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Autore: tiny_little_bee    19/02/2015    0 recensioni
Cleopatra, la regina delle piramidi, non è affatto morta nella battaglia di Azio... è rimasta viva per ben duemila anni grazie ad un demone che aveva accolto, inconsapevolmente dentro di lei. Ma, se da un lato la vita eterna offre degli indubbi vantaggi, ci sono aspetti che non vorreste mai affrontare... come ad esempio il dover sacrificare un innocente per ogni mese di vita che ha ricevuto in dono. Non per sua scelta, Cleopatra è obbligata a uccidere delle persone innocenti per mantenersi in vita, ma purtroppo non c'è via di scampo a quest'orribile tortura, che durerà in eterno... o forse sì?
Genere: Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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Cleopatra osservò il mare. Non era troppo cambiato, in tutto quel tempo. Erano secoli che non tornavano lì. Avevano viaggiato per tutta Europa, e poi erano arrivati nelle Americhe, in Australia e perfino al polo Nord. Era stata ovunque, ma non aveva mai avuto il coraggio di tornare lì. Dove inizialmente si trovava un semplice villaggio, solo qualche tenda sparsa qua e là alla rinfusa, sulla riva del mare, adesso sorgevano delle case, più o meno tecnologiche, più o meno confortevoli, fatte ancora di pietre e legni. Solo poche case, però. Non era una zona molto popolata, proprio come lo era millenni prima. Erano passati due mila anni, ma non sembrava esserci stato alcun cambiamento. -Sei pronta?- le chiese Pericle. Avevano cambiato svariate identità, nel corso dei secoli, ma il suo volto rimaneva immutato, con quell’orrenda cicatrice che gli sfigurava l’incantevole volto. Era pronta? A tornare dove tutto era iniziato? No, certo che no. Aveva molta scelta? No, certo che no. Ma doveva tornarci, se voleva avere qualche possibilità di spezzare quell’infelice incantesimo. Forse, quel pomeriggio, con il sole che allegoricamente tramontava oltre l’orizzonte del Golfo, Cleopatra avrebbe trovato il modo di liberarsi di quel demone. Ironia della sorte, era stata ricondotta lì, nel luogo in cui aveva ucciso la sua prima vittima. Tutto finiva dove tutto era iniziato. Quel luogo era l’alfa e l’omega della sua vita maledetta. Squadrò per bene l’agglomerato di dimore che pigramente si stendeva sulla costa di quel golfo, chiedendosi cosa aveva mai fatto per meritarsi una punizione tale. Le faceva sempre male rammentare che cosa aveva dovuto fare, e se soltanto ricordarlo era una pena per lei, trovarsi faccia a faccia col luogo che l’aveva per sempre condannata all’eternità, in quel momento, era molto più che penoso. Era triste, doloroso, deludente. Cosa si era ridotta a fare, per sopravvivere ai romani! Quando si sentì pronta, rispose mormorando alla domanda di Pericle. -Andiamo.- sospirò, dopo un minuto di riflessione. Sentiva il suo demone agitarsi dentro di lei, lo sentiva fremere per l’eccitazione, perché sapeva perfettamente che cosa stava per accadere: avrebbe cambiato residenza. Tentò di ignorare quei sentimenti così violenti, che la facevano sentire confusa, agitata. Impacciata. Fuori posto. Lei, la regina delle piramidi, che aveva visto duemila anni di umanità sfilarle davanti agli occhi, che aveva osservato silenziosamente, in disparte, tutte le vicende dei mortali, che sapeva molto più di qualsiasi altro uomo sulla faccia della Terra, era subordinata alle sensazioni di un mostro che viveva dentro di lei. Il suo volto impassibile celava ciò che il suo cuore e la sua mente elaboravano febbrilmente, ma gli occhi le erano impossibili da controllare. Era evidente il suo disagio, osservando le sue sopracciglia così contratte che sembravano creare un solco abissale sulla pelle della sua fronte, e quelle iridi così contratte che ci si sarebbe meravigliati che potesse vedere. Pericle sapeva esattamente cosa le stava frullando nel cervello. Aveva finalmente trovato la soluzione per quella scelta che non aveva fatto lei. Si stava sicuramente chiedendo se avesse mai potuto liberarsi prima. Ma cosa sarebbe mai successo se l’avesse scoperto prima? E soprattutto, analizzando la sua intera esistenza, era possibile scoprirlo prima? Aveva avuto, in passato, la possibilità di slegarsi da quel mostro? Aveva incontrato qualcuno che potesse aiutarla, negli ultimi millenni? Le risposte a queste domande erano tutte “sì”. Considerando ciò che avevano fatto in quell’enorme lasso di tempo, Pericle suppose che c’erano stati almeno trenta eventi, nel corso degli ultimi cinquecento anni, che li avrebbero portati sulla via della liberazione. Si sentì uno sciocco a non averci pensato prima lui stesso. La osservò muoversi con la solita grazia tra le case del villaggio, la studiò mentre sondava ogni rumore, ogni colore, ogni odore di quel minuscolo caseggiato. Lei cercava una dimora, in particolare, la dimora di uno di loro. Se solo Pericle avesse cercato una scappatoia prima di quel maledetto giorno, da quell’orrenda sorte, se solo avesse tentato, non si sarebbe mai trasformato nel carnefice di Cleopatra, non l’avrebbe mai costretta a patire la sua stessa sorte, a combattere contro quella bestia che l’aveva divorato, che lui stesso aveva odiato, che odiava ancora e probabilmente avrebbe odiato fino alla fine dei tempi, a sentire di fare la cosa sbagliata, ma non avere scelta, a sentirsi impotente, smarrita, triste. Se avesse saputo che c’era una possibilità, non avrebbe esitato a tentare. Ma non ci aveva pensato prima, e, se aveva imparato qualcosa, nella sua, pur maledetta, vita, era che il tempo era inafferrabile per gli immortali tanto quanto lo era per gli umani, e non si poteva tornare indietro, aggiustare le storture del suo corso. Quindi pensare a cosa sarebbe potuto succedere non serviva a nulla, anche se era nella natura umana tendere all’ipotetico passato. Ciò che contava era che avevano trovato il modo di liberarsi di quella bestia: con quel metodo di trasferimento del demone, avrebbero potuto liberarsi da quella maledizione, lasciando quel pesante onere ricadere sulle spalle di un altro immortale. Quello si sarebbe preso il suo mostro, e l’avrebbe lasciata andare via, a vivere quella vita normale che Pericle le aveva negato apparentemente per sempre. Ma il demone continuava a vivere, continuava a chiedere le sue vittime, continuava a voler nutrirsi. Semplicemente, non l’avrebbe più accudito lei, e quello era già un gran passo avanti, in senso relativo, era una piccola vittoria. Cleopatra non sapeva se Pericle avesse intenzione di seguirla in quella nuova avventura, anche se non riusciva ad immaginarsi una vita senza di lui. Quando fuggi da tutto e da tutti per secoli, ti leghi in maniera particolare al tuo compagno di viaggio. Lei aveva imparato a conoscerlo, così come lui aveva fatto con lei. Erano l’uno lo specchio dell’altra, sebbene alcune parti delle loro anime erano ancora celate dietro cortine di ferro, protette da osservatori esterni, perché nessuno ama svelarsi completamente per ciò che è. Continuò a rimuginare, camminando lentamente ma con decisione tra quella decina di baracche che qualcuno osava definire case. Sentiva che il momento più importante della sua longeva vita stava per arrivare. Si fermò davanti una di quegli ammassi di pietre dalla porta di legno e dal tetto di palme secche. Voltò lo sguardo verso Pericle, tentando di comprendere il suo stato d’animo. Era nervoso, ma composto. Faceva finta che quella fosse una casa come un’altra, in un villaggio come un altro, in un luogo e un tempo come altri, ma sapeva esattamente che da quel momento, dall’istante in cui lei avrebbe varcato l’uscio di quella dimora, tutto sarebbe cambiato. Si guardarono per un solo attimo negli occhi, poi lei spinse quella porta di legno rinsecchito. C’era odore di incenso, pesce e candele. Un fuocherello crepitava in un angolo che doveva fungere da cucina. Nell’angolo opposto un materasso di lana era coperto da alcune coperte dello stesso tessuto. Un tavolo e una sedia di legno, della stessa fattura della porta, rimanevano soli al centro di quello che qualcuno avrebbe definito un orrendo monolocale. Cleopatra rimase pochi secondi ferma vicino la porta, poi prese il coraggio a due braccia e varcò decisa quell’uscio sgangherato. Per essere la dimora di un immortale, era piuttosto scadente. Sembrava non esserci nessuno, ma, in pochi attimi, i due viaggiatori si trovarono davanti un uomo alto, dalla pelle scura e gli occhi neri. Era evidentemente un maledetto come loro. -Salve, amici. – disse loro scoprendo trentadue denti perfettamente dritti e candidi, in un sorriso che solo un africano potrebbe mai sfoggiare. Indossava degli abiti relativamente nuovi, per lo meno non troppo fuori moda, quindi, si poteva dedurre, quella non era la sua vera casa. Dei jeans gli ricadevano pigramente sui fianchi, mentre una camicia bianca rendeva ancora più colorata la sua pelle nera. Era a piedi nudi. -Salve – rispose Pericle studiando a fondo quegli ipnotici occhi neri, mentre Cleopatra rimaneva senza parole di fronte alla realtà di quell’istante. Stava davvero per finire tutto. -Dovete scaricarvi, suppongo- sussurrò con voce ammaliatrice. Cleopatra annuì fermamente, una smorfia dura le contrasse i muscoli del viso, mentre rammentava il motivo per cui si trovavano lì. A quel segno affermativo, l’uomo si avvicinò lentamente a lei, chinandosi, protendendosi verso la sua bocca. In un istante, la regina si ritrovò a fluttuare in uno spazio inesistente, proprio come quando le avevano dato il primo bacio di morte. Si sentì debole, le gambe quasi le cedettero, e dovette perfino appoggiarsi al malfermo tavolo di legno. Scandagliò il suo animo, non trovando traccia di quel tremendo demone che l’aveva animata per tanto tempo. Le sue membra erano fiacche, la sua mente sembrava sul punto di scoppiare. Tutto quel sapere, tutto quella conoscenza, quel tempo, le ottenebravano i sensi, distraendola da ciò che le accadeva intorno. Aprì gli occhi per un istante e vide l’uomo sconosciuto e Pericle attuare lo stesso scambio. Osservò il suo compagno di viaggio cadere in ginocchio, stanco, infiacchito dallo sforzo di rimanere vivo per oltre due millenni, stanco, il volto contratto in una smorfia di dolore. -Spero sappiate cosa viene ora.- sospirò l’africano. Si voltò nuovamente verso Cleopatra. Per lei era tutto finito, finalmente. Finalmente. Non riusciva quasi a crederci. Quante cose avrebbe fatto, adesso che era tornata umana. Quante cose avrebbero potuto fare, lei e Pericle. Avrebbero concluso il loro viaggio, uniti come sempre, invecchiando insieme. Quando si ha un tempo limitato da vivere, l’invecchiare sembra la cosa peggiore al mondo. Sapere che le proprie cellule inevitabilmente perderanno elasticità, che i loro cicli rigenerativi col tempo diminuiranno, finché non riusciranno più a riprodursi, sapere che la propria clessidra è in costante movimento, instancabile, un granello di sabbia dopo l’altro, sapere che la vita è troppo breve per la mente umana, che prima o poi, improvvisamente, finirà, ti fa desiderare essere immortale per non doverci rinunciare, rimanere per sempre vigile, giovane, in salute, esente da qualsiasi malore fisico o mentale, protetto dal corso del tempo che inesorabile continua a scorrere, anche se tu desideri con tutto te stesso che si fermi. Ma essere eterni ti fa desiderare di essere mortali, perché senza quella sensazione di instabilità, di precarietà, che ti fa davvero sentire vivo, l’eternità è vuota, senza senso. Se sei immortale, qualsiasi gioia perde ogni sapore, perfino le piccolezze che da umano ti facevano felice, si svuotano di ogni significato. Essere immortali è una tortura, perché credi di poter avere un’umanità eterna, ma hai solo una vita eterna. Un susseguirsi infinito di notte e di giorno, di giorni, di mesi, di stagioni, di decadi, che senza le gioie di un’esistenza umana non hanno più alcun significato. Dal momento in cui nasce, ogni uomo è destinato a morire. È proprio questa sensazione di fatalità che porta l’umanità ad essere così grande. È il desiderio di rimanere per sempre nella storia, che spinge un Cesare a superare il Rubicone, una Elisabetta I a essere la prima regina d’Inghilterra, un Leonardo a costruire il prototipo di un elicottero, a dipingere un’Ultima cena o una Monna Lisa, un Galileo a creare il primo cannocchiale, un Keplero a definire le tre leggi del moto dei corpi celesti, un Michelangelo a dipingere una Cappella Sistina o scolpire una Pietà, un Newton a postulare la legge della gravità, un Van Gogh a dipingere una Notte Stellata, un Marconi a costruire un telefono, un Armstrong a saltellare sulla Luna. È il desiderio di essere immortali, fissati eternamente nella storia dell’umanità, a spronare gli uomini a superare i confini delle convenzioni sociali, i limiti delle proprie capacità, a crescere e accrescere la conoscenza comune. Che cosa avrebbero fatto, loro due, a quel punto? Di certo, nulla di straordinario. Sarebbero andati in Europa, magari, avrebbero trovato una bella casetta in una qualche città Tedesca, avrebbero trovato un lavoro modesto, comprato una casa, avrebbero avuto un figlio… e avrebbero osservato il tramonto insieme, giorno dopo giorno, finché la loro fine non fosse arrivata. A quel punto, si sarebbero detti arrivederci, e si sarebbero ricongiunti dall’altra parte, magari. Paradiso o inferno, Cleopatra non sapeva dirlo, ma l’importante era che sarebbero stati insieme. Ma quella frase… Cosa veniva a quel punto? Cleopatra osservò l’uomo con uno sguardo confuso, aspettando che lui aggiungesse qualcos’altro. Ma lui non rispose mai alla sua silenziosa domanda. Mentre Pericle era ancora riverso a terra, debole, fiacco, lei tentò di alzarsi, vedendo un coltello nelle mani dello sconosciuto. Cosa voleva fare? -No… ti prego…- si ritrovò a implorarlo.- Non farlo. -Non posso non farlo. Il signore vuole indietro il sangue che vi ha lasciato tempo fa- sfoderò lo stesso sorriso che le aveva rivolto all’inizio della conversazione. Si avvicinò con calma, sapendo che, anche volendo, lei non sarebbe potuta scappare molto lontano. Cleopatra si accucciò accanto al corpo inerte di Pericle, stringendogli le mani. L’aveva salvata così tante volte nella loro vita insieme, l’avrebbe salvata anche adesso. Lo scosse, presa dal panico, ma i suoi occhi non riuscivano a metterla a fuoco. L’uomo, come il tempo, avanzava inesorabile. Non aveva alcun luogo in cui rifugiarsi, scappare dal suo destino, che ormai era segnato. Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, si abbandonò alla presa ferrea che le tratteneva la nuca, liberò le lacrime che luccicavano calde sulle sue ciglia. Sentì il pugnale pungerle la pelle, un dolore bruciante che le sconquassava il petto, mentre il cervello con agitazione febbrile continuava a divincolarsi senza alcun risultato da quella sua fine così imminente. Non aveva pianificato tutto ciò. Non l’avrebbe mai voluto. Non sarebbe mai invecchiata con Pericle. -Sai qual è la parte migliore?- le domandò quello sconosciuto, le labbra ancora premute sul suo collo, che adesso lei tanto odiava. Senza aspettare una risposta, che in ogni caso non sarebbe arrivata, continuò -Dall’altra parte ci sono le tue vittime che ti aspettano, tesoro. Non vorrei essere al tuo posto- Cleopatra sentì il suo ghigno attraverso la pelle. Una sensazione di freddo la prese improvvisa, mentre realizzava incontro a cosa stava marciando a passo di cavalleria. Adesso capiva come ci si sentiva, cosa si prova quando qualcuno ti porta via la vita. Mentre il sangue defluiva dalla giugulare sinistra del suo collo, lei si sentì sempre più debole, sempre più persa in un oceano nero, infinito, pieno delle anime che lei aveva rubato alla vita. Sentì le loro mani fredde agguantarle le membra, dilaniarle, cercare sollievo nel distruggerla. Era un destino giusto, quello, dopotutto. Aveva ucciso, anche se non l’aveva mai voluto. In quel momento, si ritrovò ad odiare Pericle per quello che le aveva “donato”: un’eternità fatta solamente di dolore, sangue e ancora dolore. Perse definitivamente il contatto con la realtà mentre l’africano lasciava ricadere in terra il suo corpo ormai anemico per spostare la sua attenzione verso Pericle. Artigli freddi e nebulosi sembravano strapparle la pelle, mentre altre lacrime cadevano per inerzia lungo le sue guance, gli occhi fissi sulla scena mostruosa che stava per aver luogo. Lei era lontana anni luce da quel tempo e da quel luogo, persa in un’infinità fatta di dolore eterno e vendetta, e non poté sentire Pericle chiederle perdono un’ultima volta. §§§ Bene, questo è l'ultimo capitolo... spero vi sia piaciuta la mia storia, e, anche in caso contrario, vi prego di recensirla! Desidero ringraziare tutti gli utenti che hanno letto la mia storia fino all'ultimo episodio: grazie mille del vostro supporto, vale molto per me! Vi chiedo per favore, mi ripeto, di esprimere la vostra opinione su questa piccola storia, positiva o negativa che sia, ho davvero bisogno di sapere cosa ne pensa il mio pubblico :) Grazie mille di nuovo, tiny_little_bee
   
 
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