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Autore: Whatadaph    13/02/2015    5 recensioni
Il Mondo Magico vive nella pace, almeno finché una serie di eventi misteriosi non giungono a sconvolgere l'equilibrio faticosamente ricostruito nel corso di lunghi anni.
Un Torneo Tremaghi, un incantesimo annullato, oggetti di grande valore trafugati senza un motivo apparente; inspiegabili avvenimenti ed enigmi irrisolti si sovrappongono, conditi con qualche segreto di troppo: segreti che forse sarebbe stato meglio svelare a tempo debito.
I ragazzi di una generazione felice sono destinati a scoprire a loro volta cosa significhi sentire il pericolo sulla propria pelle.
"Hai paura?"
"Sì. Una paura matta."
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Louis Weasley, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Metamorphosis'
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EPILOGO
 
15 giugno 2027
Godric’s Hollow, Inghilterra
Dieci del mattino
 
Hugo non aveva affatto dimenticato la scatola.
Certo, non era il suo pensiero fisso. Con il tempo aveva messo da parte quel parallelepipedo di cartone blu scuro decorato a motivi di astrolabi, con tutto il suo contenuto; l’aveva seppellito in un angolo recondito della mente, sotto uno spesso strato di ricordi nuovi e decisamente più rilassanti. Ovviamente di tanto in tanto il pensiero saltava fuori e per qualche istante lui si perdeva in rimembranze, vagamente trepidante, con il cuore che accelerava i propri battiti, come se, in qualche modo, volesse pensarci ma non osasse.
Durava alcuni istanti. Poi la sensazione scemava lentamente e lui si sentiva sollevato.
Per i minuti successivi, di solito Hugo era colto a intermittenza dalla tentazione di tornare sull’argomento e fare letteralmente il bagno nei ricordi. Il che era curioso, perché ne aveva voglia e paura al tempo stesso. Chissà. Non riusciva a spiegarselo, ma, contrariamente al solito, non aveva trascorso troppo tempo a lambiccarsi sull’argomento: avrebbe significato pensarci, e questo lui non poteva permetterselo. Non voleva, forse.
Passati quei minuti, tornava a dimenticarsene, di solito per qualche settimana o addirittura diversi mesi. Poi se ne ricordava e ricominciava il ciclo.
Quella mattina era tornato a pensare alla scatola.
Era stata tutta colpa di quel maledetto gufo che l’aveva buttato giù dal letto alle otto del mattino, di sabato. Dopo il turno al bar, la sera prima, aveva in programma di dormire almeno fino alle undici e poi mettersi sui libri.
Non ragiono allo stesso modo se non dormo tanto e bene.
Solo un altro residuo di quell’anno disastroso. Della dannata scatola.
Il gufo aveva battuto con il becco sul vetro della sua finestra per cinque minuti buoni e infine Hugo si era deciso ad alzarsi dal letto e andargli ad aprire, visto che aveva iniziato a sentire mugugni seccati dei suoi coinquilini provenire dalle altre stanze. Del resto quello era proprio un gran fracasso.
Dai cieli di Londra quel gufaccio del malaugurio era piombato nella sua stanza, aveva lasciato cadere una lettera sulla moquette azzurrastra del pavimento; dopo un’occhiata snob nella sua direzione e un frullo d’ali, era tornato a uscire.
Sulla lettera era scarabocchiato solo il suo nome. In inchiostro blu. Con una grafia che probabilmente Hugo non avrebbe mai dimenticato: lo avevano investito i ricordi e il pensiero della scatola.
La scatola.
Si era vestito, aveva fatto colazione e si era Materializzato a casa dei suoi genitori, dove aveva fatto di nuovo colazione ed era salito nella sua vecchia stanza, piena di libri di scuola e leggermente impolverata.
Aveva aperto il secondo cassetto della scrivania, scostato un po’ di carte. Ed eccola lì.
La scatola.
Hugo riassestò gli occhiali sulla punta del naso, scostò una ciocca di capelli rossi dalla fronte e sospirò profondamente; accarezzò i lati della scatola, poggiata di fronte a sé sul piano della scrivania, spazzò via la polvere dal coperchio con le lunghe dita.
Quindi l’aprì.
Era ancora tutto là, radunato con ordine, esattamente come l’aveva lasciato tre anni prima, quando aveva chiuso quella scatola per l’ultima volta. Il mazzetto di carte francesi ordinatamente impilato, le icone, la Pietra della Resurrezione avvolta in un fazzoletto di cotone, per sempre separata dagli altri Doni.
La Bacchetta di Sambuco era stata rimessa al proprio posto nella tomba di Silente, ma spezzata, cosicché nessuno avrebbe più potuto usarla. Il Mantello era di nuovo nelle mani di Albus. Stando così le cose, quando Hugo aveva chiesto timidamente di poter tenere la Pietra, il Ministro aveva acconsentito.
Di colpo una morsa lo aggredì allo stomaco. Non voleva ricordare. Non voleva abbandonarsi. Non adesso.
Non voleva leggere la lettera di Tony Menley.
Così lasciò perdere e mise la busta nella scatola, richiuse il coperchio, infilò tutto nella borsa a tracolla, fianco a fianco con i manuali universitari di Aritmanzia Comparata e Trasfigurazione Avanzata.
Emise un sospiro lieve e affondò la mano nella tasca della giacca, cercando il cellulare. Scorse brevemente la rubrica alla ricerca di un numero ben preciso e fece partire la chiamata: squillava.
“Pronto?” rispose Lily dall’altra parte.
Come sempre, Hugo si sentì decisamente meglio nell’udire la voce della cugina. Anche se non l’avrebbe ammesso neanche con una bacchetta puntata alla tempia. “A che punto sei, Lils?”
“Sono già in biblioteca. Fuori dalla biblioteca, tecnicamente.” Stava fumando: Hugo la sentì sbuffare via una boccata.
“Aspettami lì,” disse. Riattaccò e girò su se stesso, per riapparire neanche un secondo dopo davanti alla pacchianissima facciata della Biblioteca Magica Britannica.
Lily era lì, dritta come un fuso sulle gambe. I suoi capelli, tagliati di fresco all’altezza delle spalle, mandavano riflessi ramati nella mattina di giugno; aveva una sigaretta tra le dita e accanto ai piedi una borsa più grossa di lei, probabilmente contenente diversi codici di Magisprudenza.
“Ciao, Hughie.”
“Ciao, Lily.”
“Hai una faccia strana.”
Hugo scrollò le spalle. “Sono solo stanco…” Non era del tutto un bugia. “Ieri ho fatto il turno serale al bar e mi sono svegliato presto stamattina.”
Lily sollevò leggermente un sopracciglio, ma non fece commenti. Gettò a terra la cicca e la calpestò con la punta del piede. “Andiamo, dai,” gli sorrise appena, furba, con gli occhi scintillanti. “Dopo mi dirai perché hai una faccia strana.”
“Va bene.” Hugo la seguì oltre il grande portone d’ingresso, sentendosi improvvisamente privato di un peso.
Dopotutto, più tardi ne avrebbe parlato con Lily. Si sarebbero seduti a bere un caffè da qualche parte, avrebbero schiuso la scatola, aperto la lettera, ricordato insieme. Anche se probabilmente dopo avrebbero avuto bisogno di qualcosa di un po’ più forte di un caffè.
“Ehi, Lils.” Le si accostò e le strinse appena il gomito. “Dopo ci beviamo qualcosa?”
Lei annuì dopo avergli gettato un’occhiata fugace; gli accarezzò leggermente la spalla.
Come sempre, aveva capito.
 
****
 
15 giugno 2027
4, Privet Drive
Little Whinging, Surrey
 
Elizabeth Dursley uscì dalla porta d’ingresso, percorse metà del vialetto, attraversò diagonalmente il praticello ben curato e andò a sedersi sulla vecchia panchina scrostata in mezzo alle begonie, proprio accanto alla finestra del soggiorno.
Era di pessimo umore.
Sbuffò seccata e accavallò le gambe ossute, ponderando se allontanarsi di qualche metro a fumarsi una cicca di nascosto dal vicinato oppure accendersela lì, sfacciatamente. Alla fine propese per la seconda ipotesi, come sempre quando c’era da scegliere tra qualcosa che avrebbe potuto evitare un fastidio a qualcuno e qualcosa che l’avrebbe causato.
Provocatoria. Si accese la sigaretta e sogghignò leggermente, ma non era un vero sorriso. Era troppo di cattivo umore e troppo lontana da Hogwarts e per sorridere. Mancava così poco al suo diciassettesimo compleanno... Solo poche settimane. Eppure ancora non poteva compiere magie durante le vacanze: non l’aveva mai trovato così frustrante.
Dall’interno si levò la sigla del notiziario, che i suoi genitori guardavano sempre il sabato mattina, dopo aver fatto colazione con tutta la famiglia.
Elizabeth soffiò via una boccata, attenta a fare in modo che la piccola nuvola di fumo non passasse davanti al bovindo del soggiorno: un conto era rischiare di essere vista dal vicinato, un altro fumare direttamente davanti a sua madre.
La voce del presentatore in televisione arrivava fino alle sue orecchie, nonostante la finestra fosse chiusa: suo padre cominciava a diventare leggermente sordo e aveva preso ad alzare il volume praticamente al massimo.
… In diretta dal centro di Londra: Steve Banks sul clamoroso furto alla National Gallery… Cosa ci dici, Steve?”
“Qui c’è proprio una bella confusione. Ancora non ci sono state dichiarazioni, ma è chiaro che la situazione non sia del tutto sotto…”
Ma Elizabeth smise di ascoltare. Dal piano superiore provenne improvvisamente il suono di una chitarra elettrica a tutto volume.
“Ehi, Max!” gridò Lizzy. “Stai diventando sordo come papà?!”
Naturalmente, con l’amplificatore al massimo il fratello non la udì. Ma non le importava: si sentiva di umore vagamente migliore.
Erano solo due mesi, del resto.
Doveva resistere solo due miseri, lunghissimi mesi, e poi… Poi sarebbe tornata a Hogwarts, finalmente.
Guardò il cielo azzurro e si rilassò contro lo schienale della panchina, godendosi il sole. Sorrise.
 
 
 


 
Note dell’Autrice
 
Infine ci siamo.
È finita.
Mi fa un effetto piuttosto strano, devo dire. Ho diverse cose da dire e lo farò in breve. Prima di tutto volevo ringraziare tutti coloro che hanno seguito, “preferito”, “ricordato”, commentato, apprezzato e letto questa storia. Un grazie speciale a tutti voi, davvero: con il vostro entusiasmo e la vostra simpatia mi avete sempre incoraggiata ad andare avanti a scrivere. Dunque un bacio gigante per voi.
In secondo luogo, volevo dirvi che mi sono divertita da pazzi nello scrivere questa storia e condividerla con voi. È stata una delle esperienze più divertenti della mia vita… Nell’ultimo anno la mia attenzione e presenza si è un po’ diradata a causa dei numerosi impegni universitari e non, ma sappiate che ho sempre avuto in mente questa storia, questi personaggi, questi lettori (insomma, non vi ho chiuso in una scatola come ha fatto Hugo). Ho adorato scrivere questa storia e descrivere tutte le cavolate dei miei personaggi, che non abbandonerò tanto facilmente… E qui il punto tre.
Tre: ci sarà sicuramente un sequel e forse il prequel promesso, anche se saranno di certo più brevi e soprattutto non posso dirvi di preciso quando li pubblicherò, perché non voglio finire come durante l’ultimo anno a scrivere un capitolo ogni sei mesi e quindi aspetterò di averne un po’ pronti prima di iniziare a metterli sul sito.
Quattro: grazie. L’ho già detto nel punto uno? Lo ripeto. GRAZIE GRAZIE GRAZIE. Vi adoro tutti. Sniff.
Vado per non commuovermi, ragazzi.
Un bacio enorme e a presto,
Daph
 
 

 
   
 
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