La mattina seguente Biancaneve, al
suo risveglio, si trovò circondata da tanti piccoli animaletti ficcanaso che la
osservavano, chi da dietro un albero, chi dal proprio nido, chi nascosto tra
gli arbusti.
Lì guardò per qualche istante poi iniziò ad incamminarsi senza meta, sempre con
il branco che la seguiva, curioso.
“Non c’è un hotel in cui alloggiare in questo bosco? Un residence? Un castello?
Quattro mura e un tetto?”
Un uccellino cinguettò timidamente.
“Avanti, conducetemi in questo luogo!” Ordinò imperiosa Biancaneve. Poi,
vedendo che tutti esitavano... “MUOVETEVI! ADESSO!”
Gli animaletti iniziarono a trotterellarle al fianco, fingendo di essere felici
e cercando il più possibile di nascondere la paura. Quando, finalmente,
giunsero alla casetta nel bosco sperarono tutti di potersi defilare, ma si
sbagliavano di grosso.
“Certo che potevano costruirla meglio... guarda qua, nemmeno a misura d’uomo.
Ma cosa sono, nani quelli che ci vivono?! Bah...” Senza troppi complimenti la
principessa entrò nella casetta e con suo sommo disgusto vide che, oltre
piccola, era anche sporca e in disordine: piatti ammucchiati nel secchiaio,
calze e magliette buttate ovunque e ragnatele in ogni dove. “Ambrogio!” Chiamò,
ma nessuno rispose.
“Oh, giusto, Ambrogio non c’è più, hanno tentato di farmi fuori, sono sola in
mezzo ad un bosco... magnifico! Dovrò arrangiarmi.” Si guardò intorno per
qualche istante.
“Hey voi!” Disse rivolta a cerbiatti, conigli,
uccellini e chi più ne ha, più ne metta, che nel mentre, quatti-quatti, si
stavano allontanando da Biancaneve. “Tutti dentro! Pulite un po’!”
Quella sera, quando i piccoli abitanti della casetta rientrarono, stanchi dopo
una dura giornata di lavoro, trovarono nella loro dimora Biancaneve. A prima
vista sembrava una persona per bene e mai e poi mai avrebbero immaginato che
per loro, da quel momento, avrebbe avuto inizio un lungo periodo di schiavitù.
Biancaneve li mandava a lavorare la mattina presto e al loro ritorno li faceva
ballare e cantare per un suo personale sfizio. Quel supplizio durò svariati
mesi, ma loro ancora non sapevano che la salvezza era vicina.
La regina, dopo il fallimento del cacciatore, che prontamente aveva fatto
allontanare per sempre dal suo regno, e dopo svariate predizioni dello Specchio
delle Brame a lei non proprio favorevoli, aveva deciso di sbarazzarsi di quella
ragazzina insopportabile una volta per tutte. Non poteva rischiare di
trovarsela nuovamente tra i piedi proprio ora che i suoi nervi erano sulla via
della guarigione!
Quindi, Grimilde, giocò il tutto per tutto: scese nel
suo piccolo laboratorio segreto, chi in casa non ne ha uno, e dopo aver giocato
un po’ con gli alambicchi ammirò soddisfatta il suo lavoro: una pozione verde
acido, molto densa, ribolliva all’interno di un calderone. Dopo averne bevuto
un sorso si tramutò in un’orribile strega e, infine, prese una mela dentro alla
quale infilò una buona dose di una pozione contenuta in una piccola fiala
riposta su una mensola della libreria.
Una volta scoperto, tramite lo Specchio, il luogo dove si stava nascondendo la
sua figlioccia, prese il cesto e si avviò.
Alla piccola casetta dei nani, tutti erano indaffarati... tutti tranne
Biancaneve, ovviamente. I nanetti stavano lavando le loro tazze e le loro
posate con le quali avevano fatto una misera colazione. Tutti erano
traumatizzati da quella nuova e inquietante presenza: il povero Dotto non
riusciva più a parlare; Eolo sternutiva ogni qualvolta Biancaneve gli passava
vicino, ne era allergico; Gongolo era preda di incontrollabili risa isteriche;
Il povero Pisolo non dormiva da giorni; Brontolo, l’affabile Brontolo, era
talmente stressato da arrabbiarsi per qualunque cosa; Mammolo era difficile da
trovare, il suo terrore era alle stelle; ma quello messo peggio era Cucciolo
che aveva addirittura perso l’uso della parola.
Prima di uscire a mandarli ad estrarre pietre preziose Biancaneve dava loro un
bacio, sperando così di incoraggiarli un pochino a portarle a casa rubini,
zaffiri e diamanti. Inutile dire che otteneva l’effetto contrario.
Mentre i sette nanetti andavano al lavoro canticchiavano una solenne litania
che aveva per soggetto paura e speranza.
Andiam-andiam, andiamo a lavorar
Con pale e con picconi noi ogni dì veniamo qua.
Ed è perché qui sotto c’è
di diamanti e d'or una grande quantità
e così, e così, e così, e così,
ci trovate sempre qui!
Ma un bel giorno la matrigna arriverà.
È questo un pensiero che ci da felicità!
E mentre gli ignari nanetti si avviavano al lavoro, Grimilde,
travestita da povera e innocente vecchietta, era giunta nei pressi della
casetta. Aspettò qualche istante, giusto il tempo che la sua irritante
figliastra impartisse ordini ai poveri animaletti della foresta e si sedesse,
annoiata, vicino ad una finestra, lasciata aperta per far circolare un po’ di delicata
brezza e per permettere agli uccellini di passare di tanto in tanto con qualche
cosa da stendere.
Preso il coraggio a due mani Grimilde uscì dal
cespuglio in cui si era nascosta e andò di fronte a Biancaneve.
“Ciao, bella fanciulla, ti interessano delle mele rosse, dolci e mature?” Le
chiese.
Guardandola con aria di sufficienza, Biancaneve rispose: “Se sono così belle e
dolci, perché non te le mangi tu?”
Trattenendosi, la vecchietta le sorrise “Perché il mio albero è carico di
questi frutti ed è un peccato sprecarli. Potresti farci una bella torta.”
“Torta? Io? Immergere le mie graziose mani in acqua, farina e chissà quali
altre schifezze?” Ribatté scandalizzata.
“Capisco, ma insisto comunque affinché tu ne provi una, sono deliziose.”
“Non mi fido molto, hanno già tentato di farmi fuori una volta, in questi
giorni...” Biancaneve fece finta di pensare per qualche istante, poi invitò la
vecchietta ad entrate. Grimilde, ignara di tutto,
fece come le veniva chiesto e quando si accorse che quella era una trappola
ormai era troppo tardi. La giovane e innocente fanciulla la teneva imprigionata
in una angolo grazie ad un coltello da cucina, di quelli terribilmente
spaventosi.
“Facciamo così, io ne assaggio una, solo se prima tu mi provi che queste mele non
sono avvelenate. Ora, io ne prenderò una dal cesto e tu la mangerai.”
E mentre Biancaneve sceglieva il frutto, Grimilde
cercava di guidare la mano della ragazza con la forza del pensiero per non
farle prendere quella mela. Sfortuna volle che Biancaneve scelse proprio
quella.
“Bene, ora mangiala!” La intimò.
Vedendo la riluttanza della vecchietta le andò più vicino con il coltello:
“ORA! Altrimenti...” e fece roteare la lama.
Grimilde, sconfitta addentò la mela e cadde a terra
come morta.
I nani, avvertiti di quello che stava succedendo da un uccellino scappato al
controllo di Biancaneve, erano ritornati immediatamente indietro, ma al loro
arrivo ogni speranza era ormai perduta. E ai nanetti non rimase chi piangere la
scomparsa dell’unica persona che aveva tentato di salvarli.
Per lei costruirono una meravigliosa bara in cristallo, proprio al centro della
foresta, nel punto più soleggiato e la vegliarono per una giornata intera
assieme agli amici della foresta.
Scocciata da quell’ammutinamento generale ai loro compiti, Biancaneve andò da
loro decisa più che mai a farli tornare indietro.
“Allora? Ancora qui siete?”
“Ma-ma... Biancan...
padrona, stiamo piangendo la vostra matrigna, colei che vi ha allevata!” Cercò
di mediare Dotto.
“Colei che ha cercato per due volte di uccidermi!” Urlò la fanciulla.
“La nostra ultima speranza” bofonchiò Brontolo e Gongolo ridacchiò.
“COSA AVETE DETTO?” Urlò Biancaneve, furibonda.
Ma i nanetti non avevano messo in conto che c’era ancora una persona che poteva
salvarli e che quella persona era sulle tracce proprio di Biancaneve.
Il principe azzurro comparì proprio in quell’istante.
“Oh, mia adorata, vi ho cercato tanto!”
“Beh, potevi cercare meglio ed essere un po’ più rapido!” Sbottò lei.
“Sì, anch’io sono rapito dalla bellezza dei vostri occhi.”
I nani si guardarono senza capire e Biancaneve non era meno perplessa.
“Ho detto che POTEVI CERCARE MEGLIO!”
“Sì, andremo a vivere nel castello!”
Dotto guardò gli altri nani: “È sordo...” Sussurrò.
“Spiacente, non voglio un principe tonto!” Si lamentò Biancaneve.
“Anch’io ti amo tanto.”
Cogliendo l’occasione i nanetti presero la principessa che si divincolava e
strillava e aiutarono il principe ad issarla sul suo cavallo che non fu
altrettanto felice. Guardando l’espressione di odio che aveva negli occhi la
fanciulla al principe si sciolse il cuore e la baciò: non aveva potuto
resistere a quella tentazione, lei era così bella, così cara... poi spronò il
suo cavallo al galoppò verso il tramonto, ignaro di aver appena salvato la
foresta e tutti i suoi abitanti.
I nani esultarono in coro: iniziarono a danzare e ballare insieme agli
scoiattoli, ai cerbiatti, i coniglietti, gli uccellini e tutti gli altri, poi
però il loro pensiero tornò alla povera Grimilde e si
avvicinarono tutti quanti, in rigoroso silenzio, alla bara. La donna, dopo aver
mangiato la mela era ritornata al suo bellissimo aspetto originale.
Rimasero a vegliarla un altro giorno fino a quando non udirono dei colpi
provenire dalla bara e si accorsero che la regina era ancora viva. Aperta la
bara lei li guardò stupita e lo sguardo dei nani non era da meno.
“Ti credevamo morta!” Disse Dotto.
“No, quel veleno doveva far dormire Biancaneve per due giorni, il tempo di
riportarla a castello e far fare il lavoro sporco al nuovo cacciatore, non
sarei mai capace di sporcarmi le mani, io.” Poi si guardò intorno. “E Lei
dov’è, adesso?”
I nani si affrettarono a raccontarle dell’accaduto e Grimilde
sospirò: era un sospiro di liberazione e anche se lei non poté vederlo, la ruga
da stress che aveva sulla fronte magicamente si spianò.
Ringraziando di cuore i nani e promettendo loro una lauta ricompensa la regina
ritornò al castello; i nanetti ripresero la loro vita tranquilla così come
tutti gli abitanti della foresta; il principe viveva felice con la sua bella
Biancaneve, con la sua insopportabile Biancaneve ma questo non poteva saperlo,
il suo udito non era granché e non migliorò mai.
E questo è ciò che accadde in realtà, ma che per amor di cronaca rosa venne
tramutato fino a rendere la matrigna, mai donna fu più cara, un persona
orribile, certamente opera dei cantori di Biancaneve.
Dal canto mio spero, con nuova professione, di entrare nuovamente a corte.
Servo vostro.
Il Cacciatore.
Un’ultima cosa... male non fa ricordare che in entrambe le versioni...
VISSERO TUTTI FELICI E CONTENTI