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Autore: _Sherazade_    12/02/2015    2 recensioni
C'era una volta, in un regno tanto lontano, un re solitario, tanto temuto quanto rispettato.
Attorno a questo re si erano create tante dicerie, dato il suo volontario "esilio".
Si diceva che questo re potesse controllore gli scorpioni, e che lui li mandasse in giro per i villaggi per punire i malfattori che non rispettavano la legge.
La nostra storia però non parlerà di questo re, ma di uno de suoi sudditi: il piccolo Antares, lo scorpioncino che si innamorerà di una fanciulla, e che farà di tutto per poter conquistare il suo amore.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'angolo di Cendri/Shera ^o^

Ebbene sì, sono tornata, era da un po' che non pubblicavo nulla, nonostante abbia tutti i capitoli pronti della corte, e alcuni della nuova torre.
Normalmente mettevo sempre alla fine il mio piccolo siparietto, ma data la lunga assenza ho pensato bene, o male, di anticiparlo.
A scrivere le intro faccio pena, me ne rendo conto -.-, tuttavia spero che chiunque passi di qua per leggere la mia nuova favola, possa gradirne il contenuto.
L'idea iniziale era di fare un capitolo unico, ma dato che il prologo si è dilungato molto più del previsto ho pensato di suddividere la storia.
Non penso verranno fuori troppi capitoli, contando il prologo, massimo pensavo di arrivare a tre... Rispetto alle mie solite storie direi che ci può stare XD.
Era da Settembre che continuavo a pensare a questa favoletta, che trae ispirazione sia dalle favole classiche (credo che qua sia stata influenzata maggiormente dalla bella e la bestia e dal principe ranocchio), sia dalla mitologia greca (La favola di Amore e Psiche).
Mi hanno dato l'ispirazione, però il lavoro alla fine è della sottoscritta U_U.
Bon, bando alle ciance e buona lettura.

Aggiornamento del 25/08/2015 - La storia è stata revisionata, anche se penso che in futuro le darò un'altra rilettura. Essendo un lavoro recente, ero ancora parecchio attaccata ai miei personaggi, per questo lascerò passare più tempo prima di darle una terza revisione. Spero che questa nuova versione sia di vostro gradimento ^^



 I 
 

C’era una volta, in un regno molto lontano, nascosto fra le montagne, un re tanto temuto quanto rispettato.
Il re se ne viveva da solo nel suo grande castello, e nel corso degli anni si erano create strane voci sul suo conto.
All’inizio c’erano dei servitori a fargli compagnia, anche se nessuno di loro lo aveva mai visto davvero di persona.
Se ne stava sempre nelle sue stanze e al buio. Capitava di rado che ne uscisse, e quelle poche volte pretendeva che le tende coprissero ogni finestra. Non un fascio di luce doveva irrompere nella stanza. Voleva restare solo e che nessuno gli si avvicinasse, nemmeno nella sala del trono.
I servitori dovevano stare parecchi metri a distanza da lui.
Non era un re cattivo, lui stesso una volta raccontò alla governante più anziana e fedele che aveva una particolare malattia che gli impediva di esporsi alla luce e che fosse rimasto sfigurato in gioventù proprio a causa di essa. Lui se ne vergognava molto, e per questo non voleva essere guardato.
La buona governante allora fece capire al resto della servitù il perché del comportamento un po’ difficile del loro padrone, ed essi meglio compresero la sua situazione e cominciarono a rispettarlo di più.
Arrivò però il giorno in cui il re prese la decisione di chiudere le porte del suo bel castello, preferendo la solitudine a quella minima compagnia. Chiese alla servitù di andarsene, ma non senza elargire loro un più che degno compenso per il lavoro svolto negli anni.
Il re era molto ricco e per nulla avaro. Anche per questo, nonostante la sua ritrosia e nonostante l'ennesima chiusura, la gente aveva imparato ad apprezzarlo.
Poi però qualcosa cambiò, e i sentimenti di apprezzamento si tramutarono in timore.
Si diceva infatti che il re avesse sviluppato la singolare capacità di dominare una delle creature più temute in quelle zone: lo scorpione di montagna.
Molti uomini avevano giurato di aver visto un gruppo di scorpioni aggirarsi per il villaggio, e trascinare via i delinquenti, storditi dal loro veleno.
Secondo alcuni quelle bestie erano diventate le guardie del re. Quando veniva commesso un crimine e le guardie dei paesi non riuscivano a prendere il colpevole, entravano loro in scena.
Iniettavano agli uomini malvagi un po’ di veleno, quel tanto per far perdere loro conoscenza, per poi trascinarli al cospetto del re.
Nessuno, tra quelli che erano stati catturati, fece mai più ritorno.
Erano passati tanti anni, e si diceva che il re stesso fosse diventato uno scorpione, e che fosse divenuto immortale.
In realtà, quel buon re era sempre stato diverso, non certo perché avesse una strana malattia. Quella malattia, in verità, non era mai esistita. Quella era solo una bugia per celare la sua vera natura.
Quel re non era nato umano…

Quel re era nato scorpione.

 


Ebbene sì, la storia che sto per narrarvi riguarda dei particolari scorpioni, cari alla Terra, che avevano imparato il linguaggio degli uomini. Da tanto tempo avevano ammirato quella strana creatura capace di creare tante meraviglie, e per stare più vicini a loro avevano imparato il loro linguaggio.
Purtroppo però capirono ben presto che non potevano farsi scoprire dagli umani, perché altrimenti avrebbero potuto fare loro del male per capire cosa rendesse quei particolari scorpioni così speciali.
Col passare degli anni molti scorpioni decisero di non tramandare più quanto avevano imparato, volevano discostarsi dall'uomo. Alla fine ne rimase solo uno: Sargas, il primo grande re Scorpione.
Sargas amava ancora gli umani, e li vedeva per quelli che erano: creature che avevano bisogno di una mano, e lui avrebbe potuto dar loro quell’aiuto che mai si sarebbero sognati di chiedere. Un aiuto che di certo non avrebbero chiesto a uno come lui.
Sargas compì un lungo viaggio, durante il quale crebbe, non solo interiormente: lo scorpione crebbe a tal punto da non potersi più nascondere fra le rocce. Sargas aveva raggiunto le dimensioni di un grosso ippopotamo, dimensioni degne di un sovrano.
Il buon scorpione raggiunse infine la sua meta: il tempio della Fata della Terra.
Lui le spiegò il suo grande sogno: creare un mondo in cui non solo umani e scorpioni, ma anche tutte le altre creature, potessero vivere in pace, rispettarsi e amarsi.
La fata gli spiegò allora che ci sarebbe voluto molto tempo per ottenere ciò, e che per farlo avrebbe dovuto agire nell’ombra, poiché l’uomo ancora non era pronto per capire un tale disegno. Gli disse anche che non sarebbe riuscito da solo a portare a termine il suo obiettivo. Sargas apprese queste parole con gran sconforto, ma la fata lo rassicurò. Gli disse infatti che un giorno avrebbe trovato il degno erede per portare avanti il proprio sogno. Uno scorpione che come lui sapeva guardare aldilà delle cose.
Sargas sorrise alla fata, come solo uno scorpione poteva fare.
La fata non aveva bocciato le sue idee, le sue speranze. La fata gli aveva indicato semplicemente la strada.
 
Cominciò quindi il suo regno. La fata gli indicò un castello abbandonato, che lui e i suoi vecchi amici e parenti scorpioni, avrebbero potuto risistemare, e pian piano far avvicinare gli umani.

La fata gli spiegò anche che quello era il castello di un re deceduto da tempo, il signore di una ricca vallata. Nessun erede in vita e nessun pretendente.

Lui sarebbe diventato il sovrano di quel regno, e da lì avrebbe potuto poggiare le basi per far avverare il proprio sogno.
Purtroppo però Sargas doveva agire nell’ombra, senza potersi rivelare all'uomo, e così pian piano anche la sua scintilla, il suo ardore e la sua passione andarono a spegnersi, portandolo ad allontanare anche i suoi servitori, quei pochi uomini che era riuscito a conoscere.
 
Sargas vegliava sull’uomo ancora stolto e, vedendo che questo non riusciva nemmeno a cooperare fra i membri della propria stessa razza, decise di porvi lui rimedio. Voleva capire cosa spingesse la creatura a comportarsi in quella maniera.

Fu così che cominciò, con l'aiuto dei suoi compagni scorpioni, a far portare al suo cospetto coloro che si erano macchiati dei più svariati crimini.
Purtroppo, quello che ne venne fuori, fu solo l’odio, l’invidia e la rabbia che albergavano in quelle creature.

Tanti uomini vennero condotti nel castello di Sargas, e nel corso degli anni la volontà del buon re venne messa alla prova. Sargas temeva che non sarebbe mai riuscito a trovare lo spiraglio nella creatura umana per poter creare quel mondo meraviglioso a cui tanto aspirava.

Gli scorpioni al suo servizio, che tanto lo amavano, suggerirono allora a Sargas di lasciar perdere, perché non c’era speranza di poter vivere con la creatura umana.

Il buon re continuò con la sua incessante ricerca, ma finì con l'allontanare le persone con cui aveva convissuto per svariati anni. Per lui fu una sconfitta, ma aveva capito che non era ancora giunto il momento, che avrebbe dovuto ancora attendere prima di poter vedere umani e animali vivere insieme.

Inoltre, non voleva più costringere il suo popolo a vivere segregato nel castello, per paura della reazione degli uomini che lo abitavano.

Sargas non si curò delle voci, vere o meno, che cominciarono a circolare sul suo conto. Era certo, grazie anche alle parole della fata, che un giorno le cose sarebbero cambiate.

Lui aveva una missione e, per quanto demoralizzato di fronte alla costante conferma della cattiveria sconfinata dell'uomo, Sargas era certo di poter ancora sperare in un'umanità migliore.
Quella speranza sembrava quasi sul punto di sparire, quando un giorno vide uno dei piccoli scorpioni nel parco, tutto solo, intento a fissare le mura, come se il suo sguardo potesse andare oltre.
Quando ancora c’erano gli umani non era possibile per nessuno di loro gironzolare liberi per il castello, anche se era la loro casa.
Sargas si avvicinò e il piccolo Antares sospirò.
- Dimmi piccino, cosa c’è che ti ha reso così triste? - il re pensava che Antares fosse stato messo da parte dato che nessun piccolo scorpione gli era accanto. Quando però il piccolo si girò vide una strana luce nei suoi occhi.
- Io non sono triste, mio re. - disse il piccolo rivolgendogli un sorriso.
- E allora cosa c’è che ti tormenta? - Antares assunse un’aria preoccupata. - Coraggio, puoi dirmi tutto, non avere paura di confidarti.
- La mamma mi aveva detto di non avvicinarmi al villaggio, ma io ero curioso e l’ho fatto. Dei bambini stavano giocando, io mi sono avvicinato e mi hanno preso chiudendomi poi in vasetto di vetro. - il re allora avvicinò una delle sue grandi chele al piccolo, in modo da poterlo avvicinare meglio a sé.
- Ti hanno fatto del male? - chiese con apprensione. Antares abbassò lo sguardo, e il re sentì una morsa al cuore.
- Mi spiace piccolo. Purtroppo molti umani hanno paura di noi… - ma il piccolo Antares lo interruppe.
- Una bambina però mi ha salvato, ha gridato loro di lasciarmi in pace e… - il piccolo cominciò a piangere.
- Cosa Antares? - lo scorpioncino raccontò allora al re di come quei bambini torturarono la ragazzina tirandole i capelli e schernendola, lasciandola poi coi lacrimoni da sola nel bosco vicino al loro villaggio.
Antares raccontò a Sargas che aveva cercato di avvicinarsi a lei e quando posò la piccola chela sulla gamba della bambina, lei si ritrasse spaventata, temendo probabilmente che lui la pungesse.
Antares però le rimase accanto finché non si calmò. Lei lo fissò e capì che non doveva avere paura di lui, anche se lo scorpioncino leggeva una nota di repulsione nello sguardo che la piccola gli lanciava.
Nella colluttazione con gli altri bambini le era scivolato un piccolo cesto di vimini, lei lo raccolse chiedendo ad Antares di entrarvi, dicendogli anche che non gli avrebbe fatto alcun male.

La bambina chiese ad Antares di indicargli la direzione della sua casa. Il piccolo scorpione capì che non poteva di certo farsi portare fino al castello, così condusse la bambina fino a qualche centinaio di metri lontano dal villaggio, in modo che la bambina non si perdesse per ritrovare la strada di casa.
Lei depose allora il cesto non appena Antares le fece segno di fermarsi, così gli intimò di andarsene e di non tornare più. “Voi scorpioni non mi piacete, mi fate paura e non siete per niente carini. Però anche voi avete diritto di vivere se non fate del male a nessuno. Torna dalla tua mamma, sarà in pensiero non vedendoti”.
Da allora erano passati diversi mesi, e tutti i giorni il piccolo Antares sgattaiolava nel villaggio, ben nascosto, per controllare la sua nuova amica, ed essere certo che stesse bene.
Aveva così capito che la bambina cercava di aiutare tutti gli animali, anche quelli che temeva, perché credeva nel buon cuore di ognuno di loro. Sargas sorrise.
Il suo sogno non era infranto. Una piccola scintilla ancora brillava in lui, e con il piccolo Antares e la sua avventura se ne era accesa un’altra, ancora più brillante.
- Un giorno diventerò grande e forte come te, mio re, e allora la proteggerò.
- Chi proteggerai?
- Lei, e tutti noi ovviamente. La porterò qui e ne farò la mia sposa. - Negli occhi del piccolo scorpione brillava una bellissima luce, e Sargas capì che lui era il prescelto.

Lui avrebbe posto le basi per un nuovo e brillante futuro.



 
I nomi di Sargas e Antares li ho presi in prestito dalle stelle della costellazione dello scorpione ^^


 
  
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