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Autore: LysL    16/02/2015    6 recensioni
Ho finalmente deciso di pubblicare la mia prima storia su questo fandom che amo, spero che possa piacervi!
Dal testo:
Ogni volta che Sabo ritornava al Quartier Generale dei Rivoluzionari in seguito ad una missione in solitario, la prima persona da cui andava dopo aver fatto rapporto a Dragon, era Koala. Il che era perfettamente comprensibile, vista l’amicizia che li legava; quello che gli altri Rivoluzionari non capivano, era il bisogno di rinchiudersi in una stanza per una serata intera.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedico questa storia a Zaira,
Perché ascolta sempre tutto ciò che ho da dire (senza scappare via urlando, aggiungerei) ed è un angelo di pazienza.
Un grazie immenso per tutto quello che fai.
Ti voglio un mondo di bene, amica mia.

 

 

Abbraccio

 

Ogni volta che Sabo ritornava al Quartier Generale dei Rivoluzionari in seguito ad una missione in solitario, la prima persona da cui andava dopo aver fatto rapporto a Dragon, era Koala. Il che era perfettamente comprensibile, vista l’amicizia che li legava; quello che gli altri Rivoluzionari non capivano, era il bisogno di rinchiudersi in una stanza per una serata intera.
I più maliziosi insinuavano una presunta relazione di letto, quelli più pratici semplicemente che i due stessero a parlare della missione. Tra questi, Ivankov apparteneva senza alcun dubbio alla prima fazione, non risparmiando battute indecenti e fuori luogo sui due ragazzi, ogni qualvolta uscivano da quella stanza, due sorrisi identici sul volto; Dragon invece, tendeva a non sprecare molte parole su quello strano fatto, limitandosi a dire che qualunque cosa avessero da fare o da dirsi, erano solo affari loro.
Attorno a quegli incontri, che duravano troppo per una semplice chiacchierata tra amici e troppo anche per essere impulsivi momenti di passione, si erano sparse le più strane voci, complice il fatto che dopo i primi minuti, in cui i ragazzi si scambiavano frasi di benvenuto e si informavano l’una sulla salute dell’altro, dalla stanza non proveniva alcun rumore fino a che la porta non veniva nuovamente aperta; nessuno poteva vantarsi di sapere cosa succedeva all’interno, eccetto i diretti interessati, che però divenivano piuttosto elusivi quando si trattava di parlarne. Nella fattispecie, Sabo rideva dicendo che non era niente di importante, ma non gli credeva mai nessuno; Koala invece, gonfiando le guance come quelle di una bambina, ripeteva che forse chiunque l’avesse chiesto doveva imparare a farsi un po’ i fatti suoi, anche se sapeva benissimo che era solo fiato sprecato.
In generale, qualunque strano rito avvenisse, non era ancora stato scoperto.
 
**
 
Sabo camminava svelto per il corridoio che portava alla camera di Koala. Era passata più di una settimana da quando era partito, e, come ogni volta che andava in missione da solo, aveva dovuto lasciare al Quartier Generale una Koala decisamente contrariata. L’ultima immagine che ricordava di lei era un cipiglio arrabbiato e deluso e il suo naso puntato all’aria, mentre gli diceva che avrebbe fatto meglio a tornare sano e salvo indietro, così che lei stessa avrebbe potuto in seguito spaccargli la faccia a suon di pugni. Sabo, come anche Koala, sapeva bene che era tutta scena ed era il suo modo di dirgli di stare attento; la ragazza conosceva bene la sua indole piuttosto impulsiva, e non mancava mai di ricordargli di riflettere, anche in modi poco ortodossi come la minaccia.
Sabo sentiva gli occhi dei compagni che scivolavano su di lui, alcuni con un sorrisetto furbo sulle labbra, altri semplicemente curiosi, altri ancora gli allungavano pacche sulle spalle e saluti che lui ricambiava distrattamente. Sapeva benissimo cosa si stavano chiedendo, riusciva quasi a percepire l’intensità dei loro pensieri che cercavano di cucirgli il loro occhi addosso e risolvere il mistero delle serate insieme a Koala.
Schivò un paio di persone, portandosi una mano alla tesa del capello, prima di svoltare l’ultima volta a sinistra; la porta etichettata con “Koala” si trovava accanto ad altre porte tutte uguali, tranne che per il nome che portavano inciso sopra.
Sabo diede due colpi di nocche sul legno, facendo poi un passo indietro per aspettare che lei gli aprisse. Sapeva benissimo che era arrabbiata perché per l’ennesima volta non l’aveva portata con sé; anche se lui le aveva spiegato sempre bene i motivi per cui non era possibile che lo seguisse, Koala continuava a sostenere che lui la trattasse come una bambina, e quello la innervosiva. Quello che non capiva, era che lui non voleva che venisse perché non si sentiva in grado di proteggere anche lei.
Un rumore di passi dietro la porta lo riscosse dai suoi pensieri, prima che la maniglia girasse e i cardini spingessero la porta verso l’interno. Koala, vestita con un abito chiaro e senza maniche che le cadeva addosso accentuando le sue forme, spuntò dallo spiraglio aperto.
Sabo alzò una mano per salutarla e abbozzò un sorriso, mentre lei si scostava per farlo passare. «Ciao.» Disse piano.
Non appena varcò la soglia della stanza, l’odore dolce e gradevole di Koala lo colpì da ogni lato, avvolgendolo ed entrandogli a forza nella narici. Si sentì stordito per qualche secondo, prima di recepire uno spostamento accanto a lui. Seguì con lo sguardo la figura della ragazza oltrepassarlo e andarsi a sedere sul bordo del letto.
«Ciao.» Koala incrociò le braccia sotto al seno, ostentando un atteggiamento infastidito. Lo fissava, in attesa di qualcosa, e rimase ferma per parecchi istanti prima che lui, dopo aver preso un profondo sospiro, sussurrasse un “scusa”.
Sabo sapeva bene che non avrebbe dovuto scusarsi, poiché non era in torto, come non lo era Koala, ma tra i due quella che l’aveva sempre vinta era sicuramente lei; osservò la sua espressione cambiare ed addolcirsi. «Ti scusi sempre, e non fai nulla per cambiare la situazione.» Gli rispose, scostandosi di lato e facendogli cenno di sedersi accanto a lei.
Appena l’ebbe fatto, Sabo si voltò dalla sua parte. «Non posso farci niente. Sono cose che devo fare da solo.» E lo erano davvero; non avrebbe mai permesso a Koala di seguirlo, per quanto conoscesse la sua forza e si fidasse ciecamente di lei.
«Lo so. Però non mi piace non sapere quello che fai.» Anche Koala girò il viso verso di lui. «Sono sempre convinta che senza di me tu non faccia altro che cacciarti dei guai.» Sorrise alzando solo un angolo della bocca.
Sabo ridacchiò. «Quanta fiducia!» Esclamò fintamente offeso, prima che Koala lo colpisse con una spallata. Si massaggiò il braccio, anche se non gli aveva fatto male.
«Sai cosa voglio dire.» Riprese lei, nell’incrociare di nuovo il suo sguardo con quello del ragazzo.
«Lo so.» Le rispose, con un risolino che gli illuminò il volto.
Rimasero a guardarsi, entrambi consapevoli del fatto che probabilmente non si sarebbero mai stancati di farlo, ma ben decisi a tacere su questa cosa. Koala studiò bene Sabo, alla ricerca di qualche livido o taglio, o qualunque cosa che potesse farle dubitare del suo buono stato di salute e quando non trovò nulla, scivolò indietro, a posare la schiena sul muro, osservandolo poi fare lo stesso e poi piegarsi per starle più vicino.
Solitamente non permetteva a nessuno di sedersi sul suo letto, specialmente poche ore prima di andare a dormire, ma con Sabo era diverso; le piaceva più del dovuto sentire il suo calore arrivarle di lato, e il suo peso accanto a lei sul materasso.
«Come stai?» Gli chiese, mentre lui si sporgeva in avanti per posare il cappello sul mobile a lato del letto.
«Un po’ infreddolito, sull’isola che ho visitato era pieno inverno, ma sto bene. La missione è andata bene: ho trovato le informazioni che mi servivano.» Sabo piegò le gambe, allargandole e poggiandovi sopra gli avambracci. Koala non disse niente a proposito delle scarpe sul copriletto, e si limitò ad annuire.
«Tu come stai?»
Koala si strinse nelle spalle, un improvviso brivido le scese lungo la schiena e si passò le mani sulle braccia. «Anch’io sto bene. Sono solo un po’ annoiata. Senza dover badare a te, ho molto più tempo libero.» Gli rivolse un sorrisetto furbo, i grandi occhi blu aperti per cogliere la sua reazione.
«Di’ la verità: ti manca non avermi sempre in giro.» Il sorriso che si dipinse sulla sua espressione la abbagliò, facendole perdere il filo del discorso per un paio di secondi.
Koala fece per parlare, ma richiuse la bocca subito dopo.
Sabo era bravo con le parole, ma lo era meno con i gesti, e soprattutto con i gesti d’affetto; a Koala, però, questa regola non si applicava, e lui accettò serenamente l’abbraccio che seguì.
Si era alzata sulle ginocchia, portandosi di fronte a lui, prima di allacciargli le braccia al collo. Il suo viso era affondato nella clavicola di lei, le labbra che sfioravano la pelle lasciata scoperta dalla scollatura del vestito; Koala portò una mano nei suoi capelli e l’altra a stringere la stoffa della camicia.
«Come se tu non sapessi di essermi mancato.» Sussurrò, spingendogli il viso più contro di sé.
Sabo ci mise poco per ricambiare; con un braccio le circondò il fianco e con l’altro la schiena, in un abbraccio che di amichevole aveva ben poco, ma nessuno dei due sembrava curarsene.
«Anche tu mi sei mancata.» Le rispose. Koala rabbrividì di nuovo nel sentire il respiro di Sabo riscaldarle il collo, e gli accarezzò i capelli, passando le dita tra le ciocche arricciate.
Rimasero in silenzio per parecchi minuti, stretti l’una all’altro, con gli occhi chiusi.
Se c’era una cosa di cui non avrebbero mai fatto a meno, era quel tipo di contatto; cercato e capace di creare una bolla di calore a pace accessibile solo a loro due. Ed erano anche consapevoli del fatto che era solo per loro volere che quello non era ancora cambiato.
Perché Sabo aveva dominato l’impulso di baciare la pelle morbida del collo di Koala che le sue labbra si ritrovavano a sfiorare, ogni qualvolta quello si era presentato. Come aveva dominato quello di stendersi su quello stesso letto e lasciare vagare le mani ovunque desiderasse sul suo corpo.
E perché Koala aveva evitato di intrufolare le dita sotto la sua maglietta, quando lo abbracciava, e di assecondare la voglia di gettare la testa all’indietro, lasciandogli campo libero di fare tutto ciò che avesse voluto.
Non si ricordavano nemmeno il momento in cui il loro rapporto era cambiato e l’atmosfera aveva iniziato a farsi elettrica e densa, sapevano solo che ormai quella dell’amicizia era solo una facciata che si preoccupavano di tenere altra, perché il livello di complicità ed intimità che avevano sviluppato non era certamente quello di due semplici amici.
E allo stesso tempo nessuno dei due si azzardava a rompere quell’equilibrio nato dal tacito accordo di non complicare le cose. Era già abbastanza imbarazzante dover rispondere alle eventuali domande indiscrete, sopportare le battutine sconce di Iva e gli sguardi carichi di sottintesi di Dragon, senza che avessero, almeno apparentemente, un motivo di esistere. Figurarsi se avessero finito davvero per stare insieme, a quel punto nessuno si sarebbe trattenuto, e chiunque si sarebbe sentito in diritto, se non in dovere, di dire la sua sulla loro relazione.
Si limitavano, quindi, a crogiolarsi in quei momenti di agognata tregua ai quali nessun altro era ammesso. Era molto più semplice così, senza particolari implicazioni e con il solo desiderio di sentirsi vicini.
Certo però era, che non avrebbero potuto resistere per sempre in quello stato di costante tensione, perché il fatto di dover stare forzatamente lontani, o quasi, all’esterno di quella stanza, scambiandosi solo fugaci occhiate ed affettuosi sorrisi, non giovava di sicuro alla loro situazione; specie nel momento in cui, dopo anche parecchi giorni di lontananza, si ritrovavano da soli, abbracciati, su di un letto.
Era infatti ogni volta più difficile fermarsi un momento prima di fare qualcosa che avrebbe spezzato l’equilibrio per sempre; era anche quella, appunto, la causa per cui il tempo che passavano in quel modo andava sempre più diminuendo. L’aria iniziava a farsi decisamente troppo piena di attesa, frenesia e desideri inespressi, ed al contempo tutta quella smania non poteva essere sfogata; a quel punto, entrambi sapevano che era il momento di separarsi e scambiarsi i soliti sorrisi imbarazzati in silenzio, cercando di riprendere un minimo di contegno, tra rossori e tentativi di scuse.
Ma non era una questione fisica, o almeno non solo; in un modo che non sapevano spiegarsi, era entrati più in sintonia di quanto avessero mai osato sperare. Ogni loro gesto derivava da un bisogno spontaneo e quasi necessario di lasciarsi andare alla presenza dell’altro, consapevoli che per nessun motivo avrebbero visto la loro fiducia tradita; ed era bello poter contare totalmente ed incondizionatamente su una persona, in quel modo disinteressato che non chiedeva niente in cambio. Non c’erano altri a cui si rivolgevano per un consiglio, un parere, una carezza o semplicemente qualcuno con cui stare in silenzio.
Come quando, da più piccola, Koala cadeva spesso preda degli incubi che le ricordavano la sua vita da schiava, e si svegliava nel cuore della notte, le guance rigate di lacrime silenziose, e la schiena che bruciava, nel punto esatto in cui il simbolo della schiavitù era stato coperto da quello dei Pirati del Sole. A quel punto, con gli occhi sbarrati nel buio, Koala si alzava, e a piedi nudi camminava fino alla stanza di Sabo; bussava timidamente, e faceva un passo indietro, in attesa che lui le aprisse. A volte, visto che Sabo aveva il sonno pesante, passava qualche minuto prima che la sua faccia assonnata facesse capolino dalla spiraglio della porta. Allora si faceva da parte, e la prendeva per mano, sedendosi sul materasso insieme a lei e lasciando che si sfogasse in silenzio. Capitava anche che Koala, sfiancata dall’angoscia, finisse per addormentarsi lì; da bambini la cosa era poco importante, Sabo la scuoteva leggermente, per riuscire a farla infilare sotto le coperte con lui, da ragazzi invece, la portava in camera sua, consapevole che non era più il caso di dormire insieme, anche se solo come amici.
Più raramente era capitato di quei tempi, e le poche volte che Koala si era recata in camera sua, era riuscita ad andarsene sulle sue stesse gambe, anche se il pensiero di rimanere lì e lasciare che le braccia di Sabo scacciassero via i brutti ricordi l’aveva allettata più di una volta.
Ripensando a quei momenti, Sabo si ritrovò a sorridere, stringendo di più le braccia attorno a lei.
Koala si tirò un po’ indietro, per riuscire a guardarlo in volto e leggere la sua espressione. «Che c’è?» Gli chiese, sempre sussurrando; come minimo l’intera Armata Rivoluzionaria aveva le orecchie attaccate alla loro porta, per non parlare di Iva, che cercava sempre nuovi modi per metterli in imbarazzo e “costringerli – come amava ribadire – alla resa”.
«Ci conosciamo da tempo, noi due.» Le disse.
Koala fece finta di pensarci un po’ su, poi annuì; Sabo affondò di nuovo il viso nel suo collo, nella posizione di pochi secondi prima. «Ti sopporto da un sacco di anni.» ridacchiò lei, sollevando con lo sbuffo i capelli biondi che si trovavano vicino al suo naso.
«Ah-ah. Non ero io che ti chiedevo di venirmi a svegliare in piena notte.» Non si preoccupava di rinfacciarle quella cosa, fintanto che entrambi sapevano che stava scherzando, che in realtà era felice che Koala si rivolgesse a lui quando aveva bisogno di conforto.
Le gli sfregò una mano sulla testa, continuando a ridacchiare. «Ehi! Serve per ripagarmi di tutte le volte che sono stata ad ascoltarti mentre mi parlavi dei tuoi fratelli.»
Ed anche quella era una bugia; a Koala piaceva tantissimo ascoltare le storie di quei tre ragazzini che vagavano da soli per la foresta, affrontando qualunque ostacolo di qualunque natura che si fosse parato loro davanti, con in comune apparentemente solo il sogno di prendere il mare, un giorno. Le piaceva sentire attraverso la voce di Sabo il profondo legame che li aveva uniti e che li univa ancora, le piaceva perché era un sentimento che superava qualunque barriera, che fosse di tipo sociale, di sangue o geografica, a quanto pareva era più forte perfino della morte, e le ricordava un po’ la gratitudine che provava per Fisher Tiger.
Inoltre quelle storie confermavano quanto Sabo fosse una persona speciale, perché era riuscito a svincolarsi in modo autonomo da un mondo che l’avrebbe voluto l’esatto opposto di ciò che era ed era riuscito a fare della sua vita ciò che voleva fin da piccolo.
Sabo produsse un suono simile ad un sibilo, per zittirla, con l’intenzione di infastidirla, ma riuscendo solo a procurarle un ennesimo brivido nel momento in cui le sue labbra le sfiorarono la clavicola.
Era quello, il momento; Sabo aveva sospirato, nel sentirla vibrare tra le sue braccia, e, con delicatezza, aveva iniziato ad accarezzare la linea della spalla con la punta del naso. Non era un gesto da amici, e Koala lo sapeva molto bene.
Combattuta tra l’urgenza di lasciarlo fare e la consapevolezza che sarebbe stato meglio fermarlo, prima che non ci fosse più modo di tornare indietro, Koala si irrigidì nel bel mezzo di un respiro.
Il naso di Sabo smise di muoversi su di lei, e il ragazzo tossicchiò, lo sguardo fisso sulla pelle a pochi millimetri da lui; era stato stupido, troppo stupido ed impulsivo. Gli venne una strana voglia di ridere: alla fine Koala aveva sempre ragione.
Non la fermò quando si scostò e, a capo chino e con le mani raccolte in grembo, si alzò sulle ginocchia per tornare al suo posto accanto a lui, ben attenta a non sfiorarlo nemmeno con un lembo del vestito. Non riusciva a vederla in volto, ma sapeva che era arrossita e che si teneva il labbro superiore tra i denti, lo faceva sempre.
Da suo canto, si limitò a sedersi più dritto, lo sguardo fisso sul muro di fronte a sé. Sapeva di essere arrossito anche lui.
Si era anche accorto della sfrenata corsa in cui il suo cuore si era lanciato non appena aveva deciso di obbedire a quell’impellente ordine di toccarla, ed era sicuro che Koala si era trovata ad affrontare lo stesso problema.
Prese un profondo sospiro, prima di mettere a tacere l’istinto di prenderla per le spalle e baciarla una volta per tutte, e senza alcuna esitazione.
«Mi dispiace.» Le disse, senza provare nemmeno a guardarla. Erano delle semplici scuse di circostanza, Koala se ne accorse, come al solito, e sbuffò. «Non dire che ti dispiace, perché non è vero.» Si sentiva una nota di divertimento nella sua voce, ma forse era solo la sua immaginazione. Quella situazione era tutto tranne che divertente.
Sabo appoggiò la testa al muro. «Ovvio che non è vero. Non faccio cose che mi dispiace fare.» Allargò le braccia, sempre attento a non entrare in contatto con lei di nuovo, con quelle premesse non era auspicabile.
Koala si girò verso di lui, scrutandolo dal basso. «Ah, lo so.» disse, e quella volta non poteva sbagliarsi: le sue labbra erano piegate in un sorrisetto storto.
«Perché ridi?» Gli dava un po’ fastidio quel suo prenderla alla leggera, si sentiva vagamente preso in giro.
«Perché questa situazione mi fa ridere. E’ assurdo. Tutto questo – indicò loro due e lo spazio che li circondava – è assurdo.» iniziò. «Secondo te una cosa del genere è salutare?» ironizzò, continuando a ridere piano.
Sebbene ancora stranito, Sabo la seguì nella sua risata. «“Una cosa del genere”?» enfatizzò, con le mani a mimare il segno delle virgolette.
«Trattenersi in questo modo.» Koala alzò le mani verso il cielo, come se non riuscisse a capacitarsi di come fossero finiti in quella situazione.
Sabo la squadrò, chiedendosi cosa le fosse preso. Non era mai stata tanto esplicita, e di sicuro non con lui e non su quegli argomenti; per quanto sapessero di potersi confidare l’uno con l’altra, i discorsi che avevano affrontato non erano certo di quel tipo. La cosa lo spiazzò non poco, tanto che decise non applicare un filtro a quello che gli passava per la testa, dal momento che lei non si stava nemmeno preoccupando di farlo.
«Quindi mi stai dicendo che non avrei dovuto fermarmi?» Alzò un sopracciglio. Era la conversazione più strana che si fosse mai ritrovato ad avere con Koala… perfino più strana di quella volta in cui avevano parlato del fatto che leccare le rane era considerato in molti paesi il rimedio migliore contro la febbre.
«Non proprio. Forse avresti dovuto fermarti… dopo.» Koala pronunciò l’ultima parola balbettando ed arrossendo di botto.
«Dopo, quando?» Incalzò lui, curioso di sapere dove lei volesse andare a parare, a quel punto.
«Magari avresti potuto… baciarmi, ecco!» Ovviamente non urlò, per paura che qualche orecchio indiscreto (o parecchi), potesse sentirla, ma la sua voce risultò comunque più acuta.
Sabo, a quel punto, non riuscì più a tenersi. Rotolò di lato sul letto, schiacciandosi una mano sulla bocca per non far udire la sua risata. Koala fissò la sua schiena, le guance gonfiate in un broncio infantile. «Smettila di prendermi in giro.» Borbottò nell’incrociare le braccia.
Sabo riuscì a ritornare dritto, con le lacrime agli occhi. Koala era visibilmente contrariata, e quella cosa, giusto perché gli piaceva infastidirla, lo fece sentire molto più sicuro di quello che stava per fare; si sporse verso di lei, in un movimento piuttosto veloce, ma comunque abbastanza lento da farle intuire ciò che sarebbe accaduto di lì a pochi secondi. Le mise una mano sulla guancia, spingendola verso di sé, gli occhi puntati gli uni negli altri, quelli di Koala sorpresi ed ancora leggermente contrariati, quelli di Sabo accesi da una luce furba e maliziosa. Scese per pochi secondi a guardarle le labbra, e non si accorse che lei stava facendo la stessa cosa, per poi tornare con lo sguardo ben fisso nel suo. «Se volevi un bacio bastava chiederlo.» ridacchiò, e fece per baciarla; Koala, tuttavia, si tirò appena indietro, abbastanza per farlo bloccare. La guardò interrogativo.
«Non lo stai facendo solo perché te l’ho detto, vero?» Gli chiese, ogni traccia di fastidio era sparita e il tono di voce che usò era tanto pieno di sincera preoccupazione, che Sabo non riuscì a trattenere un sorriso intenerito.
«Lo sai che non faccio mai niente che non voglio fare.»
Quella risposta bastò a Koala, e le loro labbra si incontrarono a metà strada. Non fu un bacio di quelli passionali, per quelli avrebbero avuto tempo, ma li soddisfece appieno. Andarono lentamente, quasi in modo impacciato, saggiando la consistenza e il gusto dell’altro, lasciando che i loro respiri si mischiassero, e che le mani fossero libere di andare dove più aggradasse loro. Koala le posò piano sul petto di Sabo, e le lasciò risalire con lentezza fino ad intrecciarle dietro la sua nuca, scivolando più vicina quando lui le circondò nuovamente i fianchi con le braccia. Si sfiorarono più volte le labbra, socchiudendo appena gli occhi ogni volta, per poi tornare ad osservarsi e a godersi le espressioni appagate che si erano dipinte sui loro visi.
Sapevano di essere appena entrati in un campo minato, di aver appena rotto quell’equilibrio che tanto si erano preoccupati di mantenere, ma inaspettatamente la cosa non li turbava affatto. Bastava sapere che quello era ciò che sentivano, che era vero, e che non avrebbero più dovuto tenerlo nascosto, almeno tra loro due. E chissà, forse sarebbero riusciti anche a trovare un nuovo equilibrio.

 

 

 

 

Note della pazza autrice:

                                                               

Buonsalve, gente! Ringrazio per prima cosa chiunque abbia letto fin qui, e visto che sono nuova in questo fandom, spero che deciderete di lasciarmi un parere, anche critico, purché costruttivo.
Vi dirò, credo che questi due siano diventati la mia nuova ed indiscussa OTP, come non succedeva da anni ed ho sentito l’impellente bisogno di scrivere qualcosa di parecchio diabetico su di loro (oltretutto dopo aver visto una fanart che mi ha fatto sciogliere come un ghiacciolo ad agosto).
Spero vivamente di non aver reso i personaggi OOC, perché è una cosa che detesto, e mi rimetto al vostro giudizio, dato che non riesco ad essere obiettiva su questo fatto.
Detto ciò, ringrazio di nuovo tutti coloro che hanno letto, e li abbraccio virtualmente.
LysL
  
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