Non
E’ Mai Troppo Tardi
12
C’erano sia Drake che Jessica, ovviamente, ma la
pulce nell’orecchio che gli aveva messo Paul lo rese praticamente sordo a
qualsiasi altra cosa.
Rispose al saluto di Jessica e relativo bacio
sulla guancia, poi affrontò la moglie. «Da quanto nostro figlio non vede
Cowley?»
Manaar non dovette cercare molto nella sua
memoria. «Sono… mesi» rispose semplicemente.
«Lo hai mai visto quest’uomo?»
Manaar scosse la testa in senso negativo.
«Io sì» rispose invece Drake avvicinandosi. «E se
è venuto in mente anche a te che non lo vede da un po’, sappi che ho già dato a
tuo figlio una sonora lavata di capo a riguardo. Uno a cento che questi mal di
testa sono diventati frequenti perché non si esercita più con George.»
Sua moglie guardava Drake come se fosse
fosforescente. «Gliene ho parlato anche io tempo fa» ammise poi.
Fantastico, era il solo a non averci pensato.
«Cowley?» chiese improvvisamente Lennie «George
Cowley?» Al cenno affermativo di Manaar si batté una mano sulla fronte, «Dio,
ho sfiorato una figuraccia da manuale! Ha telefonato stamani chiedendo di Juna, poi con quello che è successo…»
Rivolse anche a lui un’occhiata di scusa.
«Non preoccuparti Lennie. Drake, sai come
rintracciarlo?»
«Quasi sicuramente Juna ha il suo numero nel
cellulare.»
Fu Drake a trovarlo… non solo conosceva i codici
per accedere ai numeri personali di suo figlio, quindi per inciso suo figlio
aveva i numeri della rubrica protetti, ma notò come ebbe anche la premura di
spengere l’apparecchio appena ebbe trascritto il numero su un pezzo di carta.
Fu come se un velo gli calasse di colpo da davanti
agli occhi: non sapeva niente della vita di suo figlio al di fuori di quei
maledetti uffici.
Come aveva fatto ad arrivare a questo punto?
«Manaar, lo chiamiamo dallo studio» disse a sua
moglie.
La donna alla quale aveva giurato eterno amore
stava ancora soppesando Drake con un’occhiata assorta. Si rivolse a lui e
annuì, poi… «Drake, vorrei che ascoltassi anche tu la telefonata. Mi sembra
evidente che sai molte più cose su Juna di quante ne sappiamo io e suo padre.»
Fu Jessica a cambiare colore, Drake si limitò a
fissare Manaar per qualche secondo e poi annuì.
«Paul, avverti gli altri di cosa stiamo facendo io
e Manaar, ok?» disse a suo fratello.
Si spostarono nello studio e Drake prese posto nel
divano, più lontano dal tavolo rispetto alle poltroncine, sua moglie invece
prese posto in una di queste.
Mise il telefono in viva voce e compose il numero.
Rispose una voce femminile, «Pronto?»
«Buonasera signora, mi chiamo Connor McGregory,
sono il padre di Juna… un alunno del professor Cowley. Posso parlare con il
professore?»
La donna rimase un attimo in silenzio, poi disse
soltanto, «Glielo passo subito.»
Una profonda voce maschile riempì la stanza.
«Pronto?»
«Professor Cowley?»
«Signor McGregory, se ho capito bene.»
«In persona. Stanno ascoltando la telefonata anche
mia moglie Manaar e Drake, che penso conosca già.»
«Buonasera a tutti.»
«Buonasera George» rispose Drake.
«Buonasera» fece eco sua moglie.
«Professore, l’ho chiamata appena mia cognata mi
ha avvisato della sua telefonata di stamani.»
Ci fu un lungo silenzio dall’altra parte, poi un
profondo sospiro, «Juna si è sentito male alla fine, vero?»
Il suo sguardo incrociò quello di sua moglie. «Juna
è svenuto stamani… e ha la febbre molto alta.»
Altro silenzio, «Non bestemmio per rispetto a lei
e a chi mi sta ascoltando, ma suo figlio farebbe perdere la pazienza ad un
morto. Drake?»
«Lo so George, ma a volte non da retta neanche a
me.»
«Per avere l’intelligenza che ha, a volte il suo
buon senso non basterebbe per una formica. Voglio essere estremamente chiaro
signor McGregory…»
«Mi chiami Connor. Preferisco essere chiamato per
nome quando mi si danno brutte notizie.»
Breve silenzio, poi… «Beh, almeno ora so che è
vero ciò che mi ha sempre detto Juna: è da lei che ha ripreso il senso
dell’umorismo.» Ci fu una breve pausa, poi riprese, «Avere un cervello come
quello di Juna ha più contro che pro. Sono anni che glielo dico, dannazione: ha
bisogno di continui stimoli, continue sfide, quel ragazzo rischia di impazzire
altrimenti.»
Sentì il sangue confluirgli ai piedi e Manaar
perse chiaramente colore… Drake si portò le mani sul viso.
«Da qualche mese ha continui mal di testa» disse Manaar
con un filo di voce. «Molto più… frequenti del solito.»
A quel punto toccò a lui raccontare per filo e per
segno cos’era successo quando Juna aveva risposto, scattando infastidito, al nonno.
«Forse non dovrei dirlo proprio a voi che siete i
suoi genitori, ma a questo punto non ho altra scelta: sono anni che sprono Juna
a prendere altre lauree. Le persone con un alto I.Q., e quello di Juna è da
record mondiale, non prendono lauree per hobby o per avere qualcosa da
incorniciare: è una questione di sopravvivenza. Studiare qualcosa sotto
molteplici punti di vista come di solito si fa per prendere una laurea è un
ottimo esercizio mentale… senza contare che mettere insieme una qualsiasi tesi
per uno come vostro figlio, che potrebbe sostenere in modo credibile anche
l’esistenza dell’acqua sul Sole, è soddisfazione pura e semplice. Juna negli
ultimi anni si è buttato esclusivamente sul lavoro e in un battito di ciglia ha
imparato tutto quello che c’era da imparare: non ha più stimoli. E’ diventato
un robot.»
Manaar si portò una mano sulla bocca e una lacrima
le scese lungo la guancia, poi si coprì gli occhi.
«La colpa è interamente mia professore» ammise.
«No Connor. Le colpe non servono a niente. Juna è
perfettamente cosciente di quanto le ho appena detto, è perfettamente cosciente
che non fare esercizi è pericoloso: appena ha iniziato ad avere mal di testa
doveva alzare il telefono e chiamarmi. Dio solo sa cosa gli passa per la mente.
E’ il cervello il vero pannello di controllo del corpo, se qualcosa non va ne
risente l’intero organismo.»
«Al momento ha la bronco-polmonite» lo informò
Drake.
Altro silenzio.
«Professor Cowley, è una madre che le parla» disse
Manaar, «adesso voglio sapere tutto quello che c’è da sapere: Juna è l’unico
figlio che mi è rimasto.»
La frase lo colpì come un pugno in pieno viso.
Lì per lì non capì neanche cosa avesse
avuto quell’effetto su di lui e istintivamente mantenne un’espressione neutra.
Connor guardava la moglie come se la vedesse per
la prima volta.
Juna era l’unico figlio che le era rimasto.
Beh, sapeva che Juna era nato dopo diversi aborti
spontanei… quindi Juna era l’unico figlio che aveva avuto.
Manaar si era espressa in altri termini però.
Juna è l’unico figlio che mi è rimasto.
Significava, alla lettera, che prima di lui ce ne
erano stati altri?
Sentì il fiato rifiutarsi di uscire dai polmoni.
Stavolta gli toccò fare uno sforzo enorme per mantenere quell’espressione.
«… ne hanno risentito i bronchi adesso» stava
dicendo George. «Ho conosciuto persone che ci hanno rimesso il cuore.»
«Cosa?» chiese prima di poterselo impedire.
«Drake, benedetto ragazzo, pensi davvero che Juna
debba fare tutti quegli esercizi per passare il tempo? Lo so che gli crederesti
anche se ti dicesse che la Terra è ottagonale. Ti fidi a tal punto di lui che
gli affideresti la tua vita… e con la tua vita, Juna sarebbe la persona
più coscienziosa di questo pianeta. Da fondo alla sua incoscienza solo con se
stesso.»
«Juna avrà un sacco di tempo libero nelle prossime
settimane» disse Connor con il tono di chi ha preso una decisione insindacabile.
«Professor Cowley…»
«Mi chiami George, la prego.»
«George, verrebbe qui a casa a fargli fare quei
dannati esercizi?»
«Molto volentieri Connor. Juna mi ha sempre
parlato dei suoi genitori, mi piacerebbe molto conoscervi, finalmente.»
«Le prometto che la terremo aggiornato sulla
salute di Juna, professore» disse Manaar. «Grazie del tempo che ci ha
dedicato.»
Ci fu un altro breve silenzio, poi la voce di
George suonò incredibilmente dolce, «So cosa sta pensando signora McGregory, ma
mi deve credere: Juna è il primo che a volte non capisce se stesso. Un genio è
anche questo. Non basta una vita per imparare il mestiere di genitori, lei e
suo marito non avete fatto errori diversi da quelli che fanno dei genitori di
solito. Ho un figlio che ha una decina d’anni più di Juna e ci è stato concesso
molto tardi, so cosa significa. Juna è un ragazzo con la testa sulle spalle, il
novantacinque per cento delle volte, con sani valori e tutti i soldi che ha non
gli hanno impedito di sviluppare un rispetto per gli altri e per la vita che lo
rende attento a ciò che lo circonda. Non vi porta rispetto e vi adora come vi
adora solo perché siete i suoi genitori, vi rispetta e vi ammira perché
siete le persone che gli hanno insegnato come affrontare la vita nel modo
giusto… e sto citando testualmente le sue parole. La corazza di quel
ragazzo si ammorbidisce solo quando parla di sua madre e suo padre.»
Manaar ormai piangeva a dirotto, «In questo
momento la persona che amo di più al mondo dorme sopra la mia testa con la
febbre che sfiora i quarantuno, professore. Quando è svenuto li superava,
addirittura. Il dottore mi ha detto che l’organismo di Juna ha staccato la spina prima di arrivare a
danni irreparabili. Mio marito me lo sono scelto e ho lottato per averlo…
mio figlio è semplicemente una parte di me. A prescindere da quanto ho
desiderato essere madre, Juna è quanto di più prezioso ho al mondo. Da almeno
un mese ho registrato comportamenti in lui che mi hanno spaventata, a volte… e
quando ho avuto il coraggio di affrontarlo, mi sono lasciata cullare dalle sue
rassicurazioni.»
Questa era una tragedia.
Capì anche troppo bene cosa stava dicendo Manaar.
L’unica cosa che riuscì a tranquillizzarlo fu il
pensiero che lui e Juna avevano già deciso di mollare l’F.B.I..
Quando tornarono nel salone non si era per niente
tranquillizzata… ma aveva un problema ben più grave a cui far fronte.
Le era scappata la verità davanti a Drake, per
tutti i santi.
Il ragazzo non aveva mosso un muscolo, non aveva accennato
la minima sorpresa… forse gli era sfuggito il vero significato di ciò che aveva
detto… forse aveva pensato che era sconvolta e si era confusa parlando.
Troppi forse ad arginare una catastrofe.
Madeline le andò incontro abbracciandola, «Manaar,
figliola, hai un aspetto tremendo. Che è successo?»
Connor prese il posto di sua madre e mentre
raccontava cosa avevano saputo, assicurandosi prima che né Michael né Melissa
fossero nei paraggi, si strinse a lui.
Alla fine del racconto, calò il silenzio.
Justin si rivolse a Drake, «Tu la sapevi in questi
termini?»
«In parte sì» ammise Drake. «Sapevo del fatto che
non fare quegli esercizi era pericoloso per Juna… ma che rischiasse di impazzire… questa volta gliela stacco,
quella testa.»
Jessica lo abbracciò e Drake le baciò
affettuosamente la sommità della testa.
Patrick crollò su una poltrona, «Connor, non
sarebbe il caso di far conoscere Larry e questo professore?» chiese poi «Cowley
è un po’ il dottore della mente di Juna.»
«Ottima idea papà» disse Connor. «Sta certo che da
ora in poi mi terrò in contatto con entrambi e Juna non potrà più fare di testa
sua. Imparerà ad avere cura di se stesso, dovessi…»
Gli mise un dito sulla bocca, «Calmati Connor.
Arrabbiarsi adesso non serve a niente.» Si rivolse al suocero, «Patrick, stanno
arrivando mio padre e mia madre, non c’è stato verso di fermarlo.»
Madeline scattò in piedi, «Faccio preparare una
stanza per loro. Stavo quasi per chiederti se li avevi già avvisati.»
«Manaar, forse è il caso che io e Drake ce ne
andiamo» disse Jessica.
«Neanche per idea» disse Patrick.
«Fosse per me rimarreste qui anche stanotte» disse
Justin. «Adesso che Juna sta male mi sento più tranquillo sapendo che c’è Drake
nei paraggi.»
Drake si voltò verso Justin guardandolo
sbalordito.
«Forse non te ne sei accorto» gli spiegò Patrick,
«ma da quando Juna respira, tutta la famiglia ti vede come un tutt’uno con
lui.»
Jessica fece una smorfietta, «Quando Brian è a
casa e non vede o sente Juna almeno una volta al giorno, chiede sempre che fine
ha fatto il suo pargoletto acquisito. A dirla tutta, quando vede Drake uscire
di casa gli dice sempre di salutare Juna da parte sua.»
«Beh, effettivamente dopo tre giorni che non vedo
Drake ho sempre l’impressione che manchi qualcosa in questa casa» ammise Paul.
«Andiamo bene» fu il commento di Drake. «L’ipotesi
che io e Juna si possa leticare o semplicemente stancarci l’uno dell’altro non
è contemplata nella logica universale, vero?»
Cominciarono a ridacchiare e in breve ridevano
tutti quanti.
«Non vi azzardate a farmi una cosa simile!»
esclamò Patrick, poi si rivolse a lei, «Sono contento che venga Mansur. Avrei
preferito che l’occasione fosse migliore, ma non si può avere tutto dalla
vita.»
Ryan respirò profondamente, «Sarà una bella novità
vedervi andare d’amore e d’accordo.»
«Più che altro sarà la prima volta» commentò Paul.
«Beh, veramente no, ma la prima volta voi non
eravate presenti. Io e Mansur abbiamo sotterrato l’ascia di guerra quando sono
andato a trovarlo con Maddie qualche mese fa.»
Nel silenzio che seguì, Paul guardò Connor «Sai
fratellino? Credo che abbiamo sottovalutato parecchio nostro padre.»
Mansur e Charmaine Alifahaar arrivarono poco prima
di cena.
L’uomo per i primi due minuti non ebbe occhi che
per la figlia.
Se la strinse con forza al petto, poi l’allontanò
da sé e la guardò in faccia, «Tu hai pianto.»
«E tu hai mobilitato mezza Los Angeles per
arrivare qui in tempo record.»
«Sai che non voglio che tu pianga.»
«Potresti essere un po’ meno attento e non ti
accorgeresti di nulla.»
Mansur sbuffò e la moglie ne approfittò per
abbracciare anche lei la figlia.
«Come sta quell’incosciente?» chiese poi
rivolgendosi a Connor.
«Dorme. Probabilmente dormirà fino a domani
mattina. Si è beccato una bella bronco-polmonite, ma… beh, se fosse solo questo
sarebbe troppo facile. Ti spiegherò tutto per filo e per segno dopo cena, con
calma.»
La spiegazione sembrò essergli sufficiente, asserì
con un deciso cenno della testa.
«Tuo padre ha dovuto ordinare specificatamente
alle tue sorelle e relative nipoti di non lasciare Los Angeles» disse Charmaine
alla figlia. «La sola idea che Juna stesse male le ha distrutte. Afef era fuori
di sé.»
«Ci credo. E’ il futuro capo dei Alifahaar, cosa
farebbero senza di lui?» tagliò corto Mansur.
Madeline alzò gli occhi al cielo, «Assomigli a mio
marito più di quanto tu possa immaginare, Mansur.»
«Evita questi discorsi davanti a mio figlio
adesso» disse Connor, «lo sai che lo mandano in bestia.»
Dopo di che passarono a salutare tutti… e alle
presentazioni.
Giunto davanti a Jennifer e Michael, rigorosamente
in collo alla sorella, si bloccò sorpreso, «Patrick, ti sono spuntati due
nipoti supplementari?» chiese «Se non avessi già salutato Georgie e Justin
avrei potuto pensare che la prima si è accorciata e il secondo si è ristretto
fino all’inverosimile.»
Jeremy si fece avanti fra le risate divertite,
«Loro sono figli miei: Jennifer e Michael.» Tese la mano, «Sono Jeremy
Flalagan, lieto di conoscerla signor Alifahaar, lei è mia moglie Sarah.»
Mansur gliela strinse osservandolo con attenzione,
«Omonimo del governatore?»
«Sono proprio io.»
Si rivolse a Patrick, «Non ti sembra di aver
esagerato? Mobilitare il governatore sembra eccessivo addirittura a me.»
Patrick scosse la testa con un sorriso, «Ti
spiegherà tutto Connor.»
Michael tese la manina verso Mansur, «Piacere di
conoscerla signor Mansur.»
«Piacere mio Michael.» Si rivolse a Jennifer,
«Buonasera signorina.»
«Buonasera signor Alifahaar, lieta di conoscerla.»
Si guardò intorno, «Howard è sopravvissuto al
colpo?»
«Ha retto abbastanza bene, direi… gli è solo
sfuggito di darmi finalmente del tu e chiamarmi Drake.»
«Ah! L’eterno complice di mio nipote! Stavo giusto
chiedendomi dove potessi essere!» lanciò un’occhiata dietro di lui «Ciao
Jessie.»
«Buonasera Mansur.»
«Le cose non sono cambiate molto negli ultimi
quarant’anni, vero? Quando mia figlia ha bisogno, tu accorri. Hai addirittura
avuto la lungimiranza di mettere al mondo Drake due anni prima rispetto a Juna.»
«Che Dio ci aiuti, sei in splendida forma Mansur!»
commentò Connor.
Apparve Howard, «Benvenuto signor Alifahaar, è un
piacere vederla. Signora Alifahaar, ben arrivata.»
«Come stai Howard?» chiese Charmaine togliendosi
il soprabito e passandolo all’uomo «Anche mio marito se lo stava chiedendo.»
«Come uno a cui è crollato il mondo addosso
signora, ma sopravvivrò. Il signorino ha una fibra forte.»
«Howard, non tollererò passi indietro, intesi?»
disse Drake «Da oggi mi dai del tu e mi chiami per nome.»
«Speravo che non se ne fosse accorto.»
«Howard…»
«D’accordo Drake.»
Sparì com’era apparso.
«E’ sotto shock pover’uomo» commentò Paul.
«Appunto: se non ne approfitto adesso…» fu il
commento di Drake.
«Che ne dite di mangiare?» propose Madeline «Dopo
di che Mansur e Charmaine daranno un’occhiata a Juna e gli spiegheremo cosa è
successo.»
Doveva uscire di lì e doveva farlo subito.
Si sentiva come paralizzato, riusciva a stento a
respirare…
Dov’era Drake? Non lo sentiva e non riusciva a… e
da qualche parte dovevano esserci anche Jennifer e Michael…
Qualcuno lo afferrò per le spalle e di riflesso si
liberò con uno strattone.
Un tonfo sordo.
«Oh santo Dio, Connor!» esplose la voce di sua
madre.
Connor?
«Juna? Sono Drake, calmati adesso!»
Spalancò gli occhi rendendosi conto solo in quel
momento di averli chiusi. «Dove sono?»
«In camera tua, sei svenuto stamani ricordi? Hai
la febbre alta, stavi delirando» gli spiegò Drake con una carezza fra i
capelli.
«Faccio fatica a respirare Drake.»
«Chiamo Larry, di corsa» disse la voce di Justin.
«Fermo dove sei» disse Drake. Gli sollevò la testa
con entrambe le mani, «Adesso?»
«Va molto meglio.»
«Manaar, va a prendere dei cuscini.»
Nonno?
«Nonno?»
«In persona, Juna. Ne hai di forza per essere
malato, hai scaraventato tuo padre attraverso la stanza.»
«Cosa? Papà?»
«Calmo Juna, sono qui» anche suo padre apparve nel
suo campo visivo. «Non mi hai fatto male, stai tranquillo.»
«Elisabeth, Sarah, controllate che Melissa e
Michael non vengano qui adesso» disse la voce pacata di Jeremy.
Apparve anche sua madre, accanto a suo padre, e la
sua testa fu sollevata permanentemente.
Gli sembrò di rinascere.
Inalò profondamente, «Ora va decisamente
meglio. Grazie mamma.»
Gli accarezzò la fronte, «Ho l’impressione che
queste pasticche non facciano effetto. Come va la testa?»
«Me la sento vuota.»
«Deve dormire Manaar, Larry è stato chiaro. Si è
svegliato perché probabilmente ha avuto un incubo» disse sua nonna Madeline da
un punto imprecisato della stanza.
E’ stata organizzata una riunione di
famiglia a mia insaputa?
«Rimango qui con lui stanotte» decise all’istante
sua madre.
E se nel sonno mi metto a parlare?
«Rimane Drake, mamma.»
«Ma…»
«Ho fatto fare un volo a papà. Non voglio
rischiare di far del male a te. Se Drake vola fuori dalla finestra è il male
minore.»
«Si sente che mi vuole bene» disse Drake con un
sollievo nella voce che per chiunque altro poteva essere inteso come una
battuta di spirito, ma che a lui fece capire che l’amico aveva i suoi stessi
timori.
«Lasciamolo solo adesso» disse la voce di suo
nonno Mansur fuori dal suo campo visivo. «Ho visto abbastanza, dannazione. Io e
tua nonna rimaniamo qui per qualche giorno» lo informò.
«Vado a prendere dell’acqua, nel caso ti venisse
sete stanotte, e torno qui» disse Drake, «ma tu devi dormire Mac. Sta’
tranquillo, ci penso io.»
Al momento era tutto quello che gli serviva
sapere.
Chiuse gli occhi e sprofondò nel vuoto.
Chiuse la porta alle sue spalle e cominciò a
piangere senza riuscire a controllarsi.
Più che addormentarsi, Juna sembrava aver riperso
i sensi.
Suo padre le fu accanto in un attimo e la strinse
a sé come aveva sempre fatto. «No piccola mia, piangere non serve a nulla.»
«Chissà da quanto si stava agitando in quella
maniera… era completamente scoperto dannazione…»
Connor si stava frizionando il braccio destro.
«Fischia che volo ti ha fatto fare zio» disse
Justin. «Mettici qualcosa o ti verrà un livido come un campo da calcio.»
La sua preoccupazione trovò qualcosa di solido e a
portata di mano su cui cristallizzarsi. «Tesoro, stai bene?» chiese mentre suo
padre la lasciava andare.
«Non mi sono mai reso conto della forza che ha
nostro figlio. Che mi venisse un colpo… ha una presa che è una morsa d’acciaio,
mi ha spostato come se fossi una piuma.»
«Era incosciente Connor» disse Drake.
«Ci mettiamo una pomata, ok amore?»
Connor le accarezzò una guancia, «Ok tesoro, ma ti
prego, calmati.»
Ricominciò a piangere.
«Perché non mi vuole con lui?» disse ancora prima
di pensarlo.
Sembrava di sentire una bambina alla quale era
stato tolto il dolcetto e si odiò per questo, ma…
«Oh santo Dio figlia mia!» esplose Charmaine «Devi
essere fuori di te dalla preoccupazione e te la passo solo per questo! Juna ti
ha dato una spiegazione più che valida, mi sembra! Se è riuscito a far fare un
volo del genere a Connor, tu potresti farti seriamente male.»
«Vado a farmi dare una bottiglia d’acqua da
Howard» disse Drake. «Jennie, per favore, chiama tu Sharon e spiegale cosa è
successo. Voglio lasciarlo da solo il meno possibile.»
«Ci penso io.»
Cercò la ragazza con lo sguardo e, inquadratala
accanto a Jeremy, le si fece incontro e l’abbracciò. Avrebbe riconosciuto quel
tono di voce ovunque: sono-preoccupata-a-morte-per-Juna.
Jennifer cominciò a piangere al pari di lei.
«Ok Jennie, stanotte faremo a turno, io e te» le
disse dolcemente.
Jennifer le cinse la vita e affondò il viso contro
il suo collo in cerca di conforto.
Jeremy si passò una mano sul viso, impotente.
Suo padre cominciò a guardare Jennifer con
un’attenzione tutta nuova.
Alla fine era successo esattamente quello che
avevano deciso di evitare: Jennifer aveva conosciuto la famiglia Alifahaar e
suo padre era troppo attento a qualunque cosa riguardasse il suo unico erede
maschio per non…
«Su su, bambina» disse Patrick, «mio nipote è uno
che va affrontato come hai fatto oggi pomeriggio.»
«Puoi spiegarti meglio?» chiese suo padre.
Riscesero tutti al piano di sotto, Jennifer sempre
allacciata a lei.
«Lennie, per favore, mi trovi una pomata per
Connor?» chiese alla cognata.
Lei annuì e sparì.
Nel frattempo Patrick stava aggiornando suo padre…
a modo suo. «… Gli ha detto chiaro e tondo che lo avrebbe scaraventato fuori
dalla finestra… e ci crederesti? Juna non si è più azzardato a dire che stava
bene!»
Suo padre lanciò un’occhiata a Jennifer.
«Fantastico ragazza mia, ma non puoi cedere così. Mio nipote richiede forza di
volontà, testardaggine e sprezzo del pericolo a tempo pieno.»
Una cosa che adorava di suo padre era la sua
capacità di sdrammatizzare qualsiasi situazione… Connor era uguale.
Anche Jennifer rise.
Ricomparve Drake con una bottiglia e un paio di
bicchieri. «Beh, io vado. Mamma, preferirei rimanessi qui anche tu stanotte,
non mi va che tu stia a casa da sola. Chiama papà e diglielo.»
«Tu occupati di mio figlio, che a tua madre ci
penso io» gli disse.
Drake le sorrise e le posò un bacetto sulla
fronte, «Ecco da chi ha ripreso la predisposizione al gioco di squadra, quel
ragazzo…»
Diede un bacio anche a Jessica che gli accarezzò
una guancia, «Mi raccomando Drake.»
Le annuì «Chiama papà» ripeté. «Potrebbe pensare
che sei in giro a folleggiare senza di lui per vendicarti.»
«Ed è esattamente questo che si meriterebbe» fu il
commento di Jessica.
Drake le sorrise con un’espressione da canaglia,
poi si rivolse al resto del mondo, «Buonanotte a tutti.»
Apparve Howard, «Drake, prendi questa e questo… la
poltrona sarà più comoda.»
Una pesante coperta e un cuscino.
Drake le prese, «Grazie Howard, se non ci fossi
bisognerebbe inventarti.»
Era già a metà scale quando sembrò ripensare a
qualcosa e si girò di nuovo. «Ryan, Elisabeth?»
«Mia figlia non si muoverà dal suo letto» disse
Ryan, intuendo cosa pensava Drake. «Dovessi legarcela.»
Appena sparì, Jessica sospirò, «Però è vero: devo
chiamare Brian. Non riesco ad immaginare che reazione avrà quando saprà che
Juna sta così male.»
Jennifer si staccò da lei, «Oh Dio, Sharon. Devo
chiamarla, assolutamente. Ho lasciato il cellulare in camera, scusatemi.»
Sparì anche lei su per le scale.
Jessica le si avvicinò, «Tu sei mia amica, vero Manaar?»
«Sharon è Sharon Castlemain, la migliore
amica di Jennifer. Ha diciannove anni e… e sembra la sorella di mio figlio. E’
tutto quello che so di lei.»
Si bloccò sorpresa dalle sue stesse parole.
Jessica alzò gli occhi al cielo, «E’ già la terza
o quarta volta che gliela sento nominare… senza contare quelle quando è
convinto che non lo sento.»
«A questo punto credo che tuo figlio si fidanzerà
prima del mio.»
Jessica lanciò uno sguardo verso dove era sparita
Jennifer. «Abbi pazienza, e lei?» Si rivolse a Jeremy e Sarah «Potreste pensare
che non sono fatti miei, ma l’unica differenza fra Juna e Drake è che Juna non
l’ho partorito io e so che per Manaar è la stessa cosa.»
Jeremy sorrise, «Me ne sono accorto. Nessun
problema.»
A guardare quelle due si poteva smettere di
chiedersi da chi avessero ripreso i rispettivi pargoli.
«Ragazze, so che resterete sveglie ancora per un
bel po’» prese la parola. «Qui c’è un pover’uomo che aspetta le attenzioni
della consorte.»
Manaar gli fu accanto in un attimo, «Come stai?»
Lennie si materializzò con un tubetto e delle
garze.
«Parola mia Connor, sei incomparabile.»
«Detto dalla moglie di Brian Tyler è un
complimento.»
«Neanche mio marito è mai arrivato a tanto.»
Le rivolse un ghignetto, «Ti consiglio di non farglielo
sapere: potrebbe mettersi d’impegno per riguadagnare il terreno perduto.»
«E la parte migliore della cosa è che hai
ragione!»
Scoppiarono a ridere.
Aprì con cautela la porta e scivolò dentro la
stanza.
Per un solo istante prese in considerazione
l’ipotesi di chiudere a chiave, ma lasciò perdere.
Manaar avrebbe potuto decidere di venire a dare
un’occhiata durante la notte e aveva tutti i diritti di farlo.
Ringraziando il Signore, Juna non era talmente
fuori di sé da non tener presenti i rischi che correvano se durante un incubo
gli fossero sfuggite le parole sbagliate.
Cristo.
Era stato il killer dell’F.B.I. a far volare
Connor attraverso la stanza, l’agente addestrato prima di tutto a difendersi,
poi a prendere eventualmente in considerazione la vita altrui.
Juna non si sarebbe mai sognato di fare una cosa
del genere ad uno dei suoi genitori.
Per un attimo se l’era vista davvero brutta. Per
fortuna, era bastato il suono della sua voce a calmarlo.
Prese il proprio cellulare e lo spense, poi
organizzò il suo letto per quella notte.
Juna respirava decisamente meglio e sembrava
dormire tranquillo.
Si raggomitolò sotto la coperta fissando la forma
del corpo del suo migliore amico.
Non era mai riuscito a spiegare a parole cosa
fosse Juna per lui.
Si definivano migliori amici per comodità
verso il resto del mondo, ma erano soprattutto complici, fratelli… l’alfa e
l’omega del loro mondo.
Ormai nessuno dei due avrebbe potuto dire dove
cominciava l’uno e finiva l’altro.
A sedici anni, quando aveva accettato di diventare
un killer dell’F.B.I., aveva giurato alla creatura che dormiva in quella stanza
eterna fedeltà e lealtà. Aveva giurato che avrebbe dato la propria vita per lui
e che all’occorrenza l’avrebbe tolta agli altri.
Di solito ci si sposava passati i ventuno anni, ma
loro due erano stati portati virtualmente all’altare dalle loro rispettive
madri quando lui aveva due anni, Juna appena una settimana di vita… e comunque
sposandosi non si giura di uccidere chiunque metta in pericolo la vita
dell’altro.
Loro lo avevano fatto… Jeremy l’aveva scampata
bella.
Juna gli aveva dimostrato, se ce ne fosse stato
ancora bisogno, che lo metteva al di sopra di tutto: aveva messo in conto di
uccidere una persona che conosceva da una vita se avesse messo in pericolo
loro.
Beh, probabilmente all’atto pratico uccidere
Jeremy sarebbe toccato a lui, ma Juna non lo avrebbe fermato.
Aveva preso così in considerazione l’ipotesi, che,
pensandoci in quel momento, aveva fatto personalmente da scudo a Jeremy.
Cosa avrebbe fatto senza di lui?
Cosa aveva fatto fino ad ora per lui?
Come dannazione avevano fatto, fra tutti e due, ad
arrivare a questo?
Per essere davvero al sicuro si sarebbero dovuti
ritirare sulla Luna e trasferire le loro famiglie su Plutone!
Si abbandonò contro lo schienale e chiuse gli
occhi cercando di rilassarsi.
Fino a quando un solo Estrada avrebbe camminato su
quel pianeta, non erano al sicuro.
No, decisamente la loro carriera di killers non
era terminata.
Compose il numero di Sharon con la ferma
intenzione di mantenere il giusto distacco dalla situazione.
Aveva già pianto abbastanza per quel monumento
all’incoscienza chiamato Junayd Kamil Alifahaar McGregory.
«Ciao Jen!»
Appena sentì la voce dell’amica ricominciò a
piangere.
«E’ successa una cosa terribile…» disse imitando
alla perfezione Melissa.
Alla fine Sharon era senza parole. Letteralmente.
Pensò che non fosse più all’altro capo del
telefono.
«Shasha?»
«Santo Dio Jennie, adesso mi chiami?»
«Drake mi ha detto…»
«Lascia stare Drake adesso, ho capito dov’è e
perché e mi fa piacere che abbia pensato di farmi avvisare» liquidò il
discorso. «Io voglio sapere di te. Perché stai piangendo così? Juna si
riprenderà no?»
Eccola, la domanda che nessuno le aveva fatto. Era
il minimo che le la facesse proprio Sharon. Perché?
«Non lo so Sharon… so che mi sono sentita morire
quando l’ho visto privo di sensi… così indifeso… poi tutti quei discorsi sul
fatto che rischia di impazzire se non fa quegli esercizi… ma come si fa ad
essere così irresponsabili, vorrei sapere!»
Un leggero bussare alla porta le fece interrompere
la comunicazione. «Sì?»
Madeline fece capolino, «Tesoro, se può farti
stare tranquilla, invita Sharon a dormire qui stanotte. Connor è pronto per andare
a prenderla.»
«Oh Maddie, grazie. Sharon?»
«Ho sentito. Aspetta che chiedo a mio padre.»
Mansur rimase ad osservare in silenzio il marito
della figlia.
«Com’è che non sapevo niente di questa…
chiamiamola controindicazione della genialità di mio nipote?» chiese
calmissimo.
«Perché non lo sapevamo neanche noi!» rispose
Connor, tutt’altro che calmo «Juna si è guardato bene dall’avvisarci!»
«Drake lo sapeva» non era una domanda, ma
un’affermazione.
«In parte sì.»
«Capirai: gli eterni complici» commentò Jessica
con uno sbuffo. «Ci sono dei periodi che se voglio sapere come sta mio figlio
devo telefonare a Juna!»
«Dio li fa e poi li accoppia.» Mansur si rivolse
alla figlia e alla di lei migliore amica «Certo che vuoi due vi ci siete messe
d’impegno.»
«Se riuscirete ad essere onesti almeno con voi
stessi, ammetterete che è anche colpa di chi gli sta intorno» disse
improvvisamente Manaar. «Ma guardatevi. Avete fatto a gara a sobbarcarlo di
responsabilità.»
Connor, Mansur e Patrick abbassarono lo sguardo.
«E la colpa è anche mia» riprese la donna. «E’ mio
figlio, dannazione. L’istinto mi diceva da settimane che non stava bene e l’ho
lasciato fare come al solito di testa sua.»
«Zia, secondo me è stato un insieme di situazioni
che l’ha portato al limite» disse Justin. «Pensa a Melissa e al tracollo che ha
avuto, pensa all’acquisto di quella società di moda…»
«Pensa alla situazione che si è creata con il
nostro arrivo in questa casa» disse Jeremy. «A Melissa si è aggiunto pari pari
Michael.»
«Ah, smettila» disse Patrick. «Il problema è un
altro. Per qualsiasi problema la prima voce che si vuole ascoltare è la sua.
Fino ad ora ha sempre avuto tutte le risposte, ma ha appena diciannove anni.
Dio, mi sembra incredibile adesso che abbia diciannove anni da finire.»
Calò il silenzio e Madeline rientrò nella stanza
in quel momento, «Connor, Sharon sta chiedendo il permesso al padre e Jennie
verrebbe con te.»
Jeremy si alzò, «Finché si scherza, si scherza. A
prendere Shasha, vado io.»
«Per vedere se mio figlio appena si rimette in
piedi mi prende a calci in culo. Non uscirete né tu, né tanto meno tua figlia»
disse Connor.
«Mio figlio ha ragione» disse Patrick. «Cerchiamo
di non fare sciocchezze.»
Jennifer entrò praticamente di corsa nella stanza,
«Sono al telefono con Aaron, papà, ti vuole parlare.»
Jeremy prese il cellulare della figlia.
«Buonasera Aaron.»
«Buonasera Jeremy. Non ti chiederò come stai.»
«Sei un amico.»
«Chi si sente così male da gettare nel panico tua
figlia?»
«E’ il nipote del mio migliore amico, colui che ci
sta ospitando… si chiama Juna. Stamani è svenuto per la febbre, ha fatto
prendere un accidente a tutti.»
Ci fu un breve silenzio, «Ah. Allora chi è Drake?»
Jeremy scoppiò a ridere, «E’ strettamente il padre
di Sharon che mi sta facendo questa domanda, vero?»
Altro silenzio, «Mettiamola così.»
«E’ il migliore amico di Juna. Stanotte gli farà
la veglia. Sharon tecnicamente farà la stessa cosa con mia figlia! Domani
mattina le accompagnerò io a scuola.»
«Avevo intuito qualcosa del genere. Beh, ho un
aereo fra meno di tre ore, accompagno io Sharon. La strada ormai la so.»
«Grazie Aaron. Vengo al cancello a salutarti.»
«A fra poco.»
Aaron Castlemain, l’alter ego del comandante
Matthew Farlan quando faceva una vita normale, rese il cellulare alla figlia.
«Contento papà?» chiese Sharon imbronciata.
Darkness stava male.
E sua figlia usciva con Falcon.
Contento?
Aveva solo voluto avere la conferma dell’ovvio:
quanti Junayd Kamil Alifahaar McGregory e Drake Tyler ci potevano essere in
tutta Boston? Per non dire al mondo intero?
Cosa stramaledizione poteva ancora succedere?
«Dai, preparati che ti accompagno prima di andare
all’aeroporto.»
«Aaron» disse Corinne, «davvero la fai andare? Ma
hai visto che ore sono?»
«E’ una situazione fuori dall’ordinario Connie.
Resta tua madre con te, anche se già dorme, non starai sola. Shasha, sei ancora
qui?» chiese alla figlia che non si muoveva «Prendi la tua roba e la cartella.»
Aspettò che Sharon sparisse su per le scale e
tornò a rivolgersi alla moglie, «Ti ho spiegato perché Jennifer non può venire
qui e adesso quella ragazza è sotto shock. Sharon non dormirebbe meglio di lei
sapendola sola.»
Sua moglie sospirò profondamente, «Ti conosco
bene. Non manderesti mai tua figlia a casa del primo che capita, anche se è il
migliore amico del governatore. Tu non me la racconti giusta.»
La sua assicurazione erano Darkness e Falcon,
anche se il primo al momento stava male e il secondo, per Dio, si stava
trasformando in un potenziale fidanzato… in altre parole, l’incubo peggiore di
un padre come lui.
Restavano sempre i suoi due agenti migliori, anche
se avevano deciso di mollare, e sapeva di potersi fidare di loro.
«Immagino tu debba fidarti di me.»
«Lo faccio da sempre… devo solo inventarmi
qualcosa da raccontare a mia madre.»
Sharon da parte sua rimase in silenzio fino a
quando svoltarono l’angolo. «Sai papà… mi sembra evidente che tu conosci
qualcuno in casa McGregory e a occhio e croce conosci Juna… Juna però non
ricorda di averti mai conosciuto.»
Mi hai presentato con il nome sbagliato,
figlia mia.
«So chi è Junayd Kamil Alifahaar McGregory,
chiunque si occupa di finanza lo ha sentito nominare, ma non ho mai avuto
contatti con lui. Adesso so anche che è il migliore amico del tuo fidanzato.»
Sharon gli scoccò un’occhiataccia, «Drake non è
il mio fidanzato papà. Al momento siamo solo amici.»
«Beh, non esci così spesso con i tuoi amici.
Dovrò informarmi su di lui.»
«Anche se ti dicessi di non farlo non farebbe
differenza, vero?»
«Se mi dicessi tutto tu, mi faresti risparmiare
tempo.»
«Ancora non lo conosco papà. So pochissimo su di
lui e quello che so è legato a Juna. Li ho visti all’opera e quella che credevo
essere una leggenda si è rivelata essere la verità pura e semplice. Sono due
ragazzi fantastici.»
«Ti piace anche Juna?»
Sua figlia assunse un’espressione comicissima,
«Stai scherzando? A parte il fatto che crearmi un harem non rientra nei miei
progetti futuri, quel ragazzo sembra mio fratello! E poi Jennie mi ucciderebbe.
Non lo ammetterà mai, ma… beh, direi che le piace molto.»
Il commento di sua figlia, così naturale e
spontaneo, gli fece saltare un battito del cuore.
Juna sembrava suo fratello?
Lei lo guardava, letteralmente, con gli occhi del
gemello omozigote di quel ragazzo.
La breve esistenza di quel bambino era stata
evidentemente nascosta a tutti, non solo Darkness non ne aveva mai lontanamente
accennato ma neanche Falcon sembrava saperne qualcosa… e se Falcon non era a
conoscenza di questa realtà della vita di Darkness, per forza di cose non ne
doveva sapere niente neanche Darkness stesso.
Lui sapeva che era nato perché sua figlia era
venuta al mondo con una grave malformazione agli occhi e quelli del fratello di
Darkness erano stati subito disponibili e miracolosamente compatibili.
Anche essendo chi era, era risalito a fatica alla
fonte di quel dono che era stato un miracolo, per lui e sua moglie, perché
ufficialmente quella creatura non era mai nata.
Era stato un caso che le analisi di Sharon fossero
finite nelle mani del professor McIntyre, il quale per fortuna aveva subito
capito la compatibilità fra i due neonati e aveva agito a compartimenti stagni
fra loro e i genitori del donatore fantasma.
Gli era stato chiesto di non far domande e Aaron
Castlemain si era limitato ad accettare quel dono piovuto dal cielo, ma per il
comandante Matthew Farlan era un altro paio di maniche.
Ci aveva messo del tempo ma alla fine aveva saputo
tutta la verità e da quel momento non aveva mai perso di vista Darkness.
Con il tempo, scoprendo le potenzialità di quel
ragazzo, era stato naturale, nonostante la giovane età, pensare a lui come un
elemento da inserire nella squadra sua e di Richard e Falcon era stato il
completamento inaspettato ma logico di quella che adesso era la sua squadra
migliore.
Doveva molto a Connor e Manaar McGregory e per
ricambiare aveva fatto del loro unico figlio un killer professionista.
Cosa sarebbe successo se lo avessero saputo?
Quanto tempo ci sarebbe voluto, con Sharon e
Darkness sotto lo stesso tetto, che saltasse fuori che non solo erano nati ad
appena dodici ore di distanza ma che erano nati nella stessa clinica privata?
Si scrollò di dosso quei pensieri come se
bruciassero.
«Drake piace molto a te, a quanto ho capito.»
«Ok, mi arrendo: Drake mi piace da anni papà.»
Esattamente quello che temeva.
Il padre di Sharon scese dall’auto per salutarli.
Jeremy aveva insistito perché ci fosse anche lui,
magari vedendo Aaron Castlemain lo avrebbe riconosciuto.
Ovviamente non fu così.
Jeremy abbracciò l’uomo con affetto e Aaron
ricambiò, poi dette un buffetto a Jennifer, già soffocata dall’abbraccio di
Sharon. «Ciao signorina.»
«Ciao Aaron, sono contenta di vederti. Grazie per
aver permesso a Sharon di venire qui.»
«Figurati. Anche mia figlia non avrebbe passato
una nottata migliore della tua, sapendoti sola.»
Jeremy prese in mano la situazione, «Ti presento
Connor McGregory. Connor, lui è Aaron Castlemain.»
Aaron Castlemain lo osservò con attenzione.
Si strinsero la mano.
«Mi dispiace molto per suo figlio. Spero si
rimetterà presto.»
«La ringrazio.»
«Beh, io adesso vado o quell’aereo partirà senza
di me.»
«Mi mandi un messaggio quando atterri? Lo leggo
quando mi sveglio» disse Sharon.
«Va bene. Cercate di dormire voi due, intesi
signorine?»
Jennifer e Sharon scattarono sugli attenti,
«Signorsì!»
Aaron guardò Jeremy, «Cosa bisogna fare per farsi
prendere sul serio da queste due?» chiese.
«Appena lo scopro sarai il primo a saperlo!»
Si salutarono e tornarono verso casa.
«Lo hai riconosciuto?» chiese Jeremy.
«Onestamente, non l’ho mai visto in vita mia.»
«Mio padre mi ha detto che conosce Juna di fama,
ma non ha mai avuto contatti con lui» disse Sharon.
Jeremy si rivolse di nuovo a lui, «Tuo figlio è
piuttosto famoso.»
«Sembra proprio di sì.»
Fu un leggerissimo intorpidimento alla
schiena… parente stretto del colpo della strega, a farlo svegliare.
Si stiracchiò cercando di muovere tutto il corpo e
più di un’articolazione ebbe da ridire sull’iniziativa, poi tese l’orecchio e
il respiro di Juna era lento e regolare.
Le lancette fosforescenti del suo orologio lo
informarono che erano appena le due e mezzo.
Aveva bisogno di bere qualcosa di caldo, decise.
Con tutte le precauzioni del caso si avvicinò a
lui e gli posò una mano sulla fronte… la febbre doveva essere calata, non gli
sembrava più bollente come la sera prima.
Uscì da quella stanza e si diresse in cucina.
Qualcuno lo aveva preceduto.
Allora… poteva essere Manaar, Jennifer, Madeline,
Connor…
Quando entrò nella stanza pensò di avere le
allucinazioni.
«Sharon?»
La ragazza sussultò come se fosse stata colpita e
si voltò di scatto, «Drake?»
Rimasero a fissarsi immobili per qualche secondo…
poi entrò Jennifer. «Drake, sei sveglio anche tu.»
«Tu sapevi che era qui?» chiese Sharon.
«Beh… oh Dio, tuo padre non te lo ha detto?»
Suo padre?
«Come-dannazione-poteva-saperlo, mio padre?»
chiese Sharon scandendo le parole.
«Glielo ha detto il mio al telefono» fu la limpida
risposta di Jennifer. «Aaron deve avergli chiesto chi fosse Drake e mio padre
gli ha risposto che era il migliore amico di Juna e che gli avrebbe fatto la
veglia stanotte.»
Sharon rimase… beh, sbigottita era solo una
parola. Sconvolta era un concetto che si avvicinava di più alla realtà.
Dovette fare uno sforzo enorme per non
abbracciarla.
«Che ci fate alzate a quest’ora?» chiese tanto per
sbloccare la situazione.
Sharon si riscosse, «Volevamo bere qualcosa di
caldo.»
«Bene, includetemi nel programma.»
«Juna?» chiese Jennifer.
«Lui è meglio se continua a dormire.»
Jennifer gli diede un leggero colpo sul braccio
mentre Sharon cominciò a ridacchiare, «Antipatico. Volevo sapere come sta.»
Quelle due erano le promotrici di una nuova moda?
Mai visti pigiami così carini.
«Ringraziando il Cielo dorme tranquillamente.
Credo che la febbre sia calata.» Un pensiero lo colpì, «Non hai visto mia
madre?» chiese a Sharon.
«E’ andata a letto prima che arrivasse» rispose
Jennifer. «Shasha, io ho dato per scontato che tuo padre te lo avesse detto.»
Sharon scosse la testa.
Drake sorrise nel modo che riusciva solo a lui,
«Credo che tuo padre mi starà simpatico. Se sopravvivrai a mia madre, ne
riparleremo.»
Lo gratificò di una linguaccia.
Era adorabile spettinato.
In quel momento fecero il loro ingresso Manaar e…
quella che doveva essere inderogabilmente la madre di Drake, visto che sembrava
sua sorella e sapeva per certo che fosse figlio unico.
Il ragazzo sorrise appena, «E’ stato fissato un
appuntamento per sole donne per il tea in cucina o è un caso?» chiese più a se
stesso che effettivamente a qualcuno nella stanza.
«Mi è sembrato che non scottasse più, tu che
pensi?» gli chiese Manaar che evidentemente aveva fatto una fermata intermedia
nella stanza del figlio mentre l’altra la fissava con aperto interesse.
Drake annuì, «Spero che il peggio sia passato…
almeno per Juna. Mamma?»
La donna spostò lo sguardo da lei al figlio, «Sì?»
«Non conosci Sharon Castlemain, vero?»
Aveva davvero intenzione di…?
«… E’ la migliore amica di Jennifer. Sharon, lei è
mia madre, Jessica Tyler.»
… presentarle.
Era in pigiama. E per di più spettinata.
Questa volta lo avrebbe ucciso.
«B… buongiorno signora Tyler.»
«Sei la prima che mi viene presentata da mio
figlio, credo tu possa chiamarmi Jessica.»
E gli avrebbe fatto anche tanto male.
«Pensavamo di farci un tea, siete dei nostri?»
chiese Drake salottiero.
«Faccio io, almeno mi tengo impegnata» disse Manaar.
«Manaar, Juna sta decisamente meglio, cerca di
darti una calmata» disse Jessica.
Manaar mise le braccia conserte. «Non ci riesco.
Jessie, ti giuro che non ci riesco. Non ho ancora chiuso occhio, mi sono alzata
per paura di svegliare anche Connor. Deve assolutamente riposare: in ufficio,
in una sola giornata… anzi mezza, è successo il finimondo senza Juna e oggi
sarà una giornataccia per lui.»
«Temo che Connor dovrà rivedere la gestione della
compagnia» disse Drake. «Juna non si muoverà di casa per un bel po’.»
«Paul e Ryan si sono offerti volontari» Manaar
cominciò a preparare le tazze e automaticamente lei e Jennifer si mossero per
aiutarla, «ma… beh…» lanciò un’occhiata a Jessica.
La quale alzò gli occhi al cielo, «Per sostituire Juna
non basterebbero dieci persone» concluse. «E comunque i tuoi cognati non
capiscono un’acca di finanza.»
Manaar fece una smorfietta, «Esatto. Connor però
non ha avuto il coraggio di dirglielo.»
Fra trent’anni le sarebbe piaciuto che lei e
Jennifer fossero esattamente così.
«Vi conoscete da molto?» chiese ancora prima di
pensarlo.
Manaar le sorrise, «Trentasette anni. Ci siamo
conosciute al liceo.»
«Che pazienza…» commentò Jessica.
Drake soffocò una risatina.
Lei e Jennifer erano letteralmente a bocca aperta.
Sapeva che anche Jennifer aveva fatto al volo il
calcolo che aveva fatto lei: quelle due avevano cinquanta anni a testa!?
Manaar scoppiò a ridere, «Prendo la vostra
espressione allibita come un complimento!»
«Non è possibile» disse Jennifer, «non potete
avere cinquanta anni.»
Jessica scosse la testa scherzosamente sconsolata,
«Possibilissimo, ahimè. La mia dolce metà ne ha quasi cinquantacinque!»
«Connor quanti anni ha?» chiese Jennifer.
«Pochi mesi più di Brian» rispose Manaar. «Ho
avuto Juna dopo quasi tredici anni di matrimonio.»
«Questo capolavoro ha visto la luce che ero
sposata da undici anni» disse Jessica indicando con un cenno della testa Drake.
«Grazie mamma.»
Oh Santo Dio… quelle due dimostravano quarant’anni
nei momenti peggiori!
«Complimenti» disse. «Davvero. Dove devo firmare
per arrivare a cinquant’anni così?»
Il primo a scoppiare a ridere fu Drake, «Devi
ancora arrivare ai venti Shasha!» le ricordò.
Si sederono intorno al tavolo per bere il tea e
l’atmosfera si era notevolmente rilassata.
Drake fu un fulmine a finire il proprio e si alzò,
«Beh, torno a montare di vedetta. Cercate di andare a nanna anche voi.»
Fu salutato da un coro di saluti.
Fece appena in tempo ad uscire dalla stanza che
Jessica sbuffò, «Mio figlio si scorderebbe la testa se non l’avesse più o meno
saldamente attaccata al collo!»
Aveva scordato il cellulare sul tavolo.
Automaticamente lo prese e si alzò, «Ci penso io.»
Gli corse dietro su per le scale, arrivata
nell’ingresso lo cercò con lo sguardo ma evidentemente Drake era già arrivato
al primo piano.
Cosa faccio se è
già entrato nella stanza di Juna?, si chiese mentre saliva i gradini due a
due.
Il problema non si pose: Drake era tranquillamente
appoggiato con le spalle al muro appena finite le scale. Praticamente gli andò
addosso.
«Alla buon’ora, pensavo ci mettessi molto meno.»
Successe tutto in meno di dieci secondi.
Drake le sfilò di mano il proprio cellulare, le
cinse la vita… e la baciò.
Fu proprio un bacio. La prese così di sprovvista
che per una manciata di secondi rimase immobile fra le sue braccia, poi gli
gettò le proprie al collo.
Quando si separò appena da lei aspettò che aprisse
di nuovo gli occhi, poi le sorrise, «Devo chiederti una cosa seria Sharon»
bisbigliò.
«Sa… sarebbe?»
«Hai molti pigiami in questo stile?»
Contò fino a cinque.
Non stava scherzando, per lui era davvero una
questione seria.
«Praticamente un intero cassetto.»
«Sono molto carini. Credo che ogni tanto ti
permetterò di indossarli anche se ci sarò io.»
Aprì bocca, ma la richiuse subito. Sorrise perché
non sapeva che altro fare, «Che Dio mi aiuti, sei completamente pazzo Drake.»
Lui scosse appena le spalle, «Un po’» ammise. Poi
riprese, «Non sto scherzando adesso, vedi di dormire o ti toccherà
un’alzataccia.»
Dormire??
«Va bene.»
«Quanto tempo ci hai messo a realizzare che ho
lasciato il cellulare in bella vista?»
Rimase a bocca aperta, «Lo hai fatto apposta
per…?»
Drake la interruppe con una risatina, «… per
rendere memorabile il nostro primo bacio tesoro!»
Non riuscì a trattenersi dal mettersi una mano fra
i capelli. «Se n’è accorta tua madre.»
«Ah. Allora le stai simpatica, tutto sommato.»
«A proposito di tua madre, ricordami che devo
farti tanto male.»
L’espressione di quel ragazzo si fece limpida e
innocente, «Perché amore mio?»
Ignorò il tonfo del suo cuore a sentirsi chiamare
così da lui e si sforzò di mantenere la stessa espressione, «Non dovevi
presentarmi così.»
«Cosa dovevo dirle? Mamma ignorala perché
ancora non è la mia ragazza? Ti ho presentata come la migliore amica di
Jennifer.»
Cercò di allontanarlo da sé… poteva arrivare
qualcuno.
Drake le impedì di farlo senza il minimo sforzo,
«Ce l’hai con me?» chiese.
«No» ed era la verità. Come faceva ad avercela con
lui?
«Allora me lo dai un altro bacio?»
«Potrebbe arrivare qualcuno Drake.»
«Sicuramente non mia madre… altrimenti non ti avrebbe
lasciata andare con il mio cellulare.»
Ovviamente il bacio se lo prese senza il minimo
sforzo… ancora non era il suo ragazzo e non c’era verso di dirgli di no… era
proprio messa bene.
«Ok Shasha…» disse alla fine in un sussurro
allontanandosi appena da lei, «a fare la nanna adesso, devi andare a scuola
vero?»
«Non me lo ricordare.»
«Recupera anche Jennie perché non si sposterà mai
dalla cucina se non ti vede.»
Le venne da ridere, «Questo è poco ma è sicuro.»
«Dopo scuola torni qui?»
«Non credo… devo assolutamente studiare Drake, il
che significa che io e te ci sentiremo per telefono a cena, intesi?»
«Potrei aiutarti.»
«Tu riesci solo a distrarmi adesso.»
«Sei senza cuore.»
Gli sorrise e gli passò una mano fra i capelli, «E
poi adesso non avresti testa che per Juna.»
Drake la fissò per qualche secondo, poi scosse la
testa, «Sei la prima che prende con così tanta filosofia il mio attaccamento a Juna.»
«Io ho Jennifer» gli ricordò.
Si bloccò rendendosi improvvisamente conto di una
cosa: voleva bene a Juna.
Com’era possibile visto che lo conosceva da meno
di un mese?
Non era lo stesso bene che provava per Drake… Juna
non le mozzava il respiro… Juna la faceva sentire come mai nessuno prima.
«Terra chiama Sharon…»
«Scu-scusami, mi… mi sono distratta.»
«Non meravigliarti se ti sei affezionata così
tanto a Juna.»
Dovette guardarlo in maniera indescrivibile, Drake
le chiuse la bocca facendo leva sul suo mento. «Pensi che non me ne sia
accorto? Sono il primo a rendersi conto di quanto quel ragazzo sia
irresistibile. Sono tranquillo perché è evidente che per lui non provi le
stesse cose che provi per me. Non lottare contro l’affetto che provi per lui…
te lo dico per esperienza: farebbe perdere la pazienza ad un sasso, ma non è in
discussione che sia un persona eccezionale.»
«Mh, ti sopporta da diciannove anni, vero?»
Drake rise appena, «Solo mia madre e mio padre mi
sopportano da più tempo!»
Lo spintonò appena con un sorriso, «Torna da dove
sei venuto.»
«Cerca di dormire adesso, ok?» ripeté il ragazzo.
«Ok» si arrese.
Dopo un altro bacio lo vide allontanarsi verso la
porta di Juna.
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NOTE:
giunigiu95: eheheheh… non si direbbe che Juna è il mio
personaggio preferito, vero?