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Autore: iosonolamiagabbia    10/02/2015    2 recensioni
Ciao a tutti. Questa è la quarta storia che scrivo. Parla di una ragazza che si iscrive in una nuova scuola ed ha un unico obiettivo: trovare il suo primo fidanzato e provare l'emozione del primo bacio. Spero di strapparvi qualche sorriso, mi sono impegnata davvero tanto, ahahahah! Le recensioni, come sempre, sono sempre ben accette! Buona lettura!
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolcetta, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SEI IL MIO ANGELO

Mi svegliai all'ospedale. La prima cosa che vidi fu il soffitto, azzurro chiaro. Mi guardai attorno: alla mia sinistra c'era una grossa finestra che dava alla stanza un'aria meno opprimente. Sempre alla mia sinistra, vicino al mio letto, c'era un comodino di legno chiaro su cui era appoggiato il mio cellulare e una lampada. Ai piedi del mio letto, c'era una pianta (probabilmente finta) nell'angolino del muro, e vicino a quest'ultima un tavolino di legno e due sedie, di legno chiaro come il comodino e il tavolo. Però, per essere una stanza d'ospedale era molto bene arredata e molto carina. Venni distratta da un "bip" che veniva dalla macchina alla mia destra che segnava il mio battito. Non avevo nemmeno notato tutti i fili e gli aghi che avevo addosso. Mi rigirai le braccia davanti agli occhi per osservare meglio quei tubicini. Osservai anche la piccola pinza attaccata al mio dito: non ero mai stata all'ospedale così tanto. Per dirla tutta, cercavo di frequentare meno possibile quei posti. L'odore di medicinale, le pareti azzurre, i lettini sparsi per i corridoi, la gente che corre frettolosa da un piano all'altro mi mettevano sempre un senso di nausea, di ansia. La stessa ansia che sentivo mi stava invadendo in quel momento e istintivamente strinsi le mani al petto.

Mi guardai di nuovo attorno e a quel punto vidi la poltrona alla mia destra. Lysandre era lì, con la testa piegata da un lato, la bocca socchiusa. Dormiva beatamente e sorrisi. Lys era un tipo strano, sì, ma la cosa più stravagante era la sua capacità di calmarmi. Quando lo guardavo o semplicemente era vicino a me, sentivo un forte senso di serenità invadermi. L'ultima cosa che ricordavo da quell'incidente era la promessa che Lys mi aveva fatto: 'No, non ti lascio!'. Ed era vero, non mi aveva lasciata. Era rimasto con me. Continuavo ad osservarlo mentre sorrideva nel sonno: era così carino!
In quel momento entrò nella stanza il dottore e vedendomi sveglia mi fece un gran sorriso: "Ivy! Sapevo che ti saresti svegliata!" Sorrisi anche io mentre il dottore si avvicinava per visitarmi. Mi tolse tutti i tubicini e gli aghi che mi immobilizzavano al letto e mi controllò gli occhi con quella piccola lucina che teneva in tasca: a vederla così sembrava una penna, anzi, ero stata sempre convinta che lo fosse. Finì di visitarmi e disse: "Hai superato bene questo mese di coma, brava!" Il mio cuore perse un battito. Coma? Un mese? Ero stata un mese in coma? Guardai il dottore con gli occhi sbarrati. Volevo chiedergli perchè, che cosa era successo, cosa mi ero fatta. Troppe domande che in quel momento non riuscivo a formulare. La mia testa era piena di pensieri, quasi mi girava. Mi voltai verso Lys con le lacrime agli occhi, che nel frattempo si era svegliato.
Vedendomi in quello stato, si alzò dalla poltrona e venne vicino al mio letto. Mi guardò con lo stesso sguardo dolce e rassicurante che avevo visto qualche tempo prima sull'asfalto. Un mese prima, per l'esattezza. Il dottore e Lys si scambiarono uno sguardo veloce e se ne andò dicendo: "Credo che la persona più adatta per spiegarti quello che è successo sia il tuo amico. Torno fra un po' per parlare della tua diagnosi. Vi lascio soli." Annuii senza guardarlo in faccia, mentre una lacrima mi scendeva lungo la guancia. Lysandre mi accarezzò una mano e avvicinò una sedia per sedersi accanto a me. Non lo guardai e chiusi gli occhi. Non volevo vedere nessuno, non volevo sentire nessuno. Avevo sempre avuto paura di morire ma in quel momento avrei preferito essere morta. Lys mi prese il viso con due dita e mi fece voltare verso di lui. Aprii gli occhi e lo guardai. Mi guardò e fece un sorriso rassicurante prima di parlare: "Hai avuto un incidente un mese fa. Sei arrivata cosciente in ospedale ma subito dopo sei andata in coma." Le lacrime scendevano dai miei occhi. "Sono rimasto qui ogni giorno. Ho pensato che dovesse esserci qualcuno nel caso ti fossi svegliata." Già, lui era rimasto con me davvero.  Riuscii solo a dire 'grazie' prima di scoppiare a piangere. Mi nascosi il volto tra le mani. Sentii le sue braccia attorno a me e mi abbandonai sulla sua spalla. Mi accarezzava la testa mentre io continuavo a piangere a dirotto. Mi fermai quando probabilmente non avevo più lacrime da piangere. Mi pulii gli occhi col dorso della mano e chiesi: "Cosa mi sono fatta?" Vidi Lys tentennare un attimo. Abbassò lo sguardo. Insistetti e parlò: "Non penso di essere la persona adatta per dirti questi particolari.." - "Dimmi quello che hanno detto a te.." Fece cenno di no con la testa. Lo sguardo sempre basso. Questa reazione non era quella che mi aspettavo, non era un buon segno. Feci un lungo sospiro e lo pregai di dirmi qualcosa. Alzò gli occhi ed esitò prima di parlare: "Io non sono esperto di queste cose. Parlavano di... trauma vertebrale, o qualcosa del genere..." - "E cosa significa? Potrò camminare ancora?" Lys mi fece un mezzo sorriso: "Certo! Certo che camminerai!" - "Te l'hanno detto i medici?" - "...no" rispose abbassando di nuovo lo sguardo. Mi lasciai andare sul cuscino e mi sfregai il viso con le mani. Cosa avrei dovuto fare ora? Bloccata in quel letto, avevo perso un mese della mia vita. Non che fosse chissà cosa, nella mia vita normale di prima, in un mese non succedeva granché, ma me l'ero comunque perso.

Lysandre si alzò e dirigendosi verso la porta disse: "Vado a chiamare il dottore, lui saprà spiegarti meglio di me. Intanto vado a prenderti qualcosa da mettere sotto ai denti." E sorridendo se ne andò.  Dopo qualche minuto entrò il dottore: "Eccomi, tesoro! Come ti senti?" - "Non lo so. Non so cosa pensare." - "Be', vediamo se posso aiutarti. Hai superato questo breve periodo di coma ed è assolutamente un buon segno." - "Ma..? - "Non c'è nessun ma. Solo..." - "Solo..?" - "Solo hai avuto un piccolo trauma vertebrale..." - "Cosa vuol dire, è tanto grave?" - "Be', vedi... non tornerai a camminare normalmente come se niente fosse. Non hai perso totalmente la mobilità delle gambe ma avrai qualche difficoltà, dovuta all'incidente e anche al periodo di coma." - "Cosa devo fare, allora?" - "Farai riabilitazione qui in ospedale." - "Quando potrò tornare a casa?" - "Per il momento è meglio che tu rimanga, è più sicuro." - "Okay..." Il dottore si alzò e dopo aver controllato la mia cartella clinica, aggiunse: "Comincerei con la riabilitazione fra qualche ora, se te la senti..." - "Certo.." - "Perfetto, allora ci vediamo più tardi.." disse e dopo averlo ringraziato, se ne andò.

Squillò il mio cellulare: erano i miei genitori. Risposi col cuore a mille, come avrei spiegato a loro tutto quello che era successo? Rispose mia madre, mi chiese come stavo e cosa facevo. Io le chiesi come facesse a sapere tutto quello che mi era capitato e disse che l'ospedale li aveva chiamati e li aveva informati. Insistettero per venire da me e fu molto difficile convincerli a non farlo. Non li volevo vedere, non volevo vedere nessuno a cui avrei dovuto dare spiegazioni. Volevo essere lasciata sola nel mio dolore. Salutai mia madre e posai il cellulare sul comodino accanto al letto. Cominciava a diventare straziante stare lì ferma in quel stramaledetto letto. Allora decisi di scendere. Misi le gambe giù dal letto: il dottore aveva ragione, fu più difficile del previsto muoverle. Probabilmente stavo facendo una pazzia. Forse non avrei dovuto sforzarmi ma non mi importava. Non avevo nulla da perdere. Cercai di reggermi sulle gambe ma ero molto debole e dovetti aggrapparmi al letto. Provai ad avanzare verso la porta. Riuscii a stento a fare dei passi, perciò mi tenni a quello che mi capitò a portata di mano. Barcollante raggiunsi la porta. Ero quasi arrivata a toccarla quando le gambe cedettero e persi l'equilibrio. Non toccai mai il pavimento perché qualcuno mi attutì la caduta, anzi, mi trattenne.

Vidi un grosso teschio davanti a me e prima che potessi sollevare lo sguardo per capire chi fosse, qualcuno disse: "Ma allora te le cerchi!" Alzai la testa e mi ritrovai a due centimetri da un paio di occhi color asfalto. Come l'asfalto che mi stava mangiando quel poco di felicità che avevo provato con Armin. Già, Armin. In tutto quel trambusto di emozioni, non mi ero preoccupata di lui. Sapeva di quello che era successo? Era venuto a trovarmi mentre ero in coma? Cosa aveva fatto in quell'ultimo mese? Sapeva che ero sveglia? Mi aveva dimenticata o sarebbe venuto da me? Mi destai da quei pensieri e mi allontanai da Castiel barcollando, tutta rossa in viso. Mi appoggiai al tavolino per reggermi in piedi: "Castiel, che ci fai qui?" - "Sono venuto a cercare Lys, dobbiamo provare..." - "Oh, credo che tornerà presto..." Castiel si sedette sulla sedia vicino alla finestra e mi guardò (o meglio, mi squadrò dalla testa ai piedi) con un sorrisetto strano: "Come sei sexy!" Mi osservai. Fino ad allora, non avevo fatto caso a quello che avevo addosso. Naturalmente non era importante. Non indossavo nulla di strano, solo le solite "camicie da notte" a pois degli ospedali. Lo guardai imbarazzata, senza rispondere. Decisi che era meglio tornare a letto, le gambe cominciavano a farmi male e poi dovevo togliermi da quell'imbarazzo. Castiel capì ciò che volevo fare e si alzò dalla sedia: "Aspetta, ti aiuto.. Non vorrei ti rompessi anche l'osso del collo.." - "Grazie, come sei premuroso!" risposi ironicamente. Sbuffò e mi prese in braccio per mettermi sul letto. Colta alla sprovvista dissi: "Potevo farcela anche da sola, non c'era bisogno che facessi tutto questo sforzo.." - "Ma quale sforzo! Ho i muscoli d'acciaio, baby!" disse con tono orgoglioso mostrandomi i muscoli ben sviluppati delle braccia. 'Sì, sì, certo!' fu la mia risposta. Castiel prese posto sulla poltrona alla mia destra e ricominciò ad osservarmi. Feci del mio meglio per ignorarlo, così controllai il mio cellulare. Quando il silenzio stava iniziando a diventare troppo opprimente e imbarazzante, entrò Lysandre.

"Eccoti, finalmente!" esclamò Castiel alzandosi dalla poltrona. Lys lo salutò e poi venne da me porgendomi una borsa di plastica: "Tieni, ho pensato che qualche dolce potesse sollevarti il morale.." - "Sei un angelo, Lys!" risposi rovistando nella busta della spesa. Mentre stavo armeggiando con un pacchetto di caramelle, Castiel si rivolse a Lysandre: "Dovremmo provare, se ben ti ricordi!" - "Non posso ora, Castiel!" - "È un mese che stiamo fermi, l'hai notato? Non possiamo permettercelo!" - "Lei ha bisogno che io... ha bisogno di qualcuno che le stia vicino!" disse indicandomi. A quel punto intervenni. Non volevo che litigassero per causa mia. Dovevo essere solo io a soffrire, senza trascinare altri con me. "Lys, non preoccuparti! Vai, il peggio è passato.." - "Ma non posso lasciarti sola!" - "Non sono sola, ci sono un sacco di infermieri e medici, andrà tutto bene!" - "Ma io voglio..." - "Devi riposarti e poi un po' di distrazione ti farà bene.." cercai di rassicurarlo. Lysandre si avvicinò e chino su di me disse: "Tornerò presto, Ivy, te lo prometto!" sorrise accarezzandomi una guancia.  

Salutai sia lui che Castiel e ripresi a mangiare dolci. Non capivo questo comportamento protettivo nei miei confronti da parte di Lys. Infondo, non ci conoscevamo neanche! Se eravamo lì era solo perché casualmente era stato il primo a soccorrermi. Mi aveva comunque sorpresa il fatto che mi avesse riconosciuta, che si fosse ricordato di me. Era così premuroso e mi riservava sempre una carezza o uno sguardo dolce. E poi era rimasto con me fino alla fine ed era la cosa che apprezzavo di più. Non potevo negare, però, che quando non c'era la sua mancanza si faceva sentire. In quella stanza ero sola, non c'era nessuno, non c'era Alexy, non c'era Armin. Non avevo avuto il tempo di pensarci e in quel momento mi pentii di aver permesso a Lys di andarsene. Quando ero sola la mia testa si riempiva di pensieri tristi. Non capivo perché cercassi sempre di eliminare Armin dalla mia mente e sentissi, invece, sempre il bisogno di Lysandre. Era strano. Era come se ci conoscessimo da una vita, come se qualcosa ci unisse e che non ci permettesse di stare lontani.

Il pomeriggio era passato molto velocemente e arrivò il momento di fare riabilitazione. Mi portarono al piano inferiore sulla seggiola a rotelle. Durante tutto il tragitto, sperai e pregai di non dover passare il resto della mia vita lì sopra.
La riabilitazione fu più difficile del previsto: non riuscivo a muovere le mie dannate gambe e mi stancai quasi immediatamente. Il dottore mi costrinse a continuare, dicendo che dovevo approfittare del momento di fatica, momento in cui la riabilitazione sarebbe stata più efficace. Fu molto doloroso ed estenuante. Dopo due ore, stavo tornando in camera mia sulla sedia a rotelle. Non sarei riuscita a camminare neanche potendo.

Mangiai nella stanza una cotoletta e basta, non era buona e non avevo fame. Prima di mettermi a dormire, chiamai i miei genitori per tenerli informati sulla mia riabilitazione. Parlai col mio fratellino, che mi raccontò dell'ottimo che aveva preso a scuola e del peluche che mio padre gli aveva regalato per premiarlo. Mio fratello era stato l'unico che mi aveva fatto ridere, l'unico lungo tutta la giornata. Quanto mi mancava! Salutai tutta la mia famiglia e mi misi a dormire. Il giorno dopo sarebbe stato difficile, come del resto tutto il periodo di riabilitazione che avrei dovuto affrontare. La mia permanenza in quell'ospedale si prospettava molto lunga. 
   
 
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