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Autore: Sabb MR    15/02/2015    1 recensioni
William è un ragazzino allegro, cresciuto in un piccolo paese avvolto dall'amore dei genitori. Sognatore e abbastanza ottimista sul suo futuro, ha la camera piena di fogli sparsi un po' ovunque, mezzi tubetti di colori acrilici e qualche pennello. I problemi gli si presenteranno davanti solo quando il suo fantastico mondo da bambino si scontrerà con quello degli adulti, dove i sogni non possono essere molti e i doveri si posano sulle spalle di tutti.
Far conciliare università e hobby non sarà facile, specialmente con tutte le distrazioni che una città come Bologna può dare.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopoguerra
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~Angolo autrice~
Buonasera a tutti, sono tornata dopo mesi con un prologo che ho scritto circa un mesetto fa. È un'idea buttata lì di getto, non so quanto potrà funzionare, ma io il tentativo lo faccio comunque.
Buona lettura a chi vorrà cimentarsi in questo esperimento (e scusatemi i possibili errori)! :)






....Non c'era nulla di strano o di nuovo in un ragazzino che giarava in bicicletta per la piazza di una città. Forse non ci si sarebbe aspettati di vederlo con una borsa a tracolla più grande di lui e una matita dietro l'orecchio, ma quelli erano solo dettagli. Forse, l'unica cosa strana che possedeva era il suo nome. Inusuale sentirne uno del genere in Italia, a quei tempi.
....Da quando la sua città era stata dimenticata dal resto del mondo - da quando gli aerei avevano smesso di bombardarla dall'alto quasi cinque anni orsono - era bello potersene andare in giro in bici durante le settimane precedenti l'inizio della scuola. Aveva undici anni, ormai, e la sua mamma era più tranquilla da quando lo riteneva "un ometto". Sapeva che ogni pomeriggio, dopo mangiato, andava nell'unico parco che ci fosse lí, si sedeva sempre sulla stessa panchina, tirava fuori dalla sua tracolla dei fogli di carta e iniziava ad abbozzare qualcosa con la matita che poi riponeva fedelmente dietro l'orecchio destro, dove era sicuro di averne sempre una. Si poteva dire che avesse una specie di appuntamento fisso con quella panchina sotto l'albero di castagne.
....La cittadina era piccola, e bene o male tutti conoscevano tutti. Ogni volta che disegnava, qualcuno si fermava alle sue spalle per vedere cosa stesse facendo ed esclamava -Che bello, Guglielmo!-, e qualcuno ogni tanto si azzardava ad aggiungere un -Cos'è?-. Tutti lo salutavano con la mano quando passava nella piazzola centrale a bordo della sua bicicletta. -Ciao, Guglielmo!-, e lui ricambiava educatamente.
....Ma poi, perché "Guglielmo"? Lui si chiamava William, non Guglielmo, e amava disegnare. Tant'è che a sette anni aveva già deciso cosa avrebbe fatto da grande. Aveva la testa sulle spalle, lui.
....Arrivato a casa, era solito lasciare la bicicletta sotto la finestra della sua camera. Dopodiché entrava dalla vetrata del salone, che era sempre aperta, e percorreva il lungo corridoio che si trovava davanti fino all'ultima porta, dove sapeva di poter trovare la mamma a cucinare qualcosa per la cena.
....-Vilmos!-. Diceva così ogni volta che lo vedeva; che poi non era altro che il suo nome in ungherese, ma lui si chiedeva sempre come mai non lo chiamasse William, dato che lei stessa aveva deciso che avrebbe avuto un nome da inglese.
....Sua madre Anna con lui non era mai tirchia di sorrisi e abbracci, e così con suo padre, Attìlio, ex pilota dell'areonautica italiana ritiratosi dopo aver quasi perso una gamba. Mezzo zoppo, una volta tornato nel suo paese natio con una moglie in dolce attesa, aveva deciso di aprire, con i soldi della pensione e qualche vecchia conoscenza, una fabbrica di articoli sportivi.
....-Un giorno,- diceva sempre a cena da quando William aveva la capacità di parlare, -figliolo, prenderai il mio posto come grande capo dentro la fabbrica!
....Allorché il ragazzetto storceva il naso mentre prendeva un'altra cucchiaiata della sua minestra e diceva: -Ma io voglio fare il pittore!-. Aveva appreso che si dicesse così sentendo la radio, dopo aver giocato un po' con parole tipo "quello-dei-disegni" e "coloratore".
....-E allora- continuava il padre, entusiasta, -un giorno potrai trasformare i miei articoli sportivi in tele da disegno! Che ne dici? Eh?- E rideva. Rideva sempre, il suo papà. Non era un uomo che si scoraggiava facilmente, né lo si vedeva mai arrabbiato o amareggiato, nemmeno nelle situazioni più critiche.
....E raccontata in questo modo, la vita di Guglielmo, o William, o Vilmos, sembrava quasi una favola a lieto fine, perché avrebbe finito la scuola e sarebbe diventato un pittore; dov'era il problema? Ma forse è così quando si ha poco più di undici anni: tutto ci appare sempre più bello di com'è in realtà.
   
 
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