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Autore: TheOnlyWay    20/02/2015    2 recensioni
(SEGUITO DI "L'importante è incontrarsi")
«Sei una persona triste, Morgan Anderson.»
Ora, qualcuno sarebbe tanto gentile da spiegarmi per quale motivo io non abbia ancora mandato Grace al diavolo? Voglio dire, non solo sono abbastanza depressa per conto mio, ci volevano anche lei e i suoi stupidi insulti gratuiti. E che nessuno abbia la faccia tosta di dirmi che me li merito. Anche perché non è assolutamente vero. Proprio no. Per niente. Affatto.
Io, Morgan Anderson, non ammetterò mai, nemmeno sotto tortura, di essere stupida, immatura e fondamentalmente idiota. Chi dovrebbe ammetterlo, invece, è Benjamin Barnes, alias Mr. Ho Trentadue Anni E Conosco Il Mondo Meglio Di Te. Povero scemo.
Se per caso vi fosse passato per la testa che le cose tra me e Ben non procedono propriamente per il meglio, be’, sappiate che ci avete visto bene. Anzi, benissimo. Per usare un eufemismo non del tutto elegante, direi che la situazione attuale è una merda. E no, non voglio essere delicata e dire che le condizioni in cui mi trovo rasentano il catastrofico. Io voglio essere volgare, sfacciata e maleducata.
Perciò vaffanculo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VI.
 
 
 
 
«Prego, fate pure come se foste a casa vostra.»
L’umorismo di Ben ha un qualcosa di macabro che mi fa venire i brividi. Non so se vuole mettere a disagio me o far sentire Alessandro l’ospite più sgradito di sempre – funziona alla perfezione, tra parentesi – ma sono comunque indecisa su come reagire. Vorrei ridere, perché sembra proprio una battutina che potrei fare anche io e al tempo stesso vorrei picchiarlo, perché quando mi guarda dall’alto in basso mi fa sentire una bambina capricciosa.
«Grazie. Morgan, tesoro, dammi pure il cappotto.»
Così non va. Dico davvero, non credo che reggerò a lungo. Alessandro mi dà fastidio. È l’unico ragazzo in grado di smuovere un odio profondo e viscerale che non mi lascia scampo. Sapete, no, quando parte l’istinto omicida proprio dalla pancia? Cielo, vorrei strangolarlo. E lo farò, se mi chiama tesoro un’altra volta. Lascio comunque che mi aiuti a sfilare il cappotto e mi ritraggo appena quando mi sfiora il collo con un tocco che proprio non si può definire casuale.
Con la coda dell’occhio guardo Ben. Essendo un attore, è piuttosto bravo a fingere che non si sia accorto di niente e che vada tutto bene, ma ad occhio esperto – cioè il mio – appare evidente che gli istinti omicidi siano perfettamente condivisi.
Mentre Alessandro si allontana per appendere i cappotti, Ben mi osserva. Sono dolorosamente consapevole della sua presenza e mi sento in gabbia. Come potrei uscire da una situazione del genere senza effetti collaterali?
«Bella serata, no?» cinguetto. Vai così, Morgan, fallo infuriare.
«Un vero spasso.» è la risposta di Ben. Ora sì che vorrei ridere. Non avete davvero idea della faccia che sta facendo. Non si era ancora accorto del vestito. Inutile dire che Grace ha pensato che “più è corto, meglio è”, ma Brian le ha detto che non era propriamente un’idea geniale, perché non solo Ben si sarebbe incazzato di brutto, ma avrebbe anche pensato di essersi fidanzato con una squillo.
Perciò, dopo ore di litigio, siamo giunte ad un compromesso. Vestito lungo fino al ginocchio, ma scollato su tutta la schiena. Per puro caso e per coincidenza fortuita, so per certo che è anche uno dei preferiti di Ben. Non che abbia calcolato alcunché, sia chiaro.
«Morgan.» la sua voce è più simile ad un ringhio, ma non me ne preoccupo. E comunque, non mi sono invitata da sola per questo schifo di cena. Ed è inutile che adesso scarichi la colpa su di me. «Perché lo stiamo facendo?» domanda. È passato dall’arrabbiato al rassegnato e si è avvicinato di un passo. Mi trattengo a stento dall’abbracciarlo. Devo tenere duro, o tutto quello che ho fatto fino ad ora – che sia stupido o no – perderebbe il significato.
Opto per il sarcasmo, perché non saprei in che altro modo uscirne.
«Hai fatto tutto da solo, Ben. Io e Alessandro avevamo altri progetti.» nominare Alessandro non è un’idea meravigliosa, lo ammetto. E adesso che lui non è qui intorno (sospetto ci sia lo zampino di Amanda: non dovrebbe essere difficile per lei, catturare l’attenzione di un uomo) Ben non ha alcun motivo per trattenersi.
Ed è precisamente ciò che succede. La sua mano si stringe intorno al mio braccio prima ancora che possa pentirmi di aver aperto bocca.
«Sono davvero stanco, amore. Per quanto ancora hai intenzione di tirare avanti questa farsa?»
Ora glielo dico. Lo faccio. Gli dico che lo amo e che mi dispiace di essere stata tanto stupida e immatura. E gli dico che non l’ho mai lasciato davvero, che ho sempre pensato a lui e che la vita con Brian e Grace è uno schifo. E poi forse implorerò per il suo perdono.
«Io-»
«Tesoro, eccoti.» tempismo perfetto, Alessandro. Dieci e lode, davvero.
Sospiro e Ben molla la presa sul braccio. Si allontana con un’occhiata che sa di rimpianto e ci conduce verso la cucina, in completo silenzio. Amanda, che ha raccolto i capelli in una coda alta e ha indossato uno di quei grembiuli orribili che ho comprato al mercato, mi rivolge un sorriso di scuse.
Mi stringo nelle spalle, perché non è di certo colpa sua se io sono idiota e Alessandro è cretino. Quindi mi accomodo al tavolo, nel posto che usavo occupare quando ancora vivevo qui e lascio che il mio accompagnatore si sieda di fronte. Per fortuna, non ha scelto il posto di Ben, o sono piuttosto sicura che non avrei retto il colpo.
Amanda serve un vassoio con degli antipasti al centro del tavolo ed io non posso fare a meno di pensare che sia sbagliato, che dovrei essere io a sorridere agli ospiti e a chiedere loro cosa preferiscono, dovrei essere io a cucinare e a spiegare che ho preparato il piatto preferito del mio futuro marito. Invece mi fermo ad ascoltare Amanda che racconta del macellaio, che le ha chiesto l’autografo, una foto e le ha regalato anche tre etti di prosciutto cotto.
Alessandro la guarda come se fosse un’apparizione mistica ed io posso solo immaginare che quella sia la stessa espressione del povero macellaio. Amanda Seyfried fa sempre un certo effetto.
Ben fissa il piatto con aria assente ed è solo in questo momento che mi rendo davvero conto di cosa ho combinato. È colpa mia e devo rimediare. E devo farlo subito.
 
Il ragionamento non è mai stato il mio punto forte. Tra il cuore e la ragione, io seguo la pancia. Perciò quando scatto in piedi come se mi avessero dato fuoco alle chiappe, appaiono tutti sorpresi tranne Ben. Faccio il giro del tavolo, lo afferro per il polso e lo tiro su – ci provo, almeno.
«Ce ne andiamo.»
Amanda scoppia a ridere, batte le mani entusiasta e si serve una fetta di prosciutto arrotolata con cura. «Se non vi dispiace, io mangerei.»
«Buon appetito. E grazie, davvero.» le sorrido, poi guardo Alessandro. «Sì, be’, scusami.» Non sembra credere ai propri occhi e, detto tra noi, la cosa mi riempie di soddisfazione. Gli sto comunque regalando una cena con Amanda, che è molto meglio di me, quindi non può proprio lamentarsi.
Ben si lascia trascinare inerme. Non tanto inerme, in realtà: ho l’impressione che stia rendendo ogni passo molto più pesante del normale e non è proprio semplice fare forza su un uomo alto un metro e novanta. Ma me lo merito, perciò sudo sette camicie e mi fermo solo quando siamo per strada.
«Dovresti parlare con uno psicologo, amore.»
«L’ho fatto, ma è dovuto andare dallo psichiatra.»
«Non mi sorprende affatto.» Ben ride e intorno ai suoi occhi scuri si formano quelle piccole rughe d’espressione che ho imparato a riconoscere e ad amare. Il suo sorriso è diverso da quello di quasi due settimane fa ed è incredibile come l’assenza di una persona possa cambiare un tratto così distintivo. Me ne sono accorta perché anche il mio sorriso è cambiato. Me l’ha detto Grace giusto ieri, che sembro finta come una banconota da tre sterline. Non ho potuto darle torto, in ogni caso.
«Ben.» gli sto ancora stringendo il polso e mi accorgo che le mie nocche sono diventate bianche per la forza che sto impiegando.
«Mmh?»
«Penso di averti fermato la circolazione.»
«Fosse quello, il problema.»
La sua mano copre la mia, con gentilezza. Non riesco nemmeno a guardarlo in faccia e di tutte le cose che vorrei dirgli, non me ne viene in mente nemmeno una. Non so come cominciare il discorso, non so come spiegargli cosa mi sia passato per la testa.
«Ho seguito un corso di pasticceria, mesi fa.»
«Tu? Sul serio?»
«Volevo farti una sorpresa.»
Ed eccolo lì, lo sguardo di qualcuno che ha capito. Riesco quasi a seguire tutti i suoi ragionamenti, a vedere gli ingranaggi del suo cervello che girano e tutti i tasselli del puzzle che finalmente si riuniscono per dare un’immagine completa.
«Oh.»
«Me l’ha regalato mamma. All’inizio non volevo andarci, sai, no? Sono un po’ un disastro in cucina. Poi però ho pensato che mi sarebbe piaciuto farti trovare un dolce quando fossi tornato da Los Angeles. Ho imparato a fare il tiramisù, i biscotti, anche la torta alle mele. Ma…» mi si blocca la voce in gola, e non riesco a finire la frase. Vorrei piangere, ma non voglio sembrare una ragazzina immatura. Non più.
Respiro profondamente, più volte, fino a quando il nodo si scioglie e non rischio più di scoppiare in singhiozzi.
Ben mi attira a sé, senza lasciarmi finire di parlare. Un braccio mi circonda le spalle, l’altro la vita e mi sento così a casa e così amata da perdere di nuovo la voce. Affondo il viso contro il suo petto e lascio andare le lacrime che ho trattenuto fino ad ora.
«Ma io non sono tornato.» mormora. Sento le sue labbra sfiorarmi i capelli, per poi spostarsi sulla tempia, dove deposita un bacio così delicato da farmi sentire di cristallo.
«Né quel mese, né quello successivo. Ricordo quella sera.»
Sì, la ricordo anche io. Dopo la solita telefonata di routine, avevo passato la serata a piangere e a strafogarmi di tiramisù. Per la prima volta, mi era balenata in mente l’idea che forse io e Ben non eravamo fatti per stare insieme. Avevo anche provato ad immaginare come sarebbe stato il futuro senza di lui. Sarei rimasta sola, in tutta probabilità e ognuno avrebbe preso una strada differente. Mi sarei consolata con una persona perfettamente normale, con cui vivere una vita semplice e anonima e… inutile dire che il pensiero mi aveva fatto rabbrividire per l’orrore. E piangere per i sensi di colpa. Insomma, l’idea di uno psicologo non sembra più così assurda.
«Sì, anche io.»
«Te l’ho già detto, amore. Posso rinunciare a tutto, ma non a te. Non farmi diventare ripetitivo. Il mio lavoro mi piace, ma non ha la priorità. Me ne sono accorto solo di recente, quando la tua assenza è diventata dolorosa e concentrarmi sul copione addirittura impossibile. Ed è stata anche colpa mia se siamo arrivati a questo punto, sapevo fin da subito che mi avresti cambiato la vita.»
«Non è colpa tua! Ben, dico davvero, io non voglio che tu rinunci ai tuoi sogni per me! Non è ciò che voglio e non mi piace l’idea di essere la causa della tua infelicità e certo che ti ho cambiato la vita, sono completamente fuori di testa e stare con me è da manicomio! Non te ne accorgi? Sto blaterando da due ore e ancora non sono riuscita a dire niente, parlo, parlo e parlo e poi tu mi guardi e io non capisco niente e non riesco a non pensare che tu non puoi essere infelice per colpa mia. Lo capisci? Non puoi!»
«Sono infelice quando non sei con me, Morgan. Ti amo, ma perché non riesci ad accettarlo?»
«Non è così! Lo so che mi ami e anche se ancora non capisco come sia possibile, è così! E io amo te. Ma questa vita mi sta uccidendo. E non voglio più stare sveglia ad aspettare una telefonata, o a pensare ad Amanda, o a ingozzarmi da sola di dolci che tu non assaggerai mai! E lo vedi? Lo sto facendo di nuovo! Quindi smettiamola e-»
«Smettila tu, Morgan. Tanto non ti lascio.»
Poi mi bacia e anche per me tutti i pezzi tornano al loro posto. Perché tra tutte le cose che sono successe e tra tutte quelle che capiteranno in futuro – e non prevedo di certo rose e fiori – c’è un solo posto in cui mi sento a casa.
Ed è qui, tra le sue braccia.

 
***


Buonasera, ragazze :)
Come state? Lo sapete, no, che ogni tanto torno con un capitolo nuovo e questo, mi spiace/sono felice di dirlo è il penultimo. Il prossimo sarà l'epilogo, ma prima voglio regalarvi un missing moment - che scriverò in questi giorni, ho già tutto in mente - e non è escluso che in futuro ci sarà una nuova storia con Ben, ma non faccio promesse.
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che siate contente che Ben e Morgan abbiano finalmente fatto pace. Come al solito, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate, insultatemi, insomma, qualsiasi cosa.
A presto, Fede <3
   
 
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