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Autore: pierres    13/02/2015    2 recensioni
Ed erano singhiozzi soffocati tra le navate e le statue e i sorrisi di pietra, petali di rose di roccia dai quali pendevano muschio e licheni, ed era un mazzo di fiori selvatici e un velo cremisi e neve rossa dentro un globo di vetro - certi istanti, James lo sa, durano per sempre, cristallizzati nell'ambra.
Ma le persone no.
Forse il mare stesso luccica così tanto da essere l'unico tesoro per il quale vale la pena di perdersi.
[James NorringtonxElizabeth Swan] [accenni WillxElizabeth]
Seconda classificata al contest All those years living in a blur indetto da Little_Cricket sul forum di EFP.
Vincitrice del premio Incompreso - miglior caratterizzazione di un personaggio insolito.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Swann, James Norrington
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Cattedrale e il suo strapiombo
 
 
 
 
 

















La Cattedrale sul mare era il posto, quello che più di tutti profumava di sale e dello stridore dei gabbiani - perché tutto ha un odore, anche i suoni, anche la Cattedrale, con le sue mura di muschio e il tetto spiovente, con le statue dai sorrisi tristi e le mani tese dalle quali ciondolavano liane di licheni e paglia dei nidi degli uccelli.

E se lo stridore del violino ha anche lui un odore è quello dell'incenso e delle candele, se ha un colore è il bianco sporco di verde delle pareti, i sassi sul viottolo spostati e schiacciati da così tanti piedi e così tante menzogne e pensieri e confessioni, che pesano sulle spalle più del piombo.

E la Cattedrale è là da non si sa quanto tempo perché sembra nata dalla roccia, con le guglie che semplicemente salgono e salgono e se le guardi dal basso non sai più dove finiscono loro e dove inizia la montagna, e le sue vetrate buie - non sono belle ma alla fin fine non serve, sono vermiglie e amaranto e sangria, pregne del fumo degli incensi così tanto da non brillare  neanche più e la luce che filtra, all'interno, è rossa anche quella, come i fiori selvatici che si raggruppano nei cespugli spinosi lungo tutta la salita.

Elizabeth ha l'odore di quei fiori, James lo sente da lontano e sa, tutte le volte sa, che di nuovo è scappata alla Cattedrale con i suoi piedi da bambina che incespicano e inciampano e tartagliano sui sassi irregolari del viottolo, che si è andata a nascondere sotto la gonna di una Madonna di roccia annerita, a contare i ragni sulle caviglie di marmo e le crepe della gonna coperta di muschio, mentre tutto intorno a lei è scatafascio e degrado e ancora le vetrate riscaldano dei toni del rosso le panche vuote e le ragnatele sottili e i pilastri anneriti, la statua Cristo a cui manca la punta del naso e due falangi,  la porta della sagrestia inclinata su un cardine.

 Il Governatore non vuole che Elizabeth si spinga fin lassù. Il terreno è insidioso, dice, lo strapiombo troppo vicino alla soglia.
 
James ha diciotto anni e Elizabeth soltanto sette, ma quando la guarda vede se stesso undici anni prima, con le ginocchia sbucciate per tutte quelle salite sui gradini scivolosi e le mani piene dei graffi dei cespugli quando voleva raccogliere i fiorellini a tutti i costi e poi correva giù a rotta di collo, calciava via i sassi e urlava a sua madre di guardare il suo mazzo color amaranto, lo stesso delle vetrate che voleva impunemente toccare ma erano troppo in alto, mentre i gabbiani continuavano a stridere, sempre un passo più lontani, intorno alle guglie, e il mare brillava più dell'oro - forse è per questo che i pirati rinunciano a tutto, pensava, la testolina appoggiata sui piccoli pugni e i piedi che ciondolavano sullo strapiombo. Una casa, un porto sicuro, qualcuno che li aspetta con l'ancora gettata da tempo.

Forse il mare stesso luccica così tanto da essere l'unico tesoro per il quale vale la pena di perdersi.

E quando Elizabeth nasconde le mani graffiate dietro la schiena e si spazzola via frettolosamente i petali cremisi dai capelli biondi, James, casualmente, sta sempre guardando da un'altra parte - una volta il soffitto, una volta il pavimento, una volta il profilo della Cattedrale che si vede dalla spiaggia, mentre fissa l'orizzonte come un tenero, vecchio gigante immobile e gli uccelli gli girano intorno e gli fanno da corona. Forse è una fase che devono passare tutti, quella della Cattedrale - forse non passa mai per davvero.

Forse Elizabeth si sente semplicemente di troppo, ogni tanto - vede i suoi occhioni che spaziano in giro disorientati e le smorfie per le acconciature troppo strette e le guance rosse per il caldo dei tessuti alla moda, e quando sbuca correndo dagli alberi che portano al sentiero della Cattedrale e torna a casa cercando di non farsi beccare, ha sempre quel sorriso che - James lo sa - era anche quello di un bambino dalle  ginocchia nodose che da grande voleva fare il Commodoro.
 
 


È nascosta dietro al terzo pilastro della navata di destra, riesce a vedere un piedino e una scarpa di raso sporca di terriccio e erba spuntare da dietro la semicirconferenza visibile dalla sua prospettiva - quella dell'ingresso al quale è arrivato esitante. Sapeva che era lì perché ormai la conosce, Elizabeth - quella Elizabeth, quella bambina tremante e fragile che gli ricorda tanto se stesso e qualcosa che non sa definire - e che oggi è il giorno del suo ottavo compleanno e che ogni tanto non ce la fa più - e i pizzi e gli inchini e i corsetti e sorridi, Elizabeth, sorridi per bene, non così, quello non è un sorriso, sorridi -  e deve solo scappare, nessuno sa dove tranne James.

E sente anche dei suoni strani - non ci vuol tanto a capire che sono singhiozzi, la Cattedrale è vuota e rimbombano col fragore di tuoni e uno fa più male dell'altro - la Cattedrale è sempre vuota e al contempo non lo è mai, perché James ci ha lasciato l'anima e forse anche Elizabeth e tutti quelli che sono corsi fin lassù solo per vedere il mare e le vele di panna da un'altra prospettiva, e poi c'è la Vergine col Bambino che ti fissa dall'altare e sente che i suoi occhi di pietra, acuti e indulgenti, lo seguono mentre avanza timoroso lungo la navata principale, scansando le panche tarlate sparse in qua e in là in maniera disordinata.

Così come i putti dall'alto spargono manciate di petali di rose rocciose dai quali pendono liane di muschio verde - verde come le alghe del basso fondale, quasi come se la Cattedrale non fosse soltanto guglie e montagne e gabbiani ma anche mare e sale, quel sale di cui sono pregne le stanze e il portone cigolante - e così come le allegorie alle finestre sembrano tendere ognuna il lato di un velo cremisi che ricopre tutto col suo calore sanguigno, mentre i suoi passi leggeri risuonano in maniera smisurata sotto umili volte e Elizabeth trattiene il respiro e smette di singhiozzare perché l'ha sentito e sa chi è ma nonostante tutto non scappa, su tutto cade anche una sorta di gelida ragia che si trasforma in ambra e cristallizza quell'istante - e quel momento diventa infinito.

E c'è l'odore del sale e il vento salmastro e la luce del tramonto che cade perpendicolarmente sugli occhi della Madonna sorridente e ogni cosa è neve rossa - fredda e emotiva - e in un globo di vetro con la neve i gabbiani continuerebbero a volare intorno alle guglie, cristallizzati nel preciso istante in cui Elizabeth si volta e lui si ferma e le porge uno striminzito mazzolino di fiori rossi e lei se lo stringe al petto, negli occhi un contegno che non le appartiene, e si fa un po' più in là per lasciarlo sedere accanto a lei.

Ogni cosa ferma nell'esatto istante in cui insieme contano i ragni sulle loro caviglie pallide e piene di graffi e le crepe tra i petali cremisi del mazzetto sgualcito, e nell'aria c'è l'odore del violino e dei gabbiani e del muschio e del mare.
 
 


«È come la desideravate, signore?»

Quella sera dalla finestra aperta entrava lo sciabordare delle onde nella baia e il vago vento salino che spostava le tende e faceva cigolare noiosamente i cardini delle persiane.

Sul tavolo, tra un mucchio di scartoffie e boccette di inchiostro a fargli da cuscino, un globo di vetro rifletteva un po' abbattuto gli ultimi raggi del tramonto - eppure c'era quella cosa, quel qualcosa che nessuno sa bene come spiegare e che scuote un po' ma non troppo, quel turbamento che può istillarti una verità talmente ovvia che non l'avevi ancora razionalizzata, per intenderci, o soltanto quegli oggetti che sono piccoli e magari anche un po' imperfetti eppure spiccano su tutto, in mezzo a quei fascicoli e quelle tende damascate e quei bottoni lucidati della divisa.

All'interno del globo, tra fiocchi di neve vermiglia - o forse è soltanto la luce del tramonto che l'attraversa - la Cattedrale spicca come appartenente ad un'altra dimensione, come se rompendo il fragile vetro intorno James potesse ancora sentire il profumo del sale e i gabbiani riprendessero a stridere e a volargli intorno - come se quella copia un po' sbilenca fatta dalle mani umili di un artigiano non fosse altro che un istante, quell'istante, cristallizzato e imbottigliato per farlo durare per sempre.

«Sono sicuro che la gradirà oltremodo, Mastro Spyed» asserisce, e lo pensa davvero.

Gli ultimi raggi del sole morente scivolano sulla sfera e sembra quasi che qualche ala si muova - sembra quasi che arrivi l'odore del sale, ma è soltanto il vento che entra dalla finestra.
 



Il giorno del suo diciassettesimo compleanno, Elizabeth è vestita di tutto punto come si conviene ad una signorina - è buffo come James l'abbia sempre avuta davanti agli occhi e nonostante tutto non riesca a vederla - fino ad ora.

Perché quando le porge il regalo e lei lo scarta nei suoi occhi castani non c'è più la luce di quelli della bambina che si è stretta al petto il mazzo di fiori come se fosse il gioiello più prezioso del mondo, e nei capelli che le colano sulle spalle in riccioli perfetti come quelli delle facciate e degli intarsi non c'è traccia neanche di un petalo rosso - quando stringe tra le mani la palla di neve non si vede neanche un minuscolo graffio sulla pelle pallida - eppure James non la ricorda così, James non la vede, non vede Elizabeth - non sa dov'è.

«Vi ringrazio di cuore, Commodoro» proferisce, la schiena dritta e rigida come una tavola di legno.

Lui la guarda un po' annuendo e un po' confuso, come se mancasse qualcosa - e il suo sorriso è finto? È davvero finto? Eppure pensava--

«Speravo avreste gradito» balbetta e sembra un sussurro perché non ha molto fiato, tossisce un po' per schiarirsi la gola e si allaccia le mani dietro la schiena, sempre in un confuso contegno.

Elizabeth si guarda intorno, vede suo padre distante e si volta per rispondergli, forse osando un po' di più di quanto avrebbe fatto in altre occasioni, ma James ha occhi solo per i suoi occhi - hanno preso un taglio più affilato e le ciglia lunghe le sfiorano gli zigomi, ed ha la pelle pallida come il bianco delle onde e come la salsedine - eppure tutte le volte che la vedeva, lassù alla Cattedrale a strapiombo sul mare, le guance erano rosse come mele o ciliegie - o era solo il gioco della luce attraverso le vetrate?

«Non sono più una bambina»

Quelle parole restano lì sospese nel vuoto, un po' ondeggianti e un po' fin troppo solide e pese, quei momenti in cui non si sa bene cosa dire - il chiacchiericcio della gente in sottofondo e lo sciabordare delle onde onnipresente, il congedo di lei che è la stoccata finale e lui che neanche risponde, troppo perso ad osservare la linea dritta del suo collo e le labbra che non tremano - chissà da quanti anni hanno smesso di farlo e lui non se ne è reso conto - e i passi svelti e sicuri.

«No, non lo siete» afferma, sorpreso del proprio tono sorpreso.

Ed è una rivelazione che lo colpisce come un macigno, una verità così ovvia che l'ha tralasciata e ora lo turba, e si perde in un sospiro e nello stridere delle sue piccole scarpe  sulla dura pietra mentre si allontana nel corsetto che ha imparato a portare.
 
 


E così come da piccoli si corre dietro agli aquiloni, e si inciampa e si batte testa e mento pur di tenerli sempre sott'occhio e non si mettono le mani avanti per non mollare la presa sul filo, così come si corre su per i sentieri e si calciano i sassi e ci si sbuccia i palmi e i ginocchi per qualche fiore sanguigno e l'odore del muschio, James si affanna dietro ad Elizabeth con quel penoso contegno che gli fa mantenere il busto dritto e gli occhi sempre troppo bassi per lei - quando la osserva, mentre non lo sta guardando, si meraviglia ogni secondo di quanto sia cambiata e sciocco, ingenuo, innamorato rifugge da quella bambina singhiozzante e si rifugia nella donna gentile, sorridente di adesso e si comporta di conseguenza. Elimina tutti i riferimenti a quei pomeriggi passati a contare le macchie e le crepe quando ancora entrambi erano troppo ragazzi per pensare a qualsiasi inciampo futuro, e forse lo fa con rammarico - forse un po' ci pensa, ogni tanto, quando si costringe a non guardare più la vecchia Cattedrale e a non cercare piccoli, impercettibili graffi sulle mani di Elizabeth che, lo sa, non ci saranno - ma lo fa lo stesso, comunque li elimina - perché James è sempre stato questo, è sempre stato il bambino timido e l'adulto riservato e forse va bene così, se a lei non importa più. Deve solo aspettare il momento giusto - non sa quando, ma lo aspetta - e allora glielo dirà e dopotutto è un uomo importante, sta per diventare Commodoro - forse è quella l'occasione, in fondo.

Solo che quando scompare non sa più che fare e lui non è William - William che è così impulsivo e audace e giovane, oh certo! - lui ha degli impegni e se Elizabeth fosse la donna adulta che pretende di essere capirebbe - ma non lo è, in fondo probabilmente lo sa anche lui, che rivede il sorriso della bambina nelle risate che rivolge a Will e il labbro tremolante quando parla con Turner e non sa bene che dire, il passo fintamente convinto quando gli volta le spalle e si promette che non si guarderà indietro - James vede tutto questo perché ha passato anni ad immaginare Elizabeth che faceva certe cose per lui, a dirottare i suoi sguardi e i suoi sorrisi sulla propria persona quasi in automatico, quasi come se dopotutto non ci fosse poi nulla di così sbagliato - solo qualche strato di illusioni come veli vermigli filtrati da vetrate sporche.

E William è partito e Elizabeth è partita, e Jack Sparrow pure e adesso non ha niente da fare - traccia rotte in maniera quasi meccanica per ritrovare la Perla Nera, nelle orecchie il fragore dei cannoni e nel naso l'odore della polvere da sparo della notte dell'assalto, non più lo stridere dei gabbiani e il sale e il muschio e i sorrisi di pietra.

Ogni tanto si perde per i corridoi e per le strade e guarda il mare più spesso di quanto abbia mai fatto, si chiede quanti rimorsi siano concessi prima del crollo - ed era lì, dannazione, era lì e voleva fare una proposta sentita e oh, perché ci deve sempre essere qualcosa che rovina tutto?

Nella villa del Governatore, il globo di neve con la Cattedrale è su uno scaffale un po' polveroso in salotto. Lo sa perché è andato a cercarlo, forse era un po' stanco o forse solo frenetico, e quando l'ha visto - quando ha visto l'istante cristallizzato lì dentro, con i gabbiani volteggianti e lui e lei seduti accanto, in silenzio, con quel mazzo di fiori selvatici - l'ha semplicemente gettato per terra, senza nemmeno ponderare la questione - il rumore del vetro rotto l'ha scosso più di qualsiasi proiettile, come una bandiera frustata dal vento, ed è rimasto lì, in piedi, immobile, a guardare il liquido che piano piano si allargava in una pozza sul pavimento e i granelli di finta neve rossa che fluttuavano sulla sua superficie come isole e continenti.

Sa che l'ha già persa da tempo. Sa che quel tramonto e quei vaghi sorrisi erano già le vestigi di una freddezza che avanzava inesorabile, di una lontananza che poi si è consolidata in un muro - non importa quanto James picchi i pugni e si scortichi le nocche, perché nessuno lo vede, chiuso in quella giaccia da Commodoro che gli sta troppo stretta - forse è sempre stato lui, quello non adatto a certi vestiti. Quello che non riesce a respirare.

A Elizabeth non è mai importato - lei non aveva bisogno di lasciare l'anima nella Cattedrale perché non ha bisogno di celarsi, di abbandonare una parte di sé: crescendo ha imparato a raddrizzare la schiena e ad essere cosciente di quanto odi farlo, e a non nasconderlo.

Non come lui che guarda i bottoni sulla divisa e sono così tanti e così lucidi e gli viene la nausea, non come lui che avrebbe potuto partire, come ha fatto William, ma no, perché è Commodoro e ha degli impegni ed è illegale e Elizabeth doveva capire - oh Dio, ti prego, fa che capisca!

Quando guarda a terra si rende conto che quella intrappolata lì dentro è sempre stata solo e soltanto un ammasso di mattoncini artificiali e che qualunque altra cosa ci fosse, tra il liquido oleoso e la neve contraffatta, ormai si è dispersa da un po' - i cocci di vetro feriscono i piedi e fanno male, ma forse un po' ricordano i vecchi graffi dei cespugli selvatici, e James si accontenta così.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 













Note: innanzitutto salve salvino(?), amici!
Che dire? Avevo detto che avrei scritto qualcosa su questa coppia, chi mi segue - nessuno lalala - lo sa, e grazie a questo contest ho finalmente trovato lo spunto! Ci tengo a scusarmi pubblicamente Little_Cricket per aver scritto un mostro di circa 2900 parole quando il limite era 2000, ma sono sincera quando dico che non era assolutamente programmato che venisse fuori qualcosa del genere!
La Cattedrale non è mai stata citata in nessun film, ma l'isola è abbastanza grande e me la sono immaginata in alto e a ridosso di una scogliera, come scritto nel testo. Come Elizabeth e James l'abbiano scoperta non lo so nemmeno io, ma è uno di quei luoghi abbandonati che trovi per caso e mai per caso e ti restano sempre dentro - o almeno, per la maggior parte è così. Per Elizabeth evidentemente no XD - che poi l'ho resa un po' irritante in questa os, non so perché, è un personaggio che adoro ahah .-.
Sto lavorando ad una os su Bernini e Borromini che sono la best slash evah, se capite cosa intendo, ma per lavorando intendo che devo ancora iniziarla, quindi proprio non so - anche nobody cares ma vabbbene XD
Grazie anche soltanto per essere arrivati fin qui, un abbraccio a tutti!
pierres (che prima era whammy e lol)

 
  
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