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Autore: B e l l e    13/02/2015    4 recensioni
SPOILER 4x11 e 4B
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"Gli aveva detto addio tante volte, lo aveva perso a causa dell'oscurità, della debolezza e, addirittura, della morte. Lui era sempre tornato da lei. Lo aveva sempre ritrovato. Questa volta era stata lei a mandarlo via togliendogli ogni possibilità di tornare indietro, per salvaguardare una città dalle malefatte di una bestia. Sì, perché aveva chiuso gli occhi, aveva smesso di guardare in profondità, di cercare l'uomo dietro la bestia."
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"Il male che le parole di Belle gli avevano fatto era ancora fresco e il solo pensiero – "Non voglio perderti" – "Ormai mi hai già persa" – squarciava la sua anima già frammentata in pezzi ancora più piccoli e logori."
"Chi avrebbe potuto restituirgli la speranza?"
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Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Crudelia De Mon, Ruby/Cappuccetto Rosso, Signor Gold/Tremotino
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Where's the man behind the beast?

 

 

 

All is lost, hope remains.


 

Lo aveva fatto davvero. Quasi non riusciva a crederci, ma lo aveva fatto: aveva esiliato Rumplestiltskin da Storybrooke e lui non sarebbe più potuto tornare; lo aveva spinto oltre il confine, grazie al potere che il pugnale dell'Oscuro aveva su di lui, e lo aveva visto sparire nel nulla. Non aveva udito la sua voce implorante che la chiamava, non aveva visto la sua gamba cedere a causa della ferita 'di guerra', né il suo corpo privo di magia accucciarsi sul cemento freddo o le lacrime che continuavano a scendere sul suo volto disperato.
"In passato ho visto l'uomo dietro la bestia, ora vedo solo una bestia." – questo gli aveva detto, ma la persona al di là del confine sembrava tutto meno che una bestia; sembrava solo un uomo terrorizzato dalla vita, spezzato dal dolore, distrutto dalla perdita...
Belle non aveva pensato a lungo alle conseguenze del proprio gesto, aveva reagito d'istinto quando si era accorta di tutte le bugie che suo marito le aveva raccontato mentre faceva i suoi sporchi comodi; aveva trovato quel guanto, lo stesso che un tempo Rumplestiltskin aveva scambiato per salvarla, lo stesso che, a quanto pareva, il Signore Oscuro si era ripreso con la forza. Non aveva scelto lei, lui voleva tutto.
Aveva azionato quel guanto, il suo potere di trovare la debolezza più profonda di una persona, e così, aveva trovato la debolezza più grande di Rumplestiltskin: il vero pugnale. Quello che aveva lei era un falso, il pugnale dell'Oscuro era ben nascosto; probabilmente, Rumplestiltskin se ne serviva per i suoi scopi, per liberarsene senza perdere i poteri, come diceva lui. Rumplestiltskin voleva tutto e, adesso, non aveva più niente.
Belle si era resa conto di aver perso la propria strada, nel tentativo di aiutare il suo Vero Amore a trovare la sua, a combattere l'oscurità; si era accorta di aver fatto qualsiasi cosa per Rumplestiltskin, mentre lui non l'aveva mai messa al primo posto, aveva sempre preferito il potere. Per questo, gli aveva urlato in faccia tutto il dolore che provava, tutta la rabbia nei confronti dell'uomo in cui aveva riposto la propria fiducia, che aveva amato incondizionatamente, nonostante l'oscurità che lo affliggeva.

Erano passati giorni dall'esilio di suo marito, da quell'addio non pronunciato, ma così tangibile nell'aria fredda di Storybrooke, e Belle aveva occupato il tempo sistemando la biblioteca: aveva riordinato i libri per genere, autore, lettera... non sapeva nemmeno lei quanta precisione ci avesse messo; aveva spolverato gli scaffali, i tavoli, il bancone della reception; aveva lavato il pavimento e le vetrate, che adesso risplendevano come non mai. Nelle ore dei pasti si recava da Granny's e regalava il solito sorriso alle persone che incontrava, ignorando gli sguardi preoccupati che alcuni di loro le riservavano; preferiva sedersi da sola e mangiare in fretta, ma non rifiutava se qualcuno la invitava al proprio tavolo.
Belle si mostrava forte e solare con tutti, come aveva sempre fatto, ma c'era un motivo per cui aveva pulito e ordinato ogni angolo della biblioteca, e un altro per cui lo aveva fatto così minuziosamente: tenersi occupata e impegnarsi in ciò che faceva non le dava modo di pensare a suo marito; farlo lentamente e scrupolosamente ritardava il momento in cui avrebbe dovuto dedicare le stesse attenzioni al banco dei pegni del signor Gold.
Quel giorno, però, era arrivato e Belle non aveva più scuse per non aprire la porta del negozio, rimasto chiuso da quando Rumplestiltskin aveva lasciato la città. La polvere si stava accumulando più del solito, c'erano tante cose da mettere a posto, era passato parecchio tempo dall'ultimo inventario e, come se non bastasse, aveva lasciato lì dentro vestiti e oggetti personali che avrebbe dovuto trasferire nel piccolo appartamento sopra la biblioteca, nel quale si era sistemata.
Girò la chiave nella toppa e sentì la campanella sulla porta suonare, mentre entrava nel negozio. Il suo sguardo iniziò a vagare per tutta la stanza e mancò un battito quando si posò sulla porta che dava sul retro: quanti bei momenti aveva passato insieme a suo marito in quel locale?
I suoi occhi si inumidirono e un groppo si formò nella sua gola. Anche se non voleva ammetterlo, Rumplestiltskin le mancava in maniera incredibile, come se si fosse strappata via un pezzo di cuore, la metà dell'anima. Reprimeva il dolore in ogni modo possibile, non mostrava agli altri il ben che minimo segno di cedimento, prendeva un sonnifero prima di dormire per non permettere alla sua mente di vagare tra i ricordi, ma questi scalpitavano per trovare spazio tra i suoi pensieri e, di tanto in tanto, il viso di suo marito in lacrime faceva capolino.
Mosse qualche passo in direzione della porta che dava sul retro, quando sentì la campanella del negozio trillare, indicando la presenza di un'altra persona.
Belle deglutì a fatica e prese in mano il primo oggetto che trovò.
"Mi dispiace, il negozio è chiuso" disse, senza voltarsi, con un tono poco più alto di un sussurro.
"Belle..."
"C'è così tanto da fare qui dentro, guarda lì... scusa, ma non ho tempo."
"Belle..."
"E l'inventario..."
"Belle, smettila!" Ruby la prese per le spalle e la voltò verso di sé; la guardò dritta negli occhi e scorse il leggero velo che offuscava le sue iridi blu, quelle lacrime represse che cercavano di uscire.
Belle guardò l'amica per un attimo, cercando di mascherare il proprio stato d'animo, poi abbassò gli occhi e si scostò; prese uno straccio ed iniziò a spolverare distrattamente l'oggetto che aveva in mano – una statuetta di chissà quale provenienza – dando di nuovo le spalle all'amica.
"Davvero, Ruby. Guardati intorno, non vedi la polvere, il disordine...?"
"Io vedo solo l'ombra del signor Gold incombere da ogni parete, sopra ogni oggetto e in fondo ai tuoi occhi. Devi smettere di far finta che tutto vada a gonfie vele, sopprimendo il dolore che hai dentro. Ti fai male così, Belle. Ti fai più male" constatò Ruby, fermandola di nuovo.
"Ho pianto abbastanza per lui, non credi? Adesso basta. Ho preso una decisione e sto cercando di ritrovare la mia strada, di ritrovare me stessa. Non è facile e il trascorrere del tempo non lo renderà più semplice perché... perché io continuo ad amarlo e..." la voce di Belle si spezzò, "mi manca da impazzire..." la testa bassa, la schiena appoggiata al banco, il groppo in gola sempre più opprimente, le mani tremanti...
Ruby l'abbracciò. "Piangi, Belle. Devi piangere, devi sfogarti. Anche se fa male, devi pensare a tutto quello che è successo, devi riviverlo ancora e sputare tutto il dolore che ti corrode l'anima."
Belle scostò l'amica. "Perché? Perché mi dici di soffrire ancora per lui? Perché non posso andare avanti e basta? Non credi che abbia preso la decisione giusta?"
"Oh, altroché se hai fatto bene a reagire così, ma spesso l'adrenalina del momento oscura la mente. Tu non stai andando avanti. Tu stai ammassando la polvere di questi locali in modo che riempia il vuoto che hai nel cuore. Ti ho osservata in questi giorni, sai? Tu sorridi, ti comporti come al solito, ma i tuoi occhi non brillano più."
Ormai le lacrime erano riuscite a scappare dagli occhi di Belle e le rigavano le guance, mentre la ragazza ascoltava l'amica, fissando il pavimento. Ruby l'abbracciò di nuovo e l'ascoltò singhiozzare sulla sua spalla. Si sentiva così triste per quella giovane donna, che aveva atteso un po' prima di presentarsi da lei; sperava che fosse la sua amica a cercare conforto da lei, a confidarsi, perché non voleva costringerla a rivivere determinate emozioni, ma non riusciva più a sopportare quegli occhi spenti e quel sorriso finto. Belle doveva buttare fuori quel tormento che teneva chiuso nel profondo del suo essere.
"Puoi lasciarmi sola, per favore?" chiese Belle, sollevando la testa.
"D'accordo." Ruby le sorrise dolcemente. "Ti aspetto a cena" concluse e, con un cenno di saluto, uscì dal negozio, sperando che l'amica seguisse il suo consiglio.
Belle si asciugò gli occhi. Ruby aveva ragione: non si stava riprendendo la propria vita, stava affossando il dolore, aveva perso la speranza, odiava se stessa per aver agito in quel modo drastico e senza via di uscita. Aveva usato il pugnale contro di lui, e non era neanche la prima volta, nonostante nell'altra circostanza l'arma non fosse autentica... almeno lo credeva, non lo sapeva neanche lei quante volte aveva avuto in mano il vero pugnale e quante no. Rimaneva il fatto che il suo gesto era stato orrendo: aveva controllato l'uomo che amava, senza dargli modo di protestare o ribattere; lui aveva eseguito il suo ordine senza poter far niente per evitarlo. Lo meritava, e lo sapeva bene, ma il fine non giustifica i mezzi. Si era comportata esattamente come lui e non poteva accettarlo.
"Non potrò più tornare" – "Lo so". Ma lo sapeva davvero? Ci aveva pensato a fondo?
Belle entrò nella stanza sul retro del negozio e si chiuse la porta alle spalle, appoggiandovi la schiena e fissando il vuoto. I suoi occhi si fissarono sulla sedia vuota sulla quale suo marito si sedeva spesso per riposarsi o per controllare le scartoffie della contabilità. L'ultimo raggio di sole di quel pomeriggio filtrava dalla finestrella in alto e creava delle ombre nella stanza semibuia. Quella sedia sembrava più vuota che mai, perché Rumplestiltskin non sarebbe rientrato e non ci si sarebbe seduto più. Gli aveva detto addio tante volte, lo aveva perso a causa dell'oscurità, della debolezza e, addirittura, della morte. Lui era sempre tornato da lei. Lo aveva sempre ritrovato. Questa volta era stata lei a mandarlo via togliendogli ogni possibilità di tornare indietro, per salvaguardare una città dalle malefatte di una bestia. Sì, perché aveva chiuso gli occhi, aveva smesso di guardare in profondità, di cercare l'uomo dietro la bestia.
"Lo amo. Amo ogni sua parte. Anche... anche quelle più oscure."
Quelle parole, dette a Neal tanto tempo prima, erano vere e, proprio per questo motivo, Belle per la prima volta aveva perso la speranza, insieme a Rumplestiltskin.
Le lacrime ripresero a scendere sulle sue guance, quando prese in mano la preziosa tazzina sbeccata. "Rumple..." sussurrò con la voce spezzata da pianto.
"Vi rimarrà solo un cuore vuoto e una tazza sbeccata"




Pioveva a New York, pioveva da giorni. Un'atmosfera lugubre avvolgeva la grande mela e il rumore del traffico si mischiava a quello del temporale, creando un gran fracasso.
La gamba zoppa di Rumplestiltskin doleva ancora forte a causa del lungo tragitto a piedi che l'uomo aveva dovuto percorrere prima di trovare un'anima pia che gli desse un passaggio fino alla stazione più vicina. Storybrooke era lontana chilometri dal primo centro abitato e lui non sarebbe mai riuscito a raggiungerlo da solo.
Un uomo abituato a schioccare le dita e raggiungere l'altra parte del pianeta, abituato alla ricchezza e al lusso, al castello oscuro o alla villa rosa salmone, costretto in un mondo senza magia a dover camminare chilometri, fare l'autostop e imbucarsi in un treno per raggiungere una città poco distante, con i vestiti sudati e i capelli sporchi. L'unica cosa positiva era l'aver trovato un bastone abbandonato sul sedile di fronte all'entrata della vettura. Rumplestiltskin, l'Oscuro, l'uomo più ricco del mondo magico, costretto a rubare una bastone e a nascondersi nel bagno di un vecchio treno americano per raggiungere New York. Roba da matti – pensava lui. D'altronde, non aveva altro che la sua bella faccia, i suoi vestiti firmati, un cellulare scarico e un libretto per gli assegni di una banca fasulla che probabilmente non era neanche riconosciuta negli Stati Uniti o da altre parti. Non poteva prelevare, né telefonare. Era spaventato e distrutto dalla stanchezza e dal dolore. Sconfitto e impotente, senza un briciolo di speranza.
Una volta sceso dal treno, si era ricordato dell'unico posto dove sarebbe potuto andare, dove forse avrebbe trovato un po' di conforto, un tetto sopra la testa per poter riordinare le idee e trovare un modo per tornare a Storybrooke, per riprendersi la sua città e i suoi abitanti, compresa Belle.
Rumplestiltskin aveva raggiunto il vecchio palazzo in un viale ai confini di Manhattan, che ormai era notte fonda. Il portone era aperto, così che era potuto salire senza destare sospetti; aveva trovato la porta e l'aveva scassinata, esattamente come la prima volta che era stato lì. Da Storybrooke si era assicurato che quella casa non venisse affittata e così era stato. L'appartamento era vuoto, libero. L'appartamento di Neal. La stessa casa in cui lo aveva ritrovato, dopo secoli di ricerche. Il suo cuore si era quasi fermato, entrando; ogni angolo di quel bilocale gli ricordava lui, Bealfire, il suo Bae, il suo ragazzo così coraggioso da sacrificarsi per salvarlo, per permettergli di salvare Storybrooke. Un figlio abbandonato che era stato capace di perdonarlo, nonostante tutto.
"Ti voglio bene, papà" – quelle parole pronunciate in punto di morte gli rimbombavano nel cervello.
Già, perché prima di perdere Belle, per l'ennesima volta, lui aveva perso anche Bae e questa volta per sempre.
Nei giorni trascorsi dal suo arrivo a New York, aveva ispezionato con cura l'appartamento, ricordando suo figlio, per non pensare a tutto ciò che aveva perso. Non che il dolore per la morte di Baelfire si fosse affievolito, ma era passato del tempo e Rumplestiltskin aveva avuto modo di farsene una ragione, o qualcosa del genere. Il male che le parole di Belle gli avevano fatto era ancora fresco e il solo pensiero – "Non voglio perderti" – "Ormai mi hai già persa" – squarciava la sua anima già frammentata in pezzi ancora più piccoli e logori.
Aveva trovato un po' di contanti nascosti sotto il materasso, con i quali aveva fatto la spesa, e si era chiuso dentro l'appartamento, crogiolandosi nello sconforto. Chi avrebbe potuto restituirgli la speranza?
Quella sera, mentre mangiava di malavoglia del pesce surgelato, Belle, con le sue parole taglienti, aveva fatto di nuovo capolino tra i suoi pensieri. Belle così arrabbiata, determinata, forte. La sua Belle che gli sbatteva in faccia la realtà, o meglio, l'apparenza dei suoi gesti.
"Non rinunceresti mai al potere per me, Rumple. Non lo hai mai fatto, in passato e non lo farai mai." – "Il tuo vero amore è il tuo potere."
Lasciò quasi tutta la cena nel piatto, recuperò carta e penna e si mise a scrivere quella che doveva essere una lettera per sua moglie. Non era mai stato bravo a esprimere i propri sentimenti, ma aveva intenzione di aprire il proprio cuore e riversarlo su quel foglio di carta. Voleva spiegare a Belle la cosa fondamentale che lei aveva frainteso. Il guanto che l'aveva condotta al vero pugnale aveva il potere di trovare la più grande debolezza di una persona, che per quasi tutti corrispondeva a ciò che amavano di più. Per quasi tutti. Lui non era affatto come tutti. Lui era un uomo maledetto e la sua più grande debolezza era il suo potere perché aveva paura di tornare ad essere debole, come prima di diventare l'Oscuro. Tornare ad essere l'uomo di cui Belle non si sarebbe mai innamorata.
Piegò la lettera e la ripose in un cassetto della scrivania; le poste americane non avrebbero mai trovato Storybrooke e, senza magia, lui non aveva modo di farla apparire davanti a sua moglie.
Appoggiò i gomiti sul tavolo, pronto a sprofondare di nuovo nello sconforto, quando alcune parole di Belle, pronunciate al loro matrimonio, si fecero spazio tra i suoi pensieri.
"Ma ora capisco... capisco che non ho passato la mia vita a perderti. Ho passato la mia vita a ritrovarti."
Belle non aveva mai perso la speranza. Neanche quando lui stesso era convinto di non rivederla mai più. Belle aveva sempre sperato, lo aveva sempre aspettato. Belle gli aveva sempre dato un motivo per tornare indietro. Era lei la sua speranza, la sua unica speranza. E lui sarebbe tornato. Anche questa volta. La sua Belle, senza volerlo, gli stava dando un motivo per andare avanti. Era questo ciò che sapeva fare meglio: dare speranza alle persone.
"Oh sì, Belle. Hai passato la tua vita a ritrovarmi, e mi troverai di nuovo. Te lo prometto."








Note dell'autrice.
Ciao^^
Volevo dire due cosine su questa storia. È la prima volta che tento di scrivere una long su Once Upon a Time, quindi non so assolutamente cosa verrà fuori. Inoltre, non so nemmeno io dove voglio andare a parare e, quindi, spero che i pacchetti dei turni futuri mi aiutino a sviluppare la trama; se dovessi essere eliminata al primo turno, potrei anche decidere di lasciarla così, come One-Shot e cambiare il titolo con quello del capitolo, ma vedremo...
Vorrei sottolineare che le ripetizioni sono volute e che questo capitolo voleva essere una sorta di introspezione parallela e di ripensamento.
Capitolo scritto per il 1° turno del contest "Qui comandano i pacchetti" di DonnieTZ al quale si è classificato secondo. .

Citazioni da Once Upon a Time.

"In passato ho visto l'uomo dietro la bestia, ora vedo solo una bestia."

"Non potrò più tornare" – "Lo so".

"Non voglio perderti" – "Ormai mi hai già persa"

"Non rinunceresti mai al potere per me, Rumple. Non lo hai mai fatto, in passato e non lo farai mai." – "Il tuo vero amore è il tuo potere."

(Belle e Rumplestiltskin nella 4x11)

 

"Lo amo. Amo ogni sua parte. Anche... anche quelle più oscure."

(Belle a Baelfire)

"Ti voglio bene, papà"

(Baelfire a Rumplestiltskin nella 3x15)

 

"Vi rimarrà solo un cuore vuoto e una tazza sbeccata"

(Belle a Rumplestiltskin nella 1x12)

 

"Ma ora capisco... capisco che non ho passato la mia vita a perderti. Ho passato la mia vita a ritrovarti."

(Belle a Rumplestiltskin nella 3x22)

 

   
 
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