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Autore: milla4    16/02/2015    5 recensioni
Un compito, un dovere può giustificare l’annullamento di sé, senza combattere? Aniel, l’angelo perfetto, ne è convinto, arriverebbe a morire, senza obiettare sacrificandosi pur di soddisfare il suo Signore.
Immagine presa da: http://book-away.blogspot.it/2013/09/recensione-langelo-caduto-di-susan-ee.html
~In revisione~
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Provava una strana sensazione mentre pestava con i suoi candidi piedi, il putridume di quel luogo; percepiva il male dovunque accanto a sé e in ogni fanghiglia calpestata poteva sentire il grido di aiuto di anime perdute nei loro peccati finite a scontare la loro pena nel peggiore dei posti possibile: l’Inferno.

Tutto era oscuro intorno a lui, non un filo di luce penetrava in quella stretta e angusta galleria di roccia che stava percorrendo: se non avesse avuto le sue ali luminescenti si sarebbe perso sicuramente.
Egli, però, aveva una missione da compiere e niente lo avrebbe fermato: in fondo era Aniel, uno dei più forti e leali angeli dell’Altissimo e un viaggio negli inferi per lui non era nulla.
Decise di andare sempre dritto, era facile smarrirsi, ma dopotutto cos’era il peccato se non un perdersi nel proprio vizio?
Aniel camminava con passo svelto, senza curarsi dello stato in cui si trovavano i suoi pantaloni l’unica cosa che attualmente copriva il suo perfetto corpo.
Una delle poche cose  che aveva imparato durante la sua permanenza tra gli umani era il senso del pudore, cosa che lo rendeva diverso dagli altri della sua specie, i quali erano a loro agio nella nudità.
I suoi muscoli, come tutto di sé, brillava di luce propria; egli era non aveva difetti, sembrava una statua scolpita dal migliore degli scultori, né un capello fuori posto, né un graffio su quella candida pelle; appariva come un eterno ventenne anche se in realtà non aveva un’età definita in quanto lui c’era sempre stato, come il suo Signore e lo aveva servito da sempre; in ogni missione, lui era il primo a proporsi, senza riserve, come in questo caso, anche se qualcosa di diverso c’era questa volta: era stato scelto personalmente dall’Altissimo.
Aniel non sapeva nulla di quanto dovesse fare né dei pericoli in cui sarebbe potuto imbattersi ma niente aveva importanza se era nel giusto e, lui sapeva di esserci.

Svoltò a sinistra,

man mano che andava avanti, sentiva un peso sempre più forte che lo opprimeva, il suo corpo si abbassò automaticamente, le sue ginocchia quasi toccavano terra, ma lui sapeva cosa stava accadendo, sapeva che il peccato logora l’anima rendendoti pesante come schiacciato dai sensi di colpa ed era quello che gli stava accadendo solo che quelli che lo stavano schiacciando non erano i suoi peccati, un angelo di così grandi dimensioni morali non commette atti impuri, era l’ambiente; quei tunnel sempre più profondi e oscuri, che da millenni ospitavano la feccia dell’umanità, ormai avevano assorbito la negatività .
Aniel vedeva il proprio corpo affaticarsi sempre più; il suo candido splendore affievolirsi e le sue ali spegnersi e dopo pochi metri si accasciò al suolo… ma lui non poteva fermarsi, doveva arrivare alla sua meta così a fatica si rialzò e, sorreggendosi alla roccia, riprese il suo lento e inesorabile cammino verso il centro del male o almeno lui credeva fosse questo il suo compito: raggiungere Lucifero e combatterlo senza conoscerne, però, il perché; un'altra fatica non espresso a parole ma che Aniel sapeva di dover svolgere era dimostrare che quel poco tempo vissuto sulla Terra con i mortali non lo aveva cambiato a tal punto da fargli dimenticare cosa fosse, il braccio armato del Sommo.
Avanzava con le braccia aperte in modo da capire la direzione, le sue ali ora emettevano una debole luce argentata.
Giù sempre più giù, le sue mani sentivano la pietra avvicinarsi, il tunnel si stava restringendo; grida silenziose cominciarono a farsi sentire sempre più forte ma lui doveva andare avanti.
Era passata un’ora, mezz’ora, un mese, un anno: in quel posto il tempo era relativo per i dannati, una delle loro torture cui erano sottoposti.

Svoltò a destra,

il soffitto era ancora più basso, così Aniel fu costretto a strisciare come un verme.
Arrancava, le sue mani graffiano la roccia per avanzare, pezzi di stoffa lasciati dietro sé, i suoi pantaloni ridotti a un triangolo che lo coprivano a malapena.
Era stanco, le sue membra erano livide, sporche, graffiate in ogni loro punto, i suoi capelli erano ricoperti da una massa fetida, ogni suo respiro era un’agonia per i suoi polmoni ormai pieni di un tanfo mortifero.
Più strisciava e più si rendeva conto di una cosa però: dov’erano le anime afflitte, le loro mani imploranti aiuto, i loro visi scavati, ormai tanto simili al suo, che invocavano pietà?
Sempre troppe domande lo stavano attanagliando, fortunatamente la sua sanità mentale non lo aveva abbandonato; le sue ali invece erano diventate nere e lentamente stavano perdendo le loro piume provocandogli, ogni volta, un dolore lancinante.
Continuava ad avanzare senza sapere più la direzione da prendere, un vortice di pensieri lo teneva lucido.
Sicuramente tutto questo aveva un senso, non poteva essere che il suo Signore lo volesse uccidere in un modo così abominevole, quale peccato capitale poteva aver commesso poi per…
Un terribile pensiero lo scosse e lo fece fermare… Lara era il motivo.
Lacrime amare gli scivolarono giù dagli occhi; mai poteva pensare che un angelo così potente, un essere che non provava amore in quanto amore lui stesso, potesse ritrovare il suo cuore grazie a un’umana, senza poi donarlo al suo Signore.
Quella era la sua colpa, aver amato per pochi attimi di vita terrena una donna.
In realtà, pensava che tutto fosse sistemato... in fondo quando gli era stato ordinato di tornare indietro, lui lo fece sacrificando il suo amore e né poi ebbe dei rimpianti ma, forse, la sua colpa era stata così grande da meritarsi la morte: lui chi era per mettere in discussione il Suo volere?

Riprese il suo cammino verso la morte non sapendo quando sarebbe sopraggiunta né in quanto tempo; si imbucò in cunicoli sempre più stretti, aspettando che il suo destino si compisse, senza odio per colui che aveva sentenziato la sua condanna, quello era il suo dovere e non poteva sottrarvisi.
Era perso, lo sapeva ma non gli importava.
Morì, dopo atroci pene, forse erano passati mille e più anni o forse solo qualche secondo d’agonia: del suo corpo era rimasto solo un tenue ricordo dell’angelo maestoso che era stato.

   
 
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