Storie originali > Poesia
Ricorda la storia  |      
Autore: Sottopelle    17/02/2015    0 recensioni
Perché alla fine si tratta di questo: smettere di tendere le mani vuote per convincerti a restare.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
È strano il fatto come io 
- nonostante i miei 
soliti buoni propositi - 
finisca sempre col 
fallire lì dove ho sempre 
cercato di fare in modo di 
migliorare, 
seppur un poco. 
Mi ero promessa di 
imparare a 
guardare avanti, 
senza lacrime a 
sfocarmi le mattine già 
confuse dal fumo. 
ero promessa di 
tornare a 
sorridere 
- se non altro fingerli - 
perché a starmene 
stretta nella mia fragilità non 
ho mai concluso 
niente. 
Non che avessi 
aspettative tanto 
diverse, coi miei 
sorrisi, ma se non altro, 
probabilmente avrei 
cercato di 
rendere almeno un po' 
più lieto chi mi sta intorno. 
Infine, 
mi ero promessa di non 
cercarti più: di non 
sentire il bisogno del calore delle 
tue mani sulla mia 
pelle, 
non più la necessità di 
doverti sentire parte di me 
- che sempre mi son 
fatta mancare - 
quel volerti 
assiduo come 
parte della mia vita - 
un'ossessione, quasi. 
che poi... in tutto 
questo ho fallito, 
senza ombra di 
dubbio. 
Ho chiuso gli occhi: 
ora nulla sembra più o 
meno nitido, 
dove la pupilla nera non si 
fonde con l'esterno ma si 
nasconde: 
nero è ciò che 
vedo e nero è 
ciò che sono. 
L'annullamento del mio voler 
essere parte integrante del 
mondo, o se non 
altro, di aver provato. 
Il ridere per illudermi di 
non esser totalmente 
infelice si è 
rivelato inutile, 
Ogni sorriso s'è rivelato più 
amaro di quel che io avrei 
voluto che fossero, 
come squarci s'una pelle 
- anima - 
ormai ridotta a 
brandelli che cerca di 
ricomporsi per poter 
compiacere agli altri 
- celare le ferite infette che 
ormai m'hanno logorata in 
profondità. 
In tutto ciò, 
tu ti sei mostrato lontano, 
come se anche tu 
avessi voluto negare la 
mia persona. 
L'algebra sembra quasi 
scandire la mia vita: 
a negarmi 
- allontanarmi da te -
 due volte, ho 
sentito il bisogno di 
riavvicinarmi. 
Ho sciolto le leggi che 
mi legavano ai miei 
giuramenti, ed ho 
sentito vivo il desiderio di 
averti mentalmente accanto, 
calando le barriere che 
ho edificato per cercare di 
distanziarmi da ogni 
cosa che portasse il 
ricordo tuo. 
Vulnerabile, 
dannatamente vulnerabile al 
tuo cospetto: 
tu, invece, avevi già tolto le 
catene al collo, i polsi, 
le caviglie mie, 
più deciso di me a 
farla finita con queste nostre 
commedie di partenze rinviate da 
un timore fin troppo 
radicato in noi ed 
ingiustificato.
Ti confesso che 
ho provato non ben poca 
invidia nei tuoi confronti: 
hai sempre saputo prendere 
in mano la tua vita con 
molta più fermezza di 
me, sempre deciso nelle 
decisioni prese, le 
scelte fatte; 
cos'è che invece mi 
frena ogni volta? 
Non è il 
tremore, non è 
la timidezza: 
è qualcosa che va più 
in là di ciò che io riesco a
 concepire e si lega alla 
mia natura umana 
- seppur debole. 
Così debole da 
non riuscire nemmeno a 
fingere d'odiarti, pur di 
lasciarti andare via. 
Perché alla fine si 
tratta di questo: 
smettere di tendere le 
mani vuote per 
convincerti a 
restare. 
E tu meriti vita vera, 
non le false illusioni che, 
alla fine, sono 
tutto ciò che sono 
stata in grado di 
offrirti. 
Devi essere libero, 
da me e da ogni mio 
respiro, e se lo 
scrivo è solo per riuscire a 
convincermene anche io, 
che son combattuta dal 
chiederti ancora di 
accogliermi tra le tue 
braccia, perché se 
non ho te non ho 
nessun'altro 
- o almeno credo. 
Ma sei l'unico che 
conosce le mie maschere più 
svariate ed ha imparato ad 
apprezzarne almeno un 
piccolo particolare di 
ciascuna di esse: 
se devo espormi 
completamente come 
ho fatto con te o
 mostrare un solo 
volto agli altri, per 
poter riuscire a legare con 
persone al di fuori della 
tua, non saprei. 
La paura d'esser 
debole agli occhi di chi non 
vorrei sembrarlo
 è tanta. 
Pure troppa. 
Peccato che 
questo non possa 
rappresentare un 
buon proposito, 
per me: 
forse, allora, 
a fallire, 
avrei smesso di 
temere ogni cosa che 
riguardi l'immagine della 
me impressa nelle 
menti altrui.
Ed avrei imparato a vivere.
 
 
 
 
 
 
Agerath
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Poesia / Vai alla pagina dell'autore: Sottopelle