Svari-Bróðir
Disse
Loki:
Rammenti, Óðinn, che in principio noi
abbiamo mischiato il nostro sangue?
Dicevi che non avresti più bevuto birra,
se non ce ne fosse stata per entrambi.
Lokasenna
Venne da lui
una
sera d’inverno. Lo vide arrivare da lontano su un sentiero
stretto e tutto
ricoperto d’erba alta e di sassi, uno di quelli nascosti e
dimenticati che
passavano per foreste profonde dove le chiome scure degli alberi
soffocavano la
luce del Sole e altri luoghi segreti. Il tramonto rosso di sangue
iniziava a
stingere nel cielo terso, inghiottito pian piano da toni di blu e di
viola
sempre più cupi, e le ombre nere della notte incombente si
allungavano verso di
lui come per salutare il suo arrivo.
Venne da lui
con i
capelli già intessuti di grigio sotto al cappello malconcio
e il vento del nord
che li faceva volare attorno al suo volto magro come le frange di uno
stendardo
di guerra, uno di quelli su cui si intrecciano figure di corvi con fili
di lana
nera e rune sottili come augurio per la battaglia. E Loki gli
andò incontro,
per raggiungerlo a metà strada - forse per
curiosità, o forse perché i rami di
Yggdrasil erano coperti di germogli verdi e delicati e lui era giovane,
e non
c’è nulla che attiri un giovane più
della promessa di storie di battaglia.
- Cosa ti
porta
qui, viandante? - gli chiese, e poi, con un ghigno sulle labbra che a
quel
tempo erano ancora lisce e intatte: - E qual e il tuo nome, se posso
chiedertelo? -
Non che non
sospettasse già chi potesse essere. Giravano voci, allora, a
Jotunheim - voci
su tre assassini bagnati del sangue di Ymir e voci di mondi nuovi, di
nuovi dei
e della mente astuta e fredda che li guidava dall’alto della
loro cittadella
d’oro, e poi altre voci di un’ombra che vagava per
lande desolate cercando le
Norne sole sapevano cosa - uno straniero in ogni terra, eternamente
affamato di
risposte alle domande più oscure, sempre in cerca di un
nuovo grande saggio da
sfidare in gare di enigmi e di indovinelli.
E Loki - beh,
spesso gli avevano detto che le sue orecchie erano troppo abili nel
cogliere
mormorii e sussurri, e che questo un giorno sarebbe stato la sua
rovina, ma lui
non se ne era mai curato. E quelle voci
in particolare, poi, erano troppo interessanti per non fermarsi a
raccoglierle
ovunque le trovasse come bacche succose nel sottobosco, troppo
misteriose e
troppo oscure per non desiderare di farvi luce sopra, di saperne ancora
di più.
Gli sarebbe
davvero
piaciuto poter confermare quei sospetti, però - vedere se il
viandante sarebbe
stato abbastanza incauto da rivelargli un segreto
all’apparenza così innocuo ma
in realtà così fondamentale. In fondo, era stato
abbastanza incauto da venire proprio nella terra degli Jotnar, e da
solo.
Ma
il viandante lo guardò in
silenzio, studiandolo con una luce indecifrabile negli occhi chiari -
lo guardò
a lungo, e poi le sue labbra sottili si incurvarono appena in quello
che
avrebbe potuto passare per un sorriso.
- Puoi
chiamarmi
Gangleri, se vuoi - gli disse: - Per ora, è tutto
ciò che sono. -
Loki
alzò un
sopracciglio, e gli sorrise a sua volta. Quella era una buona risposta,
e, a
giudicare dal suo aspetto, non era troppo lontana dalla
verità. - E se ti dessi
cibo e un letto, fino a farti dimenticare la stanchezza del tuo
cammino? -
chiese ancora: - Cosa saresti, a quel punto? -
Gangleri
annuì, e
una scintilla di soddisfazione o forse di divertimento
brillò nei suoi occhi.
- Entrambi lo
sapremo solo a quel punto, credo. -
Lo
portò nella sua
casa, allora - o, almeno, in una casa.
Ne aveva molte, disseminate qua e là per Jotunheim. Rifugi
nella solitudine
delle montagne per i tempi in cui la sua compagnia non era troppo
apprezzata
per questa o quella ragione, nascondigli sicuri nel bosco, e anche un
paio di
luoghi che semplicemente gli erano piaciuti quando li aveva scoperti -
Gangleri
non era l’unico che amava viaggiare, anche se i suoi viaggi
si spingevano più
lontano di quelli di Loki.
Questa
comunque,
era una delle sue case,
una di quelle che aveva costruito con le sue mani nel folto della
foresta e che
in altri giorni non avevano altri abitanti, tutti ignari della sua
occasionale
presenza. Gli sembrò il minimo della cortesia, per un ospite
simile, e così lo
condusse fin lì attraverso sentieri segreti tanto quelli da
cui era arrivato.
La carne che
mangiarono e l’idromele e la birra che bevvero intorno al
fuoco erano tutti
rubati, invece, ma Loki non se ne preoccupò molto. In fondo,
si trattava del
pranzo di uno dei nobili della corte di Thrym, ed era sicuro che, se lo
avesse
saputo, Gangleri lo avrebbe apprezzato. E se non lo avesse fatto, beh,
allora
Loki avrebbe saputo se valeva la pena di continuare a dividere il suo
cibo con
lui. In ogni caso, avrebbe saputo qualcosa di più
sull’ombra delle storie.
Il viandante
osservò la sua parte della cena - chiaramente troppo buona,
troppo raffinata,
troppo ricca per quella casa piccola e povera e che non aveva
l’aria d’essere
abitata spesso - e poi gli lanciò uno sguardo interrogativo.
Loki scrutò per un
attimo i suoi occhi, cercando sul loro fondo, ma non vi
trovò disprezzo né
rimprovero - piuttosto, c’era curiosità, in quegli
occhi, e interesse.
Erano occhi
intelligenti e intensi, quelli di Gangleri - occhi che, a tratti, lo
fissavano
come per analizzare ogni sua espressione, ogni suo piccolo gesto, e lo
studiavano come per capire ogni cosa di lui.
Forse era
questo
che faceva, nei suoi lunghi viaggi? Fermarsi in case straniere, e
cercare di
capire chiunque e qualsiasi cosa lo colpisse al momento? Loki si
ripromise di
scoprirlo - e di capire Gangleri a sua volta, come fosse una sfida.
- Io ti
chiamerò
Gangleri, per ora - gli disse, sorridendo compiaciuto per
l’attenzione che gli
era riservata: - Tu potrai chiamarmi ladro degli Jotnar. -
E, come aveva
sperato succedesse, l’interesse del suo ospite si
infiammò ancora di più.
Gangleri
gli chiese di come si
fosse procurato il cibo, e Loki glielo disse. Gli parlò
della reggia di Thrym e
delle sue ricchezze, e rise con il suo ospite di quella corte di nobili
così
facili da ingannare e di uomini fidati scelti di sicuro più
per la forza delle
armi che per quella della mente, e gli raccontò - senza
svelargli i suoi
incantesimi o i segreti dei suoi canti, disseminando nel racconto
appena
abbastanza particolari da far sì che Gangleri si sporgesse
verso di lui e gli
venisse più vicino - di come fosse volato oltre le mura in
forma di falco e si
fosse celato con facilità agli occhi dei servitori. E
l’altro lo ascoltò con
orecchie attente e occhi brillanti, e bevve con lui, parole e lunghi
sorsi
d’idromele allo stesso modo.
Dopo, quando
la
carne finì - ma loro continuarono a bere, coppa dopo coppa
dopo coppa -
Gangleri gli raccontò alcune delle sue avventure.
Parlò con una voce roca e
distante che sovrastò lo scoppiettare del fuoco e
l’ululare del vento oltre i
muri della casa, di terre deserte e lontane miglia e miglia, ancora
più fredde
e sterili di Jotunheim o aride e roventi quasi quanto Muspelheim - e
Loki ascoltò
avidamente queste storie, perché aveva sentito parlare di
quelle lande da
viaggiatori e mercanti e poi le aveva sognate, ma nella voce di
Gangleri
riusciva a vederle meglio di quanto avesse mai fatto prima.
Poi gli
raccontò
storie deliziose di vergini sedotte proprio sotto al naso dei loro
guardiani,
con le parole o con la magia, e dopo ancora gli parlò dei
suoi furti, di
travestimenti e trucchi brillanti che lo fecero ridere forte, di
inganni e
stratagemmi che lo fecero sorridere dalla meraviglia e ammutolire
dall’ammirazione. E, anche se la sua faccia si faceva
più rubizza e rilassata e
la sua risata più facile ad ogni parola e ad ogni sorso,
nemmeno il suo ospite
rivelò quali magie avesse utilizzato per raggiungere i suoi
scopi, ma lo
stuzzicò e lo tormentò con frasi a
metà e dettagli come fili sfuggiti dalla
trama più ampia e complicata di un arazzo, abbandonati quasi
distrattamente nei
suoi discorsi.
E
continuarono
così, finché calò la notte e anche
dopo, una storia per una storia, a turno,
come doni di ospitalità. E poi si scambiarono anche
indovinelli, e enigmi e
rompicapi - e per ogni domanda di Loki Gangleri aveva una risposta e
viceversa,
e le poche volte che Loki non riusciva a tenere il ritmo della mente
svelta di
Gangleri aveva comunque una battuta brillante sulla punta della lingua,
uno
scherzo che li facesse ridere entrambi fino a dimenticare
ciò di cui stavano
parlando. E, mentre testavano il proprio intelletto in questo modo, si
stringevano di più l’un l’altro attorno
al fuoco, avvicinandosi finché le loro
fronti si toccarono, finché i loro respiri si mischiarono e
le loro bocche
quasi si sfiorarono mentre si parlavano sommessamente.
- Mi hai
promesso
un letto per stanotte - gli disse Gangleri a un certo punto. Loki
guardò le sue
labbra sottili che si muovevano e poi guardò
un’altra volta nei suoi occhi, e
in quelle iridi chiare c’era ancora quella
curiosità, ma annegata in una luce
calda, affamata. Poteva sentire i suoi capelli scarmigliati che
sfuggivano da
sotto il cappello e gli solleticavano il collo.
-
Non sono mai stato un uomo
di parola - rispose Loki, e quando vide gli occhi di Gangleri
assottigliarsi e
la linea delle sue labbra farsi appena più dura rise e
posò una mano delicata
sulla sua guancia, sullo zigomo, appena sotto un occhio vivo e acceso:
- E non
pensavo certo che avresti avuto ancora voglia di dormire, adesso. - E
la sua
mano si spostò più giù, lentamente,
seguendo la mandibola, scendendo dal mento
a passare le dita nella barba disordinata, fino ad accarezzargli il
collo -
sentì Gangleri fremere, mentre le sue unghie gli graffiavano
appena la gola, ma
non si ritrasse - e poi fino ad arrivare alla spalla.
Rialzò
lo sguardo e
lo tenne fisso negli occhi dell’altro, mentre scostava appena
i lembi della
veste malconcia e lasciava scorrere le dita svelte e leggere sul suo
petto - e
poi ritrasse la mano di scatto, godendo del modo in cui Gangleri
scopriva i
denti, come trattenendosi dal ringhiargli contro. - Ѐ un vero peccato
che tu
voglia deludermi così ... - sospirò, e poi fece
per allontanarsi.
Rise, quando
Gangleri gli afferrò il polso - le sue dita erano magre, ma
la sua stretta era
così forte che per un attimo si chiese se gli avrebbe
lasciato un livido, rosso
e vivido contro la pelle chiara - e se lo tirò contro,
stringendoselo al petto.
E continuò a sorridere anche mentre l’altro gli
mordeva il collo, strappandogli
gemiti che non provò nemmeno a trattenere, e quando prese un
lembo di pelle
sensibile tra i denti e cominciò a succhiarlo, facendolo
ansimare, facendogli
premere le mani sulle sue spalle.
- Come potrei
mai
deludere chi mi ha ospitato con tanta generosità? -
domandò Gangleri dopo, guardandolo
negli occhi mentre gli tastava il petto da sopra le vesti con una mano
e con
l’altra gli stringeva il fianco, mentre premeva il suo bacino
contro il suo
ancora e ancora. Sorrideva anche lui, adesso - un sorriso con troppi
denti, un
sorriso da lupo, di cui a Loki piacque tracciare i contorni con la
lingua,
prima di spingerla con forza tra le sue labbra - proprio come Gangleri
ora
stava spingendo una gamba tra le sue, sfregandola contro il suo sesso
attraverso i calzoni per farlo gemere e mugolare nella sua bocca.
E ci furono
molti
altri baci, dopo quello - violenti, brucianti, quasi morsi, sulle
labbra e
nella bocca, fatti di denti che cozzavano e lingue che premevano
l’una contro
l’altra e del sapore del sangue caldo, e poi sulla pelle nuda
e sensibile,
sulla gola e sulla spalla e sul petto di Gangleri mentre le mani di
Loki si
aggrappavano alle sue vesti povere e scure da viandante e ne tiravano i
lembi
fin quasi a strapparli via dal suo corpo, tra i capelli di Loki
mischiati
insieme ad ansiti rochi mentre la mano fredda di Gangleri si insinuava
nei suoi
calzoni e gli graffiava la pelle dei fianchi, si perdeva tra i riccioli
di rame
sul suo pube, stringeva le dita lunghe e sottili intorno al suo membro,
muovendo la sua presa sulla sua carne su e giù e
giù e su ancora.
Finì
con Loki disteso sul
pavimento della sua casa, accanto al focolare ancora acceso, la pelle
nuda
riscaldata dal tepore del fuoco ma scossa da brividi e tremiti
comunque. Con la
bocca di Gangleri attorno ad un capezzolo dritto, che lo succhiava
piano e lo
stuzzicava con la lingua e con i denti, e la sua mano che tirava
l’altro tra
due dita, e il fuoco che dipingeva d’ombre strane e volatili
il suo corpo magro
ma muscoloso e agile mentre si posizionava meglio tra le sue gambe
aperte -
tenute più larghe che poteva, più oscenamente che
poteva - mentre premeva il
suo membro eretto e duro e caldo contro la carne morbida delle sue
natiche.
Alzò
il viso e lo
guardò, Gangleri, a quel punto. La sua mano libera percorse
il suo corpo, dal
petto alla pancia, dal fianco al pube - si sporse verso il tocco
leggero della
sua mano, Loki, ma il viandante sorrise e lasciò che le sue
dita scivolassero
appena più in giù prima di ritrarle subito - fino
alla sua coscia, per
massaggiare i muscoli tesi. - Voglio prenderti come una donna - disse
allora
Gangleri, con la voce schietta e ferma. C’era di nuovo quel
sorriso, sulle sue
labbra sottili.
Loki si
chiese se
avrebbe accettato un rifiuto, e come lo avrebbe fatto. Poi sorrise a
sua volta,
perché fortunatamente non c’era alcun bisogno che
lo scoprisse, almeno non in
quel momento.
Prese la sua
mano
nella sua, la sua stretta ferma almeno quanto la voce di Gangleri, e se
la
portò alla bocca. Si leccò le labbra, prima di
schiuderle - prima di spingere
le dita di Gangleri nella sua bocca, una dopo l’altra,
leccandole lungo tutta
la loro lunghezza, tirandone appena la pelle tra i denti, fermandosi a
mordicchiarne le punte.
Il modo in
cui il
respiro di Gangleri esitò per un attimo a quella vista - la
sorpresa e il
piacere e, ancora una volta, l’interesse nei suoi occhi - fu
estremamente
soddisfacente.
Dopo,
poté godere
anche del modo in cui l’eloquente Gangleri rimase senza
parole mentre affondava
dentro di lui, prima le dita svelte e insospettabilmente gentili e poi
la carne
tesa e bollente, le sue mani che gli artigliavano i fianchi, la barba
che
lasciava impronte rosse nell’incavo della sua spalla e sul
suo petto. Sembrava
in grado solo di gemere e di ansimare nel suo orecchio - prima di
leccarne il
contorno e di farlo tremare, di baciargli e poi mordergli il lobo e di
strappargli un gemito - mentre si spingeva dentro di lui, veloce e
profondo,
mentre lo riempiva con la sua carne e marchiava la sua pelle con i
denti fino a
farlo gridare.
Non che la
sua
parlantina fosse in uno stato molto migliore, certo - ma fu anche la
consapevolezza di aver ridotto il comandante dei nuovi dei in quel modo
a farlo
venire con tanta forza nel pugno di Gangleri.
- Come dovrei
chiamarti, ora? - gli chiese Loki la mattina dopo, mentre lo osservava
rivestirsi e avviarsi verso la porta dalla sua posizione sul pavimento.
Il viandante
si
voltò verso di lui, e per un momento solo sembrò
sorpreso di trovarlo già
sveglio, come se fosse abituato ad andarsene in silenzio alle prime
luci
dell’alba o anche prima. Poi alzò un sopracciglio:
- Chi ti dice che avrai di
nuovo un’occasione per chiamare il mio nome? -
Loki gli
sorrise,
senza alzarsi ancora. - Chi ti dice che non la avrò? -
chiese a sua volta: - Se
vorrai tornare a Jotunheim avrai bisogno di amici, o almeno di un posto
dove
passare la notte. Non lo credi anche tu? -
-
E tu? - gli domandò ancora
il viandante, e si interruppe per fissarlo con quel suo sguardo fin
troppo
acuto prima di continuare, come se stesse cercando di intuire la sua
risposta:
- Tu cosa ci guadagneresti, ladro degli Jotnar? -
- Storie,
indovinelli, un mistero - rispose Loki scrollando le spalle: - Non
succedono
spesso cose interessanti, qui, sai? Ed è difficile trovare
qualcuno con cui
avere conversazioni stimolanti, quando così tanta gente ha
paura dei tuoi
inganni e ti porta rancore. -
Si guardarono
negli
occhi per un lungo momento, o forse per pochi attimi.
- E non hai
paura
che sveli i tuoi rifugi a quella gente? -
- E tu non
hai
paura che sveli a quella gente chi penso che tu sia? Sinceramente,
penso
portino ancora più rancore a te. -
E fu il
viandante a
ridere, a quel punto, come se la sua impudenza lo divertisse. Loki
sorrise a
sua volta, perché non poteva non apprezzare un senso
dell’umorismo simile.
- Chiamami
pure
Bǫlverkr - gli concesse infine il viandante, una scintilla negli occhi:
- Se la
nostra amicizia deve basarsi su questo genere di cose. - E poi gli
diede le
spalle di nuovo.
- Chiamami
Bölvasmiðr, allora! - lo chiamò Loki,
appena prima che uscisse dalla porta.
Tornò,
ovviamente.
Tornò come Loki aveva previsto e come, dentro di
sé, aveva desiderato e sperato.
Tornò
come
pellegrino e Loki lo accolse nella sua casa e nel suo letto e tra le
sue gambe
- e il viandante fu di nuovo Gangleri mentre gli divorava la bocca di
baci e
gli lasciava insinuare le dita lunghe tra le sue labbra sottili,
allora, e poi
fu Gagnráðr mentre gli baciava la nuca e la schiena,
e dopo ancora
semplicemente Gestr mentre Loki gli stringeva forte i polsi in una mano
per
impedirgli di toccarlo mentre calava ancora e ancora sul suo ventre e
stringeva
di più i muscoli attorno al suo sesso.
Tornò
come corvo
dalle ali lucide e nere e Loki lo riconobbe e lo inseguì
come falco, e quando
anche l’altro capì chi era volarono a lungo
insieme in cieli pallidi e senza
fine - e furono Hrafnaguð e Loptr, allora, e poi ancora
Hrafnaguð e Hrafn-Ásar
Vinr, prima di trovare una radura erbosa dove posarsi e di riprendere i
loro
corpi, perché la bocca del suo amico potesse infilarsi tra
le sue cosce e le
mani di Loki tra i suoi capelli, perché l’uno
potesse godere della bocca e
delle mani e della carne calda e sudata dell’altro contro di
sé.
Tornò
e fu suo
amico, suo complice, suo amante, e un ladro e un ingannatore e un
seduttore
bravo - quasi - quanto lui. E, ogni volta, alla fine ripartì
- e Loki desiderò
più di una volta di poterlo seguire, di sfidare con lui i
saggi e i sapienti,
di condividere le sue avventure, e perfino di vedere le mura di Asgard.
Una volta,
tornò da
lui seguendo lo stesso sentiero da cui arrivato per la prima volta.
Aveva le
stesse vesti scure e malconce di Gangleri, sotto un mantello nuovo di
un blu
profondo, e lo stesso cappello - ma era cambiato,
nell’aspetto e, forse, non
solo.
-
Potrei chiamarti
Gestumblindi, ora - gli disse Loki con un sorriso storto, ma
cercò d’essere
gentile mentre la sua mano si muoveva piano lungo il suo viso,
accarezzandolo
dal mento barbuto alla guancia fino alle bende che coprivano il punto
nella sua
carne dove prima brillava un occhio intelligente e pieno
d’ombre. L’occhio
buono del viandante gli riservò un’occhiata torva,
ma si rilassò mentre le sue
dita premevano appena, delicate, e poi si spostavano leggere fino a
toccargli
la fronte e la tempia, e poi ancora giocavano con i suoi capelli
disordinati,
arrotolandoli attorno alle falangi e lasciandoseli sfuggire ancora e
ancora.
E poi il
viandante
gli afferrò il polso, come aveva fatto quella prima notte,
con la stessa forza
e la stessa fermezza e allontanò la sua mano. - Da oggi
potrai chiamarmi
Sanngetall e Sannr - gli disse, e sorrise quando Loki alzò
un sopracciglio in
risposta, scettico, e poi continuò: - O Siggautr e Jǫrmunr,
Yggr oppure Óski. O
potresti chiamarmi addirittura Rǫgnir. - E l’occhio che gli
rimaneva non era
meno luminoso o meno intenso di quello che aveva perso, mentre lo
diceva, brillava
della stessa luce calda e avida.
Loki lo
fissò
dritto in viso per un lungo momento, e poi rise e scosse la testa: - Questo è
un nome che non darò mai a nessuno,
e tu lo sai bene. Ma potremmo sceglierne altri insieme, davanti ad un
boccale
di birra o due. -
E il
viandante rise
con lui, prima di lasciare il suo polso e di prendere il suo viso tra
le mani,
prima di baciarlo sulla bocca e mordergli le labbra mentre Loki gli
allacciava
le braccia al collo.
E mentre
bevevano,
davanti al fuoco caldo nella casa nel bosco, il suo ospite gli disse
molti
altri dei suoi nomi, nomi che fino a quel momento non aveva mai usato
con lui.
Gli rivelò anche cosa avesse cercato a Jotunheim e cosa
avesse trovato, mentre
Loki posava di nuovo le mani sul suo viso e poi le faceva scorrere
più giù, sul
collo e sulle spalle e poi sotto le vesti, e gli raccontò
cos’era successo al
suo occhio mormorando la sua storia nell’incavo della sua
spalla mentre Loki
stringeva le dita attorno al suo membro e con la mano libera gli
accarezzava
l’addome e i fianchi.
Gli disse che
era
venuto in quella terra per cercare ciò che gli sarebbe
potuto essere utile, tra
un bacio sul petto e un morso sulla gola, e lo spogliò con
gesti lenti e
possessivi e ammirò il suo corpo e i lividi e i graffi con
cui lo aveva
marchiato nei loro altri incontri mentre ammetteva - forse
più a se stesso che
a Loki - che la sua ricerca forse non sarebbe mai finita. E Loki rise
piano nel
suo orecchio mentre premeva con le mani sul petto dell’ospite
per farlo
distendere sul pavimento di terra, e gli chiese se lui stesso non fosse
stato
sempre più che felice di essergli utile.
Il suo amico
lo
fissò, a quel punto, e passò le mani tra i suoi
capelli rossi, sulla sua nuca e
sul retro del suo collo, nello spazio tra le sue spalle e
più giù lungo la sua
schiena. - Sì - gli disse guardandolo negli occhi,
scrutandolo con quello
sguardo che voleva sempre capire ogni cosa: - E continuerai ad esserlo?
Mi
sarai fedele? -
Loki
sobbalzò a
quella domanda schietta, quasi brusca, eppure così piena di
sfumature nascoste
- e nell’attimo che impiegò per pensarci sopra
quasi si ritrasse da lui, dal
suo corpo nudo e solido e caldo.
Poi
il suo ospite aprì le
gambe per lui e guidò le sue dita tra di esse, a toccare la
base del suo membro
e i suoi testicoli gonfi, a tastare la sua carne e, infine, a premere
piano
contro la sua apertura. E Loki si lasciò catturare
nell’ennesimo bacio, e il
viandante dai tanti nomi lasciò che gli mordesse le labbra
con furia e
spingesse la lingua nella sua bocca per gustare ancora una volta il suo
sapore.
E poi, dopo
ancora,
mentre il suo ospite sussurrava nuovi nomi e titoli nel suo orecchio e
tra i
suoi capelli e contro la sua pelle - uno alla volta, intervallati da
baci e
morsi, tracciati sulla sua carne con la lingua, fino ad arrivare a quel nome,
in un gemito soffocato che lo
fece rabbrividire e allo stesso tempo spingere ancora più
forte e ancora più
veloce dentro di lui - Loki capì che sì gli
sarebbe stato fedele - almeno
finché avrebbe potuto, almeno finché uno come lui
ci sarebbe riuscito.
Più
tardi, mentre
giacevano insieme per terra con le gambe intrecciate e i polsi destri
premuti
insieme - i tagli del pugnale che Odino aveva raccattato da qualche
parte sotto
le sue vesti rovinate bruciavano ancora sulla pelle, ma il sangue aveva
smesso
di scorrere molto prima, e il sudore si era ormai raffreddato sui loro
corpi
stanchi - Loki fu colpito da un pensiero improvviso.
- Tu puoi
chiamarmi
Loki, comunque - disse, e poi sbadigliò e chiuse gli occhi:
- Anche Lævísi
Loki andrebbe
bene, però. Se fossi in vena
di nomi raffinati. -
Odino - il
suo
amico, il suo amante, e ora persino suo fratello -
rise e lo strinse ancora di più a sé.
- Loki,
l’astutissimo figlio di Farbauti - disse. Non c’era
sorpresa nella sua voce. Lui
non si aspettava certo che ve ne fosse.
Loki
riaprì gli
occhi solo per guardarlo male, e poi li richiuse di nuovo. - Loki, il
figlio di
Laufey - puntualizzò.
Ci fu un
attimo di
silenzio, in cui - Loki ne era certo - Odino fermò nella sua
memoria quel commento,
lo analizzò e dedusse le sue conclusioni.
Poi Odino
disse: -
Loki il compagno di Odino e degli dei suona meglio. Sei pronto per
venire ad
Asgard con me? -
Loki
riaprì gli
occhi di scatto e scrutò il suo viso. Non c’era
scherno nei suoi occhi, e anche
se Odino era bravo - quasi - quanto lui a mentire Loki scelse di
fidarsi
comunque di lui, e sporse il viso verso il suo e lo baciò
premendo la bocca
contro la sua.
Rimasero
così tutta
la notte, uno tra le braccia dell’altro, finché fu
mattina e Odino dovette
ripartire, e Loki andò con lui.
NdA:
Scritta
per il P0rn!fest di fanfic_italia.
Prompt:
Loki/Odino, Diventare fratelli di sangue.
Gangleri: stanco
della
via
Bǫlverkr: colui che
agisce male
Bölvasmiðr: artefice
di sventura
Gagnráðr: colui
che
conosce la via
Gestr: ospite
Hrafnaguð: dio dei corvi
Loptr: aria,
cielo
Hrafn-Ásar
Vinr: amico
del
dio dei corvi
Gestumblindi: ospite
cieco
Sanngetall: colui
che
intuisce il vero
Sannr: colui
che
dice il vero
Siggautr: dio
della
vittoria
Jǫrmunr; potente
Yggr: terribile
Óski: colui
che
esaudisce i desideri
Rǫgnir: signore
Lævísi
Loki: astuto,
saggio Loki