ribatté Jade con ovvietà.
Eustache tremò di rabbia, non sapendo per la prima volta come rispondere. Doveva subito riuscire a controbattere, altrimenti  sarebbe sembrata quasi lei, quella intelligente.
-A mio non modesto parere una scuola raffinata come quella dovrebbe fornire solo un potenziamento. Ora...- le sue iridi verdi scintillarono maligne -...descrivimi la tua casa-
Jade non fu per niente stupita di quella domanda, poiché sapeva che Eustache non aspettava altro che trovare l’occasione adatta per vantarsi della sua egregia situazione economica, e metterla così in imbarazzo. Peccato che cascasse male, poiché Jade amava il suo piccolo appartamento di periferia e non sentiva la mancanza del lusso, né invidiava chi poteva permetterselo.
-Vivo in periferia, in un appartamento al quinto piano. In totale ci sono sei stanze: un bagno, un  salottino, la cucina, la camera dei miei genitori, quella dei miei fratelli e la mia, che condivido con le mie sorelle. Ho anche un terrazzo, un poggiolo, per essere precisi-
-Capisco- rispose l’altro piccato, deluso che l’intento di umiliarla non avesse avuto l’effetto sperato.
-Sei fidanzato?- 
-Non sono affari che ti riguardino. Passo- replicò aspramente, incredulo per così tanta insolenza. 
-Vuol dire no- rise beffarda.
-Te lo ripeto, non ti riguarda. E invece, non che la cosa mi desti particolare interesse,  tu lo sei?- chiese, anche se dubitava che qualcuno potesse legarsi ad una persona così, forse solo un rozzo come lei.
-No, non lo sono- rispose tranquillamente –Il tuo colore preferito?-
-Il verde smeraldo-
-Il mio è l’arancione!  Spiegami come dovrebbe essere la tua ragazza ideale-
Un’altra domanda, a detta di Eustache, sfrontata. Stava iniziando davvero a spazientirsi.
-Una ragazza per essere perfetta dovrebbe essere raffinata, elegante, vestita come si deve, con un ottimo gusto estetistico, brillante, colta, in grado di distinguersi dalla masse  e benestante-
-Però, una cosuccia da niente. Abbiamo poche pretese qui-
-Sei pregata di risparmiarti commenti non richiesti. Piuttosto, parlami del lavoro dei tuoi genitori- disse, un altro lampo malizioso gli attraversò gli occhi.
-Mio padre lavora in una azienda tessile, mentre mia madre fa la commessa in un negozio di scarpe-
-In quale negozio?-
-Da Faithfull- 
-E che posto sarebbe?-
-In Corso Santoro, è un negozio abbastanza grande, vende scarpe di sottomarca- disse la ragazza, particolarmente orgogliosa.
-Questo spiega perché non ne abbia mai sentito parlare- sfoggiò un sorrisetto.
-Un vero peccato, ne rimarresti affascinato!-
-Non ne dubito. Domanda- 
-Okay, hai mai fatto sesso?-
Il ragazzo rimase per un attimo in silenzio, con la speranza di aver capito male.
-Come, prego?-
-Oh andiamo, hai sentito benissimo. Hai mai fatto sesso?-
-Mi rifiuto di rispondere-
-Non puoi, hai usato il “passo”, ricordi?- lo canzonò la ragazza.
-Questa è una domanda troppo personale, non possiedi un minimo di discrezione- replicò indignato, guardandola con disprezzo.
-Desolata, ma io sono una villica rozza e non so cosa sia la discrezione. Ora, su, rispondi!-
Eustache  sospirò, seccato, e cercando di ritrovare il suo solito tono altezzoso rispose -Sì, si l’ho fatto-
-Davvero?-
-La cosa ti sconvolge?-
-Sul serio hai trovato una con tutte le qualità che hai elencato prima?-
-Spiacente, ma non è il tuo turno di fare le domande. Basta così- dichiarò lapidario.
-Come, non mi rigiri la domanda?-
-No, non ne voglio sapere assolutamente nulla- cercò di reprimere un brivido -Senza contare che di tempo insieme a te ne abbia passato fin troppo. Perciò, di grazia, il mio portafoglio-
Jade, non potendo permettersi di lasciarlo andare dal momento che mancava ancora la prova, si rifiutò.
-Eccellente, allora. Puoi tenertelo,  significa che me ne comprerò un altro, visto che a me i soldi non mancano. Non passerò un solo minuto in più qui, il mio inconscio me lo impedisce. Con permesso-
Si alzò e si diresse all’uscita. Jade, vedendosi sfuggire la sua gallinella dalle uova d’oro, si mise febbrilmente a pensare per trovare una soluzione, ma non le venne in mente nulla di efficace.
Così, afferrò il suo zainetto e uscì.

Eustache non era andato poi molto lontano. Si trovava proprio di fianco all’entrata del Fast Food, sotto il  balcone di un appartamento, per ripararsi dalla pioggia che aveva iniziato a cadere incessante, scrosciando e rumoreggiando. Un tuono rombò e un fulmine attraversò il cielo. Le persone si erano subito munite di ombrello, mentre quelle che non lo avevano, come Eustache, correvano all’impazzata cercando di ripararsi con qualcosa, ma senza grandi risultati.
L’umore del ragazzo era più grigio delle nuvole che addensavano il cielo. Quella doveva essere proprio la sua giornata sfortunata.
-Sta piovendo- considerò una voce di fianco a lui.
-Che deduzione, sono impressionato-
-Divertente, Eustace. Ora che facciamo?- sbottò Jade.
-Per quanto mi riguarda, cercherò un modo per raggiungere incontaminato casa mia, dal momento che, fortunatamente, non dista molto da qui. Mentre tu...- la guardò dall’alto in basso –Non ne idea, e non mi interessa minimamente. Puoi benissimo ritornare a casa senza problemi, tu non hai dei vestiti pregiati da dover salvaguardare, al contrario di me-
Jade lo sapeva benissimo da sola che la sua felpa e i suoi pantaloni multi task non fossero preziosi, non era quello il problema. Fosse stata un’altra occasione non avrebbe esitato a fare una lunga (il suo appartamento distava molto da lì) passeggiata sotto la pioggia, la trovava una cosa molto divertente e piacevole. L’unico  inconveniente stava nel fatto che da lì a poco ci sarebbe stato il matrimonio di sua zia Charlotte e sua madre le aveva raccomandato centinaia di volte di evitare di ammalarsi, e una camminata sotto la pioggia incessante non sarebbe stato proprio un toccasana. Jade non sopportava i matrimoni, ma a quello di sua zia era costretta a parteciparvi. In piena salute. 
-Grande!- schioccò le dita –Mi è venuta un’idea-
-Rimarrò sicuramente affascinato nel sentirla- 
-Basterà cercare di bagnarsi il meno possibile,  passando sotto i teloni dei negozi o i balconi, fino a quando non avremo raggiunto casa tua-
-Codesto plurale da dove giunge?-
Jade scoppiò in una grossa risata, provocando l’irritazione di Eustache.
 -Come diavolo parli? Sembri uscito dall’800! Comunque, come dici tu, codesto plurale giunge dal fatto che verrò a casa tua- spiegò. L’altro fece immediatamente per ribattere, ma lei lo bloccò sul nascere –Per prendere un ombrello. Andiamo, almeno un ombrello me lo concederai . Dopodiché, arrivederci. Sparirò in un batti baleno-
Eustache ci meditò sopra qualche istante e alla fine acconsentì. Pur di togliersela di torno per sempre avrebbe fatto qualsiasi cosa, nonostante  l’idea di avercela in casa anche solo per mezzo secondo lo agghiacciasse abbastanza.
Jade esultò intimamente. Avrebbe approfittato di quell’arco di tempo per fare una foto alla casa, di sicuro sarebbe bastata come prova.
-Andiamo, allora?-
-Sì, ma ad una condizione: devi prestarmi il tuo zainetto dal colore indefinito, lo userò per riparami-
Jade praticamente glielo lanciò contro.
Agirono come la ragazza aveva proposto. Eustache si sentì altamente ridicolo a camminare in quel modo, con uno stupido zainetto in testa, e sperò di non incontrare qualcuno di importante nel tragitto.
Infine riuscirono ad arrivare nei pressi di casa De Bourgh. Il ragazzo era praticamente rimasto indenne; un po’ meno Jade, alla quale, senza lo zaino con cui ripararsi, si erano bagnati i capelli e la felpa.
Eustache suonò il campanello e ad aprire venne una signora piuttosto bassa e in carne, la cameriera, che non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo, poiché i due ragazzi si fiondarono subito dentro. Eustache le porse la sua giacca e le ordinò di portargli immediatamente un ombrello.
Jade, non appena aveva messo piede in quella casa, aveva perso la parola, troppo occupata a studiare l’arredamento. L’atrio, illuminato da un gigantesco lampadario lavorato, era all’incirca grande quanto tre stanze della sua casa messe insieme. Sulla sinistra si trovavano le scale, in marmo bianco, che portavano ai piani superiori. In fondo all’atrio si riusciva già ad intravedere la sala e il caminetto, in cui scoppiettava allegro un fuocherello.  Il pavimento era più limpido e splendente di uno specchio e nell’aria aleggiava una piacevole essenza di orchidea, proveniente da un mazzo di orchidee poste in un vaso di cristallo appoggiato sopra un elegante comò.
Eustache, già con in mano un ombrello, rimase in disparte e le concesse di dare una rapida occhiata, più orgoglioso che mai. Poi, convinto che avesse ficcanasato abbastanza, richiamò l’attenzione su di sé –Mi sono procurato un ombrello, adesso puoi togliere il disturbo -
-Aspetta un attimo, lasciami  guardare ancora un po’!- protestò -Cazzo, che roba!- fece un breve giro su sé stessa per avere la visione completa dell’atrio, poi prese a farsi strada.
-Dove credi di andare?-
-Te l’ho detto, curioso solo un po’-
-Assolutamente no. Fermati! Guarda come mi stai riducendo il pavimento!-
Jade spostò lo sguardo verso il basso,  notando qualche macchia di fango sul pregiatissimo marmo. Si tolse le scarpe, senza troppi convenevoli le abbandonò lì ed, esaltata, riprese la sua esplorazione.
Eustache, tratto un lungo respiro, con sommo orrore  raccolse le scarpe di lei tenendole per le stringhe e le adagiò in un angolo.
Nel mentre Jade, che si trovava nella sala, aveva approfittato per fare qualche foto qua e là con il cellulare.
-Senti, ti dispiace se rimango un po’ qui?- chiese, quando Eustache la raggiunse.
-Non se ne parla -
-Dai, che ti costa? Solo in tempo di asciugarmi un po’, sono fradicia-
-Nel caso non te ne fossi accorta, questa è una casa, non un albergo-
-Sul serio? Dalla grandezza a me sembra il contrario. È davvero lussuosa -
-Trovi? Anch’io sono della stessa opinione- si compiacque  Eustache, gonfiando il petto.
-Oh sì, una vera meraviglia!- si affrettò ad aggiungere. Comprendendo il punto debole dell’altro, decise di sfruttarlo a proprio favore.
-Veramente, non ho mai visto nulla di paragonabile!-disse affascinata, poi fluttuò fino al caminetto ed indicò una fotografica posta sopra alla mensola -Questa deve essere tua madre! È una bellissima donna-
-Molte persone sono d’accordo con te, non per niente ha vinto numerosi concorsi di bellezza- fu lieto di specificare Eustache.
-Beh, vorrei ben vedere, sembra una dea!-
Forse pronunciò quelle parole con troppa enfasi, perché lo sguardo di Eustache divenne immediatamente torvo.
-Credi che le lusinghe ti faranno restare qui?-
-Ops, beccata-alzò le mani in segno di resa –Non ti si può nascondere niente-
-Sono un tipo astuto, io. Senza contare che il tuo improvviso temperamento educato fosse abbastanza sospetto-
-Questo è vero, forse ho un po’ esagerato. Però...- spostò nuovamente lo sguardo sulla fotografia -Quello che ho detto su tua madre lo penso davvero-
Eustache rimase sinceramente sorpreso, e per un breve istante non seppe che cosa rispondere. Si schiarì la voce.
-Ovvio che lo pensi davvero, solo un cieco potrebbe non riconoscere la sua naturale bellezza- 
-Dov’è lei adesso? E tuo padre?- volle sapere la ragazza, ignorando la provocazione.
-In viaggio per lavoro, da due settimane-
-Vuoi dire che sei da solo?-
-Non da solo, ho la cameriera che provvede ad esaudire tutte le mie richieste- tacque un secondo, poi fece un smorfia -So a cosa stai pensando. Credi che soffra per la mancanza dei miei genitori, come in quei ridicoli film che trattano di questi argomenti, ma è bene che tu sappia della mia incommensurabile felicità. Sono abituato alla loro assenza, senza contare che è considerato normale nelle famiglie ricche come la mia non avere particolari rapporti o interazioni con i propri membri famigliari, e non potrei chiedere di meglio. In questo modo sono totalmente indipendente-
-Hai frainteso, Eustace. A dire il vero non ci ho pensato nemmeno per un istante! Non mi interessa giudicare il tuo modo di vivere, mi limito solo a dirti che sei un pinguino, tutto qui. Queste cavolate psicologiche non fanno per me! Tu sei contento della tua situazione ed io della mia, in mezzo al casino e ad un appartamento piccolo. Per cui, puoi anche piantarla di tirarmi frecciatine sui soldi, perché non me ne importa un fico secco- sorrise sorniona.
Lui la guardò con sufficienza -Io non tiro nessuna frecciatina, specifico solo l’enorme differenza che esiste tra le persone come me e le persone come te e... Che stai facendo?-
-Mi asciugo, no?- rispose lei,  strizzandosi la coda  davanti al caminetto. Si sfilò la felpa e la distese per terra di fronte al fuoco, rimanendo con una maglietta arancione.
Ricominciò l’esplorazione della sala, sotto l’occhio vigile di Eustache.
-Ascolti la musica?- chiese Jade, adocchiando una pila di dischi.
-No, possiedo i cd per motivi puramente ornamentali-
Jade premette il pulsante d’avvio dello stereo e fece partire una canzone a caso. Le note di “Sway” di Dean Martin avvolsero la stanza.
Si voltò verso Eustache -Mi concedete questo ballo?-
Egli inarcò un sopracciglio -Tu sai ballare?-
-Ti sembrerà strano, ma mia madre mi ha fatto frequentare danza per ben cinque anni, poi mi sono ribellata. Sono arrugginita, ma qualche passo lo ricordo-
-Per quanto sia un’occasione imperdibile, rifiuto il tuo invito-
Jade fece spallucce, avrebbe ballato da sola, senza contare che così si sarebbe asciugata in men che non si dica.  Nonostante ascoltasse musica di genere ben diverso, quella canzone l’aveva sempre amata, per cui fu semplice per lei lasciarsi  trasportare dalla melodia, farsi avvolgere dal calore che emanava il fuoco del caminetto.
Eustache la osservava ballare con biasimo, ma il suo occhio critico non poté però fare a meno di notare che la ragazza si muovesse bene.  La sua espressione altezzosa vacillò appena, e quando la vide avvicinarsi a lui a ritmo di musica, muovendosi sinuosamente, illuminata dalla luce del fuoco, il cuore gli balzò dolorosamente nel petto, ostruendogli la gola, troncandogli il respiro. Ne rimase sconvolto. Non era abituato a provare simili emozioni, non senza preavviso, e non poteva credere che la causa di tutto fosse stata Jade, quella Jade. D’istinto indietreggiò. All’improvviso si sentiva terribilmente vulnerabile.
-Ti ho già detto che non ho intenzione di ballare- affermò con forza, cercando di riprendere rapidamente il controllo della situazione.
Ma lei lo ignorò e lo prese per i polsi, trascinandolo verso di sé.
-Ti avverto, non sto scherzando- 
-Oh andiamo, anche se sei un incapace a ballare, non significa che questo sia un buon motivo per rimanere in panchina!-
-Come?- come riscosso, Eustache le avvolse un braccio intorno alla vita, cogliendola alla sprovvista, e la trasse a sé -Si da il caso che io sappia ballare benissimo, perciò non ti permetto di fare simili insinuazioni!-
-Allora dimostramelo!-
 Jade gli posò una mano sul petto per allontanarlo un po’ e  così facendo percepì il battito accelerato del suo cuore. Aggrottò le sopracciglia, ma non ebbe il tempo di pensare alcun che, perché Eustache, resosi conto della situazione in cui si trovavano, le strattonò via la mano e la allontanò da sé.
-Non ho bisogno di dimostrartelo. È sufficiente che lo sappia io- rispose, la voce stranamente roca.
-Io continuo a pensare che tu abbia la coda di paglia!- sorrise sardonica. Spense lo stereo e si infilò la felpa asciutta -Comunque sia, si è fatto tardi, meglio che torni a casa-
-Sia ringraziato il cielo - disse, anche se, nella parte più profonda e inconscia di lui, stranamente l’idea di ritornare  nuovamente  in solitudine non lo allettava più come prima.
Jade si riprese le sue scarpe e si fece dare l’ombrello. Eustache le aprì la porta e un’aria frizzantina che odorava di pioggia li investì entrambi.
Lei lo salutò con una portentosa pacca.
-Beh, grazie per l’ombrello e per avermi aiutato col fascicolo-
Gli restituì il portafoglio e Eustache lo riprese con immensa felicità, accarezzandolo come se si fosse trattato di un cucciolo.
-Bene, tolgo disturbo. Come promesso non sentirai più parlare di me, quindi addio e tante belle cose- disse la ragazza, sbrigativa e rude come sempre quando si trattava di salutare.
Senza aspettare risposta gli voltò le spalle e si incamminò sotto la pioggia
Eustache, diritto e statuario, rimase per un attimo sulla soglia, in silenzio, poi la chiamò.
-O’Connor-
Lei si voltò.
-Quell’ombrello è un regalo da parte di mia zia di secondo grado.  È firmato, di conseguenza lo rivorrei indietro. Perciò, per mia immensa sfortuna,  questo non è ancora un addio, dal momento che me lo dovrai riportare, integro possibilmente. Dopo sarei ben felice se tu sparissi per sempre dalla mia vista però...prima l’ombrello-
Un sorriso enigmatico increspò le labbra di Jade, che disse -D’accordo, lo riavrai indietro- si voltò e riprese a camminare -Ma non aspettartelo troppo presto, sono una persona piena di impegni, io, e ho ancora un fascicolo di azioni estreme da completare-
Se ne andò così, sparendo in mezzo alla pioggia, e con lei, sparì anche la possibilità per Eustache di avere l’ultima parola.
Il ragazzo richiuse elegantemente la porta, mentre i suoi occhi verdi scintillarono di una strana luce. La O’Connor forse aveva vinto una battaglia quel giorno, ma non la guerra. Alla prossima occasione avrebbe vinto lui. La sua vendetta Made in Eustache doveva ancora compiersi.
Rapida e improvvisa come una saetta,  l’immagine della mano di Jade sul suo petto gli attraversò  la mente, bloccandolo per un istante. Ma quel ricordo venne sepolto quasi subito da innumerevoli strati di altezzosità e presunzione, ed ora,  nascosto nel profondo, ma non cancellato. 
Si schiarì la voce e chiamò rapidamente la cameriera. Quel pavimento andava assolutamente lucidato.

 
 


*Note dell’Autrice*

E così, siamo giunti  ufficialmente alla parola fine. Sinceramente, credevo che non ci sarei mai arrivata! Sono contenta, davvero contenta,  per aver concluso la mia prima storia ^^ allo stesso tempo, però, mi sento anche invasa dalla malinconia, perché, insomma...è davvero finita! Sarà dura per me separarmi da questi personaggi, mi ci sono affezionata tantissimo. Però, può darsi che in futuro possa anche decidere di fare un seguito, chi lo sa? ;)
Ma ora veniamo ai ringraziamenti  *si schiarisce la voce e tira fuori la  pergamena* 

Ringrazio i lettori silenziosi, per aver dato anche solo uno sguardo alla mia storia; ringrazio tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite/seguite, ringrazio Portuguese D Danis x Ace e Libro_Dipendente per aver recensito ^^
Ma soprattutto il mio ringraziamento più grande va a
Red Wind, che ha seguito e recensito la storia fin dal primo capitolo, sclerando, fangirlando, commentando e aiutandomi a migliorare <3  :’) ! Grazie a tutti di cuore!


P.s Se tutto va secondo i mie piani, tra un po’ di tempo dovrei pubblicare un fantasy, perciò, se per caso vi interessasse, mi piacerebbe se ci deste poi un’occhiatina ;D

Detto questo, mi dileguo, sperando che anche quest’ultimo capitolo sia stato di vostro gradimento!

A presto!

The_Grace_of_Undomiel
  
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