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Autore: draconianApathy    10/02/2015    1 recensioni
“Cadesti a terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato ritorno” ~ Fabrizio De André.
Che dire, la mia prima Spamano spudoratamente triste :c (odiatemi ♥)
La trama è ispirata alla Sommossa di S. Martino raccontata dal Alessandro Manzoni attraverso i Promessi Sposi.
Enjoy~
Ellie01
Genere: Sentimentale, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: La trama tratta dai promessi sposi non mi appartiene, stessa cosa per la maggior parte dei dialoghi tra plebe e capitano di giustizia, tratti dal manoscritto di Alessandro Manzoni.


Canaglia!~ L'assalto al forno




“Finalmente sera.” Questo fu il primo pensiero di Antonio appena sveglio dalla siesta nel Ducato di Milano del Novembre 1628.

 Era diverso risvegliarsi in Italia del Nord, piuttosto che nella sua Spagna, l’amata patria per la quale ora stava svolgendo l’incarico di ufficiale da qualche settimana, per fortuna che aveva imparato la lingua del luogo in breve tempo, fatto che contribuiva alla sua promozione per quell’incarico.

 Aveva una sola cosa da fare durante il suo orario di lavoro: mantenere la quiete tra i cittadini, facile a dirsi più che a farsi dato che a quell’epoca esistevano i cosiddetti “bravi” dei mercenari un po’ moderni per così dire e doveva ammetterlo, anche se era una cosa che lo faceva vergognare, il governo spagnolo si faceva comprare dai criminali che reclamavano la propria ingiusta libertà. Vi erano varie cose che avrebbe voluto cambiare, ma purtroppo era del tutto impotente dato che era solo agli inizi della propria carriera.

 Si alzò di malavoglia dal letto dalle lenzuola bianche ricoperte da un piumone dai colori rosso gialli della sua Rojigualda ovvero la bandiera spagnola, la nostalgia lo avvolse un poco, gli mancava mangiare la sua cara paella o dei churros per le strade turistiche.

 Poi si ricordò di dover cenare e, una volta messa una delle vesti invernali – di Novembre al Nord si raggiungevano anche i tre gradi la sera – per stare in casa, se così si poteva definire la sua dimora, e si avviò verso la stanza dove faceva sempre i suoi pasti: le cameriere avevano già preparato tutto, ma i suoi colleghi che condividevano la villa con lui non erano ancora tornati, dal canto che ricoprivano cariche importanti.

 Iniziò perciò il suo pasto, ringraziando gli italiani per il loro buon cibo, molto meglio di quello inglese per intendersi, ad esempio il pane che facevano era così semplice che gli piaceva da morire, andavano sempre allo stesso forno per comprarlo e i lavoratori erano tutti così gentili che si offriva sempre volentieri per andare a eseguire tale commissione.

 Già, ce n’era uno che lavorava lì da poco, quindi lo mettevano quasi sempre in cassa, ma Antonio si divertiva spesso a vederlo intento ad impastare le sue prime paste per il pane, amava vederlo sbagliare e venire sgridato dal proprio “Boss” per farsi una piccola risata e venire insultato dal ragazzo per il suo nascosto imbarazzo e la rabbia della vicenda.

 Si chiamava Romano, proveniva dal Regno di Napoli perciò talvolta non capiva nemmeno quello che dicevano i paesani di Milano o Monza (quindi riceveva altre sgridate da parte del capo perché non si dava molto da fare nemmeno alla cassa).
 Fu travolto da un’ondata di pensieri che quasi non s’accorse del telefono che squillava, chissà chi poteva essere a quell’ora; decise di rispondere dopo quasi un’infinità di tempo nel quale stava rimuginando sul forno.

 << Ufficiale Fernandéz Carriedo, come posso aiutarvi? >> nel sottofondo si sentivano urla del tipo “Pane! Pane! Aprite! Aprite!” e già da ciò lo spagnolo iniziò a preoccuparsi, quello che sentì poco dopo lo allarmò completamente.

 << Fa presto idiota, abbiamo bisogno di rinforzi qui al forno, una folla di gente impazzita- >> fu tutto ciò che sentì dalla voce del ragazzo a cui pensava prima di interromperlo con un “arrivo subito alla Corsia de' Servi!” per poi riattaccare e prendere la prima carrozza per quella strada.

 Appena arrivato notò un gigantesco gruppo di plebe dinnanzi il Forno delle Grucce che appunto gridava le stesse parole di sottofondo della precedente chiamata con Romano, s’era portato con sé un gruppo di alabardieri per sicurezza, perciò il gruppetto iniziò ad avanzare tra la folla gridando di fare largo.
<< Avanti figliuoli, fate luogo al capitano di giustizia, andate a casa. >> gridò sovrastando le imprecazioni dei vari cittadini, riuscendo fortunatamente ad arrivare dinnanzi alla porta del forno in una qualche maniera disordinata.

 << Figliuoli che fate qui? Andate a casa, dov’è il timor di Dio? Che dirà il nostro re? Nessuno vuole farvi del male, da bravi andate a casa, che fate qui così ammontati? Niente di bene, né per anima e nemmeno per corpo. Andate a casa. >> pronunciò quindi il discorso di malavoglia, capendo purtroppo ciò che il proprio paese stava facendo a dei poveri esseri umani proibendo loro di mangiare ciò che era essenziale per un pasto per colpa delle tasse.

 Le parole di Antonio erano andate al vento dato che, tutti accalcati, iniziarono a spingere facendogli mancare il fiato, perciò ordinò agli alabardieri di farli stare indietro cosicché potesse riprendere fiato, ma senza far male ad una mosca: dovevano entrare in bottega, questo diceva.
<< Indietro, indietro! >> urlarono gli alabardieri buttandosi addosso alla prima fila e respingendoli con le aste delle proprie armi, riuscendo nell’intento di farli indietreggiare.

 Vedendo la buona occasione il capitano di giustizia bussò insistente alla porta ordinando a chiunque vi fosse dentro di aprire: scorse il viso di Romano dalle finestre il quale, insieme ai colleghi, si precipitava giù per le scale ad aiutarlo.
Una cosa che gli fece perplessità fu un viso molto simile a quello dell’italiano, sembrava quasi un suo fratello gemello e da quanto aveva capito anche lui era italiano, ma si sentiva che era del posto magari era solo una coincidenza.

 Alla fine l’ufficiale riesce ad entrare, chiamando poi i suoi uomini che entrano anche loro, dopodiché si fiondò da Romano (non sapeva perché, ma si sentiva particolarmente protettivo verso quel ragazzo in quel momento) gli prese le spalle e gli chiese come stava, se si era fatto male.
<< Non ho nemmeno un graffio, sei cieco, idiota? >> chiese inarcando un sopracciglio con il suo solito fare da “bullo” per così dire che faceva sempre impazzire lo spagnolo; lo abbracciò qualche secondo, felice di sapere che stava bene per poi lasciarlo per dovere e si fiondò su per le scale affacciandosi ad una finestra aperta poco prima, che formicolaio!

 << Figliuoli, >> gridò, molti si voltarono in su. << Figliuoli, andate a casa, perdono generale a chi torna subito a casa. >> il tumulto di gente si innervosì maggiormente insistendo nel loro urlo orrendo e le picchiate alla porta.
Antonio deglutì, se avessero sfondato la porta, avrebbe dovuto correre a salvare i lavoratori, cercare di placare la plebe senza farsi del male ma …

<< Giudizio figliuoli! Badate bene! Siete ancora in tempo, andate a casa. Pane ne avrete, ma non è questa la maniera. Ehy, che fate laggiù! A quella porta, oibò. Vedo giudizio, badate bene, è un delitto grosso! Or ora vengo io. Smettete con que’ ferri e giù quelle mani, vergogna! Voi altri milanesi, conosciuti per la vostra bontà, sentite: siete sempre stati buoni, fi- Ah, canaglia! >> questa rapida mutazione di stile fu causata da una pietra che fu lanciata da una delle mani della folla che si era ammassata sempre di più, pronta a passare alle maniere forti.

 Pareva quasi che avessero giurato che, se lo spagnolo avesse detto un’altra volta “figliuoli” gli avrebbero tirato qualcosa in testa e così infatti fu: la pietra gli colpì l’emisfero sinistro del cranio, quello dove si pensava alloggiassero i pensieri.
La folla si accalcò maggiormente lanciando pietre e ferri, mentre alle altre finestre i lavoratori rispondevano quasi allo stesso modo, nemmeno avessero disselciato il cortile.
Nel frattempo che varie persone venivano colpite si gridava dalla folla << Ahi furfantoni, è questo il pane che date alla povera gente? Ahimé! Ora, ora! >>.
Molti furono conciati male.

 Purtroppo tutto finì male e in svantaggio per lo spagnolo e i proprietari del forno: alcuni di loro fuggirono su pe’ i tetti, come dei gatti a scappare arrampicandosi ovunque; la plebe riuscì ad entrare e iniziò a rubare tutto quello che trovava dinnanzi a se.
Antonio incrociò gli occhi di Romano il quale provava insicurezza nel fuggire seguendo i propri colleghi, perciò decise di fiondarsi giù dato che voleva cercare di salvare la situazione, coraggioso da parte sua, lo spagnolo lo ammirava.
Ma questo significava il mettersi nettamente in pericolo e riuscire ad uscire con alta difficoltà da quel forno: Antonio perciò corse come un fulmine verso il ragazzo, sapendo di andare incontro ad un suicidio; appena sceso trovò il ragazzo da lui tanto cercato che cercava di riprendersi il proprio mattarello che aveva sempre usato, era quasi parte di lui.

 Però era bloccato da un uomo nettamente più vecchio di lui che tentava di rubarglielo e darglielo intesta, il che – se non si regolava la forza che si usava per l’impatto – avrebbe potuto ucciderlo.

 Si fiondò verso l’uomo e lo spinse a terra, procurandosi varie occhiate da parte della folla che prima era all’esterno dell’edificio e gli occhi sgranati della “vittima” del quasi-attentato: varie persone si avventarono sullo spagnolo e l’italiano si decise ad aiutarlo a malincuore (non voleva far del male alla povera gente che lottava per una buona causa e stessa cosa valeva probabilmente per Antonio che voleva solo difendersi).
L’unico problema? La disparità. Due contro un intero esercito di cittadini.
Non potevano aspettarsi quello che sarebbe accaduto successivamente, era tutto successo troppo in fretta: i due erano riusciti a crearsi un varco verso le scale ma una persona brandì un oggetto appuntito e affilato dal nulla, Brandendolo con fare minaccioso e buttandosi a capofitto verso il capitano di giustizia, ma qualcosa riuscì a salvare il diretto interessato, o meglio qualcuno, ma la scena fu terribile se non orribilmente drastica.
 Romano, che aveva voglia di fare qualcosa pur di aiutare, si era precipitato ad aiutare Antonio beccandosi la coltellata al suo posto poco più in basso del cuore e dei polmoni. << ROMANO! >>
Lo spagnolo fissò inorridito la figura del ragazzo accasciarsi a terra e cercare di trattenere le urla di dolore, cosa che gli fece emettere solo dei mugugni udibili fino all'altro capo della stanza per il silenzio che si era appena creato, poco dopo riscoppiò il caos.

Un detestabile liquido vermiglio fuoriusciva dalla ferita del povero lavoratore causando l’inebriarsi nella stanza di un odore acre al sapor di ferro che provocò l’aumentarsi d’un ira che mai aveva regnato nell’essere dello spagnolo. In primis si caricò in braccio l’amico, il quale si stava tenendo il punto in cui era stato colpito, agonizzando tra le braccia forti di Antonio che parevano quasi un riparo o un nido per un usignolo che aveva smesso di volare ed era precipitato nel vuoto totale a causa d’un’ala colpita.

L'ufficiale aveva voglia di dare una bella lezione alla persona che aveva colpito Romano, ma fu fermato dal ragazzo che assomigliava a quest'ultimo e lo aiutò a portare l'amico alle stanze superiori.
Stava morendo, era chiaro, Antonio non avrebbe potuto salvarlo, si disse che non avrebbe potuto fare niente in tempo, si diede dello sciocco da solo, per poi prendere i deboli arti del giovane in fin di vita.
 << Non ... Non complessarti, non è colpa tua. >> gli disse lo sconosciuto che, stranamente, li aveva aiutati.
 Lo spagnolo, già con le lacrime alle iridi smeraldo dapprima fisse su quelle del compagno che si sforzava ad aprirle, diede un veloce sguardo allo straniero: era terribilmente identico, tranne che per il ricciolo posto nel lato opposto; l'unico problema era che l'occhiata lanciata era carica di emozioni distrutte che stava provando in quel momento, dannazione stava perdendo un amico!
 
<< A-Antonio? >> chiamò Romano a mezza voce dal divano su cui era steso.
 Lui tornò subito a guardarlo trattenendosi a stento da altre lacrime che minacciavano di uscire pungendogli gli occhi. << Ti .. ti fa male? >> chiese con voce rotta questi, domanda praticamente palese.
 << Antonio. >> ripeté Romano con più decisione e serietà che lo spagnolo non aveva mai visto nei suoi occhi.
 << Sei ... un idiota. >> cercò di sforzarsi per prendere fiato e pronunciare quelle parole che gli ripeteva ogni giorno, quelle tre parole che avrebbe voluto sentirsi dire per tutto il resto della propria vita dalla sua voce così bella anche in punto di morte. No, no non era punto di morte, diamine l'avrebbe salvato in ogni costo!
 << Avrei potuto confondermi... tra .. ma tu. >> non riuscì a finire la frase molto chiaramente, era troppo complesso.

 << Romano … >> lo richiamò con le lacrime che gli rigavano il volto, lo spagnolo.
 A quel punto si rese conto che, se non fosse stato per lui e il suo istinto di protettività, magari Romano avrebbe potuto salvarsi, non avrebbe fatto a botte per uno stupido mattarello. L'altro ragazzo se ne stava un poco in disparte, tanto che non lo si poteva notare, faceva di guardia alla porta con aria cupa.
 << Però .. quell'uomo .. Mi hai .. salvato. >> continuò Romano con una voce flebile che non gli aveva mai sentito uscire dalle labbra.
 << Basta, ti prego. Smettila, così ti sforzi troppo. Io ... non me lo perdonerei mai se- >> la voce gli fu nuovamente rotta da pianto. Era troppo sensibile, troppo preso da quel ragazzo, troppo ...
 << Io non volevo quel mattarello. >> decretò l'italiano. Antonio sollevò la testa che aveva precedentemente abbassato vicino al corpo debole del giovane che minacciava di aumentare la frequenza dell'emorraggia.
 
<< Volevo ... conoscere->>
 << Me. >> l'altro italiano tornò dell'oscurità con i pugni stretti e gli occhi chiusi, come se stesse vivendo l'incubo peggiore della propria vita << Siamo fratelli, solo ora ho capito, ci hanno separato fin dall'inizio e ora che l'ho trovato ... non ho fatto in tempo ad aiutarlo. Ero dietro all'uomo che lo stava derubando, sono un disastro. >> si diede una pacca sulla testa per poi coprirsi totalmente il viso e sprofondare nella disperazione totale.
 Lo spagnolo fu travolto da un'ondata di emozioni, non sapeva nemmeno lui cosa stesse provando, strinse più forte le mani di Romano e fece cenno all'altro di avvicinarsi se voleva parlargli, ma al primo non rimaneva più molto fiato.

<< Sei un bastardo, >> iniziò l'italiano dal ricciolo a destra, rammentando tutti i momenti in cui lo spagnolo rideva dei suoi errori, oppure le frecciatine e le occhiate maliziose che gli aveva mandato nel giro di quel troppo breve mese in cui avevano potuto conoscersi. << Ma io ... >> si sforzò per finire la frase, ma già sapeva che era difficile dirlo con un corpo sano. << E-Ehy. >> l’ufficiale provò a punzecchiargli un po’ le braccia ma non dava segni di movimento.
 Antonio percepiva il battito cardiaco del giovane venire di meno e affievolirsi sempre di più come per la regolarità di esso.
 
<< No. >> mormorò prendendolo per le braccia.
 << No, no. No! >> Gli urlò scuotendolo, mentre il fratello del poveretto tentava di fermarlo vanamente, giacché aveva il volto completamente umido da quel terribile fatto.
 << Resisti ti prego! >>
 Un ultimo sguardo, un'ultima occhiata alle iridi l'uno dell'altro, un ultimo respiro coinvolto nell'unirsi delle labbra dei due conoscenti, amici, qualsiasi cosa abbiate da intendere che fossero.
 E man mano che questo si allentava, la vita del più piccolo veniva risucchiata via dalla discordia della carestia parzialmente indotta dal malgoverno del '600. Lo si poteva interpretare come un bacio d'addio tra compagni -come quelli che andavano in guerra- tra fratelli o anche tra due esseri umani con le vite oramai distrutte.
 
La disperazione si abbatté su tutti in quella stanza, sebbene fossero solo due, la pazzia prese uno dei due che scaraventò via il tavolino lì vicino e si rannicchiò su se stesso; ad un tratto il fratello del fanciullo ormai privo di vita rimembrò la volontà dei rivoluzionari.
 << D-Dobbiamo andarcene, vogliono piccare fuoco all'intero forno. >> informò con una voce flebile e rotta dal pianto.
 L'ufficiale lo guardò con fare interrogativo << Non vorrai dirmi che lo vuoi lasciare qui a marcire!? >>.
 << No! L-lo porteremo fuori di qui, avrà una degna sepoltura. Deve. >> altre lacrime rigarono il suo volto e stessa cosa per quello di Antonio che annuì alla sua proposta, perciò si caricarono il corpo senza anima del loro compagno e uscirono con difficoltà dal quartiere.

Cercarono di farsi notare il meno possibile, andando in una direzione ignota allo spagnolo, probabilmente la casa dell'italiano, pareva aver avuto molta importanza tra la plebe.
 << Io .. sono Veneziano. >> disse dopo mezz'ora di tragitto l'italiano che continuava a piangere silenziosamente.
 << Antonio. >> si presentò lo spagnolo, che quasi inciampò senza aver notato che l'altro si era fermato di colpo, fissandolo, per poi porgergli la mano.
 << Bene Antonio, che ne dici di ricominciare una nuova vita? >>


“Cadesti a terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
 e non ci sarebbe stato ritorno”
~ La guerra di Piero, Fabrizio De Andrè.

 

  
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