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Autore: StrychnineTwitch    10/02/2015    0 recensioni
Prendete un attimo la vostra vita tra le mani, guardatela, ispezionate ogni piccolo filamento e per una volta non siate solo spettatori davanti ad un film. Sentitene il tessuto ruvido o liscio. Io ho percepito che la mia è fatta da un sottile strato di seta rossa.
Genere: Drammatico, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prendete un attimo la vostra vita tra le mani, guardatela, ispezionate ogni piccolo filamento e per una volta non siate solo spettatori davanti ad un film. Sentitene il tessuto ruvido o liscio. Io ho percepito che la mia è fatta da un sottile strato di seta rossa. Il sangue che mi scorre dentro l'ha macchiata completamente, era liscia, piacevole al tatto, finché un filo non si è tirato, ha increspato la superficie, ha rovinato la mia bella tela e io ci ho pianto sopra, le lacrime salate hanno avuto l'effetto di una lavatrice, non quello di un lavaggio a mano, e più mi aggrappavo alla tela pregandola di tornare bella come un tempo, più i fili si tiravano, più rovinavo tutto. Ci ha fatto cadere la cenere di una sigaretta accesa per poter migliorare le cose, il rilassamento che avrei dovuto trarne si è tramutato nell'ennesimo ostacolo per farla tornare alla sua naturale bellezza. Ho preso un petalo di rosa e ve l'ho cucito sopra, il colore era il medesimo, da lontano solo l'osservatore più attento avrebbe scorto la differenza. Con un filo cremisi ho unito le due superfici, soddisfatta del lavoro ho scordato di idratare il petalo. Dopo poco è avvizzito, impallidito, il colore ferruginoso stonava, ho pianto di nuovo, come se questo potesse ridare la bella giovinezza perduta alla composizione. Ho reciso il mio stesso polso per farne sgorgare gocce che potessero ricolorare il fiore, ma nulla di tutto questo è successo. Mi sono inginocchiata con la stoffa logora tra le mani e ho pregato, supplicato chiunque ci fosse lassù di ridarmi ciò che avevo perso. Ma anche nel mio più segreto rifugio di preghiera non ho che trovato demoni che, avvicinandosi, hanno tentato di strappare la seta dalle mie mani. Sono fuggita, ho fatto un nodo che nascondesse i fili tirati, sapendo che così avrei stropicciato la superficie liscia. Solo rimirando l'opera compiuta mi son accorta del cappio che avevo creato. Come una sciarpa l'ho avvolto al mio collo, immaginando che quella fosse l'unica cosa rimasta da fare, che era tutto un segno del destino, che dovevo seguire ciò che la vita mi stava dando. Ho lasciato che la stoffa si tirasse non appena l'ho appesa ad una sbarra ferrea. Ma la seta scivola, la seta è insidiosa e ricorda il baco che l'ha creata. Son caduta a terra. Le mie ossa si son frantumate e ricordo solo il mio pianto sul terreno freddo. Ho preso il velo e l'ho usato per coprirmi, supplicandolo, almeno per una volta, di proteggermi dal freddo mondo che mi circondava. Ma la seta è fredda, non riscalda, e più tenevo tra le mani quel cappio sciolto, più mi rendevo conto di quanto ormai l'avessi distrutto. Il petalo era ancora lì, cucito ad un luogo che non gli apparteneva, l'ho strappato e ho steso quel fazzoletto davanti a me, vi ho passato sopra le mani per stirarlo come meglio avrei potuto, ma ormai non c'era altro da fare che accettarlo così com'era, trovare la bellezza in ogni strappo e in ogni filo tirato, abituare gli occhi allo screzio spiacevole che avevo d'innanzi. Era tutto partito da me, ero io la causa di tale risultato. Disprezzavo il passato, ma scorrendo gli occhi su quel sangue raffermo trovavo ogni singolo episodio di una vita trascorsa nella preoccupazione di riaggiustare lo strappo precedente. Allora ho chinato il volto, ho preso il fazzoletto e me lo son passato sul volto, macchiandolo del trucco nero che mi copriva gli occhi. Le macchie lasciate avevano coperto le pieghe, rendevano tutto più sensato ed armonico, in un quadro rappresentante follia e disperazione.

 

   
 
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