my
words like silent raindrops fell (and echoed in the
wells of silence)
Dovrebbe andare. Ha
gente da uccidere.
I
capelli di Andrea gli sfiorano la spalla, le dita seguono pensose le linee del
tatuaggio. Ha un profumo buono. Non è per niente come Jane, ma è buono. «Come
mai» gli dice «te la sei presa tanto parlando di Brock?
Hai – non so» sbuffa, un solletico caldo sulla sua clavicola, così basso che
riesce a sapere d’imbarazzo tanto quanto di nervosismo «hai dei precedenti in
famiglia? Tua madre...?»
«Cristo,
no.» Li percorre con la mano. I capelli di Andrea. Dovrebbe andare, ha gente da
uccidere. Ma parlare con Andrea senza guardarla lo aiuta, in qualche modo, a
distogliere gli occhi della mente dalle immagini sfocate di Combo e di
biciclette e di bambini col volto in ombra e le mani sporche di sangue. «C’era...
C’erano questi tizi che... conoscevo. Due tossici. Avevano un bambino. Un
piccoletto da niente, con certi capelli rossi, dannatamente rossi. Lui...»
Andrea
lo guarda, Jesse lo sente. Sa che in quello sguardo c’è il bisogno di sapere,
di parlarne, di qualsiasi cosa si
tratti. Deglutisce e ci prova.
«Gli
piaceva giocare a bubusettete, sai? Era bravo. Era un
fenomeno, cazzo! Se ne stava lì con le mani sugli occhi, e tu vedevi spuntare
solo quei suoi capelli rossi ed era anche facile credere che non fosse lì. È così che l’ho lasciato. Con gli occhi chiusi.
Dio, se aveva bisogno di tenerli chiusi. Perché sua madre, lei...»
Chissà
se Andrea capirà anche il silenzio. Del resto, lui non dovrebbe nemmeno essere qui.
Deve andare. Deve trovare le palle di farlo, perché va bene che il mondo è una
merda ma i bambini non meritano di veder spappolato il cervello del padre e non
meritano di essere loro a spappolare il cervello di qualcuno, ed è per questo
che è lui adesso che ha gente da
uccidere.
Il
bacio di Andrea arriva come una carezza, inaspettato. È davvero diverso da
Jane, ma va bene. E la sua voce ha suono anche senza che lui debba chiamare
continuamente lo stesso numero e annegare sempre nelle stesse quattro parole.
«Saresti
un buon padre.» Nella sua pelle dorata nuda, un po’ stanca, un po’ triste,
Andrea sorride. «È un peccato che tu non abbia i capelli rossi.»
Si
lascia baciare. Forse è l’ultima volta che lo fa, ma forse può restare ancora
un po’. Può dirle addio, così. Con Jane non ha potuto.
[ 400 parole ]
Spazio
dell’autrice
Non ho molto da
dire. Sto guardando Breaking Bad per un esame. E mi sta distruggendo pezzo per
pezzo.
Finita la terza
stagione (badate, se mi spoilerate darò i vostri nomi
a Gus ♥), ho voluto
dedicare un attimo di riflessione a Jesse e allo strazio che finora mi ha
lasciato dentro per così tante cose – Jane, il bimbo dai capelli rossi, Jane,
Andrea e Tomas, JANE.
È così confusionaria che non penso di aver effettivamente
raggiunto alcun punto preciso, ma pace, se non ti lascia in confusione questo
show non ti ci lascia niente al mondo (cosa sto dicendo? Come mi esprimo? GOD I
NEED A BREAK).
Vorrebbe essere ambientata
subito dopo il mezzo litigio tra Jesse e Andrea riguardo il “What kind of mother
are you?”, ma suppongo che possa considerarsi anche
una premessa del loro ultimo incontro, appena prima che Jesse scopra dell’uccisione
di Tomas. (T__T) Il titolo è tratto da The sound of silence
di Simon & Garfunkel. Ah, ho tradotto peekaboo con bubusettete per assonanza
italiana, va bè credo sia intuitivo.
Con questa entro
ufficialmente nel fandom, I guess.
Lucky me. *piagnucola e scappa*
Aya ~