Videogiochi > Sonic
Ricorda la storia  |      
Autore: Phantom13    12/02/2015    8 recensioni
"-Svegliati! Svegliati, Cosmo!-
A questo richiamo, la piccola aliena schiuse gli occhi. Sbadigliò e si stropicciò le palpebre, prima di riuscire a mettere a fuoco il volto raggiante di Maria."
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cosmo, Maria Robotnik, Miles Tails Prower, Shadow the Hedgehog, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dalle mie parti, andiamo famosi per la puntualità e il tempismo ... ironicamente, io sono in ritardo di almeno un anno. 
Avevo fatto una promessa ad un amico, gli avevo detto che avrei scritto una o due one-shot su di un certo personaggio che lui apprezza moltissimo. Mi ha aspettata per tutti questi mesi e probabilmente avrà pensato che mi fosse passato tutto di mente (come del resto è plausibile, sono abbastanza sbadata). 
Eppure, io non ho dimenticato.
Ti chiedo pubblicamente perdono, F9v5. 
A te questa storia! 
 


Due ombre bianche

 
-Svegliati! Svegliati, Cosmo!-
A questo richiamo, la piccola aliena schiuse gli occhi. Sbadigliò e si stropicciò le palpebre, prima di riuscire a mettere a fuoco il volto raggiante di Maria, stagliato contro quel biancore a cui avevano fatto entrambe l’abitudine.
-Buon giorno, Maria. Che succ…- non riuscì a terminare la domanda che l’umana gioiosa l’aveva già trascinata in piedi. Sorrideva, gli occhi color cobalto scintillavano come gemme.
-Sbrigati, sbrigati! Stanno per alzarsi!- saltellò l’altra, impaziente.
Il cuoricino della piccola Cosmo di scaldò di tenerezza al fanciullesco entusiasmo di Maria, i cui capelli color sole svolazzavano tutto attorno come impazziti.
Si erano conosciute quasi un anno prima, cioè al giorno dell’incidente finale dei Metarex, e non si erano più divise, mai. Maria era stata la prima che Cosmo aveva visto al suo “risveglio”. Sempre lei era stata la prima che aveva abbracciato, in preda al dolore, alla sterminata angoscia e al disperato bisogno di consolazione. La stessa consolazione che non poteva ottenere né donare al suo amatissimo volpino, che piangeva straziato nello stesso punto in cui aveva premuto quel pulsante. Negli occhioni color primavera della ragazza, Cosmo aveva trovato conforto. Di nuovo con un punto fermo a cui ancorarsi. 
Si era stupita alquanto quando lei le aveva rivelato cosa l’aveva legata al gruppo di mobiani, li stessi con cui Cosmo aveva vissuto la sua ultima avventura. Poiché anche la giovane Maria si trovava in prossimità, nel momento in cui successe, era ovvio che li aveva seguiti fin dall’inizio per motivi suoi o era giunta in gran fretta al degenerarsi della situazione. In ogni caso, lo stupore aveva preso il sopravvento in Cosmo quando, successivamente grazie alle loro eterne chiacchierate, era venuta a sapere chi fosse il “protetto” della sua nuova compagna dal perenne sorriso. Di certo non si aspettava che un tipo spietato e tenebroso come quello potesse avere avuto un legame così profondo con una creatura dolce e solare come Maria. 
Ma la giovane umana, in quel momento, era poco propensa a lasciarla vagare nei ricordi e nei pensieri. –Muoviti! O finirai per piantare radici qui, proprio qui! Pensa al povero Tails, altrimenti!-
A quella buffa provocazione, Cosmo finalmente di scosse. L’entusiasmo di Maria rischiò di traboccare. –Andiamo, andiamo!-
Il biancore incorporeo e vagamente granuloso che le avvolgeva, senza inizio e senza fine, si aprì come un guscio d’uovo in un’esplosione di colori. Sotto di loro si spalancò una voragine, lucida e nitida, profonda come l’universo ma brillante al tempo stesso. Pareva che quel vuoto le avrebbe risucchiate entrambe, ma così non avvenne, rimasero come a galleggiare nel nulla. Non era la prima volta, anzi, soltanto la continuazione di una lunga routine ma Cosmo non potè impedirsi di rimanere ammaliata lo stesso, esattamente come la prima volta. Anche Maria squittì di meraviglia mentre l’ammasso di colori si espandeva vertiginosamente, ogni scintilla di rosso o giallo venne assorbita. Trionfavano il verde e il blu, a formare una superficie mozzafiato che ben conoscevano. Avvolta di luce epocale della stella che bruciava alle loro spalle, la faccia del loro amatissimo pianeta sorrise.
La distanza che le separava dalla Terra, anche se in realtà la distanza non era più una misura valevole per loro, si azzerò. Il manto nero trapunto di stelle lontane e vicine scivolò loro attorno senza al contempo muoversi di un millimetro, ritirandosi alle loro spalle mentre la massa d’acquarello blu scorreva loro in viso. Dal blu nacque il verde e le creste dei monti e degli alberi puntellarono di vivaci colori le loro palpebre. Dopo l’oceano di bianco in cui galleggiavano nei momenti di meritato riposo, la bellezza senza rivali dei semplici colori toglieva il fiato.
L’immagine che le aveva inglobate continuò ad evolversi, come se una gigantesca mano stesse facendo ruotare un immenso mappamondo gigante e snodabile, alla ricerca di una precisa latitudine.
Finalmente, il loro orizzonte di stabilizzò. Maria e Cosmo si sorrisero. Non v’era più traccia né del blu né del verde che avevano così piacevolmente travolto i loro sensi poco prima. Solo un arruffo informe di legno e metallo rimaneva davanti a loro. In mezzo a quel caos di macchinari, sia interi che parziali, mentre il sole del mattino filtrava da una finestrella polverosa, un volpino con due code addormentato davanti ad una pianticella in vaso mosse la testa.
Cosmo rinacque come di colpo, venne invasa dalla consueta ondata di affetto autentico e ardente. Corse da lui, gettandogli le braccia al collo lo abbracciò da dietro. Ovviamente le sue dita non toccarono il suo pelo, così come le sue braccia non toccarono il suo corpo, ma la sensazione di calore la percepì ugualmente.
-Tails! Piccolo mio!- ridacchiò, mentre il groppo di tristezza le serrava la gola. In fin dei conti, sapeva esattamente che quel gesto, come tutti quelli che l’avevano preceduto, sarebbe passato sotto silenzio, che lei non sarebbe stata notata, e che non avrebbe dato sollievo all’animo ancora sanguinante del suo amato.
Lui, ancora mezzo addormentato, mosse una mano, poi anche l’altra e infine sbadigliò. Cosmo si ritrasse, sorridendo, per lasciargli lo spazio di movimento necessario ad inarcare la schiena e allungare le braccia. Ovviamente, lui l’avrebbe semplicemente trapassata senza causare nessun effetto, ma quello di scostarsi era un istinto che non aveva ancora abbandonato Cosmo. Un riflesso del credere o del sentirsi ancora vivi.
Cosmo continuava a sorridere ma il velo di nostalgia s’era inspessito anch’esso. Avere Tails a portata di mano e non poterlo nemmeno sfiorare, né fargli capire che era ora di smettere di coltivare quel dolore, che poteva anche passare oltre, e che lei non avrebbe mai lasciato il suo fianco. Calde lacrime le punzecchiarono gli occhi.
Aveva guardato Tails che percorreva la sua vita giorno dopo giorno, lo aveva studiato con calma, osservato con attenzione. Lo aveva visto combattere, ridere, farsi male, dormire, svegliarsi, e rintanarsi vicino alla piantina in vaso a parlare e piangere. Era come se lei sentisse Tails, sia dall’interno che dall’esterno contemporaneamente. Non le era mai stata così vicina, né mai così lontana.
Tails finì di districarsi dalla nebbia del sonno e, con un ultimo scrocchio di vertebre, tornò definitivamente allo stato cosciente. Il volpino sorrise alla piantina in vaso. –Buon giorno, Cosmo.- salutò. –Spero che tu abbia dormito bene, perché io proprio non ci sono riuscito.- si stiracchiò di nuovo. –I tavoli da lavoro non sono di sicuro un giaciglio ideale, e nemmeno la posizione imposta dalla sedia.- fece una smorfia.
Cosmo rise. –Ah, io sto benone, mio caro.- Lo abbracciò di nuovo. –Ma non dovresti proprio lavorare così tanto, sai? Non fa bene alla tua salute! I cuccioli dovrebbero dormire in abbondanza. Non lavorare fino al calare della luna.-
Tails si alzò, raccolse un innaffiatoio ed inzuppò per bene la piantina. –Spero che tu abbia fame, io non vedo l’ora di fare colazione.-
-Grandioso! Andiamo!- gli rispose lei, battendo le mani.
Si voltò in uno svolazzo di vesti, raggiante di spontanea gioia e enorme felicità. Incontrò il sorriso intenerito di Maria, rimasta in disparte a guardare.
-Tu non vai a cercare il tuo scapestrato?- le domandò Cosmo.
Maria scoppiò a ridere. –Almeno tu hai quella pianta ad indicarti dove trovare Tails… Riuscire a localizzare Shadow invece a volte risulta impossibile anche per me! Uffa! Si nasconde fin troppo bene, il mio fratellino!-
Cosmo sorrise in risposta, ma un antico brivido le percorse la schiena che non aveva ormai più.
Non poteva certo di affermare di provare ancora rancore per il tentativo di Shadow di farla secca, ma la sensazione di riverenziale paura nei suoi confronti era rimasta intatta, inspiegabilmente. Le ragioni che avevano spinto il riccio a darle la caccia erano già state spiegate ampiamente e lei, da parte sua, non provava più nessun tipo di rappresaglia, anzi era fin grata del tentativo estremo da parte del riccio di proteggere i suoi amici. Eppure, anche mettendoci tutto il buon impegno di cui disponeva, pur sapendo ciò che Shadow aveva fatto per salvare Sonic e tutti gli altri (compreso il suo Tails), le riusciva difficile vederlo come un tipo … piacevole, verso cui sentirsi ben disposta. E, intimamente, era convinta che per lui fosse stato lo stesso verso di lei.
Soltanto ora, grazie alle lunghe chiacchierate con Maria, Cosmo iniziava a comprendere davvero chi fosse Shadow. Ed era un’immagine radicalmente diversa da quella che lui ostentava ogni giorno.
Mai avrebbero potuto esistere due esseri più diversi di Shadow e Maria. E mai avrebbe potuto esistere un’affinità neanche lontanamente comparabile.  Era come se lei lo leggesse, un’occhiata sola e sapeva captare i suoi pensieri. Cosmo ne era profondamente impressionata.
Quando l’aveva confessato a Maria lei aveva riso replicando. –Capire cosa passa nella mente di Tails è un gioco da ragazzi. Lui parla persino! Se invece ti ritrovi a dover comunicare unilateralmente con un tipo silenzioso e impassibile come Shadow … si sviluppa l’ingegno!- e poi, aveva aggiunto facendo l’occhiolino. –E io ho più di cinquant’anni di pratica alle spalle.-
Tails intanto s’era avviato alla porta con l’intenzione di raggiungere la cucina e di fare colazione. –Dunque ora come ci organizziamo?- chiese Cosmo, tornando al presente.
Maria fece spallucce. –Come le altre volte, se ti va bene? Tu resti con Tails, io vedo di stanare Shadow e magari di indurlo a venire qui, proprio come l’altro ieri.-
Cosmo era sempre combattuta tra la felicità di passare le sue giornate con Tails e la tristezza di dover rinunciare alla preziosa compagnia di Maria, intenta ad inseguire la sua amata Ombra.
La calma e la serenità che la ragazza bionda irradiava era qualcosa di unico, che esercitava un forte fascino su Cosmo. Maria era come un albero, flessibile ma imponente, che danza nella tempesta senza venirne turbato. Forse, la sua era la tranquillità scaturita da cinquant’anni di tregua, di riposo e di meditazione. Cosmo invece si sentiva un fuscello sballottato dalla corrente, senza radici, che cozza in qualunque sentimento, dal quale viene inabissato o sballottato.
Se Tails si prendeva un raffreddore, Cosmo era tutta angoscia e preoccupazione, uno struggersi continuo di terribili ipotesi di morte e dolore. Se Shadow affrontava da solo un esercito di mecha-anticarro armati di bazooka e lanciafiamme, Maria sorrideva e osservava la scena, talvolta seduta a guardare, talvolta saltando ovunque gridando e agitando i pungi, facendo il tifo al suo riccio preferito.
A Cosmo sarebbe piaciuto imparare da lei. Quando le aveva chiesto come riusciva a mantenere quella insradicabile limpidezza anche quando il suo protetto ne combinava una delle sue, come facesse insomma a non turbarsi mai, Maria aveva fatto un cenno verso Shadow, che in quell’occasione era seduto di fianco a loro: “Beh, mi sono fatta le ossa con il Maestro in persona!”. E Cosmo non aveva capito subito cosa intendesse dire.
Tails dunque andò in cucina, seguito a ruota da Cosmo mentre Maria sparì alla ricerca di Shadow.
Sonic si fiondò direttamente nel frigorifero, precedendo senza cortesia alcuna il suo fratellino non biologico.
-Buon giorno anche a te, Sonic.- mugugnò Tails rivolto alla scodinzolante coda di Sonic che troneggiava davanti a lui, la testa spinosa del suo amico ostinatamente smarrita nei meandri del frigo. Ne riemerse con un chili dog in una mano e una brocca di succo di frutta nell’altra.
–Buon giorno anche a te, dormiglione.- gli fece eco lui, ammiccando.
-Ciao Sonic!- salutò Cosmo. Ben sapendo che lui non avrebbe potuto sentirla, aveva deciso comunque di partecipare alla vita che fremeva davanti a lei, come a far finta di essere ancora in carne ed ossa.
Il riccio tracannò il succo e fece strage del chili dog. –Programmi per oggi?- domandò.
Tails fece spallucce. –Se riuscissimo a trovare un robot di Eggman forse potremmo sgranchirci un po’. Altrimenti vacanza spudorata.-
Cosmo esultò. Non c’era nulla di più appagante per lei che osservare il suo tesoro intento nelle sue occupazioni quotidiane, nei gesti di tutti i giorni. In quei momenti, lo sentiva particolarmente vicino.
La porta si spalancò, una furia rosa sfrecciò all’interno, passò attraverso Cosmo e placcò inesorabile lo sventurato puntaspilli blu.
Cosmo, si ritrasse di lato per non venir travolta di nuovo. Osservò il mal riuscito tentativo di fuga dell’eroe, mentre Amy reclamava la sua preda con gioia entusiastica.
Se nel cuore della piccola aliena vegetale regnava incondizionata gratitudine per Sonic, altrettanto valeva per Amy. Il primo aveva salvato Tails strappandolo dal baratro di depressione in cui aveva rischiato di sprofondare, causa sensi di colpa e dolore per la perdita. La seconda aveva donato a Cosmo indimenticabili ricordi, l’unica ricchezza immortale. “Oltre a Shadow!” avrebbe ribattuto Maria.
Sonic si districò dall’abbraccio di Amy, scattò in piedi e fece quattro passi indietro. Amy sfoderò il martello. –Torna qui, amore mio! Oggi non ti ho ancora dato il buongiorno come si deve.-
Cosmo si ritrovò di nuovo involontariamente al centro della scena, tra lo sguardo implorante di Sonic, quello indemoniato di Amy e quello di Tails, adorante, che ammirava con amore una fetta di torta alle ciliegie, regalo di Vanilla. Realizzò che nessuno l’avrebbe più trapassata per il semplice fatto che era entrata senza accorgersene in un tavolo.
Poi il pavimento tremò ed una conosciuta risata gutturale fece loro capire che la colazione, le coccole e i pugni sarebbero dovuti venir rimandati. Anzi, i pugni forse no.
Eggman s’era presentato alla porta a cavallo di un mostruoso robot bipede, dalla testa vagamente simile a quella di un aquila. Rideva, il megalomane, si spanciava dal ridere. –Speravo tu fossi ancora addormentato, inutile palla di spine! Sono venuto a svegliarti di persona!-
-Stai invecchiando, mio caro. Una volta facevi battute migliori!- ribattè Sonic, fiondandosi fuori dalla porta seguito a ruota dagli altri tre.
Cosmo si portò una mano alla bocca, preoccupata. E se Tails fosse stato ferito? E se Eggman avesse catturato Tails? E se …?
Ma il sorriso che aleggiava sui volti di tutti gli altri erano in netto attrito con la smorfia di Cosmo.
-Apriamo le danze?- domandò Sonic con aria beffarda.
Eggman ghignò. –Un bel valzer, sì.-
Quattro missili vennero sparati contemporaneamente dal mostro di metallo. Amy si gettò a destra, Tails a sinistra, Sonic era già corso incontro al robot. Cosmo, in disparte, osservava impotente gli eventi.
Sonic fece una corsa attorno al robot, attirando l’attenzione telecomandata di tutti e quattro i missili. –Amy! Distrailo! Tails! Cerca il suo punto debole!-
Poi il riccio blu spiccò un balzo, colpì con un calcio laterale il primo missile che andò ad esplodere contro il robot mastodontico. L’onda d’urto lo sbilanciò alquanto. Sonic atterrò, scattando poi di lato e facendo schiantare a terra il secondo missile. Un cratere fumante aveva devastato il bel giardino di Tails (Cosmo rabbrividì per le belle piante distrutte), ma nessuno degli altri, occupati da ben più urgenti problemi, parvero farci caso. Mentre Amy correva all’attacco, Sonic scartò a destra, schivando un missile che però non si schiantò: compì un'ampia curva prima di tuffarsi di nuovo all’inseguimento del riccio. Sonic già correva, con il quarto missile sempre il coda. Agile più di un gatto, saltò addosso all’enorme robot, attese che il quarto e il terzo missile lo raggiungessero e spiccò un notevole balzo in aria. La doppia esplosione devastò il fianco del robot che venne destabilizzato all’indietro, pericolosamente sull’orlo della buca causata dalla precedente esplosione. Amy entrò in scena al momento più opportuno: caricò il colpo e sferrò una possente mazzata sulla gamba più salda del robot, sbilanciandolo definitivamente. Per rimanere in piedi, Eggman costrinse la macchina a compiere qualche passo e la buca raggiunse il suo scopo. Il piede metallico affondò nell’inaspettata voragine e perse definitivamente l’equilibrio.
Cadde all’indietro con un fragore spaccatimpani e le poche piante ancora intatte vennero polverizzate. Eggman venne sbalzato fuori dalla sua postazione e rotolò fino a schiantarsi contro il tronco di un albero.
Mentre la sua macchina di distruzione tentava invano di rialzarsi, e mentre lo scienziato tentava di capire cos’era andato storto così in fretta, Tails si avvicinò per sferrare il colpo di grazia.
Recuperato una canna dell’acqua da giardino, corse rapidissimo fino alla fiancata del robot sfondata dagli ultimi due missili e annaffiò con cura i suoi circuiti. L’elettroshock che ne seguì fu devastante. Scariche elettriche attraversarono la macchina da un capo all’altro, cavi e giunture bruciarono e getti di fumo proruppero dagli occhi e dalla bocca del mecha, così come da ogni altra apertura.
Sonic, Amy, Tails e Cosmo si riunirono davanti alla porta d’entrata.
-Dunque, testa d’uovo? Tutto qua quello che hai da offrire quest’oggi?-
Eggman era palesemente disorientato. –Ehm … evidentemente, il mio piano non era perfetto come pensavo.- borbottò sotto ai baffi. –Ma non finisce qui!- scandì con la solita arroganza. –Tornerò!-
Dal rottame si liberò il classico e buffo mezzo di trasporto ovale dello scienziato. Eggman sfrecciò via a tutta velocità.
-Scusate ma che diamine era quello?- chiese Tails, sempre sbadigliando.
-Oh, nulla.- rise Sonic. –Anche lui oggi era addormentato.-
Normale amministrazione quotidiana! Scherzando e ridacchiando tornarono dentro a fare colazione. Cosmo li seguì, straripante d’orgoglio per il suo eroe bicode e di felicità. Per essere tornata a vivere avventure insieme ai suoi più cari amici.
 
Trovare Shadow era stato meno complicato del previso. Maria non aveva problemi a rintracciarlo, a meno che lui non corresse alla sua classica velocità, con la quale lei non poteva competere.
Quel giorno, niente corse per Shadow.
Aveva camminato senza meta da mattina a sera, con la mente persa chissà dove. Infine s’era fermato in una radura in riva ad un lago e lì s’era seduto. Lì erano tutt’ora.
Maria l’aveva seguito con calma, stando al suo passo. Gli aveva raccontato come sempre aveva fatto negli ultimi cinquant’anni la sua giornata e i suoi pensieri. Era un modo per combattere la solitudine, diceva lei.
Ma, finito di raccontare, l’incolmabile silenzio di Shadow aveva vinto ancora una volta. Questo suo aspetto non era cambiato molto dai tempo dell’ARK. Così avevano camminato e basta, Maria si era goduta semplicemente le fronde degli alberi, il cinguettare degli uccellini, l’acqua fresca che frusciava sulle rive del lago e la presenza del centro della sua esistenza che procedeva accanto a lei a passi lenti, sempre cupo. Probabilmente, anche la mente di lui era proiettata verso di lei.
Quanto avrebbe voluto dirgli che l’oggetto di tutti quei silenzi era giusto di fianco a lui!
I ricordi del periodo in cui Shadow aveva cercato la vendetta erano ancora ben presenti in lei. L’idea, la sola idea della disperazione più nera che lui aveva dovuto serbarsi dentro, compressa in cinquant’anni di buio, era insopportabile per Maria. Riusciva a sento ad immaginare quale strazio aveva albergato in lui, e per la bellezza di mezzo secolo, ininterrotto e privo di vie di scampo, di modi per distrarsi. Solo e condannato a doversela vedere con i propri demoni ogni singolo minuto, ogni secondo. E in cinquant’anni di secondi ce ne sono davvero troppi. Aveva pianto a lungo, accoccolata contro quella capsula gelida nei meandri di Prison Island, impotente a tirar fuori il suo migliore amico da quell’inferno interiore.  
Un sorriso triste piegò le labbra di Maria, seduta in riva al lago. Shadow si voltò verso di lei, come se avesse sentito la sua presenza. Ovviamente, il suo sguardo andò a vuoto. E quel non-vedere ebbe come sempre l’effetto di una stilettata di ghiaccio per Maria. Quanto avrebbe voluto…!
Ora era seduta contro di lui, mano stretta nella sua, testa poggiata alla sua spalla. Lo ascoltava respirare, cullata dal ritmo del suo cuore. La sua pelle le tramandava il tepore della luce.  Il sole morente toccava le cime degli alberi, l’acqua era uno specchio infuocato, le nuvole lembi di fiamma.
-Che magnifico tramonto!- commentò Maria, occhi al cielo.
-Lo è.- rispose Shadow, occhi a terra.
 
 
 
  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Sonic / Vai alla pagina dell'autore: Phantom13