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Autore: anangelwilldie    17/02/2015    3 recensioni
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"Prendo il foglio e lo accartoccio, lo lancio verso il cestino e fortunatamente faccio canestro al primo tentativo.
Questo mi ricorda che gli piace il basket ma che non gioca, perché lui non è il tipo. Mi ricorda anche tutte le partite a cui mi ha trascinata e io che sbuffo, perché proprio non voglio andarci."
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Piccola OS scritta in un momento di malinconia.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Taylor Swift
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi chiudo in camera mia con un foglio e una penna in mano come sono solita fare in queste situazioni. Mi siedo sul letto e inizio a scrivere tutto quello che provo in quel momento e senza rendermene conto ho riempito metà della pagina. Chiudo la penna e la appoggio di fianco al foglio.
Mi guardo intorno. Fisso l'armadio bianco lucido alla mia destra, non ricordo neanche da dove venga. È alto, e sulle ante ci sono due specchi. Vedo il riflesso di me stessa. Indosso una stupida maglia a righe blu e bianche a maniche lunghe e dei jeans neri. Penso che sono vecchi e che li dovrei buttare, lo dico sempre e poi non lo faccio mai.
Sposto lo sguardo dall'armadio a quella stupida sedia a dondolo nell'angolo destro della stanza che non uso mai, e che infatti è sommersa da i libri e da decine di riviste.
Di fronte a me c'è un piccolo mobile, con sopra un vaso viola e dei fiori gialli dentro, che si abbinano perfettamente alle pareti azzurre. Probabilmente li abbiamo raccolti insieme durante una di quelle passeggiate al parco, quelle che a me piacciono tanto e che a lui annoiano. Però io so che mente e che in realtà piacciono anche a lui, perché ogni volta che dice di odiarle poi si mette a ridere.
Sul lato sinistro della stanza c’è un baule, il quale contenuto mi è ignoto, ma probabilmente si tratta di vecchie coperte e lenzuola. Sopra ci sono due fotografie incorniciate. In una c’è quella che dovrebbe essere la mia vecchia casa, dove vivevo con i miei genitori e mio fratello, nell’altra ci siamo io e Abigail, la mia migliore amica dai tempi delle superiori, mentre ci abbracciamo.
Il mio sguardo torna a posarsi sul foglio.
"Sono sola" penso.
Ed è così.
Perché succede sempre? Perché se ne vanno tutti? È colpa mia?
"Lo è sicuramente" dice una voce nella mia testa.
Sento un vuoto dentro di me.
Mi alzo lentamente dal letto per dirigermi di sotto, apro la porta e vado verso le scale. Appena appoggio il piede sul primo gradino di legno, la scala comincia a scricchiolare.
Non ci faccio troppo caso, poiché sono troppo impegnata a notare che la luce del soggiorno è accesa, probabilmente perché ero troppo distratta e con la mente annebbiata per spegnerla prima di correre di sopra.
Mi dirigo verso la cucina e una volta là, trovo una busta di biscotti quasi vuota. Decido di prenderla.
Salendo le scale, noto che c'è ancora il suo profumo nell'aria.
"Probabilmente è l'ultima volta che lo sentirò"
Scaccio subito quel pensiero dalla mia mente. Non posso permettere che sia vero. Non posso e non voglio.
Arrivata in camera comincio a mangiare, come se qualche biscotto molliccio per la troppa aria presa potesse riempire il vuoto lasciato da qualcuno.
Prendo il foglio e lo accartoccio, lo lancio verso il cestino e fortunatamente faccio canestro al primo tentativo.
Questo mi ricorda che gli piace il basket ma che non gioca, perché lui non è il tipo. Mi ricorda anche tutte le partite a cui mi ha trascinata e io che sbuffo, perché proprio non voglio andarci.
Accenno un sorriso al ricordo di tutto quello, e penso che vorrei sentirlo di nuovo parlare della formazione delle squadre, della schiacciata, dell’alley-oop, del rimbalzo e di tutte le altre strategie di gioco e non capirci niente, solo per poter ascoltare la sua voce.
Mi sdraio sul letto e ripercorro con la mente tutti i nostri momenti insieme.
Il primo incontro in quel bar, quella fredda domenica di Novembre. Il primo appuntamento nel mio ristorante preferito, perché l’unica cosa che gli importava era che io mi sentissi a mio agio. Il primo bacio, quella stessa sera, sotto casa mia. Il primo “Ti amo” sussurrato mentre ci baciamo nella sua auto. Il primo incontro con la mia famiglia e lui che è nervoso, perché non si sente mai all’altezza. Le gite in montagna, le passeggiate al parco e sul lago. Gli abbracci da dietro, i baci sul collo e le parole dette all’orecchio, a bassa voce, quasi come fossero un segreto, una cosa nostra, che nessun’altro doveva sapere. Le litigate, le urla, i pianti e le porte sbattute. Rivivo ogni singola cosa, fino alla discussione di quella sera. Una litigata per decidere cosa guardare in tv. Mi chiedo perché mai sia finita per una cosa così stupida. Mi rendo conto che non è solo per quello. Mi rendo conto che tutto quel che è successo quella sera era causa di giorni, settimane, mesi di silenzio sulle piccole cose che facevamo per infastidirci l’un l’altro. Era finita da tempo e noi non volevamo ammetterlo.
Decido di accettare tutto questo. Decido di accettare che è finita e che tra qualche tempo, anche già domani, potrei uscire e vederlo con un’altra persona. Che quando lo incontrerò per strada lo saluterò in modo imbarazzato, pensando a tutto quello che c’è stato tra di noi e chiedendomi se anche lui pensa le stesse cose. Oppure non ci saluteremo, ci fisseremo solamente. O forse non avremo neanche il coraggio di guardarci e distoglieremo lo sguardo.
Ci starò male, piangerò, urlerò e mi chiederò perché sia dovuta andare a finire così, ma lo accetto. Perché nessuno ha il controllo sul proprio destino, e le cose vanno sempre come devono andare, accadono per una ragione.
Mi addormento, consapevole che domani non mi sveglierò con un suo messaggio, e neanche i giorni a seguire. Ma so che tutto questo porterà a qualcosa di nuovo e, forse, anche migliore.
                                                                
      




SPAZIO AUTRICE.
Alloooora, questa è la mia prima OS perchè sono sempre arrivata ad un numero di parole adatto ad una flashfic D: 
è la prima volta che entro di più nei dettagli, tipo descrivere la stanza e queste cose qui, perchè non mi soffermo mai troppo (chiedo scusa se in alcuni punti si perde troppo çç) 
Avrete notato che il *lui* di questa storia non ha un'identità, ecco beh è per il semplice fatto che dandogli un'identità mi sarei ficcata in casini senza fine e quindi ho preferito così, ognuno può immaginarci chi vuole haha. 
L'ho riletta tre volte, non dovrebbero esserci errori. Se ce ne dovessero essere, vi prego di perdonarmi ma sono esattamente le 04:53 di notte e non sono molto lucida :( 
Spero che vi piaccia, comunque. Se volete seguirmi su twitter, sono @89TAYVLOR.
Alla prossima (se mai ci sarà) 

 
  
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