Cracked
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Everything has changed
Il cuore batteva troppo forte, quasi
dolorosamente. Nico non poteva credere che si potesse provare una sensazione
così tremenda. No, tremendo non era
l'aggettivo giusto. Provava gioia, rabbia, nostalgia, nemmeno lui stesso
riusciva a comprendere cosa gli stesse accadendo; il sangue gli faceva tremare
le vene e la testa sembrava voler scoppiare. No, Nico non capiva cosa gli
stesse succedendo, cosa stesse capitando al suo corpo, ma di certo non era
positivo per lui. Per questo motivo decise di girare i tacchi e tornarsene in
casa, sebbene Percy (era sicuro fosse lui) avesse
iniziato a sorridergli in una maniera indecifrabile, sarebbe potuto sembrare
quasi inquietante.
Cosa poteva spingere una persona a
tornare al proprio patibolo, nel posto dal quale era scappato con tanto astio e
rancore, ma comunque molta speranza stretta nelle tasche? Che cosa su quel
maledetto mondo poteva riportare un uomo all'origine di tutti i suoi mali? Solo
un pazzo maniaco lo avrebbe fatto.
Nico aveva ingenuamente sperato di
riuscire ad arrivare dentro casa e di poter chiudersi il portone alle spalle,
rintanarsi in camera e convincersi che no, quello era solo un tipo qualunque che somigliava a Percy,
lui se n'era andato. Tuttavia si ricredette amaramente quando si sentì
abbracciare da dietro la schiena, prima con indecisione, poi con fermezza, tale
da farlo quasi innervosire. Fece dei piccoli respiri veloci per mantenere la
calma. Quello non era Percy, non poteva esserlo!
Poi sentì degli scossoni: forti, disperati. Di primo Nico impatto pensò
quasi ad un terremoto, ma se la sua mente fosse stata più lucida avrebbe capito
subito che quelli erano singhiozzi. Sentiva un peso sulla schiena (o forse era
nel cuore?) che stava diventando quasi opprimente. Le mani della persona iniziarono a tremare, e fu
proprio quel tremolio a fargli perdere la pazienza, quelle piccole scosse gli
subentravano nella pelle, diventando un tutt'uno con il suo corpo, facendogli
venire i brividi.
"Nico..."
Era un sospiro, una supplica più che
un'affermazione, quasi non gli sembrava più il suo nome, pronunciato da quella
voce roca e spezzata. Voce che, lo sapeva, era quella di Percy.
Bruciava ammetterglielo, ma Nico l'avrebbe riconosciuta sempre, o meglio, non
avrebbe mai potuto dimenticarla mentre gli diceva "Sei troppo
piccolo" sulla soglia di quella stessa casa, appena prima di scomparire
per 4 anni.
"Ciao, Percy"
Gli era venuta la pelle d'oca e non
sapeva se per la gioia, per la rabbia o per il vento che si stava innalzando.
Rimase rigido per secondi che sembrarono interminabili e riprese a respirare
solo quando Percy lo lasciò libero.
"Hai visto, sono tornato, alla
fine" disse titubante.
E dopo quelle parole Nico non poté
fare a meno di dargli uno schiaffo. Doveva essere davvero impazzito, in tutto
quel tempo. Come poteva fare ciò, come poteva dirgli quella frase? Nico aveva
passato gli ultimi anni a convincersi che Percy fosse morto, ovunque si
trovasse, per lui non esisteva più. Ormai i loro legami si erano spezzati, come
un fiorellino che cerca di crescere ma viene rotto da un temporale. Il ragazzo
maggiore aveva fatto la sua scelta anni fa, aveva deciso di abbandonarlo e in
quel momento per Nico risultava inconcepibile che avesse potuto tornare sui
suoi passi. Per quale motivo, poi? Si era forse pentito? Sentiva mancanza del
luogo in cui era cresciuto? Aveva bisogno di soldi? Lui che aveva cercato in
tutti i modi di convincere i compagni a scappare era tornato contro ogni
logica?
Percy si portò una mano sulla
guancia, più per la sorpresa che per il dolore. Davvero non si era aspettato
nulla del genere? Pensava forse che Nico lo avrebbe potuto accogliere a braccia
aperte?
Il minore cercò di colpirlo ancora,
questa volta sul petto, ma non ci riuscì. La testa gli pulsava, il suo petto si
alzava e riabbassava ad intervalli irregolari, gli occhi erano appannati. Stava
piangendo, singhiozzando rumorosamente e aggrappandosi al petto di Percy, che solo un secondo prima avrebbe voluto fracassare.
"Sono passati quattro anni, Percy, quattro"
"Lo so, scusami, sono stato un
idiota. Mi puoi perdonare?"
"Dov'eri quando ne avevo
bisogno? Mi hai lasciato crescere qui, da solo,quando avevi promesso che avremo
affrontato tutto insieme"
Percy lo strinse, accarezzando
impercettibilmente la pelle candida delle sue braccia: era ancora morbida, come
quella che aveva da bambino. Volse lo sguardo verso la casa, domandandosi se
tutti i suoi vecchi "fratelli" fossero ancora lì dentro, se stessero
già lavorando, se Fanny avesse notato
l'assenza di Nico.
"Tranquillo, sono venuto a
prenderti, ti porto a New York, andiamo a vivere insieme"
Il più piccolo si staccò di scatto,
strabuzzando gli occhi e iniziando a scuotere la testa violentemente.
"No, no, non posso, non
posso"
"Come non puoi? Ho una casa a
New York e credo di riuscire a mantenere entrambi, ho pensato già a tutto non
devi preoccuparti di nulla"
"Non posso! Non cercarmi più Percy, vai via!"
Nico indietreggiò lentamente, per
girare poi tutto il corpo e scappare. Ma Percy non se
lo sarebbe fatto sfuggire, non di nuovo. Lo afferrò per un polso, stringendolo
forse troppo.
"Ti prego! Perdonami. Non
riuscivo a tornare, avevo paura, ero terrorizzato di quello che avrei
ritrovato. Ma ora sono qui, vieni con me ti scongiuro"
Percy era sconvolto, davvero non
riusciva a capire. Si sentiva un po' come un bambino che il primo giorno di
scuola veniva messo vicino di banco ad uno sconosciuto; non sapeva come
comportarsi. Ingenuamente, quando era tornato a Troy, si era aspettato che Nico
lo avrebbe accolto non proprio a braccia aperte, ma sicuramente che alla fine
lo avrebbe perdonato, che tutto sarebbe tornato come prima, fra loro due. In
quel momento, però, guardando il suo vecchio amico negli occhi, tutta la
speranza che si era caricata nel suo cuore scomparve in pochi istanti.
"Non posso, scusami, non posso
venire con te"
Percy abbassò lo sguardo sul
candido polso che ancora stringeva fra le mani, quasi fosse l'unico appiglio
disponibile, l'unico sostegno che gli permetteva di non sgretolarsi. Come se
fra i due ragazzi fosse lui quello rotto, spezzato dall'esperienza, come un
vecchio vaso che inizia a creparsi senza un apparente motivo.
La pelle di Nico era liscia e
candida e il suo braccio era snello, vagamente androgino, ma in tutta quella
grazia c'era qualcosa che non andava, agli occhi di Percy.
Qualcosa di estremamente sbagliato, anche se non capiva cosa. Rimanendo in
silenzio, il maggiore girò leggermente il polso, riuscendo finalmente a
scorgere mille screziature rosate dalle misure irregolari che rovinavano tutta la parte interna del
braccio di Nico. Infine si accorse che delle cicatrici molto simili erano
presenti sulla spalla destra e se ne intravedevano alcune appena sotto le
clavicole. Quando il più piccolo si accorse di quello che stava accadendo si
sottrasse da quella presa che in quel momento gli pareva tanto debole, mentre
solo qualche minuto prima gli era sembrata una morsa fortissima. Scosse un poco
la testa, rifiutandosi di piangere ancora e tuttavia non accorgendosi che le
lacrime si stavano già facendo strada sulle sue guance.
Percy era immobile. La testa gli
sembrava troppo leggera mentre il cuore si stava facendo sempre più pesante ad
ogni respiro che inalava. Anzi, non era nemmeno sicuro che stesse respirando.
"Nico, cosa è successo...
Cosa... Cosa è cambiato?"
"Tutto, è cambiato tutto"
E il ragazzino, senza voltarsi
indietro, tornò in quella casa tranquilla all'apparenza e scivolò via dalle
mani di Percy, proprio come era accaduto quattro anni
prima; solo che in quel momento era Nico ad andarsene.
Non pioveva, ma non faceva nemmeno
bel tempo, era da tre giorni ormai che il cielo era completamente grigio,
l'aria era secca e tutti sembravano essersi fermati nelle loro case e nei loro
uffici, come se fossero in una vecchia palla con la neve che ormai nessuno
agitava da tempo. Tutto era bloccato, o almeno Percy
si sentiva bloccato. Non era più andato a lavoro,dal giorno in cui era tornato
a Troy. Tutto coraggio sprecato, continuava a ripetersi. Si sentiva un codardo,
proprio come in tutti quegli anni passati a nascondersi, a costruirsi una vita
fatta di illusioni, senza accorgersi che ci voleva ben poco a farla crollare.
Era bastato un soffio, un tutto è
cambiato, a spazzare via le sue certezze, ciò per cui si era tanto illuso.
Eppure ci aveva creduto, aveva sperato davvero che tutto sarebbe andato secondo
i piani, invece si era fatto intimidire, si era comportato come un bambino.
Quando Nico era tornato indietro, Percy era rimasto
stordito, con gli occhi spalancati e la bocca aperta; poi era entrato in
macchina per tornarsene a New York, nel suo piccolo appartamentino. Da quel
giorno aveva compiuto ogni gesto in modo automatico, senza pensare realmente.
Stava lì con il corpo,ma la sua mente era altrove. Se ne era andato di nuovo,
ma questa volta non poteva perdonarselo.
Aveva anche smesso di rispondere
alle insistenti chiamate di Annabeth e Jason, come se
non bastasse. Ma loro non potevano
capire, loro non sapevano. Percy si stava
chiudendo di nuovo in se stesso, senza voler riscuotere davvero la situazione.
Sapeva di dover fare qualcosa, ma non ci riusciva. Negli anni passati il suo
contrasto interiore si era intensificato sempre di più, finché non era riuscito
a tornare a Troy; in quei giorni stava crescendo di nuovo, fino a diventare
opprimente.
Percy si alzò dal divano, si
infilò le scarpe, prese la sua solita giacca con il portafogli in tasca e uscì
dal suo appartamento, con i capelli spettinati, la bocca impastata e gli occhi
verdi oscurati dalla tristezza e dalle profonde occhiaie.
Stranamente Percy
si stupì di vedere che la sua vecchia casa non era cambiata. Erano passati
soltanto pochi giorni da quando vi aveva incontrato Nico per la prima volta
dopo troppo tempo, ma in un certo
senso si era aspettato che fosse diversa, forse perché lui stesso si sentiva
tale.
Ormai era tardi, se non ricordava
male i primi clienti sarebbero già
dovuti arrivare. O forse Fanny aveva cambiato orari? Chissà se veniva sempre la
stessa gente; chissà se qualcuno era scappato, dopo di lui, o se erano ancora
tutti lì a marcire. Non avrebbe mai creduto di poterlo fare, e ad essere
sinceri non era nemmeno sicuro se fosse la cosa giusta, ma ormai aveva già
suonato il campanello e in quel momento non poteva fare altro che aspettare.
Una donna sulla cinquantina aprì la
porta. I capelli biondo sabbia erano laccati alla perfezione e sembravano voler
imitare la forma di una nuvola; il trucco immacolato metteva in risalto gli
occhi neri e il rossetto smagliante tingeva le labbra sottili, tirate il un largo
sorriso, che si annichilì alla vista di colui che aveva bussato la porta. Lo
aveva riconosciuto, Fanny lo aveva riconosciuto in meno di un istante. Se un
momento prima sembrava tranquilla e disinvolta, ora si irrigidì, aggiustandosi
la collana di perle attorno al collo e lisciandosi il tubino blu scuro che
indossava. Era sempre stata una persona elegante, soprattutto durante le sue soirées.
"Perce,
caro"
"Buonasera"
Gli occhi della donna lo scrutavano
da cima a fondo, implacabili; gli mettevano ansia, lo facevano sentire di nuovo
bambino, quando veniva affidato a degli sconosciuti e non sapeva cosa fare.
"E' passato tanto tempo"
"Chi non muore si rivede,
no?" Percy cercò di scherzare, anche se quella
battuta in quel momento gli parve goffa e fuori luogo.
Fanny sollevò l'angolo sinistro
della bocca, facendo formare una piccola ruga sulla pelle di porcellana. Chissà
quanti trattamenti anti età si era pagata con lo sporco denaro ricavato dalla
sua "impresa".
"Sappi che se ti trovi qui
perché vuoi dei soldi, o la mia protezione, o qualsiasi altra cosa ti possa
esser passata per quella stupida testa, sappi che io ti ho dimenticato, non
esisti per me, quindi la risposta è no"
Percy la guardò con sdegno.
"Seriamente? Non mi ridurrei
mai a tali livelli. Devo vedere una persona"
"Sono stata una benedizione per
te, ragazzino, non ti permetto di parlarmi in questo modo"
Lo sguardo di Fanny si intenerì, ma
in fondo era un'attrice, sapeva come comportarsi.
"Ho detto che devo vedere una
persona. Nico. So che è qui"
"Be', io ho già detto di no,
non puoi, Nico è impegnato"
"Chiamo la polizia se non mi
fai entrare"
"Oh, non credo proprio, non
l'hai fatto in quattro anni e come te non l'ha mai fatto nessun'altro, ho
cresciuto dei codardi, ecco"
Percy strinse i pugni e le
mascelle.
"Ho bisogno di parlargli"
"Arrivi comunque tardi, tesoro,
è diventato grandicello ormai, ti sei perso un bel po' di cose. Vai via, da
bravo, e io non mi arrabbierò, altrimenti li chiamo io i piedi piatti, stai
diventando parecchio fastidioso e tu sai bene quanto mi adori il Tenente, no?
Vai via, Percy"
"Ti pago, fammi entrare come
cliente"
"Dovresti conoscere molto bene
i miei prezzi, non scherzare"
Il ragazzo estrasse il portafogli
dalle tasche e prese di fretta parecchi dollari, porgendoli a Fanny. La donna
strabuzzò gli occhi, rimanendo comunque esitante. Era una persona molto
orgogliosa, ma alla fine la sua indole venne sconfitta dal desiderio del denaro.
Afferrò le banconote e strattonò Percy nella casa,
chiudendo forte la porta alle loro spalle.
"Vieni, ma poi non farti
rivedere mai più, ragazzino"
Fanny si fece strada in un corridoio
pieno di porte chiuse, dalle quali provenivano strani rumori, per poi entrare
in una stanza esagonale: il salotto. Era cambiato un poco, ma i mobili e il
colore delle pareti erano sempre gli stessi, quindi Percy
lo riconobbe facilmente. L'unica cosa che non gli era familiare era una piccola
porta coperta da una tendina, di quelle che si mettevano alle entrate dei
negozi. Dovevano aver aggiunto una stanza, pensò, prima non c'era.
Fanny scostò la tendina, facendo
entrare prima Percy, per seguirlo subito dopo.
La stanza era piccola e calda,
affollata. Ragazzini e adulti si mischiavano, unendosi in gruppi o in coppie.
Curioso come i più piccoli fossero quelli meno vestiti. Fra i ragazzi c'era
Nico. Percy ci mise un po' ad individuarlo, era in un
angolo, seduto su una poltrona rossa. O meglio, era a cavalcioni su un uomo,
accomodato sulla poltrona. Nico era senza maglietta, i jeans neri appena
sbottonati. Il suo corpo si strusciava su quello dell'adulto, seguendo il ritmo
di una canzone immaginaria. L'uomo gli passò una cosa nella mano destra, per
poi farlo alzare e passare ad un'altra ragazza dalla pelle molto scura e i
capelli ricci. Percy non l'aveva mai vista prima.
"Ti avevo detto che era
impegnato al momento" disse Fanny con completa noncuranza, guardandosi
un'unghia su cui lo smalto iniziava a scrostarsi leggermente.
Nico si avvicinò verso di loro,
aveva i piedi scalzi e si muoveva lentamente. Ancora non si era accorto di chi
fosse il ragazzo in compagnia della sua "mamma", o forse non era in
grado di riconoscerlo. Aprì la mano, permettendo a Percy
di vedere cosa gli avesse passato quell'uomo: una piccola pasticca bianca, che
trionfava sul palmo di Nico. Questi la guardò ancora un po', poi senza esitare
la portò alla bocca e la ingurgitò. Poi riprese a camminare a testa bassa verso
l'entrata della stanza. Era quasi accanto a Percy,
rimasto troppo sconcertato da quella visione per andargli incontro e fare tutto
ciò che non aveva potuto qualche sera precedente.
Nico alzò finalmente il volto,
accompagnando una ciocca di capelli dietro l'orecchio e sistemandosi il codino
che si era fatto per domare la chioma. I suoi occhi slittarono intorno alla
stanza, soffermandosi piano piano su tutti i
presenti. Sembrava spaesato. Poi, finalmente, si accorse di Percy.
Nico gli si avvicinò in fretta, sorridendo. Quando gli fu abbastanza vicino da
potergli parlare, sospirò. Aveva gli occhi lucidi e rossi, le pupille erano dilatatissime.
Fanny se ne andò, facendo tintinnare
la tendina alle loro spalle. Gli altri non sembravano essersi accorti
dell'intruso, che faticava ancora ad ambientarsi. Percy
si sentiva semplicemente strano. Lui stesso aveva vissuto per tanti anni quelle
cose, ma ora tutto gli sembrava così irreale da lasciarlo senza fiato.
"Hai visto?" disse Nico
con una voce che non sembrava nemmeno più la sua "Ora sono carino anche
io, ora la gente mi vuole, non devo più lavare i piatti incucina,
fanno tutti come voglio io"
E gli passò accanto con la
leggerezza di una farfalla in volo, senza dire nient'altro, facendo solo un
sorriso rivolto più a se stesso che a Percy; un
sorriso che esprimeva tutta la sua soddisfazione.
Nda
Tadaaaaaaaaaaaaa! Sono viva anch'io eheh!
Be', che dire,questa fiction mi sta
piacendo davvero, sono fiera di me, almeno per ora, e spero di continuare nel
migliore dei modi.
Okay, credo di essere stata un po'
cattiva questa volta, ma non voglio dire altro, desidero solo sapere cosa ne
pensate voi. Soooo, lasciatemi tante recensioni e io
vi darò tanti bacini. Alla prossima! <3