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Autore: LeMuseInquietanti    13/02/2015    0 recensioni
"Si vive insieme, si muore soli, diceva mio padre. Ho sempre interpretato questa frase come un invito alla comunione. Non avevo mai pensato prima che potesse indicarmi l'esatto contrario. Da quando lui non c'è più mi sono chiesto se mio padre non mi stesse invitando a provare, a intraprendere una strada e a non aver paura di percorrerla anche a rischio di non aver accanto nessuno, di essere solo, di essere pronto a morire e a soffrire pur di raggiungere il mio scopo."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hurley, Jack, Locke, Sawyer, Sayid
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L O S T

 

 

 

  Die Alone

 

                                                                                                             

                                                                                                           

  4

 

 

Quella mattina John Locke si svegliò alle 8:04 con unastrana sensazione di gioia. Aprì gli occhi poco prima che suonasse la suasveglia. Fece una smorfia, sprofondando con il capo nel guanciale. Comeaccadeva di solito, si sporse scoprendosi dal pesante piumone, lasciandosiinondare dalla luce del sole. Facendo forza con le braccia issò la schienaraddrizzandosi, poi con noncuranza spostò la prima gamba dalla tomba sudaticciadelle lenzuola, ripeté meccanicamente con la seconda. I suoi piedi toccarono terracon un tonfo sordo, fece per alzarsi. Non vi riuscì. Il suono della svegliasquarciò l'aria. Locke respirò lentamente guardando il pavimento.Immediatamente quel sentore di libertà e di allegria che aveva provato nelcuore, la vera essenza della felicità gli scivolò via dall'animo, puntò drittoin basso, si infranse contro una delle tante mattonelle scheggiate checostellavano la sua camera. Locke prese ad ansimare, il suo viso era unamaschera di dolore. Non soffriva perché era immobilizzato da anni e costretto aespedienti assurdi per pulirsi il culo o per raggiungere il supermercato e fareuna maledetta spesa. Non era nemmeno triste perché quella mattina aveva credutosolo per un attimo di potersi alzare, gli capitava spesso, e nemmeno perché erasolo come un cane e talmente anonimo da non esser riuscito a farsi amareperfino dal padre. No. Il punto era un altro. Questa volta ci aveva creduto perdavvero, non se lo aspettava che fosse solo il frammento sbiadito di un sogno,l'ennesima volta lo stesso diabolico miraggio. Aveva sognato un postosconosciuto, dove il suo corpo era inondato da una luce che lo avviluppava, ilsuo corpo storpio si scioglieva in quel candore. La luce trafiggeva tutto. Eracalda e non aveva confini. Locke si sentiva come tra le braccia di Helenequando sognava quella luce. Pensava che quella fosse la fine, vi si arrendeva,camminava in quel bianco vittorioso e senza limiti e per una volta dimenticavadi essere un uomo, un disabile, un fallito, dimenticava perfino di aver paura.Era difficile tornare alla realtà, alla sveglia, alla vita. Purtroppo eraancora un uomo storpio e vivo  e perquanto fosse bello rimuginare su come sarebbe stato più bello se fosse davveromorto, la giornata era già iniziata e non poteva permettersi il licenziamento.Agguantò la sedia a rotelle parcheggiata accanto al letto e montò su,raccogliendo molto più della sua forza fisica per farlo.

 

                                                                                                        

     8

 

 

Hugo non era una persona dalle troppe pretese. Aveva il suopollo fritto preferito, i suoi giochi da tavolo e una valanga di cd a farglicompagnia. Poi c'era anche Dave, che quando le cose si mettevano male potevasempre consigliargli cosa fare e soprattutto come svaligiare la dispensa delSanta Rosa nel caso non ci fosse alternativa. A Hugo piaceva la musica, amava indossaredelle cuffie ed estraniarsi da tutto. Dicevano che fosse pazzo, che vedevadelle cose. L'olanzapina calmava le sue allucinazioni ma non il bisogno distarsene per fatti suoi o la voglia di mangiare. Hugo aveva una gran bellaimmaginazione e il difetto di chi è così creativo –diceva sua madre-  o dissociato – dicevano i dottori-  è di non sapersela cavare troppo con le coseterrene. I medici gli dicevano sempre che doveva fare dei piccoli passi persuperare i suoi problemi, ma quando gli spiegavano queste cose lui pensava soloai numeri. Un suo compagno d'ospedale ripeteva sempre quei numeri. Hugoriteneva che quell'uomo fosse solo un po' svitato, ma d'altro canto quando eraun giorno particolarmente brutto, chiuso nella sua camera, aveva qualcosa cuipensare. 4, 8, 15, 16, 23, 42- li ripeteva, lentamente, a volte come se fosse aun concerto metal oppure come una preghiera di quelle che sua madre locostringeva a sorbirsi sin da bambino- la cosa lo calmava immediatamente. Queinumeri erano speciali in qualche modo lui lo sentiva, non per altro erano inumeri cari ad un pazzo, e solo una persona nella stessa condizione potevaapprezzarli. Hugo era irrimediabilmente pazzo, o comunque non si sentiva deltutto normale, solo al Santa Rosa poteva abbassare la guardia e smetterla difingere. Il fatto che potesse passare la giornata a ripetere la carrellata dicifre lo divertiva molto, chissà cosa avrebbero pensato sua madre. I medici nonerano molto felici della situazione, Hugo adorava far innervosire lo staff,volevano in qualche modo far dimenticare a tutti i pazienti dell'ospedalequella filastrocca, ma i numeri avevano preso piede nelle menti di moltipazienti, si diffondevano a macchia d'olio, ripeterli era come un linguaggio incodice, e Hugo amava sentirsi parte di un piano. Aveva iniziato a mangiareperché era sempre stato solo, era stato abbandonato e lui aveva deciso sin dapiccolo di lasciar perdere gli standard e fare ciò che lo faceva stare bene.Mangiare lo faceva sentire meglio, accettava di buon grado il dolore del vuoto.Poi per fortuna c’era Dave. Dave era simpatico e aveva sempre un piano, unoscherzo, come quando c’era suo padre, e gli andava bene che Hugo avesse semprefame anche dopo aver pranzato. Eppure lui un po’ solo si sentiva.

Ma Hugo non era solo. Purtroppo non lo sapeva. Non vedeva,non si accorgeva, tutto concentrato nei suoi numeri ipnotici di una ragazzadavvero sola, davvero abbandonata e triste, che solo osservandolo si sentivameno fragile. Lei avrebbe potuto salvarlo e in futuro l'avrebbe fatto, mapurtroppo non era quello il momento.

 

                                                                                                       

   15

 

 

-Se avessi conosciuto James Ford avresti detto che era unuomo dallo spiccato senso dell'umorismo. - Inspirò, il silenzio era riempitodal rumore in lontananza delle macchine in corsa.- Ti avrebbe osservato unattimo con i suoi occhi penetranti e ti avrebbe affibbiato un soprannome - ediamine se ci prendeva con i soprannomi!

-Odio gli uomini così, sono perennemente insicuri. - siscostò i capelli dalla fronte, ogni tanto dava un'occhiata alla strada, giustoper sicurezza.

-No, non era insicuro. James Ford era un uomo forte, d'altritempi! Amava le vecchie tradizioni, oh beh, a volte forse un po' troppovecchie, diciamo che si rifaceva alla legge del taglione! Occhio per occhioinsomma.- sorrise, tirò con la sigaretta - Aveva un forte senso dellagiustizia, ma in lui non trovava spazio il perdono. James Ford, un vendicatoreromantico, si aggirava nel mondo alla ricerca di risposte, ecco come me lo sonosempre immaginato io. Se avessi ascoltato la sua storia probabilmente tisaresti commossa, noi donne siamo così, due occhi lucidi e un passato tragico eabbassiamo la guardia, credimi lo avresti amato. Io l'ho amato. Lui mi ha amatodi rimando, non avevamo scelta se non quella di amarci, e consapevoli che nellareciproca solitudine un po' di compagnia era tutto quello che ci potessimodonare ci siamo abbandonati. Mi sento stupida a parlarti come fossi un romanzorosa, ma è andata proprio così.

-Non capisco però una cosa: se lo ami, perché non torni aprenderlo?

- Non servirebbe, è destino che sia andata così.

- Finisce solo una volta, Cassidy, il resto è soloprogresso.

- No, Kate non capisci: James Ford è morto.

- Non riesco a seguirti con i tuoi romanzi, non mi avevidetto che fosse morto.

- Non fraintendermi, lui è vivo e vegeto, ma non è rimastoniente dell'uomo che conoscevo. E' diventato vendicativo, la truffa e l'odio lohanno trasformato, è una persona che non posso avere accanto. Ti farà ridere,ma si fa chiamare con un altro nome e fa bene, non è più lo stesso, Kate provopena per lui, vorrei poterlo aiutare, ma nessuno può farlo.

Kate sorrise mestamente guardando Cassidy asciugarsi gliocchi. Forse quella donna aveva ragione, forse la ragione non si può maiconoscere se non si hanno tutti i tasselli. Forse, e volle crederci con tuttase stessa, anche lui, James Ford, come lei, era in cerca di qualcosa, o diqualcuno.

 

                                                                                                    

    16

 

 

Questo posto è morte. Sayid Jarrah camminava tra i macignidella capitale distrutta, sradicata dalle bombe. C'erano calcinacci ovunque,ogni tanto si accorgeva di un braccio che non si prolungava in un corpo. Stetteben attento a non sporcarsi gli stivali. C'era un protocollo da seguire. Aquell'ora del pomeriggio l'aria era talmente pesante che l'arsura era unacompagna abituale delle sue passeggiate, Sayid tuttavia si rifiutava di portaredell'acqua. I palazzi bombardati assomigliavano a delle carcasse divoratedall'interno dai vermi. Gli piaceva vedere lo scheletro delle case, e ognitanto gli oggetti lanciati a caso costruivano delle sculture misteriose chenessuno, tranne lui, avrebbe mai apprezzato. Questa era la parte migliore dellaguerra: quella quiete che faceva capolino dopo le bombe, dopo la tragedia. Maera anche la parte peggiore. La quiete era la manifestazione fisica dellamorte. Il sipario cadeva sulla ritirata delle truppe. In scena restavano solole vittime. I morti a Sayid facevano paura, gli ricordavano che un giorno li avrebberitrovati e avrebbe dovuto spiegare loro perché. Il problema non eraaffrontarli e scontare la sua colpa, era non riuscire a trovare una spiegazionerazionale da dar loro. Non sapeva come era arrivato lì. Si chiedeva come tuttii passi che aveva fatto lo avessero portato in quell'uniforme, in quellecantine a torturare soldati che ne sapevano meno di lui sulle questioni deipotenti. Erano mesi che non si guardava allo specchio. Pochi passi più in làancora desolazione. Aguzzò la vista, c'era qualcosa, in mezzo alle macerie. Perun attimo pensò a una bambola, ma lui sapeva di non essere nel paese dellemeraviglie. Il corpo esanime di una bambina gli si parò davanti. Sayid conpassi rapidi le si avvicinò, la fissò, provò a chiamarla. Sembrava una principessa.Aveva un fiore di sangue sull'abito sbrindellato, la pallottola dei cecchini leaveva trafitto il petto, avevano giocato a colpirle spalle, gamba, cuore. Ledisse di non preoccuparsi. Scostò i capelli scuri dal volto, aveva gli occhisbarrati di un color pece che immediatamente gli provocò un doloreindescrivibile al petto. Glieli chiuse e le augurò buon viaggio. Si chiese perun attimo quante altre donne avrebbe dovuto uccidere, quanti bambini. Sidomandò se Nadia fosse riuscita a farcela o se l'avrebbe prima o poi rivista inuna bara adornata di fiori. La guerra sarebbe mai terminata? E lui come avrebbepotuto andare avanti? Come poteva tornare indietro? Quando aveva smesso diessere una persona e si era trasformato in uno strumento di tortura? Se fossestato per lui la guerra si sarebbe fatta a mano, e senza spargimenti di sangueinnocente. La morte ingiusta e superflua di tante persone pesava sul suo cuorecome un macigno. Ma ancora di più, Sayid sapeva che a schiacciarlo era la vita.

 

                                                                                               

      23

 

 

Il mio ricordo migliore? Il mio ricordo migliore è stato ilgiorno in cui  mi hanno detto che miopadre era morto. Ricordo che tornato a casa avevo una gran voglia di andare ariposare, avevo le vertigini, succede quando si deve stare tante ore impalatiin una stanza a fissare gente che pensa che tuo padre sia più bravo di te intutto. Mio padre mi ha sempre fatto sentire inadeguato, ma non gliene facciouna colpa. E' vero, sono una persona inadeguata: ho seguito la sua vocazione,che poi fortunatamente era anche la mia, ma se dovessi essere sincero egiurarti sulla mia vita perché scegliere medicina, perché specializzarsi inneurochirurgia, io non potrei dirvi senza mentire che a diciotto anni erosicuro. Ero sicuro solo che se avessi scelto che ne so, storia medievale, miopadre avrebbe lanciato quello sguardo da "tu non vali niente" echissà se mi avrebbe finanziato per qualcosa che lui non condivideva. E miopadre sapeva bene tutto questo. Non mi ha mai detto di seguire l'istinto, mi hasempre detto di fare la cosa che farebbero tutti.

- che tipo tuo padre, ma anche tu non scherzi. Non dovrestiraccontare a una sconosciuta queste cose, la prima impressione negativa non sicancella, lo sai?

- Ormai non siamo sconosciuti, siamo scampati a un incidenteaereo, siamo praticamente fratelli, e poi sono sicuro di esserti simpatico.

-Oh sì, fratello e sorella con bagaglio incorporato. Si, ècosì, ma il fatto che abbiamo fatto amicizia non toglie che siamo soli, Jack.

-Si vive insieme, si muore soli, diceva mio padre.  Ho sempre interpretato questa frase come uninvito alla comunione. Non avevo mai pensato prima che potesse indicarmil'esatto contrario. Da quando lui non c'è più mi sono chiesto se mio padre nonmi stesse invitando a provare, a intraprendere una strada e a non aver paura dipercorrerla anche a rischio di non aver accanto nessuno, di essere solo, diessere pronto a morire e a soffrire pur di raggiungere il mio scopo. Mio padrenon amava fare questi discorsi, preferiva invitarti a bere e quando tu eccedeviper sopportarlo meglio lui si prolungava in una sfilza infinita di discorsi diquesto tipo, fatti di frasi misteriose e battute sulla sua superiorità, noncapivo mai se scherzasse o meno. Probabilmente ho frainteso tutto, dopotutto èmio padre, non Nostradamus. Ma voglio illudermi, d'altronde mi illudo chequesto sia solo un brutto effetto di una sbronza.

- ti assicuro che è tutto vero, purtroppo, quanto è vero chequesto bambino scalcia da matti da quando siamo precipitati. Tu sei fortunatoJack, hai avuto un padre. Avrei tanto voluto un padre anche io.

- Io invece ti confesso che avrei tanto desiderato unfiglio, Claire. Comunque cerchiamo di trovare il lato positivo: siamo vivi, tuofiglio sta bene, e ora hai un nuovo amico. Anzi due – Jack le sorrise facendolesegno verso Charlie che poco più in là stava riposando. Claire si lasciòsfuggire un sorriso, improvvisamente si sentì meglio e non riuscì aconfessargli che non sapeva cosa ne sarebbe stato del suo bambino.

-Sei un tipo strano, dottor Shepard. Ma credo che tu abbia ragione.

 

                                                                                                  

    42

 

 

Jin e Sun seduti sul loro letto, vicini ma così distanti,divisi dal sangue che bagnava la camicia accartocciata di lui. Lei lo fissavain silenzio, in preda al panico e al dubbio, lui però non ci faceva caso. Eraarrabbiato, aveva dovuto sporcarsi le mani, uccidere e distruggere un uomo, eper quale motivo? A saperlo! E l'aveva fatto, involontariamente, l'aveva fatto.Aveva la vita di un uomo a carico. Sua moglie non capiva, glielo si leggeva infaccia. Quella stronza. Non aveva dovuto faticare come lui, scappare dall'odoredi pesce che aleggiava sul suo passato, sulla sua infanzia, sui suoi avi, perindossare un abito che non gli calzava bene e vivere una vita che non gli erastata concessa dal destino. Lei sapeva solo mettergli il muso e chiedere il suotempo, aveva avuto tutto senza dover muovere un dito, era abituata solo albenessere, cosa poteva capire lei della gerarchia, delle cose della vita, noncapiva nemmeno d'essere figlia di un mafioso tanto era innocente. E per questola odiava. Sun era una persona egoista. Non sapeva se l'amava ancora, se potevaamarla ora che nel suo cuore c'era solo odio e orrore, ora che era un uomofinito. Sun dal canto lo guardava sottecchi: chi era quell'uomo che non laguardava più con gli occhi dolci per cui l'aveva adorato? Dov'erano andati iloro giorni migliori? Dove finiscono le albe e iniziano i tramonti? Che cosagli aveva fatto lui, cosa lei,  cosadiavolo si erano fatti?

- Dobbiamo parlare Jin. La tua camicia.

-Non è il momento Sun, prepara le valigie.

- Per dove? Cosa ti salta in mente?

Jin la ignorò, avvicinandosi al camino per accendere ilfuoco.

 Il letto era ancorasfatto, le cose non dette li dividevano come nemmeno un tradimento e unsuicidio potevano fare. Jin accese il camino e diede fuoco alla camicia. Ilcuore gli martellava in petto, aveva bisogno di bere qualcosa ma non ciriusciva. Sun rimase immobile, sull'uscio. Vide l'indumento bruciare,consumarsi piano. Il volto di Jin era una maschera di cera, impassibile, duro,aveva già visto quell'espressione per venticinque anni ogni giorno. Era ilvolto di suo padre. Sun si sentiva arrabbiata e derubata: suo padre aveva rubatoil suo Jin, ci era riuscito! Lo amava più di tutti pensando che sarebbe statol'unico uomo che non l'avrebbe osservata mai con quell'indifferenza sprezzante,con quella rabbia segreta che non si confessa ma si sente dentro. Quel viso latormentava, più del dubbio che Jin fosse un criminale, più del sentirsi un’adulteraper necessità, perché una casa vuota rende il cuore vuoto e nel vuoto le paureviaggiano all’infinito. Quel volto era la linea di confine. E' lì che finiscel'alba e inizia il tramonto, si disse. Per la prima volta capì che se nonavesse fatto qualcosa per liberarsi da quel matrimonio, da quell'uomo, per leisarebbe calata la notte.

Jin si voltò un attimo e la vide: sua moglie aveva la stessaespressione insoddisfatta e severa del signor Kwon, provò l'insoddisfazione disempre, il dolore di non essere abbastanza, si sentiva stringere la gola e levertigini lo prendevano quasi dovesse crollare stecchito da un momentoall'altro. Non riuscì a cogliere sotto tutta quella gravità il dolore che Sunforse aveva imparato fin troppo bene a mascherare, non capì che stavanoannegando, ed era facile lasciarsi morire così, tra le cose non dette.

Non capì molte cose allora, ma fortunatamente avevano ancoratempo.

 

 

                                                                                                

   Live Together

 

 

 

Il cielo dell'Isola si colorò di bianco quella mattina del22 settembre 2004. Un rumore sordo riempì lo spazio. Gli Altri fissarono ilcielo. Benjamin Linus vide una scena che gli parve surreale: un aereo stavaprecipitando, si disse che era arrivata l’Apocalisse. La coda si staccò perprima, piombò con un rumore sordo che fece tremare la terra accanto. Si alzò unpolverone che per un attimo parve mangiare tutto il villaggio DHARMA. L’uomonon si scompose, osservò il resto dell'aereo che proseguì nella sua corsamortale diretto verso la spiaggia.

-Sembra che abbiamo ospiti- disse Juliet, ricomponendosidallo stupore.

-Dovremo mostrar loro tutta la nostra ospitalità- sogghignòlui. Gli erano sempre piaciuti i nuovi inizi, e ci voleva uno scossone che gliimpedisse di pensare che il tempo è un limite a cui nemmeno la sua intelligenzapoteva sfuggire.

 

 

 

                                                                                                         

108

 

“L'incidente aereo è avvenuto come programmato” pensò l'uomosospirando. Jacob prese un legnetto e scribacchiò sulla sabbia.4.8.15.16.23.42.Fissò il pavimento godendosi il rumore del gigantesco velivolo che sbattevacontro la sabbia. Le eliche tuonavano in lontananza, il fumo saliva sudall’incendio delle lamiere. Sperava di aver fatto la scelta giusta. Un rumorefamiliare lo riscosse

-Cosa diavolo hai combinato??? Ci risiamo???

 - Tempismo perfetto.-Jacob sorrise.

-Bella giornata per morire, eh fratello?

-Ti piacerebbe da matti, ma non ancora è il momento!

-Mh, che stai facendo? Non mi dire che questo baccano èopera tua?

Jacob non rispose, limitandosi a disegnare sulla sabbia.

 L’altro risesarcastico -Ma certo che è opera tua, come tutte le disgrazie su quest'isola.Che cosa stai architettando ora? Oh, NUMERI, certo! Davvero??? Ancora conquesta storia? Ma che ci vuoi fare poi?

-Niente che ti riguardi per ora. - Jacob era serafico,questo mandava in bestia suo fratello.

-Per ora non vuol dire niente qui.

-Hai ragione. Hai diritto di sapere, quindi ecco qui. Per lacronaca, sto facendo una lista.

-Oh, io piuttosto di far liste tutto il giorno mi trovereiuna donna e... Jacob diciamoci la verità da fratello a fratello: le tue ideenon portano mai a niente. I tuoi numeri sono maledetti di sicuro! Quell'aereo:hai condannato dei poveri idioti a una morte sicura. L'Isola non è un posto perloro. Ricordati cosa ha fatto a nostra madre!

-Stavolta è diverso. Stavolta credo di esserci riuscito. Noncapisci, questo è il solo posto in cui loro possano esistere. Nostra madre eraqui per uno scopo e dopo averlo compiuto ha ottenuto quello che tutti aspirano:la libertà.

- Beh, il tuo modo di pensare è davvero inquietante.Comunque nel caso tu avessi ragione  noinon lo potremmo sapere, saremmo entrambi morti.

- Correrò il rischio fratello. Ora scusami, ma ho una telada terminare! Vedi di star lontano dalla Statua. Ci vediamo Barry. Cerca dicomportarti bene con i nostri ospiti.

-Non posso prometterlo. Sul rivederci puoi contarci, e laprossima volta che ti incrocio  giuro cheti faccio secco.

Sorrisero e alzandosi si allontanarono, prendendo duediverse direzioni.

 

 

 

                                                                                                       Fine


M //

  
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