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Autore: se solose    15/02/2015    6 recensioni
Ciao Questa storia è diversa da tutte le altre che ho scritto. Un po' brutale in senso emotivo e se devo essere sincera non so come mi è venuta in mente, ma lo ha fatto. Spero apprezziate un punto di vista un po' diverso e forse che tocca tematiche che non siamo abituati a vedere in un telefilm come questo, ma purtroppo sono sempre più all'ordine del giorno.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen, Slade Wilson
Note: What if? | Avvertimenti: Non-con
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La testa mi scoppia. Ho dolore ovunque. Non riesco a tirarmi su da questo pavimento, sono incollata a terra dalla mia paura, dalla disperazione più totale.
Le lacrime, tiepide e salate, scendono copiose creando una pozza che filtra sotto la mia guancia. 
Sono stordita. Mi sento debole. Come se mi avessero massacrato le ossa. Come se mi avessero strappato via l'anima a morsi e adesso stessi sanguinando a morte. Che poi non c'è molta differenza. Sono morta. Sono morta per me stessa. Sono morta per Oliver. Non c'è più niente che possa fare per tornare indietro e Dio solo sa quanto vorrei tornare indietro ad un paio d'ore fa.
Sento qualcuno entrare in casa, il pavimento scricchiola sotto l'orecchio che ho appoggiato sul parquet.
"Felicity" sento dirgli. Oliver non è solo, non sono i passi di una sola persona. Sicuramente si sarà spaventato vedendo la porta aperta.
Mi tira su con forza ed io non riesco a sopportare il suo tocco. Non riesco a sopportare neanche la mia stessa pelle. Lo allontano rannicchiandomi su me stessa, continuando a mandar fuori lacrime silenziose ma pungenti come le spine delle rose. Mi guarda spaventato, senza capire perché non possa raggiungermi.
"Ehi" prova ancora ad allungare una mano ma io mi stringo ancora un po alle mie gambe nude. 
"Felicity è stato qui?" Mi chiede gentilmente una voce femminile chinandosi su di me.
È Laurel, dovevo capirlo che sarebbe venuta anche lei, ormai è sempre fuori a combattere.
Annuisco, sfonzandomi di non alzare gli occhi.
Non potrei sopportare lo sguardo di Oliver. È l'unica cosa che ancora potrebbe darmi il colpo di grazia. O forse dovrei guararlo per sprofondare per sempre un un mare di incoscienza.

Mi stringo ancora un pò e le mie dita sfiorano la cavigliera dei calzini. 
"Perché non rispondi? Che cosa è successo?" Mi chiede Oliver posando una mano sulla mia spalla e li non riesco a rimanere immobile. Lo spazio si è inesorabilmente ristretto e non posso più esimermi dal guararlo. 
Quell'ultimo brandello di me se ne va nei suoi occhi così azzurri, così ancora pieni di luce rispetto ai miei. I miei non la riavranno mai più. Sono stata contaminata dall'oscurità, da li non si fa marcia indietro.
Lo vedo guararmi con il cuore in gola tanto che posso vederne i battiti. Lo sa. Lo ha capito.
"Che ti ha fatto?" È John questa volta a parlare e mi volto verso di lui, senza rispondere. Sento Laurel prendere aria così rumorosamente che sembra un singhiozzo di pianto.
"No. No, non può averlo fatto" dice sotto forma di affermazione più che di domanda guardandomi in viso, soffermandosi sul sangue incrostato all'altezza della tempia.
"Cosa? Cosa non può....aver fatto?" Chiede Oliver riluttante a qualsiasi idea.
Ma io la guardo la mia nuova amica, la guardo dritta negli occhi prima di riaprire gli argini.
Si mette una mano davanti la bocca mentre si alza.
"Oliver..." inizia senza riuscire a terminare vedendo la visibile rinnegazione del ragazzo.
"Non provare a dirlo! Non può averlo fatto...perché, perché avrebbe dovuto?" Sì chiede posando gli occhi sul mio volto, accarezzandomi con lo sguardo.
"Perché così ti avrebbe portato via la cosa a cui tieni di più" esordisce in fine Diggle, rinfoderando l'arma.
"No. No." Dice venendomi più vicino ed io mi nascondo tra le ginocchia perché non riesco a sopportare quello sguardo colmo di lacrime, di compassione.
"Ti prego, dimmi che non è vero - mi chiede in un sussurro mentre avvicina due dita ai miei capelli, ma anche quel piccolo gesto mi fa sussultare - ti prego dimmi che non ti ha sfiorata nemmeno con un dito" la sua voce trema e non c'è verso che io risalga lo sguardo ancora verso di lui.
Sono sporca. Sono contaminata. Non posso guardare quell'oceano pulito, quell'oasi di pace nei suoi occhi.
"Parlami, per favore!" È esasperato dalla mia mancanza di parola, di movimento. Dalla mia mancanza di vita.
Sono spenta, sono spenta fino dentro le viscere del mio essere.

Ma a lui questo non importa e con insistente dolcezza mi tira su il viso. Quel tocco è un tizzone ardente sulla pelle, se non mi sposto resterà il segno, uno più profondo. 
"Slade, ti ha violentata?" Lo dice con un peso nel cuore paragonabile al mio quando gli sussurro un flebile 'si' in risposta. 
Lascia la presa quasi fossi una bestia di strada, un cane randagio portatore di chissà quale malattia. Eppure i suoi occhi sembrano vitrei, quasi come i miei. Siamo per caso due fili collegati? Non può morire anche lui solo perché sono morta io, non è giusto.
Si alza. Se ne sta in piedi, lontano da me e dai miei cocci  e fa bene. Chi vuole roba immonda?
Si muove in modo incontrollato, barcollando sui suoi piedi fino a quando non sferra un calcio alla base del divano.
"Io lo ammazzo!" Urla mandando a terra il tavolino ed io mi chiudo ancora un po' , tappandomi le orecchie. Vuole farmi male anche lui?
"Ehi, ehi tranquilla, tranquilla" mi dice Laurel accovacciandosi vicino a me ed accarezzandomi lievemente i capelli arruffati. Quando Oliver si accorge della mia reazione torna di nuovo vicino a me.
"Scusa io..." non riesce riesce a terminare perché le lacrime, nonostante i suoi sforzi sgorgano da quegli occhi serrati.
"Oliver, dovremmo portarla in ospedale" Dice piano Laurel ma io la sento ed istintivamente mi sposto, scorrendo più in là dal muro.
"Va tutto bene" mi dice lei.
"Oliver..." soffio tra le lacrime, spostando ciocche di capelli con il fiato. Mi guarda.
"Dimmi, hai bisogno di qualcosa? Vuoi che ti prenda qualcosa?" 
"Perdonami" riesco a dire prima di posare il capo sul suo petto. Indeciso se abbracciarmi o meno.
"Non è colpa tua...è la mia" si incolpa.
Proprio quello che voleva Slade. Proprio come sapeva avrebbe fatto. Mi ha spezzata per spezzare lui senza via di uscita. Questo è peggio della morte. Poter stare vicino a lui e non sopportare di essere sfiorata dalle sue mani. Potermi stare vicino e ricordarsi per sempre che sono stata violata. A quest'ora si sarà già ripromesso di non sfiorarmi neanche nei suoi sogni più belli.
"Oliver, perché non lasci che Felicity si tranquillizzi un po'. Magari Laurel può aiutarla"
"Non voglio essere aiutata da nessuno!" Urlo. Senza preavviso mi sale la rabbia contro il mondo intero e contro me stessa.
Tento di tirarmi su e Laurel prova ad aiutarmi ma io la spingo via.
"Non voglio essere toccata da nessuno" le dico moderando il tono.
Una volta in piedi mi rendo conto di avere le mani sporche di sangue. Indosso ancora la maglietta, lunga poco più sotto la pancia. Sono in slip e ho qualche graffio che brucia lungo l'interno coscia. Fa male. Fa tutto più male in piedi. Compresa l'umiliazione di farmi vedere così dai miei amici, dall'uomo che amo; ma loro distolgono lo sguardo, probabilmente disgustati. Fanno bene ad esserlo.
"Non mi guardate. Non mi guardare, ti prego" dico ad Oliver ma lui non ce la fa ad accontentarmi. Mi fissa ed io mi sento ancora più disgustosa. 
"Fatti aiutare" mi dice.
"Da te?" Come pensavo, non risponde.
"Non riesci a starmi vicino, a stento mi guardi" gli dico senza forza.
"Mi sto odiando, se può aiutarti"
"Anche io mi odio. Proprio come voleva lui"dico senza mezzi termini.
"Ti aiuto a vestirti? " Chiede Laurel ma scuoto la testa. 
"Voglio...voglio fare una doccia" barcollo verso il bagno.
È Oliver che mi segue, chiudendosi la porta alle spalle.
Lascio scorrere l'acqua e mi butto sotto il getto bollente. Prendo la spugna e inizio a strofinare forte sulla mia pelle. E piango. E strofino fino a diventare rossa.
"Che fai!" Mi tira via la spugna bagnandosi un pò sotto il getto forte.
"Devo...devo pulirlo via. Devo toglierlo dalla pelle. Deve andare via il suo odore. Il suo tocco. La sua voce. Tutto deve andare via" gli urlo addosso disperata tra le lacrime che si confondono con l'acqua.
Mi tira in avanti e inizia a strofinare la spugna sulla mia pelle arrossata.
"Faccio io. Tolgo tutto" sento una lacrima atterrare sul mio braccio. Sta piangendo.
"Non voglio il tuo dispiacere"
"Non posso farne a meno"
"Ti prego. Così mi uccidi anche tu"
"...forse sono morto anche io"
"No!"
"Ti amo, lo sai?"
"Lo so."
"...non ce la faccio" si asciuga le lacrime con la manica poi prende il mio ancheccappatoio e me lo infila.
"Non volevo che mi vedessi cosi"
"Niente va mai come vogliamo"
"Lo so che ti disgusto"
"Sei bellissima, anche adesso"
"No. Sono sporca! Sono orribile! Tu non lo senti il suo odore, su di me?"
"No."
"Bugiardo!"
"Non è vero."
Scoppio di nuovo a piangere e mi tiro su il cappuccio prima di andare nella mia camera e lui mi segue ancora. Prende un pigiama dal cassetto e me lo porge.
"Hai paura di toccarmi?" Gli chiedo. Lui scuote la testa.
"Io ho paura quando mi tocchi." Confesso.
Sembro ubriaca, vomito frasi, parole messe insieme a cui il senso va trovato.

"Ti odio" dico ancora.
"Mi odio anche io"
"Ma io non volevo odiarti" dico ficcando la maglia e quando si avvicina per aiutarmi a tirare su i pantaloni lo spingo via.
Un flashback di Slade che mi atterra buttandosi su di me con la faccia compiaciuta mentre urlo e cerco di divincolarmi. Quando lui si toglie i pantaloni ed io lo supplico di non farlo. Lo supplico di uccidermi piuttosto ma lui aveva ancora quel sorriso copiaciuto stampato in viso. 
"No! No! Lasciami!" Gli urlo spingendomi via di qualche passo.
"Non voglio farti del male" mi rassicura tra le lacrime.
"Lo so. Voglio dormire"
Mi infilo nel letto e lui si siede accanto a me.
"Domani mi sveglieró e questo sarà stato solo un brutto sogno, vero?" Gli dico metre mi lascio lisciare i capelli. Mi sorride tra i solchi bagnati.
"Certo"
Allora chiudo gli occhi per allungare una mano verso Morfeo.
   
 
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